LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in grado d'appello iscritta al n. 195/2010 del ruolo generale, promossa da: Scanferlin Mario e Veneto Banca soc. coop. p. a., quest'ultima nella sua qualita' di incorporante di Cofito - Compagnia Finanziaria Torinese s.p.a., con sede in Montebelluna, in persona del legale rappresentante, entrambi elettivamente domiciliati in Torino, presso l'avvocato Vittorio Ferreri, che li rappresenta e difende, in unione con gli avv. Cesare Zaccone e Giorgio De Nova, in forza di procure speciali alla lite in calce all'istanza di riassunzione depositata il 12 ottobre 2011; parte attrice in opposizione; Nel contraddittorio di Consob - Commissione Nazionale per le Societa' e la Borsa, in persona del presidente e legale rappresentante Lamberto Cardia, elettivamente domiciliata in Torino, presso l'avvocato R. Paparo, rappresentata e difesa dagli avocati F. Biagianti, M.L. Ermetes e P. Palmisano, che lo rappresentano e difendono in forza di procura speciale alla lite in margine alla comparsa costitutiva; parte convenuta in opposizione; Con l'intervento del pubblico Ministero in persona del sostituto Procuratore generale dott.ssa Mirella Prevete; parte interventuta in causa - trattenuta a decisione all'udienza del 27 gennaio 2012. Ragioni di fatto e di diritto § 1. Con deliberazione n. 17.118 in data 30 dicembre 2009 la Commissione Nazionale per le Societa' e la Borsa (Consob) irrogava al sig. Mario Scanferlin e alla Cofito s.p.a. determinate sanzioni amministrative in relazione ad una ravvisata fattispecie di abuso di informazioni privilegiate, quale prevista dall'art. 187-bis del t.u.f. (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58). Detta violazione era ravvisata considerando che: tra il 31 maggio 2005 e il 6 giugno 2005 il predetto sig. Mario Scanferlin, per conto di Cofito s.p.a., disponeva l'acquisto, di un milione di azioni Mediobanca; in data 9 giugno 2005 egli disponeva l'acquisto di ulteriori 300.000 azioni di detta societa'; Mario Scanferlin era amministratore di Cofito s.p.a., societa' controllante di Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni S.p.A.; gli acquisti di titoli azionari in questione erano stati posti in essere poco prima che detta banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni S.p.A. effettuasse massicci acquisti di azioni Mediobanca in esecuzione di importanti ordini conferiti dai signori Danilo Coppola e Luigi Zunino, rispettivamente per conto di Gruppo Coppola s.p.a. e di Domus Fin Luigi Zunino s.n.c., operazioni idonee ad influire sulle quotazioni dei titoli oggetto delle negoziazioni; sin da prima dell'inizio del mese di giugno 2005 l'informazione relativa al fatto che i signori Coppola e Zunino stavano per conferire detti importanti ordini di acquisto di azioni Mediobanca costituiva un'informazione privilegiata ai sensi dell'art. 181 comma 1 del decreto t.u.f. gli acquisti di titoli Mediobanca effettuati dal signor Mario Scanferlin, come innanzi indicati, erano stati effettuati utilizzando l'informazione privilegiata suddetta; essi erano successivamente oggetto di disinvestimento con un profitto realizzato di euro 1.407.505 al netto delle commissioni. Al signor Mario Scanferlin era applicata la sanzione amministrativa pecuniaria di € 1.800.000, oltre alla sanzione amministrativa accessoria prevista dall'articolo 187-quater del t.u.f. per la durata di mesi sei. La sanzione amministrativa pecuniaria era applicata al signor Mario Scanferlin in via diretta, quale autore della violazione, ai sensi dell'articolo 187-bis del t.u.f., ed alla Cofito s.p.a. veniva ingiunto di pagare il medesimo importo in qualita' di obbligato in solido ai sensi dell'articolo 6 comma 3 della legge 24/11/89 n. 681. Inoltre analoga sanzione amministrativa, di curo 1.800.000, era applicata anche alla predetta Cofito s.p.a. ai sensi dell'art. 187-quinquies del t.u.f., in qualita' di ente nell'interesse del quale la violazione era stata commessa. Infine la delibera disponeva, ai sensi dell'articolo 187-sexies del t.u.f., la confisca di titoli azionari e obbligazionari pari alla somma del controvalore dei titoli azionari Mediobanca oggetto delle movimentazioni ritenute sorrette da abuso di informazione privilegiata e del profitto conseguito. La confisca era disposta facendo riferimento al precedente provvedimento di sequestro che era stato disposto da Consob con delibera n. 17.090 del 9 dicembre 2009 ed era stato eseguito con verbale della G. di F. in data 15 dicembre 2009. La delibera teste' citata cosi' testualmente disponeva: «E' disposto il sequestro di somme di denaro, strumenti finanziari o altri beni anche immobili di pertinenza di Cofito s.p.a. fino alla concorrenza del valore del prodotto dell'illecito alla medesima contestato pari a € 20.723.331». L'importo cosi' determinato rinviene dalla somma dei seguenti addendi: euro 19.255.857, pari alla somma impiegata per gli acquisti delle azioni Mediobanca effettuati con abuso di informazione privilegiata; euro 1.467.474, pari al differenziale positivo conseguito all'atto della rivendita delle medesime azioni, rivendita che era avvenuta tra il 10/06/2005 al 25/07/2005 per il prezzo complessivo di 20.723.331. Il sequestro era eseguito presso la Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni S.p.A. con sede in Torino, su valori di proprieta' di Cofito s.p.a. Erano sottoposti a sequestro, sul dossier titoli numero 1/12 esistente presso detta banca con intestazione a Cofito s.p.a., i seguenti valori mobiliari: obbligazioni convertibili BIM 2005 - 29/07/2015, per valore nominale di euro 15.001.530 e controvalore indicato di euro 13.312.333,22; azioni Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni per un valore nominale di euro 2.454.443 e controvalore determinato in euro 7.410.945,19. § 2. Avverso tale deliberazione era proposta opposizione per la cui trattazione si teneva udienza dinanzi a questa Corte in data 17 settembre 2010. All'esito la Corte provvedeva con sentenza non definitiva e con separata ordinanza. Con la sentenza non definitiva la Corte respingeva l'opposizione limitatamente ai capi nn. 1 e 2 della delibera, vale a dire ai capi concernenti tutte le sanzioni irrogate, con la sola esclusione della confisca amministrativa. Disponeva procedersi oltre in relazione alla impugnazione relativa al capo 3, concernente, appunto, la disposta confisca. Con la separata ordinanza la Corte riteneva e dichiarava rilevante e non manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale che era stata sollevata dagli opponenti in relazione all'istituto della confisca amministrativa che veniva in rilievo. La Corte pronunciava (e leggeva all'esito della pubblica udienza) l'ordinanza che testualmente si riporta: «[...] Vista la propria sentenza non definitiva, pronunciata in data odierna, e provvedendo all'ulteriore corso della causa in relazione alla opposizione concernente il capo n. 3 della delibera, con il quale e' disposta la confisca di titoli azionari e obbligazionari per un controvalore di euro € 20.723.331, ai sensi dell'articolo 187-sexies del d.lgs. n. 58/98 (t.u.f.); «osserva: «La Consob ha disposto la confisca di cui sopra avendo applicato, nei confronti di Mario Scanferlin e della COFITO s.p.a., la sanzione amministrativa pecuniaria di € 1.800.000 ciascuno, rispettivamente per la violazione degli articoli 187-bis e 187-quinquies del testo unico, per abuso di informazione privilegiata. Tale confisca ha per oggetto il "il valore economico delle azioni costituente il prodotto dell'illecito contestato, equivalente alla somma dei valori dei beni utilizzati e del profitto conseguito" ed ingloba sia il valore corrispondente alla somma di denaro impiegata per acquistare le azioni, pari a curo 19.255.857, sia il profitto realizzato dalla rivendita delle azioni stesse, pari a euro 1.467.474. «Le parti opponenti propongono uno specifico motivo di opposizione avverso tale capo della delibera. Esse dubitano della legittimita' costituzionale della disposizione di legge applicata, per contrasto con gli articoli 3 e 27 della Carta fondamentale. «La Corte ritiene che la questione cosi' sollevata sia rilevante in quanto, essendo ravvisabili gli estremi della contestata violazione, come ritenuto con sentenza non definitiva pronunciata in data odierna, risulta obbligatoriamente applicabile la confisca in questione, non solo con riferimento al profitto dell'illecito amministrativo, ma anche con riferimento al prodotto ed ai beni utilizzati per commettere l'illecito stesso. «Il comma secondo dell'articolo 187-sexies, citato, prevede che qualora non sia possibile eseguire la confisca in modo diretto, questa debba essere obbligatoriamente sostituita dalla confisca di somme di denaro, beni o altre utilita' di valore equivalente. «Ad avviso della Corte non e' sostenibile un'interpretazione restrittiva, che consenta di escludere siffatta confisca, con particolare riferimento ai beni e comunque ai mezzi economici corrispondenti non gia' al profitto dell'illecito, ma anche al controvalore dei titoli che sono stati movimentati nell'ambito della condotta ritenuta di rilievo. «Nel caso di specie, cio' comporta che per una violazione che ha determinato un profitto di € 1.467.474, sia disposta la confisca di titoli e comunque valori mobiliari per euro 20.723.331. «L'eccezione sollevata dalla difesa appare non manifestamente infondata, con particolare riferimento alla obbligatorieta' della confisca in questione, sotto entrambi i profili dedotti. «Nonostante si tratti di previsione a titolo di confisca, e quindi istituita nei termini di una misura in senso lato preventiva, e' palese che la conseguenza a cui l'ordinamento in tal modo perviene riveste un carattere sostanzialmente sanzionatorio. «E' affatto palese la sproporzione che il sistema in tal modo introduce fra l'entita', pur rilevante, della sanzione amministrativa edittale e questa ulteriore conseguenza sanzionatoria, che finisce per essere totalmente disancorata da parametri riferibili alla gravita' in concreto della fattispecie e non consente al giudice alcuna graduazione, analoga a quella che e' invece al medesimo demandata in relazione alla determinazione in concreto della sanzione in senso proprio. «Occorre ad avviso della Corte tenere anche conto del dato fattuale che evidenzia come, nella particolare materia, sia non infrequente il caso in cui al conseguimento di un profitto non particolarmente ingente faccia da corredo l'utilizzazione di mezzi economici, in definitiva di valori da confiscare obbligatoriamente, per importi invece molto consistenti e, soprattutto, totalmente disancorati dal rapporto proporzionale con il profitto stesso. «Tutto cio' induce a riconoscere non manifestamente infondata l'eccezione sollevata, sia sotto il profilo della palese irragionevolezza della sanzione che viene in tal modo comminata, rilevante ex articolo 3 Cost., sia in relazione al principio di proporzionalita' enucleabile dall'articolo 27 della Carta fondamentale. «Non si ritiene fondata l'obiezione che fa leva sul riferimento specifico al sistema sanzionatorio penale di quest'ultima disposizione, giacche' la garanzia costituzionale sembra piu' ampiamente riferibile alla proporzionalita' della risposta sanzionatoria ordinamentale, da intendersi nella sua portata sostanzialmente punitiva, al di la' dello specifico riferimento alla applicabilita' della medesima per il tramite del processo penale. «p.q.m. la Corte dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 187-sexies, commi 1 e 2, del d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58, in relazione agli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui dispone che l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, previste dal medesimo capo del decreto legislativo, importi sempre la confisca del prodotto, del profitto e dei beni utilizzati per commettere l'illecito e che, ove la confisca non possa essere eseguita direttamente, essa debba avere obbligatoriamente su «denaro, beni o altre utilita' di valore equivalente». Erano disposti i conseguenti provvedimenti e in particolare la sospensione del giudizio. § 3. La Corte Costituzionale provvedeva con sentenza pronunciata in data 7 giugno 2011, depositata in data 10 giugno 2011. La Corte ha dichiarato inammissibile la questione di legittimita' sollevata. Osserva in particolare che nel motivare circa la non manifesta infondatezza della questione, la Corte rimettente sembra ravvisare la possibile lesione costituzionale nel sensibile divario che, in materia di abusi di mercato, puo' non di rado sussistere fra profitto conseguito e i mezzi economici impiegati nella operazione illecita. La Corte costituzionale osserva che il giudice rimettente addebita il risultato, ritenuto possibilmente lesivo dei principi di ragionevolezza e proporzionalita', precipuamente al fatto che la misura sanzionatoria non consente al giudice alcuna graduazione, analoga a quella che gli e' invece demandata circa la determinazione della sanzione in senso proprio. Cio' premesso, la Corte costituzionale osserva conclusivamente che l'intervento in tal modo ad Essa richiesto «resta dunque oscuro sia quanto all'oggetto che quanto al contenuto», cosi' proseguendo: «[...] sotto il primo profilo non si comprende, cioe', se la declaratoria di illegittimita' costituzionale debba concernere - secondo il rimettente - tutte le entita' cui si riferisce la norma denunciata ovvero solo il prodotto e i beni strumentali ovvero ancora esclusivamente tali ultimi beni. Sotto il secondo profilo, non emerge, del pari, in modo univoco se venga richiesta a questa Corte una pronuncia ablativa, che rimuova puramente e semplicemente la speciale ipotesi di confisca di cui si discute (con l'effetto di riportare la fattispecie nell'ambito della disciplina generale della confisca amministrativa di cui all'articolo 20 comma 3 della legge 24 novembre 1981 n. 689, recante modifiche al sistema penale); o se si auspichi, invece, una pronuncia a carattere additivo manipolativo che attribuisca - all'autorita' amministrativa prima e al giudice poi - il potere di graduare la misura ablativa contemplata dalla nonna censurata, escludendone in tutto o in parte l'applicazione allorche' essa appaia, in concreto, sproporzionata rispetto alla gravita' dell'illecito". § 4. Con ricorso depositato in data 12/10/2011 il sig. Mario Scanferlin e Veneto Banca soc. coop. p. a., quest'ultima nella sua qualita' di incorporante di Cofito - Compagnia Finanziaria Torinese s.p.a., hanno proposto istanza di riassunzione del processo chiedendo sia fissata una nuova udienza. Preso atto di quanto la Corte costituzionale ha ritenuto e deciso, i riassumenti chiedono che la Corte rimetta nuovamente la questione al Giudice della leggi formulando nuovamente il quesito che propone nei seguenti termini: «dichiarare illegittimo l'art. 187-sexies primo comma del decreto legislativo 58/1998 nella parte in cui dispone la confisca obbligatoria dei beni utilizzati per commettere l'illecito amministrativo per contrasto con l'articolo 3 Cost., per palese irragionevolezza della sanzione costituita dalla confisca obbligatoria dei beni strumentali, e per la mancanza di un qualsiasi rapporto tra il valore dei beni suscettibili di confisca ed il profitto realizzato; e con l'articolo 27 Cost., in relazione al principio di proporzionalita' della sanzione stessa, che viene invece determinata in modo automatico e si rivela, pertanto, totalmente disancorata dai parametri riferibili alla gravita' in concreto della fattispecie e delle valutazioni del giudice». E' stata fissata l'udienza odierna. Il procuratore generale, gia' intervenuto nella precedente fase, ha depositato un nuovo atto di intervento. Parte Consob all'udienza ha concluso insistendo per il rigetto totale dell'opposizione. § 5. La Corte ritiene che le ragioni poste a fondamento della propria precedente ordinanza non siano venute meno ed al riguardo non puo' che richiamarne la motivazione, con le doverose precisazioni che seguono. In ossequio a quanto opinato e deciso dal Giudice delle leggi si deve precisare il petitum che e' onere del giudice rimettente la questione alla Corte costituzionale di formulare. Come si e' gia' notato nella precedente ordinanza, vengono in rilievo sia il comma 1 sia il comma 2 dell'articolo 187-sexies del t.u.f. Il primo prevede la - Corte d'Appello di Torino - sez. 1a civile - 185/2010 v.g. - pag. 10 di 15 confisca obbligatoria, e quindi senza alcuna facolta' discrezionale ne' nell'an ne' nel quantum, "del prodotto o del profitto dell'illecito e dei beni utilizzati per commetterlo". Il secondo comma prevede che quando non sia possibile eseguire la confisca a norma del primo comma essa "puo' avere ad oggetto somme di denaro beni o altre utilita' di valore equivalente". Ad avviso della Corte, l'interpretazione del combinato disposto dei due commi non consente di ritenere, nel caso in cui i beni utilizzati per commettere la violazione siano rappresentati dagli strumenti finanziari movimentati nella operazione ed essi, come di norma accade, siano stati successivamente rivenduti, con il realizzo del profitto illecito, che la confisca per equivalente sia semplicemente facoltativa. Il combinato disposto dei due commi non lascia ragionevolmente revocare in dubbio l'affermazione che la confisca per equivalente sia obbligatoria qualora si tratti di valori mobiliari non piu' nella disponibilita' dell'autore della violazione, giacche' una diversa conclusione, ancorche' in ipotesi formalisticamente ancorabile all'utilizzo del verbo "puo'" solo nel secondo comma, svuoterebbe di significato la chiara ed imperativa previsione della obbligatorieta' di cui al primo comma. Nel caso di abuso di informazioni privilegiate, non sembra poi neppure revocabile in dubbio l'affermazione che la nozione di "beni utilizzati per commettere la violazione" debba includere gli "strumenti finanziari" oggetto delle operazioni illecite di acquisto, vendita o analoghe, quali previsti dall'articolo 187-bis comma uno lettere a) e c). Ne consegue che correttamente e doverosamente la Consob ha provveduto al sequestro di titoli e valori mobiliari nella disponibilita' di Cofito per un controvalore equivalente non solo al profitto conseguito (differenziale positivo tra il prezzo di vendita e precedente prezzo di acquisto delle azioni Mediobanca) ma anche al numerarlo impiegato all'origine per l'acquisto risultato poi illecitamente vantaggioso. Da tale correttezza e doverosita' consegue anche in modo evidente la rilevanza della questione. Con altrettanta doverosita', dal pronunciato rigetto, con la sentenza non definitiva, dell'opposizione per i capi attinenti agli aspetti piu' propriamente sanzionatori e soprattutto in relazione alle questioni attinenti alla sussistenza della violazione amministrativa, consegue che la Corte dovrebbe rigettare anche i motivi attinenti alla confisca, anche con riferimento all'intero controvalore dei titoli Mediobanca movimentati, al momento del loro acquisto, e non solo al controvalore del profitto conseguito alla loro rivendita. Cio' significa applicare la norma della cui legittimita' costituzionale si dubita. Occorre per altro precisare che la questione in tanto appare non manifestamente infondata in quanto esclusivamente riferibile non gia' al profitto illecito, ma ai beni utilizzati per commettere la violazione ovvero, nel caso di avvenuta alienazione, al relativo controvalore. Pare evidente che per la parte che attiene alla confisca del profitto, anche per equivalente, le perplessita' circa una possibile lesione costituzionale non abbiano ragion d'essere. Quanto pero' alla confisca dei titoli movimentati o dell'equivalente, pare alla Corte che il pericolo di lesione costituzionale permanga integralmente. Non e' innanzi tutto revocabile in dubbio che gli "strumenti finanziari" che siano movimentati in modo rilevante ai sensi delle previsioni di cui alle lettere a) e c) dell'art. l dell'art. 187 t.u.f. non possano sfuggire alla inclusione nella nozione di "beni utilizzati" per commettere l'abuso, di cui l'art. 187-quater prevede la confisca obbligatoria (ed il successivo comma quella per equivalente). Non si puo' che ribadire che data la tipologia della violazione, che consiste di norma nell'effettuazione di operazioni su titoli allo scopo di conseguire un utile differenziale, cio' che veramente realizza la lesione del bene interesse che la norma intende tutelare non e' la movimentazione del denaro o dei valori mobiliari (o, piu' genericamente, secondo la previsione dell'art. 187-bis, gli "strumenti finanziari") in se' considerati, ne', tantomeno, la relativa proprieta' o possesso in capo al responsabile della violazione, ma il conseguimento del differenziale positivo e cioe' dell'utile illecito. E questo utile illecito di norma viene conseguito mediante l'impiego di valori economici molto superiori, collegati bensi' da un vincolo di proporzionalita' (meramente) aritmetica rispetto all'utile illecito conseguito, ma non certo di proporzionalita' in termini di ragionevolezza della risposta sanzionatoria rispetto alla gravita' dell'illecito compiuto. Anzi, di norma, proprio il rilievo che i profitti di borsa conseguono alle variazioni marginali dei valori implicati, induce a considerare come regola che a movimentazione ingente corrisponda un profitto consistente in una frazione molto piccola di detti valori. Ne' si puo' ragionevolmente sostenere che il valore economico in tal modo impiegato e momentaneamente immobilizzato rappresenti di per se' stesso una valenza negativa in termini di prevenzione generale o speciale, meritevole, per la sua stessa esistenza nella disponibilita' e nel patrimonio del responsabile della violazione, di ablazione o di sanzione. Sembra dunque ineludibile la conclusione che laddove la norma prevede, giova ribadire, non gia' la confisca del profitto, ma la confisca dei valori mobiliari impiegati per commettere l'operazione inquinata dall'abuso informativo, ovvero, nella impossibilita' per avvenuta alienazione, dell'equivalente, essa finisca per avere una indubbia valenza sanzionatoria, che non solo si affianca alla sanzione amministrativa vera propria, ma non puo' essere neppure graduata, a differenza di quella, in rapporto alla gravita' in concreto dell'illecito commesso. Vengono dunque in rilievo sia l'art. 3 della Costituzione, giacche' la norma impone di applicare la confisca senza consentire alcuna verifica di proporzionalita' con il disvalore o la pericolosita' della detenzione del bene economico che viene ablato, sia l'art. 27, nella parte in cui esige la ragionevolezza e la non arbitrarieta' della risposta sanzionatoria rispetto alla gravita' in concreto, soggettiva ed oggettiva, della violazione commessa. Alla stregua di questi rilievi, la Corte ravvisa conclusivamente, - pur fattasi doverosamente ed adesivamente carico degli autorevoli rilievi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza gia' nel caso pronunciata, - la rilevanza e la non manifesta infondatezza della eccezione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 187-sexies commi 1 e 2 del t.u.f. (d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58), per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui detti commi dispongono obbligatoriamente, nel caso di violazione di cui all'articolo 187-bis del medesimo d.lgs., la confisca degli strumenti finanziari movimentati attraverso l'operazione che risulta compiuta in violazione della norma, o del loro equivalente economico, senza consentire all'autorita' amministrativa prima e al giudice investito dell'opposizione poi di graduare anche tale misura in rapporto alla gravita' in concreto della violazione commessa.