Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   (C.F.
80188230587)  in  carica,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
Generale dello Stato (C.F.  80224030587)  per  il  ricevimento  degli
atti, FAX 06.96514000 e PEC ags_m2@mailcertavvocaturastato.it, presso
i cui Uffici ha legale domicilio in Roma, Via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta
in carica, con sede in Genova; 
    Per  la  declaratoria  di   incostituzionalita'   e   conseguente
annullamento della legge della Regione Liguria 7 febbraio 2012, n. 2,
pubblicata nel Bollettino ufficiale della  Regione  Liguria  -  parte
prima - n. 1 del giorno 15  febbraio  2012,  recante  la  «Disciplina
regionale in materia di demanio  e  patrimonio»  e,  in  particolare,
degli articoli 1, 4, 5,  6,  16  e  17;  dell'articolo  7,  comma  3;
dell'articolo  8;  dell'articolo  11,  lett.  c);  dell'articolo  14;
dell'articolo 15, comma 3: tutti per  violazione  dell'articolo  117,
della  Costituzione.  Inoltre,  dell'articolo  15,  comma   2),   per
violazione dell'articolo 117, secondo comma, lett. e) ed i), e  terzo
comma,  Cost.;  dell'articolo  38,  comma  5,  lett.  a)  e  c),  per
violazione dell'articolo 117, secondo comma, lett. 1), e terzo comma,
a  seguito  della  determinazione  del  Consiglio  dei  ministri   di
impugnativa della predetta legge regionale, assunta nella seduta  del
6 aprile 2012. 
    l. Nel Bollettino Ufficiale della Regione Liguria - parte prima -
del giorno 15 febbraio 2012, risulta pubblicata la legge  7  febbraio
2012, n. 2, recante la «Disciplina regionale in materia di demanio  e
patrimonio». Tale legge regionale e'  composta  da  nove  titoli.  Il
titolo I, riguarda la finalita'  e  l'ambito  di  applicazione  della
legge; il titolo II, le disposizioni  generali;  il  titolo  III,  il
demanio; il titolo IV, il patrimonio disponibile e indisponibile;  il
titolo V, le scritture patrimoniali; il titolo VI, l'acquisizione dei
beni; il titolo VII, le alienazioni, le permute e le  valorizzazioni;
il titolo VIII, le concessioni e  le  locazioni;  il  titolo  IX,  le
disposizioni finali e transitorie. 
    2.  La  lettura  delle  numerose  norme   impugnate,   che   sono
disseminate in tutti i titoli della stessa, (ad eccezione  di  quello
riguardante  le  disposizioni   transitorie   e   finali),   permette
agevolmente di rilevare che la legge n. 2/2012 della Regione Liguria,
gia' considerata nella sua impostazione sistematica viola  l'articolo
117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, perche'  interviene
nella materia del demanio e del  patrimonio,  ossia  in  una  materia
riguardante l'ordinamento civile, riservata  in  via  esclusiva  allo
Stato. 
    La dedotta illegittimita' costituzionale  della  legge  regionale
trova  conforto   nella   circostanza   che,   come   codesta   Corte
Costituzionale ha piu' volte avuto modo di precisare, la  titolarita'
di funzioni  legislative  e  amministrative  della  Regione  relativa
all'utilizzazione  di  determinati  beni  non  puo'  incidere   sulle
facolta' che spettano allo Stato in quanto proprietario; inoltre,  la
disciplina degli aspetti dominicali del demanio statale rientra nella
materia dell'ordinamento civile e, pertanto, e' materia di competenza
esclusiva dello Stato (sentenze n. 370, n. 102 e n. 94 del  2008;  n.
286 del 2004; n. 343 del 1995). 
    Con particolare riferimento al demanio  marittimo,  gia'  codesta
Corte ha posto in evidenza che le prerogative dello  Stato  precedono
logicamente la  ripartizione  delle  competenze  ed  ineriscono  alla
capacita' giuridica dell'ente, secondo  i  principi  dell'ordinamento
civile (sentenza n. 427 del 2004): pertanto, la competenza  regionale
in materia deve arrestarsi di fronte a quella dello Stato. 
    3.  Fermo  restando  quanto  sopra  evidenziato  con  riferimento
all'intera legge regionale, occorre altresi' rilevare che sussiste la
violazione  dell'articolo  117  della  Costituzione  da  parte  delle
numerose sue specifiche disposizioni indicate in epigrafe. 
    A tal fine, giova fare  innanzitutto  presente  che  l'articolo 1
della legge 22 luglio 1975, n. 382,  recante  norme  sull'ordinamento
regionale e  sulla  organizzazione  della  pubblica  amministrazione,
delegava al governo l'emanazione di uno o piu' decreti diretti a: 
        «a)   a   completare   il   trasferimento   delle    funzioni
amministrative,  considerate  per  settori  organici,  inerenti  alle
materie indicate nell'articolo 117 della Costituzione ...; 
        b) a trasferire le funzioni inerenti  alle  materie  indicate
nell'articolo 117 della Costituzione ...; 
        c) a delegare, a  norma  dell'articolo  118,  secondo  comma,
della Costituzione, le funzioni amministrative necessarie per rendere
possibile ...; 
        d) ... (Omissis) ...; 
        e) ad attribuire alle province, ai comuni  e  alle  comunita'
montane ai sensi dell'articolo 118, primo comma  della  Costituzione,
le funzioni amministrative di interesse esclusivamente  locale  nelle
materie indicate dall'articolo 117 della Costituzione ...». 
    Successivamente, l'articolo 1 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, recante l'attuazione della  delega
di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n.  382,  disponeva  il
trasferimento e conferiva le deleghe  delle  funzioni  amministrative
dello Stato alle  regioni.  L'articolo  59  dello  stesso  D.P.R.  in
materia di demanio marittimo stabiliva, inoltre, che  «sono  delegate
alle regioni le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle
aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle  aree  del  demanio
lacuale e fluviale...». 
    Dall'esame  delle  citate  disposizioni  emerge  chiaramente   la
separazione tra le funzioni che sono state delegate alle Regioni,  le
quali hanno natura amministrativa  e  le  competenze  spettanti  allo
Stato, le quali riguardano la proprieta' dei beni,  indipendentemente
dalla loro utilizzazione. 
    L'indicata separazione risulta tuttora vigente anche in  presenza
dell'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 28 maggio 2010,  n.
85, (recante attribuzione a comuni, province, citta' metropolitane  e
regioni di un proprio patrimonio), il quale prevede il  trasferimento
alle Regioni dei beni del demanio marittimo. Il trasferimento di tali
beni, infatti, e' subordinato all'emanazione di uno  o  piu'  decreti
del Presidente del Consiglio dei ministri: ma questi non  sono  stati
ancora emanati. 
    Le disposizioni contenute nella legge n. 382/1975 e nel D.P.R. n.
616/1977,  permettono  quindi  di  comprendere   che   le   impugnate
disposizioni della legge della Regione Liguria,  disciplinando  -  in
attesa  del  perfezionamento  del   descritto   iter   normativo   di
attribuzione alle Regioni di un proprio  patrimonio  demaniale  -  la
proprieta' di beni non ancora trasferiti alla Regione, si pongono  in
contrasto con l'ordinamento giuridico nazionale. Sussiste,pertanto la
violazione  dell'  articolo  117,  secondo  comma,  lett.  1),  della
Costituzione, da pare dei numerosi articoli della legge regionale  in
esame. 
    Precisamente, risultano illegittimi, per  violazione  dell'appena
indicata disposizione costituzionale, gli articoli 1, 4, 5, 6,  16  e
17,  nelle  parti  in  cui  la  Regione  Liguria  disciplina  aspetti
dominicali del demanio, cosi' esorbitando dalle sue  competenze,  che
sono limitate alla gestione amministrativa dei beni, alla stregua  di
quanto stabilito dalla legge n. 382/1975, dal D.P.R.  n.  616/1977  e
del decreto legislativo n. 85/2010. 
    Per le medesime gia' evidenziate ragioni, violano l'articolo 117,
secondo comma, lett. l), anche: 
        l'articolo 7, comma, 3 riguardante l'istituto della  consegna
il quale, ai sensi degli articoli 34 del Codice della  navigazione  e
36 del  relativo  regolamento,  attiene  ad  aspetti  afferenti  alla
dominicalita' del demanio marittimo, essendo relativo a modalita'  di
esercizio dell'uso diretto da parte dello Stato,  nella  qualita'  di
proprietario. Rientra dunque nell'esclusiva competenza  dello  Stato,
ed  in  particolare  dell'Amministrazione  marittima   centrale,   la
possibilita' di emanare tale atto; 
        l'articolo 11, con riferimento ai beni  demaniali  marittimi.
Infatti  l'elencazione  di  tali  beni   contemplati   nell'impugnato
articolo non tiene conto del fatto che,  ai  sensi  dell'articolo  5,
comma 2, del decreto legislativo n. 85 del  2010,  sono  esclusi  dal
trasferimento  in  proprieta'  agli  enti  territoriali  le  seguenti
categorie di beni,  che  rimangono  in  proprieta'  dello  Stato:  a)
immobili demaniali marittimi in  uso,  per  comprovate  ed  effettive
finalita' istituzionali, a  tutte  le  Amministrazioni  dello  Stato,
anche ad ordinamento autonomo, agli enti pubblici destinatari di beni
immobili dello Stato in uso governativo ed alle  Agenzie  di  cui  al
decreto  legislativo  30   luglio   1999   n.   300,   e   successive
modificazioni;  b)  porti  di  rilevanza   economica   nazionale   ed
internazionale;  c)  demanio  marittimo  rientrante  all'interno  dei
parchi nazionali e riserve naturali statali; d) demanio marittimo ove
insistono strade ferrate in uso i proprieta' dello Stato; e)  demanio
marittimo ove insistono reti stradali di interesse statale e  demanio
marittimo appartenente al  patrimonio  culturale;  demanio  marittimo
c.d. energetico di interesse nazionale, secondo quanto gia'  chiarito
con  pregresse  istruzioni;  g)  demanio  marittimo  costituente   la
dotazione della  Presidenza  della  Repubblica,  nonche'  il  demanio
marittimo in uso, a qualsiasi titolo al Senato della Repubblica, alla
Camera dei Deputati, alla Corte Costituzionale, nonche'  agli  organi
di rilevanza costituzionale; 
        l'articolo  14,  in  relazione  al   cosiddetto   potere   di
autotutela amministrativa di cui la Regione si dichiara  titolare  in
virtu' del principio di dominicalita': questo, infatti, costituirebbe
oggetto di contestazione, in  quanto  costituzionalmente  illegittimo
per le ragioni indicate in precedenza; 
        l'articolo  15,  comma  3,  che  attiene  all'istituto  della
sclassifica, prevista dall'articolo 35 del codice della  navigazione.
Al riguardo, si rileva che lo stesso introduce altresi' il cosiddetto
istituto della sclassifica tacita e implicita. Si consente,  infatti,
a differenza  di  quanto  stabilito  nell'ordinamento  vigente,  alla
stregua anche dei  principi  costituzionali  vigenti  in  materia  di
proprieta' pubblica, che il transito dei beni demaniali marittimi  in
altro patrimonio possa  avvenire  con  procedure  diverse  da  quelle
previste dall'articolo 35 del codice della navigazione. 
    4.  Ulteriori  profili  di  illegittimita'  costituzionale,   per
violazione degli articoli 117, secondo comma, lett. e) ed s), e  117,
terzo comma, della Costituzione riguardano le seguenti norme: 
        l'art. 15, comma 2, dispone  che  la  sdemanializzazione  dei
beni del demanio idrico avvenga mediante provvedimento adottato dalla
Giunta regionale, previo parere della competente provincia, ai  sensi
dell'articolo 92, comma 1, lett. n), della legge regionale 21  giugno
1999, n. 18 (recante l'adeguamento delle  discipline  e  conferimento
delle funzioni agli enti locali in materia di  ambiente,  difesa  del
suolo ed energia) e successive modificazioni e integrazioni. 
    Tale disposizione, nel prevedere la sdemanializzazione  dei  beni
asserviti al servizio idrico integrato,  si  pone  in  contrasto  con
quanto disposto dal decreto legislativo n. 152/2006 (norme in materia
ambientale)  che  al  comma  1  dell'articolo  143,  concernente   le
dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato, prevede
che «1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di  depurazione  e
le altre infrastrutture idriche di proprieta' pubblica, fino al punto
di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai  sensi  degli
articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se  non
nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge». 
    Pertanto, la norma in esame, nel permettere la sdemanializzazione
di beni non consentita dalla normativa statale, viola l'articolo 117,
secondo comma, lett. s),  della  Costituzione,  che  riserva  in  via
esclusiva allo Stato la materia della tutela dell'ambiente; 
        l'articolo 26 disciplina la custodia e la gestione temporanea
delle acque minerali, stabilendo  che  il  dirigente  in  materia  di
demanio e patrimonio «puo' affidare, in via temporanea e precaria, la
custodia e la gestione dei  beni  e  delle  relative  pertinenze»  al
richiedente, qualora sia presentata un'unica istanza  di  concessione
ovvero, in caso di piu' istanze, a  uno  dei  richiedenti  che  offra
adeguate garanzie tecniche ed economiche, sulla base dei criteri  che
saranno individuati in un apposito regolamento attuativo della legge. 
    La  disposizione  in  esame  non  specifica   le   modalita'   di
affidamento della gestione delle acque minerali  e  non  prevede  una
durata massima dell'affidamento: essa,  pertanto,  contrasta  con  il
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  296/2005  recante  il
«Regolamento concernente i criteri e le modalita' di  concessione  in
uso e in  locazione  dei  beni  immobili  appartenenti  allo  Stato».
Questo, infatti al comma 3 dell'articolo 4, concernente le condizioni
delle concessioni e delle locazioni, dispone  che  «la  durata  della
concessione e della locazione e' stabilita in anni sei.  Puo'  essere
stabilito un termine superiore ai sei anni, e comunque non  eccedente
i diciannove...». 
    Pertanto, la norma in  esame,  nella  parte  in  cui  prevede  un
generico affidamento temporaneo, senza specificazioni in merito  alle
modalita' di affidamento ed alla relativa  durata,  viola  l'articolo
117, secondo comma, lett. e) e s) della Costituzione,  che  riservano
allo Stato la materia della tutela della concorrenza e dell'ambiente,
nonche' l'articolo 117, terzo comma,  della  Costituzione,  il  quale
riserva allo Stato i principi di governo del territorio; 
        l'articolo 38, comma 5, disciplina i casi in cui  si  procede
all'alienazione  dei  beni  immobili  regionali  mediante  trattativa
privata con un unico interlocutore.  In  particolare  le  fattispecie
individuate dalle lett. a) e  c)  del  suddetto  comma  5,  le  quali
prevedono la vendita a un soggetto privato che opera  senza  fini  di
lucro o a soggetti che possono far valere un diritto  di  prelazione,
contrastano con l'articolo  3,  comma  1,  della  legge  n.  783/1908
recante «unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione
dei beni immobili patrimoniali dello  Stato».  Tale  legge,  infatti,
dispone che «la vendita dei beni  si  fa  mediante  pubblici  incanti
sulla base del valore di stima, previe le  pubblicazioni,  affissioni
ed  inserzioni  da  ordinarsi   dall'Amministrazione   demaniale   in
conformita' del regolamento per la esecuzione della presente legge». 
    La disposizione in esame, inoltre, contrasta con le  disposizioni
contenute nel regolamento attuativo della suddetta legge n. 783/1908,
approvato con regio decreto n. 454/1909, il quale disciplina  i  casi
in cui la vendita puo' avvenire mediante trattativa privata. 
    Pertanto la  norma  in  esame,  nel  derogare  alle  disposizioni
statali in materia di alienazione  dei  beni  immobili  dello  Stato,
viola l'articolo 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione,  il
quale riserva allo Stato la materia della tutela della concorrenza; 
        l'articolo  47  concernente  l'uso   particolare   dei   beni
demaniali e dei beni patrimoniali indisponibili, stabilisce, al comma
9, che le norme in materia di  sub  concessione  saranno  determinate
dall'apposito regolamento attuativo della legge. 
    Tale disposizione contrasta con il decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 296/2005, recante il «regolamento concernente i criteri
e le modalita' di concessione in uso e in locazione dei beni immobili
appartenenti allo  Stato»,  Infatti,  il  comma  3  dell'articolo  5,
riguardante la decadenza e la revoca della concessione,  dispone  che
«la sub-concessione del bene, totale o  parziale,  e'  vietata  e  la
violazione di detto divieto comporta  la  decadenza  immediata  dalla
concessione». 
    Pertanto la norma in esame, nella parte in cui prevede l'istituto
della sub-concessione viola sia l'articolo 117, secondo comma,  lett.
1), della Costituzione che riserva allo Stato la competenza esclusiva
in materia di ordinamento civile, sia l'articolo  117,  terzo  comma,
della Costituzione. 
    In definitiva, l'intera legge regionale  e  le  specifiche  norme
impugnate, intervenendo su materie di competenza dello  Stato  e  non
rispettando la normativa  statale,  che  fissa  uniformi  criteri  di
tutela  validi  per  l'intero  territorio   nazionale,   violano   la
Costituzione, e precisamente l'articolo 117, secondo comma, lett. e),
l) ed s) nonche' il terzo comma. 
    Esse meritano, dunque, di essere annullate.