Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  rappresentato
e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso   cui   e'
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Contro Regione Veneto in persona del Presidente pro tempore della
Giunta regionale; 
    Per la dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  (giusta
delibera del Consiglio dei Ministri del 3 febbraio 2012) dell'art.  2
comma 1 e dell'art. 27  comma  1  della  legge  regionale  veneta  16
gennaio 2012 n. 5, recante Norme per l'elezione del Presidente  della
Giunta e del Consiglio regionale del Veneto, pubblicata nel  BUR  del
20 gennaio 2012 n. 7. 
    L'art. 2 comma 1 della legge regionale veneta n. 5/2012,  recante
«Norme per l'elezione del Presidente della  Giunta  e  del  Consiglio
regionale»  del  Veneto  dispone:  «1.  Il  numero  dei   consiglieri
regionali e' determinato dalla popolazione residente  nella  Regione,
nella misura  di  uno  ogni  centomila  con  esclusione  della  parte
frazionaria del quoziente ottenuto.» 
    L'art. 27 comma 1 della medesima legge contiene una  disposizione
transitoria del seguente tenore: «1. In sede di  prima  applicazione,
il numero  dei  consiglieri  di  cui  all'articolo  2,  comma  1,  e'
determinato nel numero di quarantanove.» 
    Queste previsioni,  come  si  vede,  introducono  un  sistema  di
determinazione del numero dei  consiglieri  regionali  basato  su  un
rapporto proporzionale con  l'entita'  della  popolazione  residente.
Soltanto in via transitoria, per la prima applicazione, prevedono  un
numero fisso predeterminato (quarantanove). 
    L'art. 14 comma 1 lett. a) del decreto legge 13  agosto  2011  n.
138, convertito nella legge 14 settembre 2011 n. 148, aveva  tuttavia
in precedenza stabilito: 
      «Riduzione del numero dei consiglieri e assessori  regionali  e
relative indennita'. Misure premiali 
      In vigore dal 1° gennaio 2012 
        1. Per il conseguimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito
del  coordinamento  della  finanza  pubblica,  le  Regioni  adeguano,
nell'ambito della  propria  autonomia  statutaria  e  legislativa,  i
rispettivi ordinamenti ai seguenti ulteriori parametri: 
          a)  previsione  che  il  numero  massimo  dei   consiglieri
regionali, ad esclusione del Presidente della Giunta  regionale,  sia
uguale o inferiore a 20 per le Regioni con  popolazione  fino  ad  un
milione di abitanti; a 30 per le Regioni con popolazione fino  a  due
milioni di abitanti; a 40 per  le  Regioni  con  popolazione  fino  a
quattro milioni di abitanti; a 50 per le Regioni con popolazione fino
a sei milioni di abitanti; a 70 per le Regioni con  popolazione  fino
ad otto milioni di abitanti; a 80  per  le  Regioni  con  popolazione
superiore ad otto milioni di abitanti. La riduzione  del  numero  dei
consiglieri regionali  rispetto  a  quello  attualmente  previsto  e'
adottata da ciascuna Regione entro sei mesi dalla data di entrata  in
vigore del presente  decreto  e  deve  essere  efficace  dalla  prima
legislatura regionale successiva a quella della data  di  entrata  in
vigore del presente decreto. Le Regioni che, alla data di entrata  in
vigore  del  presente  decreto,  abbiano  un  numero  di  consiglieri
regionali inferiore a quello previsto  nella  presente  lettera,  non
possono aumentarne il numero;». 
    La Regione Veneto ha impugnato questa disposizione con il ricorso
n. 145/2011, fissato  per  l'udienza  del  prossimo  19  giugno.  Nel
ricorso sostiene  che  le  ragioni  di  coordinamento  della  finanza
pubblica non possono costituire un titolo per il legislatore  statale
ad intervenire nella materia del numero  dei  consiglieri  regionali,
che apparterrebbe interamente all'autonomia statutaria della  Regione
ai sensi dell'art. 123 Cost. 
    Successivamente al ricorso, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale
serie speciale n. 1 del 2012,  la  Regione  ha  tuttavia  adottato  e
pubblicato la legge regionale in epigrafe. 
    Anziche' attendere il  giudizio  di  codesta  Corte,  considerata
anche la palese insussistenza di ragioni  di  urgenza  ipoteticamente
legate alla scadenza della legislatura regionale, la  Regione  si  e'
quindi «autotutelata»  con  il  presente  intervento  normativo,  che
impone al Presidente del Consiglio di proporre il presente ricorso. 
    1. Da questa circostanza  discende  una  prima  violazione  della
Costituzione, e in particolare dell'art. 134 Cost., che demanda  alla
Corte costituzionale la decisione sui ricorsi proposti dalle  Regioni
avverso le leggi dello  Stato.  Si  deve  infatti  trarre  da  questa
previsione l'evidente  corollario  che,  salve  motivate  ragioni  di
urgenza non tutelabili con la richiesta  cautelare  pure  proponibile
con il ricorso in via principale, la  Regione  che  abbia  denunciato
avanti a codesta Corte l'invasione da parte di una legge dello  Stato
di una  propria  presunta  sfera  di  autonomia  normativa  non  puo'
vanificare la decisione a  cui  essa  stessa  ha  chiamato  la  Corte
adottando  un  intervento  normativo   che   anticipa   i   contenuti
dell'auspicata sentenza di accoglimento. 
    2. Nell'intervento normativo regionale  e'  inoltre  evidente  la
violazione dell'art. 117 c. 3 Cost. nella parte in cui  riserva  alla
competenza statale concorrente la normativa in tema di  coordinamento
della finanza pubblica. 
    Le disposizioni regionali impugnate  rendono  variabile  in  modo
indeterminato  il  numero  dei  consiglieri  regionali,  poiche'   lo
ancorano alle fluttuazioni del  numero  della  popolazione  residente
secondo una  regola  proporzionale  (un  consigliere  ogni  centomila
residenti). Stabiliscono  un  solo  numero  fisso,  in  quarantanove,
peraltro soltanto in via transitoria e di prima applicazione. 
    Cio' contrasta con  il  principio  di  coordinamento  finanziario
introdotto dall'art. 14 c. 1 lett. a)  d.l.  n.  138/2011,  il  quale
impone invece la determinazione di un numero fisso, non superiore  ad
un massimo variabile da venti a ottanta a seconda  della  popolazione
regionale complessiva. 
    Codesta Corte ha gia' chiarito,  in  tema  di  leggi  statali  di
coordinamento finanziario, che tali leggi debbono comunque rispettare
il riparto concorrente previsto dall'art. 117  c.  3  in  materia,  e
quindi «permettere l'estrapolazione di  principi  rispettosi  di  uno
spazio  aperto   all'esercizio   dell'autonomia   regionale»   (sent.
159/2008). 
    Nella specie, la legge statale lascia ampio margine all'autonomia
normativa  regionale,   consentendo   alle   Regioni   di   stabilire
liberamente il numero dei consiglieri regionali,  purche'  in  misura
fissa e contenuta entro limiti massimi coerenti con  l'entita'  della
popolazione regionale complessiva. 
    La legge statale, in tal modo, fissa il principio  per  cui  deve
esservi certezza dei costi gravanti sulla finanza regionale  a  causa
del funzionamento dei consigli regionali; certezza  che  puo'  essere
garantita soltanto da un  numero  fisso  di  consiglieri,  mentre  e'
vanificata da un numero variabile in modo permanente e  indeterminato
perche' - come vuole la legge regionale  -  collegato  attraverso  un
moltiplicatore (1/100.000) agli andamenti demografici  e  insediativi
della popolazione regionale. 
    Nello stesso  tempo,  la  legge  statale  lascia  congruo  spazio
all'autonomia regionale poiche' consente alle Regioni di  determinare
tale numero fisso entro ampi margini, legati all'entita'  complessiva
della popolazione. 
    Del resto, nella specifica materia  del  numero  dei  consiglieri
regionali, codesta Corte ha statuito nella sent. 188/2011 che  spetta
all'autonomia statutaria regionale la determinazione del  numero  dei
consiglieri, quale scelta fondamentale  sottesa  alla  determinazione
della forma di governo della Regione. 
    La  legge  statale  non  svuota  tale  spazio  di  autonomia,  ma
semplicemente lo coordina con l'ineliminabile profilo degli oneri  di
finanza pubblica che il funzionamento  degli  organi  rappresentativi
comporta. 
    Non si puo' quindi seriamente dubitare (a meno di  affermare  che
il  funzionamento  degli  organi  rappresentativi   costituisce   una
«variabile indipendente» della  finanza  pubblica)  della  competenza
statale a porre il principio di certezza finanziaria legato al numero
fisso (ma relativamente variabile a discrezione  della  regione)  dei
consiglieri regionali. 
    Sicche' la scelta regionale di legare il  numero  definitivo  dei
consiglieri al  descritto  meccanismo  di  adeguamento  proporzionale
permanente  e  preventivamente  indeterminabile,  e  di  limitare  la
previsione di un numero fisso di quarantanove alla  sola  fase  della
prima applicazione, appare chiaramente illegittima per contrasto  con
l'art. 117 c. 3 Cost.  (coordinamento  della  finanza  pubblica),  in
relazione agli illustrati principi desumibili dall'art. 14 c. 1 lett.
a) del d.l. n. 138/2011.