IL TRIBUNALE 
 
    A scioglimento della riserva assunta nella controversia  iscritta
al numero 8623 del R.G.Es. dell'anno 2011 osserva. 
    1. Nella procedura espropriativa iscritta al  R.G.Es.  14495/2009
di quest'Ufficio,  la  societa'  Centro  Odontostomatologico  Bamonte
s.a.s. (creditore procedente), con atto ex art. 543 c.p.c. notificato
in data 14 maggio 2009, sottoponeva a pignoramento  le  somme  dovute
alla ASL Napoli 1 Centro (debitore esecutato)  dal  Banco  di  Napoli
S.p.A. (terzo pignorato e tesoriere dell'ente) fino alla  concorrenza
dell'importo di euro 24.100,05. 
    Dopo  alcuni  differimenti  della  trattazione,   con   ordinanza
pronunciata all'udienza del 2 marzo 2011, l'adito  G.E.,  su  istanza
dell'ente esecutato, ritenuta l'applicabilita' alla fattispecie comma
51, legge 13 dicembre 2010 n. 220,  dichiarava  la  improseguibilita'
della procedura esecutiva. 
    Spiegando tempestiva  opposizione  ex  art.  617  c.p.c.  avverso
siffatto provvedimento, la societa'  procedente  assumeva,  in  primo
luogo, l'inoperativita' della menzionata disposizione legislativa, in
difetto dell'adozione ad opera della ASL debitrice  di  un  piano  di
ricognizione dei debiti; in via gradata,  poi,  sollevava  dubbio  di
legittimita' costituzionale  del  citato  art.  1,  comma  51,  legge
220/2010  per  violazione  degli  artt.  3,   24,   111,   97   della
Costituzione. 
    2. Cosi' brevemente riassunta la vicenda processuale  in  parola,
ritiene  il  Tribunale  di  dover  sottoporre  allo  scrutinio  della
Consulta la conformita' dell'art.  1  comma  51,  legge  220/2010  ai
principi supremi sanciti dagli artt. 3, 24,  41  e  111  della  Carta
Costituzionale. 
    2.1. Per meglio comprendere  il  senso  della  questione,  appare
opportuna una breve descrizione della genesi  ed  evoluzione  storica
della norma con la presente ordinanza rimessa al vaglio  del  giudice
delle leggi. 
    La disposizione rinviene il suo piu' remoto antecedente nell'art.
25, comma secondo, della legge della Regione Campania 19 gennaio 2009
n. 1 (in B.U.R.C. n. 5 del 26 gennaio 2009), il quale cosi' recitava:
«Le aziende sanitarie locali, le  aziende  ospedaliere,  comprese  le
aziende ospedaliero - universitarie di cui  all'art.  2  del  decreto
legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, i  policlinici  universitari  a
gestione diretta,  gli  istituti  di  ricovero  e  cura  a  carattere
scientifico  di  diritto  pubblico,  gli   istituti   zooprofilattici
sperimentali e le agenzie sanitarie  regionali  che  hanno  stipulato
l'accordo previsto dall'art. 1, comma 180 legge 30 dicembre 2004,  n.
311 (legge finanziaria 2005), limitatamente alla durata dell'accordo,
non possono essere sottoposti a pignoramenti». 
    Al fine di consentire il ripristino dell'equilibrio  economico  e
finanziario degli  enti  di  natura  pubblica  erogatori  di  servizi
sanitari versanti in stato di dissesto  e  di  garantire  l'effettiva
attuazione del piano di rientro dal disavanzo e di riqualificazione e
razionalizzazione  del  sistema  sanitario  regionale  approvato  con
deliberazione della Giunta Regionale Campania n.  460  del  20  marzo
2007, il legislatore campano introduceva  un  temporaneo  divieto  di
azioni esecutive in danno degli enti sanitari. 
    Nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  promosso   dalla
Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Corte  Costituzionale,  con
sentenza 26 marzo 2010  n.  123,  dichiarava  l'illegittimita'  della
norma regionale in  quanto  violativa  della  competenza  statale  in
materia di ordinamento  civile  come  sancita  dall'art.  117,  comma
secondo, lett. 1) della Costituzione: in particolare, argomentava  la
Consulta, «la disposizione censurata [...] introduce una  limitazione
al soddisfacimento  patrimoniale  delle  ragioni  dei  creditori  non
prevista dalla normativa statale riguardante la  materia,  assegnando
alle  situazioni  soggettive  di  coloro  che  hanno  avuto  rapporti
patrimoniali con quegli enti un regime,  sostanziale  e  processuale,
peculiare rispetto a quello (ordinario, previsto dal codice civile  e
da quello di procedura civile) altrimenti applicabile». 
    2.2. Nelle more dell'incidente di costituzionalita', tuttavia, il
legislatore statale trasfondeva il  precetto  della  legge  regionale
campana in normativa applicabile all'intero territorio nazionale. 
    E' quanto si verificava con l'introduzione dell'art. 2, comma 89,
della legge 23 dicembre  2009  n.  191,  nel  quale  alla  temporanea
inibitoria al promovimento e alla prosecuzione delle azioni esecutive
in danno di aziende sanitarie e ospedaliere delle regioni  sottoposte
ai piani di rientro dai disavanzi sanitari («Al fine di assicurare il
conseguimento degli obiettivi dei  piani  di  rientro  dai  disavanzi
sanitari, sottoscritti ai sensi dell'art. 1, comma 180,  della  legge
30 dicembre 2004 n.  311,  e  successive  modificazioni,  nella  loro
unitarieta', anche mediante il regolare svolgimento dei pagamenti dei
debiti accertati in attuazione dei medesimi piani, per un periodo  di
dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge  non
possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti
delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime»)
si  accompagnava  la  liberazione,  con  efficacia  retroattiva,  dei
beni-crediti staggiti  dai  vincoli  apposti  con  pignoramenti  gia'
eventualmente eseguiti  e  la  dispensa  dei  terzi  pignorati  dagli
obblighi   di   custodia   tipicamente   operanti   nelle   procedure
espropriative presso terzi («i  pignoramenti  eventualmente  eseguiti
non vincolano gli enti  debitori  e  i  tesorieri,  i  quali  possono
disporre delle somme per le finalita' istituzionali degli enti»), con
il risultato di determinare  la  radicale  inefficacia  ex  post  dei
pignoramento e  il  recupero  da  parte  degli  enti  debitori  della
giuridica disponibilita' delle somme pignorate. 
    Il periodo di  operativita'  della  disposizione,  fissato  nella
originaria  formulazione  in  dodici  mesi,  veniva,  con  successiva
novella, ridotto a due mesi (art. 1, comma 23-vicies d.l. 30 dicembre
2009 n. 194  come  modificato  dalla  legge  di  conversione  del  26
febbraio 2010 n. 25):  in  conseguenza,  dal  1°  marzo  2010  alcuna
limitazione sussisteva piu' alla possibilita' di far  valere  in  via
coattiva le pretese  creditorie  vantate  nei  confronti  degli  enti
sanitari. 
    2.3. Dopo appena qualche mese, pero', la preclusione alle  azioni
esecutive veniva nuovamente reintrodotta, con la espressa  previsione
di un piano di ricognizione dei  debiti,  da  adottarsi  a  cura  dei
Commissari ad acta delle regioni in  difficolta':  l'art.  11,  comma
secondo, d.l. 25 maggio 2010 n. 78 - convertito nella legge 30 luglio
2010 n. 122 - stabiliva infatti che «Per le regioni  gia'  sottoposte
ai piani di rientro dai disavanzi  sanitari,  sottoscritti  ai  sensi
dell'art. 1, comma 180, della legge  30  dicembre  2004,  n.  311,  e
successive modificazioni, e gia' commissariate alla data  di  entrata
in vigore del  presente  decreto-legge,  al  fine  di  assicurare  il
conseguimento degli obiettivi dei medesimi  Piani  di  rientro  nella
loro  unitarieta',  anche  mediante  il  regolare   svolgimento   dei
pagamenti dei debiti accertati in attuazione dei  medesimi  piani,  i
Commissari ad acta procedono, entro 15 giorni dall'entrata in  vigore
del presente  decreto-legge,  alla  conclusione  della  procedura  di
ricognizione di tali debiti, predisponendo  un  piano  che  individui
modalita' e tempi di pagamento. Al fine di agevolare quanto  previsto
dal presente comma ed in attuazione di  quanto  disposto  nell'Intesa
sancita dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta  del  3  dicembre
2009, all'art. 13, comma 15, fino al 31  dicembre  2010  non  possono
essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei  confronti  delle
aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime». 
    Il divieto di iniziare o proseguire  procedure  espropriative  e'
stato poi ulteriormente ribadito - ed ancora con  la  previsione  del
cd. svincolo delle somme aggredite in executivis - dall'art. 1, comma
51 della legge 13 dicembre 2010  n.  220  (cd.  legge  di  stabilita'
2011), formulato  nel  seguente  modo:  «al  fine  di  assicurare  il
regolare  svolgimento  dei  pagamenti  dei   debiti   oggetto   della
ricognizione di cui all'art. 11, comma 2, del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, per le regioni gia' sottoposte ai piani di rientro  dai
disavanzi sanitari, sottoscritti ai sensi  dell'art.  1,  comma  180,
della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive  modificazioni,  e
gia' commissariate alla data di  entrata  in  vigore  della  presente
legge, non possono essere intraprese o  proseguite  azioni  esecutive
nei confronti delle aziende  sanitarie  locali  e  ospedaliere  delle
regioni medesime, fino al 31  dicembre  2011.  I  pignoramenti  e  le
prenotazioni a debito  sulle  rimesse  finanziarie  trasferite  dalle
regioni di cui al presente comma  alle  aziende  sanitarie  locali  e
ospedaliere delle regioni medesime, effettuati prima  della  data  di
entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 122 del  2010,  non  producono  effetti
dalla suddetta data fino al 31 dicembre 2011 e non vincolano gli enti
del servizio sanitario regionale  e  i  tesorieri,  i  quali  possono
disporre, per le finalita' istituzionali  dei  predetti  enti,  delle
somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo». 
    Da ultimo,  l'efficacia  della  norma  ora  trascritta  e'  stata
prorogata sino a tutto il  31  dicembre  2012  in  conseguenza  della
interpolazione del  termine  finale  disposta  dall'art.  17,  quarto
comma, lett. e2) d.l. 6 luglio 2011 n. 98 convertito nella  legge  15
luglio 2011 n. 111. 
    2.4. L'analisi ermeneutica della disposizione censurata (l'art.1,
comma  51,  legge  220/2010)  non  puo'  altresi'  prescindere  dalla
disamina  del  contesto   normativo   di   riferimento   individuato,
attraverso una puntuale relatio operata  nella  stessa  disposizione,
nella disciplina dettata dalla legge 311/2004 (cd. legge  finanziaria
2005), e segnatamente nell'art. l, commi da 164 in avanti. 
    In  estrema  sintesi  e  per  quanto  qui  interessa,tali   norme
prevedono: 
        che lo Stato concorra al ripiano dei disavanzi  del  servizio
sanitario nazionale mediante un  finanziamento  integrativo,  teso  a
garantire  che   l'obiettivo   del   raggiungimento   dell'equilibrio
economico finanziario da  parte  delle  Regioni  sia  conseguito  nel
rispetto della garanzia della tutela della salute (commi 164 e  169);
l'accesso al  finanziamento  integrativo  a  carico  dello  Stato  e'
subordinato alla stipula di una specifica intesa tra Stato e Regioni,
che  ai  fini  del  contenimento  della  dinamica  dei   costi   deve
contemplare una serie di parametri (specificati nel comma 173); 
        in caso di sussistenza di  una  situazione  di  squilibrio  e
proprio al fine del rispetto  dell'equilibrio  economico-finanziario,
alle regioni e' fatto obbligo di adottare i provvedimenti  necessari,
con la precisazione che, qualora la Regione non provveda, si  procede
al commissariamento secondo la procedura di cui all'art. 8, comma  1,
della legge 5 giugno 2003 n. 131; 
        in quest'ultima ipotesi spetta al Presidente  della  Regione,
in  qualita'  di  commissario  ad  acta,  approvare  il  bilancio  di
esercizio consolidato del servizio sanitario  regionale  al  fine  di
determinare il disavanzo di gestione  e  di  stabilire  le  opportune
misure per il suo ripianamento; 
        al  verificarsi  delle  descritte  condizioni,   la   Regione
interessata procede ad una ricognizione delle cause dello  squilibrio
ed  elabora  un   programma   operativo   di   riorganizzazione,   di
riqualificazione o di potenziamento del servizio sanitario regionale,
di durata non superiore  al  triennio.  I  ministri  della  Salute  e
dell'Economia e Finanze  e  la  singola  Regione  stipulano  apposito
accordo  che  individua  gli  interventi  necessari  per   perseguire
l'equilibrio  economico  nel  rispetto  dei  livelli  essenziali   di
assistenza: la sottoscrizione dell'accordo e'  condizione  necessaria
per   l'attribuzione   alla   Regione   interessata   del    maggiore
finanziamento in maniera parziale e graduale,  subordinatamente  alla
verifica dell'effettiva attuazione del programma (comma 180). 
    2.5.  Il  teste'  compiuto  inquadramento  sistematico   generale
consente quindi di inferire la ratio  legis  sottesa  alla  norma  in
discorso: il «blocco» delle azioni esecutive  mira  a  consentire  la
realizzazione dei piani di rientro dai disavanzi sanitari predisposti
dalle  Regioni  commissariate  diretti  non   solo   a   ripristinare
l'equilibrio  finanziario  del  settore  sanitario,   ma   anche   ad
assicurare -  attraverso  la  compartecipazione  dello  Stato  merce'
finanziamenti integrativi - la riorganizzazione ed il risanamento del
servizio sanitario, garantendo comunque  la  tutela  della  salute  e
modalita' di erogazione delle prestazioni  sanitarie  nell'osservanza
dei livelli essenziali di assistenza. 
    L'obiettivo  dell'attuazione  dei  piani   di   rientro   e   del
contemporaneo mantenimento dei livelli di assistenza  presuppone  che
la p.a. conservi integri e nel loro complesso i  beni  strumentali  e
funzionali all'erogazione  delle  prestazioni  sanitarie,  nonostante
l'esposizione debitoria. 
    Per  soddisfare  siffatta  esigenza,  il  legislatore  ha  voluto
escludere che nei confronti delle aziende  sanitarie  ed  ospedaliere
facenti   parte   delle   Regioni   in   condizioni   di    disavanzo
economico-finanziario possano essere attivate o completate  procedure
di espropriazione forzata,  dacche'  queste  ultime,  comportando  la
sottrazione di beni lato sensu funzionali all'erogazione del servizio
sanitario, possono in concreto ostacolare l'attuazione dei  piani  di
rientro, e quindi degli  obiettivi  di  risanamento  finanziario,  di
riorganizzazione  e  di  mantenimento  dei  livelli   essenziali   di
assistenza nel settore sanitario. 
    3. Cio' posto, occorre ora scrutinare se la traduzione in diritto
positivo della - lodevole - intentio sopra enucleata sia avvenuta  in
maniera confliggente con i  principi  supremi  scolpiti  nella  Carta
fondamentale. 
    Sul punto, preliminare si configura la ricerca del piu'  corretto
significato da ascrivere,  adoperando  i  noti  canoni  di  euristica
normativa, al divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive posto
dalla disposizione attualmente in vigore, il piu' volte  citato  art.
l, comma 51, legge 220/2010. 
    Due appaiono, nel dettato testuale, gli elementi da valorizzare. 
    Circa i presupposti di operativita' della  norma,  il  temporaneo
esonero  dall'aggressione  esecutiva  sembra   rivolto   ad   aziende
sanitarie ed ospedaliere per il solo fatto della loro appartenenza  a
regioni in situazione di dissesto sanitario e  percio'  sottoposte  a
commissariamento, come accaduto, per quanto  qui  interessa,  per  la
Regione Campania (con delibera del  Consiglio  dei  Ministri  del  24
luglio 2009, il Presidente pro  tempore  della  Regione  Campania  e'
stato nominato Commissario ad acta  per  l'attuazione  del  piano  di
rientro dal disavanzo sanitario a norma dell'art. 4 d.l.  20  ottobre
2007 n. 159, convertito in legge 29 novembre 2007 n. 222;  la  nomina
e' stata poi confermata dalla delibera del Consiglio dei Ministri del
24 gennaio 2010). 
    In  altre  parole  e  per  meglio   ribadire   la   condivisibile
argomentazione fondante l'ordinanza del g.e. in  questa  controversia
oggetto di opposizione, l'esegesi del dato positivo evidenzia come il
divieto   delle   espropriazioni   forzate   sia    concepito    come
teleologicamente   finalizzato   all'utile   esperimento    dell'iter
amministrativo di ripianamento dei disavanzi ma non postuli,  nemmeno
per implicito, una concreta verifica circa l'inizio  della  procedura
ad  hoc  prevista  dalla  legge  ovvero  un  determinato  stadio   di
avanzamento di essa ne', a maiori, l'avvenuta adozione di un piano di
ricognizione dei debiti: decisiva valenza, per la connotazione  negli
illustrati termini di strumentalita', riveste la chiara locuzione «al
fine di assicurare il regolare  svolgimento»,  costituente  l'incipit
dell'art. 1, comma 51, in disamina. 
    Sotto altro profilo, e'  necessario  interrogarsi  sugli  effetti
conseguenti ad un'eventuale inosservanza del divieto. 
    La risposta offerta dalla norma e' univocamente  orientata  verso
la sanzione  della  inammissibilita'  (per  i  pignoramenti  eseguiti
posteriormente   alla   vigenza    della    legge)    ovvero    della
improcedibilita'  (per  i  pignoramenti  anteriori)  delle  procedure
esecutive. 
    Si spiega: non una mera temporanea preclusione al  compimento  di
atti della procedura espropriativa funzionali  al  dispiegarsi  della
stessa  verso  esiti  idonei   alla   soddisfazione   della   pretesa
creditoria, non una temporanea paralisi assimilabile  quoad  effectum
ad una sospensione, quanto e piuttosto una  chiusura  anticipata  del
procedimento, una sua definizione - per  dir  cosi'  in  rito  -  con
modalita' non satisfattive del diritto azionato. 
    Depongono, a suffragio della enunciata conclusione, due rilievi. 
    In  primis,  la  considerazione  normalmente   attribuita   nella
sistematica processualcivilistica e  nella  prassi  giurisprudenziale
alla inammissibilita' ed alla improcedibilita',  ambedue  qualificate
come formule  terminative  di  un  giudizio  o  di  un  procedimento,
ascritte  -  per  quanto  specificamente  concerne   l'espropriazione
forzata - a  fattispecie  rispettivamente  di  vizio  genetico  o  in
itinere degli atti  di  esercizio  dell'azione  esecutiva  oppure  di
difetto  -  originario  o  sopravvenuto  -   delle   condizioni   per
l'esperibilita' della stessa, da  pronunciarsi  con  declaratorie  ad
unum reductae nella categoria dell'estinzione atipica. 
    In secondo  luogo,  e  soprattutto,  la  previsione,  espressa  e
specifica,  contenuta  nella   norma   in   esame   (in   parte   qua
significativamente   difforme    rispetto    all'immediato    omologo
precedente, rappresentato dall'art. 11 del  d.l.  n.  78/2010)  della
radicale inefficacia dei pignoramenti compiuti in spregio del divieto
(e quindi posteriormente alla sua introduzione nell'ordito positivo),
inefficacia  estesa  in  via  retroattiva   anche   ai   pignoramenti
effettuati in epoca anteriore alla vigenza della legge n. 220/2010. 
    La «sterilizzazione» degli effetti del  pignoramento,  ovvero  la
mancata  produzione  (o  il  successivo  venir  meno)  per   volonta'
legislativa  delle  incidenze   giuridiche   che   ordinariamente   e
tipicamente derivano dal pignoramento e che connotano l'in se di tale
atto  (in  sintesi:   sottrarre   il   bene-credito   staggito   alla
disponibilita' del debitore esecutato;  imprimere  su  tale  bene  un
vincolo di destinazione  alla  soddisfazione  del  credito  azionato;
nella espropriazione presso terzi, gravare il terzo  pignorato  delle
funzioni di custode della res), ben si attaglia, infatti,  unicamente
con una conclusione definitiva della procedura esecutiva, per  essere
la praticabilita' di una prosecuzione della  stessa  successiva  allo
spirare del  termine  finale  ex  lege  n.  220/2010  impedita  dalla
mancanza (ab initio o sopravvenuta) di beni asserviti ad esproprio. 
    In definitiva: il  divieto  di  azioni  esecutive  opera  sic  et
simpliciter nei  riguardi  delle  aziende  sanitarie  ed  ospedaliere
facenti parte delle regioni  commissariare  per  disavanzi  sanitari;
l'inosservanza del divieto comporta  l'inefficacia  dei  pignoramenti
eseguiti (anche in epoca pregressa) e  la  chiusura  anticipata  (per
inammissibilita'/improcedibilita') dell'espropriazione. 
    4. In tal guisa inteso, l'art. 1 , comma 51,  legge  n.  220/2010
appare, ad avviso di questo Tribunale,  manifestamente  in  contrasto
con svariate norme di rango primario, ed in primo luogo con l'art. 24
della Costituzione. 
    4.1. Giova sull'argomento rammentare  come,  sulla  scorta  della
piu'  attenta  riflessione  dottrinale  e  della  elaborazione  della
giurisprudenza della Consulta (sviluppata, in  maggior  parte,  negli
ultimi dieci - quindici anni),  sia  oggi  convincimento  diffuso  la
integrale applicazione nel processo esecutivo delle garanzie  in  cui
si estrinseca  la  grundnorm  posta  dall'art.  24  Cost.,  tra  cui,
innanzitutto, il diritto di azione. 
    Il processo  esecutivo  rappresenta,  infatti,  un  indefettibile
strumento  per  la  realizzazione  della  effettivita'  della  tutela
giurisdizionale, intesa in termini di conseguimento  del  bene  della
vita preteso, la quale, anzi, con  riferimento  all'azione  esecutiva
assume un contenuto  ancor  piu'  concreto  in  quanto  l'oggetto  da
garantire e' l'effettivita' delle forme e dei tempi in cui chi  abbia
conseguito il riconoscimento giurisdizionale del proprio  diritto  ne
possa poi ottenere la effettiva attuazione nella realta' materiale. 
    Proprio muovendo dal principio secondo cui il diritto di agire in
giudizio per la tutela dei propri diritti ex art. 24 Cost.  comprende
la fase dell'esecuzione forzata, la  Corte  Costituzionale  ha  cosi'
dichiarato  l'illegittimita'   di   norme   che   condizionavano   la
possibilita' dell'azione esecutiva alla emanazione  di  provvedimenti
di opportunita' da parte di autorita' amministrative (Corte Cost., 24
luglio 1998 n. 321 relativa al potere  del  Prefetto  di  graduazione
nella concessione della forza pubblica, in tal modo  determinando  il
differimento della esecuzione  forzata)  oppure  all'adempimento,  ad
opera dell'esecutante, di obbligazioni tributarie  o  fiscali  (Corte
Cost., 6 dicembre 2002 n. 522,  sul  rilascio  di  copia  del  titolo
esecutivo  giudiziale  se  non  dopo  il  pagamento  dell'imposta  di
registro; Corte Cost., 5 ottobre 2001  n.  333  sugli  oneri  fiscali
imposti  al  locatore  ai  fini  della  messa   in   esecuzione   del
provvedimento di rilascio dell'immobile  locato)  nonche',  con  piu'
stringente attinenza alla fattispecie esaminata, di disposizioni  che
ponevano limiti alla pignorabilita' di determinati beni in  tal  modo
da determinare una compressione indiscriminata ed  irragionevole  del
diritto alla soddisfazione forzata delle  ragioni  creditorie  (Corte
Cost., 4 dicembre 2002 n. 502  sulla  impignorabilita'  di  pensioni,
assegni e indennita' erogati dall'INPS nella  sola  parte  necessaria
per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita). 
    4.2. La - ancorche' sommaria - lettura dei repertori del  giudice
delle leggi  conforta  il  sospetto  di  incostituzionalita'  innanzi
avanzato. 
    Il divieto di azioni esecutive previsto - da ultimo  -  dall'art.
1,  comma  51,  legge  n.  220/2010  sembra  invero   integrare   una
irragionevole e non giustificata compressione del diritto  di  azione
tutelato ex art. 24 Cost., sub specie di  diritto  a  procedere  alla
coattiva soddisfazione del credito, avuto riguardo: 
        sotto il  profilo  oggettivo,  al  carattere  assoluto  della
dispensa dalla aggressione in via  esecutiva,  riferita  non  gia'  a
specifici beni appartenenti al debitore esecutato individuati in base
alla destinazione funzionale al perseguimento di prefissati obiettivi
di  primaria  rilevanza  per  la  collettivita',  sebbene  all'intero
patrimonio,  indistintamente  considerato,   dell'azienda   sanitaria
oppure ospedaliera debitrice; 
        alla  estensione  temporale  del   divieto,   protratto,   in
conseguenza  della  reiterazione  di   provvedimenti   normativi   di
contenuto  omologo,  per  una  durata  complessiva  superiore  (salve
ulteriori future e  non  imprevedibili  proroghe),  a  trentuno  mesi
consecutivi (da maggio 2010 a dicembre 2012), con una  negazione  del
diritto ad esperire procedure  di  espropriazione  forzata  non  piu'
qualificabile come meramente transitoria,  quanto  e  piuttosto  come
eccedente il ragionevole limite di tollerabilita'; 
        ai presupposti di  applicabilita'  del  divieto,  costituiti,
come meglio sopra precisato, unicamente dalla  condizione  soggettiva
della p.a. debitrice, e cioe' dalla natura  di  azienda  sanitaria  o
ospedaliera ricompresa in una delle regioni  commissariate  ai  sensi
della legge n. 311/2004. 
    4.2.1.   Per   quanto   concerne   quest'ultimo    aspetto,    la
irragionevolezza della limitazione imposta al diritto di  azione  ben
si appalesa dal raffronto con  le  disposizioni  che  restringono  la
possibilita' delle espropriazioni forzate in danno di  enti  sanitari
attraverso vincoli di impignorabilita' di determinati beni. 
    Il riferimento e' all'art. 1, comma quinto, del d.l.  18  gennaio
1993 n. 9 (convertito nella legge 18 marzo 1993 n. 67) nel  contenuto
precettivo  risultante  all'esito  della  pronuncia  additiva   della
Consulta (Corte Costituzionale, sent. 19 giugno 1995 n. 285). 
    In tale ipotesi, il vincolo di impignorabilita' in favore di enti
esercenti assistenza sanitaria concerne unicamente  beni  specificati
per natura (somme di denaro) finalisticamente devoluti a funzioni  ed
attivita' della p.a. definiti dal legislatore di primaria  importanza
(il pagamento  degli  stipendi  al  personale,  di  ratei  di  mutui,
l'erogazione di servizi sanitari essenziali), postula  l'adozione  di
un   provvedimento   amministrativo   (la   delibera   dell'ente   di
quantificazione  preventiva  degli  importi   occorrenti,   nell'arco
temporale di operativita' dell'atto, per appagare i bisogni  ex  lege
qualificati primari) ed e' condizionato, in punto di  efficacia,  dal
riscontro dell'effettivo  utilizzo  secondo  gli  scopi  prestabiliti
delle   somme   dichiarate   indisponibili   e   pertanto   sottratte
all'espropriazione  forzata:  l'impignorabilita'  infatti  non  opera
qualora l'ente pubblico distragga le somme, cioe' a dire le  impieghi
per  finalita'  differenti  da  quelle  salvaguardate   dalla   legge
(emettendo  mandati  di  pagamento  per  titoli  diversi  da   quelli
vincolati senza  seguire  l'ordine  cronologico  di  ricezione  delle
fatture  ovvero,  ove  non  prescritta  fattura,  di  adozione  delle
deliberazioni di impegno di spesa). 
    Una fattispecie cosi' strutturata consente di controllare ex post
la  concreta  attuazione  delle   finalita'   di   rilievo   pubblico
giustificanti,  nella  discrezionale  valutazione  comparativa  degli
interessi compiuta dal legislatore, la restrizione dell'oggetto delle
possibili azioni esecutive:  essa  e'  stata  pertanto  assunta  come
paradigma di riferimento dalla  Consulta  e  da  questa  estesa,  con
pronunce additive,  anche  alla  disciplina  degli  enti  locali  (il
richiamo e' alle declaratorie di incostituzionalita' rese dalla Corte
Costituzionale  con  le  sentenze  20  marzo  1998  n.69  -  relativa
all'art.113, terzo comma, d.lgs. 25 febbraio 1995 n.77 - e 18  giugno
2003 n. 211 - relativa all'art. 159, secondo comma, d.lgs. 18  agosto
2000 n. 267, cd. T.U.E.L.-). 
    Un meccanismo analogo o in qualche modo similare  e'  invece  del
tutto mancante nella  disposizione  qui  censurata,  ancorche'  prima
facie  non  difficile  da  configurare  (per  ricalcare   lo   schema
illustrato,  l'impedimento  alle  azioni  esecutive   poteva   essere
sottoposto alla duplice condizione dell'avvenuta adozione  del  piano
di  ricognizione  dei  debiti  e  del  pagamento  di  essi  ad  opera
dell'azienda sanitaria secondo criteri razionali predeterminati dalla
legge). 
    In conseguenza, il sacrificio del diritto di azione del creditore
(che nell'art. 1, comma 51, legge n. 220/2010  e'  oltremodo  totale,
per essere in  radice  preclusa  ogni  espropriazione  forzata  nello
spatium  temporis  definito  dalla  norma)  rischia  in  concreto  di
divenire arbitrario e privo di  giustificazione  causale,  dacche'  a
fronte della piena disponibilita' dell'intero suo patrimonio (nonche'
della  liberazione  dei  beni-crediti   gia'   pignorati)   l'azienda
sanitaria debitrice ben potrebbe destinare le risorse finanziarie  ad
impieghi  differenti  dall'estinzione   dei   debiti   da   risanare,
continuando a  beneficiare  dell'esonero  dall'aggressione  esecutiva
(nella controversia in discorso, ad esempio, la ASL Napoli 1  Centro,
esecutata-opposta, non ha allegato -  e  a  fortiori  provato-nemmeno
l'esistenza del prescritto piano di ricognizione dei debiti). 
    4.3. Ancor  piu'  palese  e'  il  vulnus  al  diritto  di  azione
nell'ipotesi - ricorrente nella vicenda in parola -  di  pignoramento
eseguito in epoca anteriore all'entrata  in  vigore  della  legge  n.
220/2010. 
    Qui  il  divieto  di  dare  ulteriore   corso   al   procedimento
espropriativo  con  le  ricadute  operative  innanzi  descritte   (la
chiusura anticipata della procedura con pronuncia di  definizione  in
rito, la vanificazione retroattiva di tutti gli effetti derivanti  da
un atto di pignoramento ratione temporis legittimamente eseguito)  si
traduce, infatti, per il creditore pignorante in  un  pregiudizio  di
natura patrimoniale (che si  aggiunge  alle  conseguenze  lesive  del
diritto  di  azione  sopra  evidenziate),   consistente   nel   dover
sopportare, in nome  di  una  infruttuosita'  stabilita  per  edictum
principis, gli esborsi per gli atti processuali gia' compiuti  (spese
vive e competenze professionali del difensore). 
    5. Di palmare evidenza risulta, poi, la violazione  del  basilare
principio di uguaglianza sancito  dall'art.  3,  comma  primo,  della
Costituzione. 
    Come  acutamente  gia'  osservato   dal   giudice   delle   leggi
occupandosi della -per vari versi antesignana dell'art. 1, comma  51,
legge n. 220/2010 - legge regionale Campania del 19 gennaio  2009  n.
1, il blocco dei pignoramenti in danno  delle  aziende  sanitarie  ed
ospedaliere   «introduce   una   limitazione    al    soddisfacimento
patrimoniale  delle  ragioni  dei  creditori  [...]  assegnando  alle
situazioni soggettive di coloro che hanno avuto rapporti patrimoniali
con quegli enti  un  regime,  sostanziale  e  processuale,  peculiare
rispetto a quello (ordinario, previsto dal codice civile e da  quello
di  procedura  civile)  altrimenti  applicabile»  (cosi'   la   Corte
Costituzionale nella citata sentenza 26 marzo 2010 n. 123). 
    A ben vedere, siffatta peculiare disciplina  concreta,  sotto  un
duplice aspetto, una disparita' di  trattamento  in  pregiudizio  dei
creditori  delle  aziende  sanitarie  ed  ospedaliere  delle  regioni
commissariate. 
    In primo luogo, per  la  tangibile  discriminazione  rispetto  ai
soggetti creditori di aziende sanitarie ed ospedaliere ubicate  nelle
regioni non commissariate per disavanzi nel settore sanitario, per  i
quali  l'impedimento  alla  coattiva  realizzazione   delle   pretese
creditorie stabilito dall'art. 1, comma 51,  legge  n.  220/2010  non
opera: situazioni quindi omologhe ma  dal  jus  positum  regolate  in
maniera differente. 
    Ancora,  e  soprattutto,  rispetto  alle  aziende  sanitarie   ed
ospedaliere cui si rivolge la norma: quest'ultime, benche'  debitrici
e quindi potenzialmente destinatarie di azioni esecutive,  godono  di
una sorta di immunita' totale dall'espropriazione  forzata  correlata
ad  un  mero  status  soggettivo  (l'essere   aziende   sanitarie   o
ospedaliere  ubicate  in  regioni  commissariate  per  disavanzi  nel
settore sanitario) secondo un criterio di  selezione  che,  peraltro,
suscita  non  insignificanti  perplessita'  (potendosi   ad   esempio
verificare  che  beneficiaria  del  blocco   dei   pignoramenti   sia
un'azienda  sanitaria  che,  pur  facendo  parte   di   una   regione
commissariata, non versi in difficolta' economiche). 
    Ne deriva un vero  e  proprio  privilegio  processuale  dell'ente
pubblico che non soltanto sovverte  la  condizione  dei  protagonisti
dell'espropriazione forzata ordinariamente delineata  dal  codice  di
rito (nel quale, come e' noto, il  debitore  esecutato  si  trova  in
condizione di soggezione, dovendo subire la privazione di propri beni
per il soddisfacimento dell'altrui diritto) ma si appalesa ancor piu'
irragionevole, ove si consideri che le aziende sanitarie usufruiscono
di un - altresi' peculiare - regime  di  impignorabilita'  avente  ad
oggetto  beni  destinati   all'espletamento   di   servizi   pubblici
essenziali (quale stabilito dall'art. 1, comma quinto,  del  d.l.  18
gennaio 1993  n.  9)  che  continua  ad  operare  e  si  cumula,  con
conseguenze esiziali per le pretese creditorie,  con  il  divieto  di
pignoramenti imposto dalla norma qui tacciata di incostituzionalita'. 
    6.  Ulteriori  dubbi   investono   poi   la   conformita'   della
disposizione in rassegna con il principio del  giusto  processo  come
declamato nell'art. 111, secondo comma, Cost. 
    Il  divieto  delle  azioni   esecutive   si   pone   infatti   in
irrimediabile contrasto con il contenuto  precettivo  caratterizzante
la citata  norma  primaria,  ovvero,  segnatamente,  con  la  solenne
affermazione dei principi: 
        della parita' della armi tra i  contraddittori  in  lite,  in
ragione   della   sopra   diffusamente   evidenziata   posizione   di
ingiustificato  privilegio  attribuita  alla  p.a.  parte   esecutata
dall'art. 1, comma 51, legge 220/2010; 
        della durata ragionevole del processo, gravemente compromessa
dalla non esercitabilita' della tutela giurisdizionale esecutiva  per
il considerevole di tempo previsto dalle succedutesi disposizioni  di
legge  (assommante,  come  sopra   specificato,   a   trentuno   mesi
consecutivi): al riguardo, e' appena  il  caso  di  rammentare  come,
secondo  l'opinione  preferibile,  la  valutazione  in  ordine   alla
ragionevolezza della durata del  processo  vada  calibrata  non  gia'
sulla singola azione spiegata, bensi' sulla pretesa sostanziale fatta
valere  in   giudizio,   cioe'   a   dire   sul   tempo   processuale
complessivamente occorrente per ottenere  la  concreta  realizzazione
del bene della vita di cui si e' invocata tutela. 
    7. Da ultimo, punti di contrasto si evidenziano con il  principio
della liberta' di iniziativa economica privata ex art.41 Cost.. 
    L'impedimento frapposto dall'art. 1, comma 51, legge n.  220/2010
alla possibilita' di conseguire coattivamente una pretesa  di  natura
pecuniaria vantata nei confronti di un'azienda sanitaria  assume  una
valenza assai pregnante allorquando  il  soggetto  creditore  sia  un
imprenditore e il credito tragga scaturigine  proprio  dall'esercizio
dell'attivita' imprenditoriale, come usualmente  accade  nell'ipotesi
di forniture di  beni  o  servizi  erogati  in  favore  del  servizio
sanitario nazionale in forza di  contratto  con  la  singola  azienda
oppure di rapporti di convenzionamento o accreditamento. 
    In tali ipotesi, il puntuale adempimento delle  obbligazioni  (e,
piu' in generale, il rispetto dei rapporti economici), l'esistenza di
adeguati deterrenti e la azionabilita' di efficaci rimedi  di  tutela
per il caso di inadempienza costituiscono elementi indispensabili per
consentire all'imprenditore una seria  pianificazione  della  propria
attivita' e,  in  ultima  analisi,  l'esercizio,  nel  sistema  della
concorrenza, di una effettivamente libera iniziativa economica. 
    In questa direzione si  inquadrano  le  disposizioni,  di  natura
interna e di carattere internazionale, tese  a  contrastare,  con  la
previsione  di  interessi  particolarmente  onerosi,  i  ritardi  dei
pagamenti nelle transazioni commerciali (si pensi al d.lgs. 9 ottobre
2002 n.231; alla recente direttiva UE n.7 del 16 febbraio 2011) e  le
norme  volte  a  consentire,  attraverso  facilitazioni   di   ordine
probatorio, la formazione  di  titoli  esecutivi  per  la  tutela  di
crediti di impresa. 
    Con il contesto ora sommariamente descritto stridono marcatamente
le inferenze del disposto dell'art. 1, comma 51, legge  n.  220/2010:
la radicale privazione (ancorche' per un periodo temporale  definito)
degli strumenti di realizzazione coattiva dei crediti  nei  confronti
di alcune pp.aa., la proroga -  di  fatto,  rimessa  ad  libitum  del
soggetto debitore -  dei  tempi  di  adempimento  delle  obbligazioni
pecuniarie gravanti sulle aziende sanitarie beneficiarie della norma,
la  derivante  situazione  di  discriminazione  in  pregiudizio   dei
creditori delle aziende sanitarie delle regioni commissariate. 
    Un  coacervo  di  effetti  tale,  unitariamente  considerato,  da
minare, nel mercato  concorrenziale,  il  principio  di  liberta'  di
iniziativa economica. 
    8. Le considerazioni sin  qui  illustrate  convincono  della  non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' per  contrasto
con gli artt.3, primo comma, 24,  primo  comma,  41  e  111,  secondo
comma, della Costituzione dell'art. 1, comma 51,  legge  n.  220/2010
nella parte in cui vieta di  intraprendere  e  di  proseguire  azioni
esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e  ospedaliere
delle regioni commissariate per disavanzo nel settore sanitario. 
    9. Discorso  ben  piu'  sintetico  merita  la  delibazione  sulla
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale  dell'art.1,
comma 51, legge n. 220/2010. 
    Per convincersi di cio', e' sufficiente osservare, infatti,  come
la presente controversia di opposizione  agli  atti  esecutivi  verta
sulla correttezza di una ordinanza  con  cui  e'  stata  pronunciata,
proprio ai sensi della menzionata norma, la improseguibilita' di  una
espropriazione forzata intrapresa (con atto di pignoramento  eseguito
nel maggio 2009) in danno dell'ASL Napoli  1  Centro  (facente  parte
della Regione Campania, commissariata per dissesto sanitario)  da  un
soggetto imprenditore (la s.a.s. Centro Odontostomatologico  Bamonte)
a tutela di un credito nascente dall'attivita' imprenditoriale. 
    Risulta  pertanto  evidente   come   solo   alla   pronuncia   di
incostituzionalita' dell'art. 1, comma 51, legge  n.  220/2010  possa
conseguire l'accoglimento  della  opposizione  ex  art.  617  c.p.c.,
l'annullamento della ordinanza resa dal g.e. e  quindi,  ricorrendone
gli ulteriori presupposti, la soddisfazione del  diritto  di  credito
fatto valere in executivis dal creditore procedente-opposto. 
    10.  Rimessa  alla  Consulta  la  soluzione   dell'incidente   di
costituzionalita' con le  modalita'  prescritte  dall'art.  23  della
legge 11 marzo 1957 n. 83, va, per l'effetto, disposta la sospensione
del presente giudizio.