IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  291  del  2011,   proposto   da:   Oviesse   Spa,
rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Guarino, Elisabetta  Pistis,
Domenico  D'Alessio,  con  domicilio  eletto  presso  Avv.   Domenico
D'Alessio in Ancona, via Giannelli, 36; 
    Contro Comune di Porto San Giorgio, non costituito; 
    Nei confronti di: 
        Confcommercio Porto San Giorgio, rappresentata e difesa dagli
avv. Giulio Cesare Pascali, Michenti Cherubini, con domicilio  eletto
presso Avv. Barbara Andrenacci in Ancona, via Cardeto, 3/B; 
        Confcommercio Ancona, Confcommercio Fermo, Comune  di  Fermo,
Again  Abbigliamento,  Autorita'  Garante  della  Concorrenza  e  del
Mercato, non costituiti; 
    e con l'intervento di ad opponendum: 
        Regione  Marche,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.   Paolo
Costanzi, con domicilio eletto presso Servizio Legale Regione  Marche
in Ancona, via Giannelli, 36; 
    Per l'annullamento dell'ordinanza n. 325 del 27 dicembre 2010 del
Comune di Porto San Giorgio nella parte in cui limita la facolta'  di
apertura domenicale e festiva degli  esercizi  commerciali;  di  ogni
altro atto ad esso connesso, presuposto o comunque conseguente; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di  Confcommercio  Porto
San Giorgio; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2011 il  dott.
Giovanni Ruiu e uditi per le parti i difensori come  specificato  nel
verbale; 
    Espone la ricorrente  che  l'ordinanza  impugnata  stabilisce  il
calendario  delle  aperture  domenicali  e  festive  degli   esercizi
commerciali per l'anno 2011. 
    Consente  di  effettuare  l'apertura  domenicale  e  festiva  per
ventisei   giornate.   Altre   due   giornate   sono   previsto   con
l'approvazione regionale prevista dall'art. 155,  comma  8-bis,  l.r.
Marche n. 27/09. 
    L'impugnata ordinanza e' stata emanata in attuazione delle citate
disposizioni della l.r. n. 27/09. 
    Queste prevedono che il numero massimo di giornate  domenicali  e
festive nelle quali puo' essere consentita l'apertura degli  esercizi
commerciali nel corso dell'anno e' di ventitre, elevabili a  ventisei
(art. 55, comma 5, l.r. n. 27/09). 
    L'autorizzazione all'apertura domenicale e festiva  e'  demandata
ai Comuni. E' assoggettata ad un  doppio  livello  di  concertazione.
Occorre quindi  il  concerto  delle  associazioni  di  categoria  del
settore  del  commercio  e   delle   organizzazioni   sindacali   per
determinare il numero delle aperture domenicali e  festive  entro  la
soglia delle ventitre giornate (art. 55, comma 5 l.r. n. 27/09). 
    Necessita un ulteriore specifico accordo  delle  associazioni  di
categoria, dei sindacati  e  delle  associazioni  dei  consumatori  a
livello regionale per elevare  il  numero  di  giornate  di  apertura
domenicale e festiva a ventisei. 
    Possono essere inoltre concesse,  per  autorizzazione  regionale,
ulteriori giornate di apertura, in occasione  di  particolari  eventi
(art. 55, comma 8-bis l.r. n. 27/09). 
    Anche   questa   ulteriore   concessione   e'   assoggettata    a
concertazione. 
    Le disposizioni  dell'art.  55  l.r.  n.  27/09,  in  materia  di
apertura  domenicale  e  festiva  degli  esercizi  commerciali   sono
accompagnate da un apparato sanzionatorio, affidato alla Regione, che
contiene il potere di adottare sanzioni pecuniarie e  sostituirsi  ai
comuni. 
    Le disposizioni di cui si e' detto sono state introdotte ad opera
della l.r. n. 15 del 15 novembre 2010. Prima di tale data, afferma la
ricorrente, per effetto della disciplina di cui all'art. 3,  l.r.  n.
31/09, i comuni ad economia turistica  potevano  concedere  ulteriori
deroghe,  senza  un  limite  predefinito,  all'obbligo  di   chiusura
domenicale e festiva. 
    Sono  invece  esentati  dall'obbligo  di  chiusura  domenicale  e
festiva, nota parte ricorrente, gli esercizi indicati al comma  lett.
F) art. 55 l.r. n. 27/09 che comprendono, tra l'altro,  gli  esercizi
che vendono articoli  da  giardinaggio  e  piante,  mobili,  supporti
audiovisivi, opere d'arte, oggetti di antiquariato, libri e stampe. 
    La  ricorrente  afferma  che  il  Comune  resistente  si  sarebbe
adeguato, con l'impugnata ordinanza, alla legge sopra citata solo per
evitare le sanzioni ivi previste e, del resto, lo avrebbe esplicitato
nella premessa dell'ordinanza medesima. 
    Parte ricorrente, titolare di un  esercizio  commerciale  per  la
vendita di abbigliamento e accessori nel Comune di Porto San Giorgio,
nelle vicinanze della SS  16  adriatica  denunciava,  con  ricorso  a
questo Tribunale depositato il 4  marzo  2011,  l'illegittimita'  del
provvedimento impugnato, deviante dalla contrarieta'  alla  normativa
UE e Comunitaria della citata legge regionale. 
    In particolare, con uno dei motivi di ricorso,  parte  ricorrente
notava che il Comune di  Porto  San  Giorgio  e'  da  considerarsi  a
prevalente economia turistica.  A  parere  della  ricorrente,  mentre
l'art. 12 del d.lgs. n. 114/'98 dispone  la  liberalizzazione  totale
delle aperture domenicali e festive per  tale  categoria  di  comuni,
l'art. 55 l.r. n. 27/09 sarebbe molto piu' restrittivo,  configurando
una violazione dell'art. 117, comma 2, lett. e), della  Costituzione,
essendo  stata  violata  la  competenza   statale   in   materia   di
concorrenza. 
    Si  e'  costituita  la  Confcommercio-delegazione  di  Porto  San
Giorgio, resistendo al ricorso. 
    E' intervenuta ad opponendum la Regione Marche. 
    Alla pubblica udienza del 7  luglio  2011  il  ricorso  e'  stato
trattenuto in decisione. 
    1. Con sentenza resa  nella  stessa  Camera  di  Consiglio  della
presente ordinanza, il Tribunale ha respinto le eccezioni preliminari
e ritenuto rilevante e  non  manifestamente  infondata,  riguardo  al
ricorso   oggetto   della   presente   ordinanza,   l'eccezione    di
illegittimita' costituzionale dell'art. 55 della legge Regione Marche
n. 27/2009 per violazione dell'art. 117,  comma  2,  lett.  e)  della
Costituzione. 
    1.2 Il Collegio ritiene, infatti, rilevante per  la  decisione  e
non manifestamente infondata l'eccezione con cui la ricorrente dubita
della legittimita' costituzionale dell'art. 55 della legge  Regionale
27/2009, con riferimento all'art. 117 comma 2 Cost. 
    1.3 Come e' noto, la Corte costituzionale ha  avuto  recentemente
la  possibilita'  di  pronunciarsi  piu'  volte  sul  problema  della
competenza di Stato e Regione  relativamente  a  giorni  e  orari  di
apertura degli esercizi commerciali (Corte cost.  2  aprile  2011  n.
150, 8 ottobre 2010 n. 288 e 24 ottobre 2008 n. 350). 
    1.4 Con queste decisioni, la Corte costituzionale ha chiarito che
tale materia rientra, di regola, nella disciplina del commercio.  Per
la precisione, si e' affermato che la disciplina  degli  orari  degli
esercizi  commerciali  rientra  nella  materia  «commercio»  di   cui
all'art. 117, quarto comma, Cost. (sentenza 24 ottobre 2008 n. 350). 
    Del resto l'art. 3, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006,  n.
223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il
contenimento e la razionalizzazione  della  spesa  pubblica,  nonche'
interventi  in  materia  di  entrate  e  di  contrasto   all'evasione
fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4  agosto  2006,
n. 248, nel dettare le regole di tutela della concorrenza nel settore
della distribuzione commerciale - al fine di garantire condizioni  di
pari opportunita'  ed  il  corretto  ed  uniforme  funzionamento  del
mercato, nonche' di  assicurare  ai  consumatori  finali  un  livello
minimo ed uniforme di condizioni di  accessibilita'  all'acquisto  di
prodotti e servizi sul territorio  nazionale  -  non  ricomprende  la
disciplina  degli  orari  e  della  chiusura  domenicale  o   festiva
nell'elenco degli ambiti normativi per i quali espressamente  esclude
che lo svolgimento di attivita' commerciali possa incontrare limiti e
prescrizioni (sent. della Corte costituzionale 350/2008,  288/2010  e
150/2011, cit.). 
    1.5 Con riguardo a tale profilo, afferma la  Corte  nelle  citate
sentenze, bisogna quindi  valutare,  in  concreto,  se  la  normativa
regionale, nel contenuto,  determini  un  vulnus  alla  tutela  della
concorrenza.  Tale  valutazione  implica  che   puo',   esserci   una
disciplina che,  se  pure  in  astratto  riconducibile  alla  materia
commercio  di  competenza  legislativa  delle  Regioni,  produca,  in
concreto, effetti che ostacolino la concorrenza, introducendo nuovi o
ulteriori limiti o barriere all'accesso  al  mercato  e  alla  libera
esplicazione  della   capacita'   imprenditoriale.   Conseguentemente
l'espressione «tutela della concorrenza» di cui all'art. 117, secondo
comma, Cost. determina la necessita' di un esame  contenutistico  sia
per cio' che costituisce il portato dell'esercizio  della  competenza
legislativa esclusiva da parte dello Stato, sia per cio' che riguarda
l'esplicazione  della  potesta'  legislativa  regionale,   sia   essa
riferibile al terzo o al quarto comma dell'art. 117 Cost. 
    1.6 Con le suddette decisioni, la Corte costituzionale ha  quindi
escluso che la legge statale in  materia  (d.lgs.  n.  114/1998)  sia
direttamente  vincolante  per  le  Regioni.  Possono   pero'   essere
rilevanti, come si evince anche  dalla  motivazione  delle  decisioni
citate, i principi in essa fissati, per scrutinare se le legislazioni
regionali si siano meno allontanate dagli obiettivi  di  concorrenza,
tutelati, di riflesso, da detta normativa. 
    2. Nel caso in esame, se si analizza la  normativa  regionale  di
cui all'art. 55 della legge Regione Marche n. 27/2009,  va  ritenuto,
ad avviso del Collegio, che essa, nell'insieme, secondo  i  parametri
stabiliti dalla Corte nelle decisioni citate,  sia  rispettosa  degli
obiettivi di liberalizzazione stabiliti dal d.lgs. n. 114  del  1998,
introducendo la possibilita' di apertura per 23-26 domeniche  l'anno,
elevabili a  28,  quindi  in  misura  ben  superiore  alle  modalita'
previste dalla legge statale. 
    2.1 Al contrario, rispetto a quanto previsto dalla legge statale,
il Collegio dubita della legittimita' costituzionale delle specifiche
disposizioni che riguardano i Comuni a prevalente economia turistica.
Disposizioni che, nel caso della Regione Marche, divergono fortemente
da quanto stabilito dalla legge statale e, ad  avviso  del  Collegio,
sono in grado di produrre effetti negativi per la concorrenza. 
    2.2 In particolare,  il  d.lgs.  n.  114/1998,  all'art.  12,  ha
fissato il condivisibile principio per cui, per i Comuni ad  economia
prevalentemente turistica e  per  le  citta'  d'arte  «gli  esercenti
determinano liberamente gli orari di apertura e di chiusura e possono
derogare dall'obbligo di chiusura nei giorni  festivi».  In  base  al
terzo comma di tale articolo, poi, «entro  centottanta  giorni  dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, anche su proposta dei
comuni interessati e sentite le organizzazioni dei consumatori, delle
imprese del commercio e del turismo e dei lavoratori  dipendenti,  le
regioni individuano i comuni ad economia  prevalentemente  turistica,
le citta' d'arte o le zone del territorio dei medesimi e i periodi di
maggiore  afflusso  turistico  nei  quali   gli   esercenti   possono
esercitare la facolta' di cui al comma 1». 
    2.3 Al contrario, la Regione Marche introduce,  al  comma  6  del
citato art. 55, un diverso regime di deroghe,  rispetto  ai  principi
fissati  dalla  legge  statale  in  materia.  Nel  comma  citato   si
individuano, come unici casi in cui e' possibile derogare dai  limiti
massimi sopra descritti, previsti dal comma 5: 
        a) centri storici, come delimitati dalla  zona  A  del  piano
regolatore generale (PRG) comunale; 
        b) zone del lungomare,  che  il  Comune  individua  entro  il
limite massimo di metri 250 dalla battigia; 
        c) territori situati all'interno dei  confini  dei  parchi  o
delle aree protette; 
        d) comuni montani sotto i 2.500 abitanti; 
        e) centri e nuclei  abitati  inferiori  a  500  abitanti  dei
comuni montani diversi da quelli della lettera c). 
    2.4 Come si vede, il regime delle deroghe fissato  dalla  Regione
Marche si allontana sensibilmente da  quello  stabilito  dalla  legge
statale, la quale prevede la possibilita', per  gli  esercenti  delle
citta' a economia prevalentemente turistica, di derogare dall'obbligo
di chiusura nei giorni festivi. In particolare, la citata norma della
Regione Marche individua le zone per le quali sono previste ulteriori
deroghe, indicando i centri storici, i piccoli comuni di  montagna  e
una fascia ristretta del lungomare. Cio' e' avvenuto  abrogando,  con
la l.r. n. 16 del 15 novembre 2010 l'art. 6-bis del  citato  art.  55
della legge n. 27/2009, inserito dall'articolo 19 della  l.r.  n.  31
del 22 dicembre 2009 (il quale prevedeva la possibilita'  di  deroghe
per i comuni turistici,  successivamente  abrogato  dall'articolo  24
della l.r. n. 16 del 15 novembre 2010). 
    3. In punto di rilevanza, la stessa ordinanza oggetto del ricorso
individua la natura prevalentemente turistica del Comune di Porto San
Giorgio e, in particolare,  si  dilunga  sui  danni  provocati  dalle
chiusura degli esercizi nei periodi di  inizio  estate  e  settembre.
Notoriamente, Porto San Giorgio e' un comune costiero, con diversi km
di spiaggia e stabilimenti balneari, per cui e' del tutto  verosimile
che lo stesso  possa  essere  riconosciuto  come  comune  a  economia
prevalentemente turistica. 
    3.1 Ne' la questione puo' essere ritenuta irrilevante, ad  avviso
del Collegio per la circostanza che il Comune non abbia  previsto  la
possibilita' delle ulteriori deroghe previste dall'art. 55  comma  6,
dato che l'esercizio della ricorrente non risulta trovarsi in uno dei
casi indicati da tale comma. 
    3.2  Ritiene   il   Collegio   che,   anche   alla   luce   della
interpretazione fornita dalla  Corte  costituzionale  nelle  sentenze
sopra ricordate, la legislazione adottata dalla Regione Marche e,  in
particolare, il citato art. 55  comma  6  della  legge  regionale  n.
27/2009 sia in contrasto con l'art. 117, comma 2 lett. e) Cost. 
    3.3  Infatti,  a  parere  del  Collegio,  la  salvaguardia  della
concorrenza, cosi' intesa dalle decisioni sopra  citate  della  Corte
costituzionale, esige che la legislazione  Regionale  sulle  aperture
festive  non  provochi,  in  concreto,  effetti  che  ostacolino   la
concorrenza,  introducendo  nuovi  o  ulteriori  limiti  o   barriere
all'accesso al mercato e alla  libera  esplicazione  della  capacita'
imprenditoriale. 
    3.4 In materia, il piu' volte citato d.lgs. n. 114/1998 inserisce
un regime coerente delle aperture festive, prevedendo  essenzialmente
tre  diverse  discipline:  una  per  tutti  gli  esercizi,  una   per
determinate  categorie  merceologiche  e  l'ultima  per  i  comuni  a
prevalente  economia  turistica.  Il  rispetto  di  questo   impianto
principale  permette,  ad  avviso  del  Collegio,  la  tutela   della
concorrenza come indicata dall'art. 117 comma 2 della Costituzione e,
in  particolare,  appare  volta  al  coordinamento  tra  la  potesta'
esclusiva delle Regioni in materia di commercio e quella dello  Stato
in materia di concorrenza. 
    Conseguentemente, la legislazione regionale,  anche  per  evitare
fenomeni eccessivi di migrazioni di clientela tra  le  varie  Regioni
aventi disciplina totalmente differente per situazioni  simili,  deve
mantenere una necessaria coerenza interna e  proporzionalita'  tra  i
vari regimi di deroga. 
    4. A parere del Collegio, la scelta della Regione Marche  non  si
presenta coerente con i principi sopra delineati. 
    4.1  Infatti,  la  scelta  della   legislazione   regionale   e':
consentire ai comuni l'aumento delle deroghe per i centri storici (di
tutti i comuni, anche a non prevalente  economia  turistica),  per  i
piccoli comuni, i  comuni  montani  e  per  una  stretta  fascia  del
lungomare (150 mt), di fatto abolendo la  distinzione  normativa  tra
comuni a prevalente economia turistica e non. Certamente, la presenza
del lungomare normalmente caratterizza, almeno nella Regione  Marche,
i Comuni a prevalente economia turistica. Pero' la norma fa  rimanere
fuori dal regime di deroga tutte le  aree  di  tali  comuni  che  non
rientrino nel centro storico o nel lungomare, in maniera,  ad  avviso
del collegio, fortemente limitativa in rapporto alla  norma  statale.
In particolare, con la  nuova  normativa,  la  Regione  ha  di  fatto
rinunciato al regime differenziato previsto per i comuni a prevalente
economia turistica, operando, di fatto, una penalizzazione  di  tutti
gli esercizi che non rientrino nella zona del centro storico o in una
stretta fascia del lungomare. 
    4.2  Ne',  sempre  ad  avviso  del   Collegio,   l'illegittimita'
costituzionale della norma regionale e' esclusa  da  quanto  disposto
dalla parte dell'art. 12 del d.lgs. n. 114/98  per  cui  «le  regioni
individuano i comuni ad economia prevalentemente turistica, le citta'
d'arte o le zone del territorio dei medesimi e i periodi di  maggiore
afflusso turistico nei quali  gli  esercenti  possono  esercitare  la
facolta' di cui al comma 1», dato che la norma statale in ogni  caso,
prevede pur  sempre  una  necessaria  distinzione  tra  i  comuni  ad
economia turistica e le citta' d'arte ed  il  resto  del  territorio,
distinzione che nell'impianto complessivo della  legge  regionale  n.
27/2009 si e' persa. 
    5. Un ulteriore indizio sulla potenziale appartenenza del  regime
di apertura festiva dei Comuni turistici al regime della  concorrenza
si puo' individuare nel disposto del decreto-legge 6 luglio  2011  n.
98, come convertito dalla legge 15 luglio 2011 n. 111,  che  all'art.
35 ha disposto «all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge  4  luglio
2006, n. 223, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  4  agosto
2006, n. 248, dopo la lettera d) e aggiunta la seguente: «d-bis),  in
via sperimentale, il rispetto degli orari di apertura e di  chiusura,
l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonche'  quello  della
mezza giornata di chiusura  infrasettimanale  dell'esercizio  ubicato
nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle localita' turistiche
o citta'  d'arte».  Tale  modifica  e'  sopravvissuta  al  successivo
decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138 dato che, in sede di conversione,
(legge 14 settembre 2011  n.  148)  e'  stato  abrogato  il  comma  4
dell'art. 6 del decreto, che, di  fatto,  liberalizzava  le  aperture
domenicali per tutte la attivita' commerciali. Si vede  quindi  come,
nell'intento  del  legislatore  nazionale,  il  regime   dei   comuni
turistici sia inserito in un contesto  di  tutela  della  concorrenza
(individuato come tale  dalla  stessa  Corte  costituzionale),  quale
quello dell'art. 3 del d.l. 4 luglio 2006  n.  223,  come  convertito
dalla legge 4 agosto 2006 n. 248. Appare quindi evidente l'intenzione
del legislatore di «separare» la disciplina  delle  aperture  festive
nei  comuni  turistici  e  delle  citta'  d'arte  dalla  materia  del
commercio per cui, almeno nella visione  del  legislatore  nazionale,
tale materia appartiene al settore della tutela della concorrenza, di
competenza statale. 
    6.  Il  Collegio,  che  con  separata  sentenza  non   definitiva
parimenti assunta nelle  camere  di  consiglio  del  7  luglio  e  16
settembre 2011, ha respinto le eccezioni  preliminari  dedotte  dalla
controinteressata decidendo altresi' di sollevare,  con  la  presente
ordinanza la questione di  legittimita'  costituzionale,  ritiene  in
definitiva non manifestamente infondata l'eccezione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 55, comma 6 della legge della Regione Marche
n. 27 del 10 novembre 2009, (nella parte in cui non prevede un regime
differenziato di deroghe all'obbligo di  chiusura  domenicale  per  i
Comuni  ad  economia  prevalentemente   turistica)   per   violazione
dell'art. 117, comma 2, lett. e), della Costituzione. 
    6.1. Pertanto, a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n.
87, il Tribunale Amministrativo Regionale per le  Marche  dispone  la
sospensione del giudizio e la remissione  della  questione  all'esame
della Corte costituzionale.