IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1027 del 2011, proposto da: Emanuela Aliverti, Ambrosino Caterina, Anghileri Vittorio, Anelli Franca, Antonelli Elvira, Apostoliti Caterina, Aniello Roberto, Arienti Marcella, Ascione Maurizio, Attardo Antonella Caterina, Baldi Silvia, Barbara Giuseppina, Beccarini Crescenzi Giovanna, Bellerio Barbara, Bellesi' Anna, Bernardini Angela Rosaria, Barnazzani Paolo, Bernini Maria Grazia, Bertoja Antonella, Bertole' Viale Laura, Bianchi Alessandro, Bocelli Giuseppe, Bodero Maccabeo Giacomo, Boiti Rosella, Bondi' Alessandro, Borrelli Andrea Manlio Massimo, Bossi Piera, Brat Silvia, Brena Maria Teresa, Brusa Gaetano, Busacca Mariarosa, Buttiglione Cristiana, Cairati Laura, Calendino Vinicia, Calo' Stefania, Canu Caterina, Cantu' Rajnoldi Franco Alberto Maria, Canziani Maria Cristina, Cao Barbara, Caputo Ivana, Carlucci Stefania, Cassano Cicuto Adriana, Castelli Claudio, Cattaneo Anna, Cavalieri Giovanna, Cecchetti Carlo, Centonze Federica, Cernuto Giuseppe, Ceron Ambrogio, Cerqua Luigi Domenico, Chiarentin Arianna, Chiavassa Alba, Cipolla Sara, Ciriaco Isabella, Clerici Mauro, Clivio Nicola, Colombo Valter, Conforti Anna, Consolandi Enrico, Corbetta Giovanna Emanuela, Corbetta Stefano, Corte Antonio, Cosmai Laura Maria, Costi Valeria, Cremona Nicoletta, Crivelli Alberto, Crivelli Carlo Cesare, Croci Massimo, Cucuzza Alessandra, Catalano Maria Elena, D'Addabbo Arianna, D'Ambrosio Carmen, D'Anela Cesira, d'Antona Silvana, D'Arcangelo Fabrizio, D'Elia Carmela, De Benedetto Maria Elisabetta, De Cristofaro Orsola Tosca, De Lucia Gabriella, Deodato Giacomo, de Ruggiero Luigi, de Sapia Cesare, Di Leo Antonio, Di Oreste Anna Maria, Di Plotti Nicola, Domanico Maria Grazia, D'Onofrio Ida, Dossi Giulia, Fadda Mariano, Fazio Giuseppe, Federici Maria Grazia, Ferrari Da Passano Teresa, Ferrari da Grado Letizia, Ferrare) Alfonsa Maria, Ferrero Giovanna Maria Elvira, Fiecconi Francesca, Filippi Rossella, Filoni Raffaella, Fontana Daniela Anna Amelia, Formica Lucia Elena, Frojo Stefania, Gaglio Luca, Galioto Marianna, Galli Alessandra, Galli Carla, Gallina Carmela, Gallucci Patrizia, Gandolfi Paola Maria, Gargiulo Luigi, Garrammone Adriana, Gennari Giuseppe, Gentile Giovanna, Gentile Ilaria, Gerli Anna Maria, Ghinetti Andrea Pio Carlo, Giacardi Paolo Maria, Giannelli Cristina, Grassani Francesca, Greco Carlotta, Greco Vincenzina Maria, Grisolia Filippo, Guerrero Nicoletta, Guerriero Pier Angelo, Ichino Giovanna Ada Lucia, Imarisio Natalia, Interlandi Caterina, Isella Maria Vittoria, Laera Laura, La Monica Bianca, Lapertosa Flavio, Laudisio Nicola, Lo Gatto Maria Luisa, Lomazzi Susanna Claudia Rita, Lombardi Erminia Maria, Macrip- o' Guido, Maiga Marco Maria, Malacarne Maria Chiara, Malaspina Francesco, Mammone Francesca Maria, Mancini Emanuele, Manfredini Enrica Alessandra, Manfrin Gabriella, Mannella Maria Letizia, Mannucci Ilio, Marangoni Claudio, Marchegiani Nicoletta, Marchiondelli Laura Anna, Marini Ines, Martini Cornelia Gabriella, Martorelli Raffaele, Matacchioni Franco, Mazzeo Rinaldi Antonino, Meyer Elisabetta, Mennuni Maria Gabriella, Merola Giuliana, Mesiano Raimondo, Micciche' Orietta Stefania, Migliaccio Gabriella, Molinari Franca, Mondovi' Valentina, Morite Margherita, Montoro Assunta, Napoleone Fabio, Negri della Torre Paolo, Nunnari Roberta, Ocello Maria, Ongania Nicoletta, Orsini Grazia, Ortolan Paola, Padova Maria Luisa, Pagano Maria Cristina, Palma Isidoro, Palomba Annalisa, Paluchowski Alida, Palvarini Manuela, Parlati Paola, Pastore Rosaria, Pattumelli Benedetta Chiara Francesca, Pederzoli Loredana, Pellegrino Andrea, Perinu Ilaria, Perozziello Vincenzo, Perrotti Pierluigi, Perulli Luisella, Pirola Andrea, Pirro Balatto Roberto, Politi Massimo, Polizzi Giovanni, Polizzi Rosa Luisa Rita, Ponti Luigia Rosa, Ponzetta Francesco, Poppa Ilio, Pozzetti Maria Cristina, Pugliese Isabella, Pugliese Marina Eleonora Mariapia, Radici Massimiliano, Raineri Carla Romana, Ramondini Elio, Ricciardi Angelo Claudio, Ripamonti Maura, Rispoli Maria Gaetana, Riva Crugnola Elena, Rizzardi Bruna, Rizzi Ada Carla, Roia Fabio, Rollero Giovanni, Rose Giuseppe, Rossato Alessandro, Rossetti Sergio, Rossi Maria Carla, Rota Giacomo, Roveda Cristiana, Ruggiero Massimo, Ruta Gaetano, Salmeri Federico Andrea Maria, Santolini Pierdomenico, Santosuosso Amedeo, Sardoni Brunella, Saresella Walter, Savoia Luisa Alfonsa, Scalise Angela, Scarlini Enrico, Scarzella Fabrizio, Scudieri Manuela, Sechi Elena, Secchi Ersilio, Serafini Giancarla, Simonetti Amina, Sodano Maria Rosaria, Soprano Arturo, Spagnuolo Vigorita Lucia, Spera Damiano, Spetti Anna Maria, Spina Rosario, Spinnler Caterina Maria, Stella Laura Cesira Giuseppina, Storaci Luciano, Tacconi Cesare, Tagliamonte Emanuela, Tarantola Giuseppe, Tavassi Marina, Tontodonati Lucilla, Tranfa Enrico, Troiani Daniela, Trovato Lorella, Turri Giulia, Vanore Giuseppe, Varani Maria Paola, Valdatta Maria Beatrice, Vallescura Gianna, Varanelli Luigi, Vasile Luisa, Veronelli Edoardo Carlo, Vigorelli Alberto Massimo, Visconti Maria Elena, Visona' Stefano, Vitale Francesca, Vitiello Mauro, Vulpio Maria, Zamagni Anna Maria Zoia Cinzia Maria Teresa rappresentati e difesi dagli avv. Vittorio Angiolini, Marco Cuniberti, con domicilio eletto presso Vittorio Angiolini in Milano, via Chiossetto, 14; Contro Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Milano, via Freguglia, 1; Per l'annullamento del diritto al trattamento retributivo spettante senza tener conto delle decurtazioni di cui al comma 22 dell'art. 9 del d.l. 31 marzo 2010 n. 78, come conv. con modificazione in legge 30 luglio 2010 n. 122; nonche' di ogni atto presupposto, connesso e comunque consequenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2011 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. I ricorrenti, tutti magistrati dell'Ordine giudiziario in servizio presso gli uffici giudiziari che rientrano nella competenza territoriale del T.A.R. di Milano, con il presente ricorso Chiedono il riconoscimento del proprio diritto alla retribuzione, da calcolare senza le decurtazioni di cui ai commi 21 e 22 dell'art. 9 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in L. 30 luglio 2010, n. 122, nonche' la condanna dell'Amministrazione ai conseguenti pagamenti, se del caso con ogni accessorio di legge. 2. Essi affidano la predetta pretesa ai seguenti motivi di diritto: I - "violazione e falsa applicazione del comma 22 dell'art. 9 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, come convertito nella legge 30 luglio 2010, n. 122, anche in relazione alla L. 19.2.1981, n. 27; violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 23, 36, 53, 97, 101, 102, 104, 107 e 108 della Costituzione; irragionevolezza ed illogicita' manifeste; eccesso e sviamento di potere"; i ricorrenti ricordano che, secondo la giurisprudenza, anche della Corte Costituzionale, il trattamento economico dei magistrati corrisponde alla «peculiare ratio di attuare il precetto costituzionale dell'indipendenza e di evitare che essi siano soggetti a periodiche rivendicazioni nei confronti di altri poteri» (cfr., sentenze n. 42 del 1993 e n. 409 del 1995, ordinanza n. 346 del 2008); le misure di taglio del trattamento economico di cui e' causa, incidendo in riduzione sulle retribuzioni dei magistrati, si appalesano in contrasto con i principi di certezza e di continuita' delle retribuzioni spettanti ai magistrati; II - "violazione e falsa applicazione del comma 22, primo periodo, dell'art. 9 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, come convertito nella legge 30 luglio 2010, n. 122, anche - in relazione alla legge 19 febbraio 1981 n. 27, sotto altro profilo". Gli istanti precisano che il comma 21 dell'art. 9 ha disciplinato, ai fini del "contenimento delle spese in materia di pubblico impiego", i "meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato per gli anni 2011, 2012 e 2013". successivo comma 22, riferendosi piu' distintamente, al "personale di cui alla legge n. 27/1981" (ossia ai magistrati), ha previsto che "non sono erogati, senza possibilita' di recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012; per tale personale, per il triennio 2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014 e' pari alla misura gia' prevista per l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno 2015 viene determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014". Le predette disposizioni, non specificando quali siano i "conguagli" e gli "acconti" (termini relativi e non assoluti) appaiono - secondo la difesa dei ricorrenti - del tutto generiche ed inconcludenti e, come tali, inapplicabili. Di conseguenza, i ricorrenti hanno chiesto che questo Tribunale "accerti" che la predetta disposizione non sarebbe in grado di sortire alcun effetto sul trattamento economico dei magistrati, i cui adeguamenti retributivi devono quindi rimanere inalterati; III - "illegittimita' costituzionale del comma 22, secondo periodo, dell'art. 9 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, come convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122". Detta norma stabilisce che "l'indennita' speciale di cui all'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, spettante negli anni 2011, 2012 e 2013, e' ridotta del 15 per cento per l'anno 2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e del 32 per cento per l'anno 2013". In relazione al carattere di questa "indennita' speciale" - che costituisce una voce fissa della retribuzione e che presenta carattere ristorativo degli oneri che i magistrati incontrano nello svolgimento della loro attivita' - il taglio su di essa operato sarebbe contrario alla Costituzione, facendo venir meno quella stretta correlazione fra l'indennita' in parola e gli specifici e particolari oneri connessi alla funzione giurisdizionale, come da sempre precisato nella giurisprudenza costituzionale ed amministrativa. Ne risulterebbero violati gli artt. 3, 36, 53 e 97 della Costituzione. Con il ricorso e' stata presentata istanza di sospensione degli effetti delle disposizioni contestate. 3. Si e' costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato per le Amministrazioni intimate (Presidenza del Consiglio, Ministeri della Giustizia e dell'Economia e delle Finanze), contestando diffusamente ed analiticamente la fondatezza del ricorso. In particolare, la difesa erariale ha sottolineano come le norme di legge oggetto delle censure avversarie si inseriscano nell'ambito di un complesso di misure volte al contenimento della spesa in materia di impiego pubblico "in considerazione della eccezionalita' della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea", secondo quanto recita il comma 2 dell'art. 9 in esame. Nell'ambito di tale finalita', il legislatore avrebbe legittimamente ritenuto che anche il personale di magistratura dovesse, al pari del restante personale statale, concorrere al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, attraverso misure che attengono direttamente al rapporto d'impiego e non all'esercizio delle funzioni giurisdizionali, rispetto alle quali, pertanto, non si ravviserebbe violazione dei principi di autonomia e indipendenza della magistratura, trattandosi, oltretutto, di misure gia' adottate in precedenti leggi di risanamento. 4. Alla camera di consiglio del 3 maggio 2011, i ricorrenti hanno rinunciato alla domanda cautelare ed il Collegio ha fissato l'udienza di merito per il 18 ottobre 2011. 5. All'udienza pubblica del 18 ottobre 2011 la causa e' stata trattenuta in decisione. 6a. Cosi' riassunti i punti di fatto della vicenda sottoposta all'esame di questo Tribunale, il Collegio ritiene utile premettere una breve ricostruzione del quadro normativo in cui si colloca il presente contenzioso. Il trattamento economico dei magistrati ordinari, amministrativi e della giustizia militare e' disciplinato dalla legge 2 aprile 1979, n. 97, che, con effetto dal 1° gennaio 1979, lo ha rideterminato nella misura indicata, per ciascuna qualifica, nelle tabelle allegate ad essa (lo stipendio tabellare, per l'appunto) e che ha altresi' precisato che a tale misura vanno aggiunte le sole indennita' integrativa speciale e giudiziaria, quest'ultima, a sua volta, disciplinata dall'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27. In particolare, gli artt. 11 e 12 della legge n. 97 del 1979, nel testo novellato dall'art. 2 della citata legge n. 27 del 1981, prevedono che: - gli stipendi dei magistrati sono adeguati di diritto, ogni triennio, nella misura percentuale pari alla media degli incrementi delle voci retributive, esclusa l'indennita' integrativa speciale, ottenuti dagli altri pubblici dipendenti (appartenenti alle amministrazioni statali, alle aziende autonome dello Stato, universita', regioni, provincie e comuni, ospedali ed enti di previdenza); la percentuale spettante e' calcolata dall'Istituto centrale di statistica rapportando il complesso del trattamento economico medio per unita' corrisposto nell'ultimo anno del triennio di riferimento al trattamento economico medio dell'ultimo anno del triennio precedente, ed ha effetto dal 1° gennaio successivo a quello di (4,kr ri ferimento; gli stipendi al 1° gennaio del secondo e del terzo anno di ogni triennio sono aumentati, a titolo di acconto, sull'adeguamento triennale, per ciascun anno e con riferimento sempre allo stipendio in vigore al 1° gennaio del primo anno, per una percentuale pari al 30 per cento della variazione percentuale verificatasi fra le retribuzioni dei dipendenti pubblici nel triennio precedente, salvo conguaglio a decorrere dal 1° gennaio del triennio successivo; la percentuale dell'adeguamento triennale e' determinata entro il 30 aprile del primo anno di ogni triennio con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia e con quello del tesoro; a tal fine, entro il mese di marzo, l'ISTAT comunica la variazione percentuale di cui sopra. 6b. La successiva legge 6 agosto 1984, n. 425, all'art. 3 ha stabilito che dal 1° luglio 1983 la progressione economica degli stipendi dei magistrati si sviluppa in otto classi biennali del 6%, da determinarsi sullo stipendio iniziale di qualifica o livello retributivo, nonche', allo scadere del dodicesimo anno, in successivi aumenti biennali del 2,50%, da calcolare sull'ultima classe di stipendio. L'art. 51 del d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, di profonda riforma della disciplina dell'accesso in magistratura, nonche' in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, nel testo sostituito dall'art. 2 della legge 30 luglio 2007, n. 111, ha confermato integralmente il complesso e risalente sistema determinativo del trattamento stipendiale dei magistrati, precisando espressamente che "continuano ad applicarsi tutte le disposizioni in materia di progressione stipendiale dei magistrati ordinari e, in particolare, la legge 6 agosto 1984, n. 425, l'articolo 50, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, l'adeguamento economico triennale di cui all'articolo 24, commi 1 e 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, della legge 2 aprile 1979, n. 97, e della legge 19 febbraio 1981, n. 27, e la progressione per classi e scatti, alle scadenze temporali ivi descritte e con decorrenza economica dal primo giorno del mese in cui si raggiunge l'anzianita' prevista". Infine, il comma 12 dell'art. 11 dello stesso d.lgs. n. 160 del 2006 ha stabilito che una valutazione negativa della professionalita' - alla quale sono sottoposti con cadenza quadriennale tutti i magistrati ordinari, a decorrere dalla data di nomina e fino al superamento della settima valutazione di professionalita' - comporta "la perdita del diritto all'aumento periodico di stipendio per un biennio". La caratteristica fondamentale del trattamento economico dei magistrati e' quindi l'esistenza di un sistema automatico di collegamento dell'andamento delle loro retribuzioni con quelle del pubblico impiego, che permette di adeguare l'andamento delle retribuzioni a quello generale delle retribuzioni pubbliche, limitandolo solo alla media degli aumenti e con effetto solo di adeguamento alle variazioni gia' intervenute. Questo sistema ha quindi il carattere dell'automaticita' e della fonte legale, al fine, ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, "di attuare il precetto costituzionale dell'indipendenza e di evitare che essi (i magistrati, n.d.r.) siano soggetti a periodiche rivendicazioni nei confronti di altri poteri", nonche' quello di "assicurare la completa autonomia ed indipendenza dei giudici dall'Esecutivo" (cfr., Corte Costituzionale, 27 luglio 1995, n. 409; id., 10 febbraio 1993, n. 42; C.d.S., sez. IV, 20.12006, n. 1472). L'effetto di adeguamento delle retribuzioni della magistratura a quelle del pubblico impiego, che questo sistema produce, attua poi i principi costituzionali dell'uguaglianza (art. 3 Cost.) e dell'adeguatezza retributiva (art. 36 Cost.). Secondo una parte della giurisprudenza la tutela costituzionale del trattamento economico dei magistrati, a differenza di quella degli altri dipendenti pubblici, si estende anche alla misura della retribuzione, in quanto garanzia dell'indipendenza dei magistrati (art. 104 Cost.). Tale aspetto risulta rafforzato dalla "Raccomandazione CM/Rec (2010) 12 sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilita'", atto di soft-law adottato a Strasburgo dal Comitato dei Ministri il 17 novembre 2010 al fine di originare linee attuative il piu' possibile omogenee dell'art. 6 della C.E.D.U., la quale specifica, al punto 54, che la loro retribuzione debba essere "commisurata al loro ruolo professionale ed alle loro responsabilita'", ed in ogni caso tale da "renderli immuni da qualsiasi pressione volta ad influenzare le loro decisioni". In merito occorre rilevare che non si vuole confondere il problema del «benessere» della magistratura con quello della «indipendenza», in quanto quest'ultima e' una virtu' morale che non deriva dalla condizione economica; neppure si vuole affermare la necessaria superiorita' del trattamento economico della magistratura rispetto ad ogni altra categoria di dipendenti dello Stato; principio, del resto, inaccettabile, perche' si basa sulla retorica di' un primato della funzione giurisdizionale rispetto agli altri poteri dello Stato, mentre non si puo' dimostrare, in linea di ragione, che al magistrato, rispetto ad altre categorie di pubblici dipendenti, occorra piu' squisita o rara cultura, o che su di esso gravi, comparativamente, la soma di piu' rischiose responsabilita', mentre sarebbe oltraggioso supporre che una maggiore labilita' di' coscienza renda indispensabile prevenire, con un piu' favorevole trattamento economico, la trasformazione della magistratura in accolita di corrotti e di concussionari. Tuttavia la presenza di meccanismi che garantiscano una sostanziale equiparazione degli sforzi richiesti alla magistratura ed alle altre categorie di lavoratori pubblici nei momenti di crisi economica dello Stato resta fondamentale al fine di garantire un sereno esercizio della funzione giurisdizionale e quindi la sua indipendenza. 7. Venendo ora agli effetti della manovra in questione sulle retribuzioni dei magistrati ordinari ricorrenti occorre rilevare che l'art. 9 comma 22 ha previsto: a) il blocco degli acconti per gli anni 2011, 2012 e 2013 e dei conguagli per il triennio 2010-2012 (comma 22, primo periodo, dell'art. 9); b) un "tetto" per l'acconto per l'anno 2014 (che non puo' superare quello dell'anno 2010) ed un "tetto" per il conguaglio dell'anno 2015, che sara' determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014, escludendo pertanto il triennio 2011-2013 (comma 22, primo periodo, dell'art. 9); c) la riduzione - annualmente progressiva (pari al 15, al 25 e al 32 per cento), nel triennio 2011-2013, dell'indennita' giudiziaria di cui all'art. 3 della L. 19.2.1981, n. 27 (comma 22, secondo periodo, dell'art. 9); d) sono stati salvaguardati i meccanismi di "progressione automatica dello stipendio" per gli anni 2011-2013, ossia le classi e gli scatti di carriera (comma 22, quarto periodo, che richiama ad excludendum il secondo e il terzo periodo del comma 21 dell'art. 9), cosi' come gli effetti economici delle progressioni di carriera. Con queste norme il legislatore ha introdotto un regime di eccezione che, senza modificare o abrogare il meccanismo di adeguamento delle retribuzioni dei magistrati, introduce un blocco del sistema di adeguamento, che puo' trovare una giustificazione solo nella necessita' di adeguare le retribuzioni dei magistrati al deterioramento della situazione economica nazionale in modo piu' veloce rispetto alla riduzione che si avrebbe in via riflessa come conseguenza del blocco delle retribuzioni del pubblico impiego (interventi analoghi sono previsti anche dalla normativa comunitaria: v. CGE, Terza Sezione, 24 novembre 2010 in causa C-40/10) . 8. Gli effetti di questa manovra, vista nel suo complesso, sugli stipendi dei magistrati ricorrenti sono rappresentati nella Relazione della Ragioneria Generale dello Stato, depositata in giudizio dai ricorrenti. Dalla tabella 1 della Relazione risulta chiaramente che si verifica una situazione di sostanziale riduzione della retribuzione del personale di magistratura, in particolare della parte del personale che non usufruisce di avanzamenti di carriera nel periodo considerato (in tal senso v. TAR Trentino Alto Adige, sez. di Trento, ordinanza 14 dicembre 2011 n. 307, punto 11 della motivazione). 9. Per quanto riguarda la legittimita' degli interventi legislativi che incidono sul trattamento economico dei magistrati occorre rifarsi alla giurisprudenza costituzionale formatasi sui precedenti interventi limitativi del meccanismo di adeguamento economico giustificati da momenti assai delicati per la vita economico-finanziaria del Paese, caratterizzati dalla necessita' di recuperare l'equilibrio di bilancio (v. Corte costituzionale, ordinanza 14 luglio 1999 n. 299). In tali pronunce la Corte ha affermato che norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'art. 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), a condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso. Occorre quindi verificare se l'intervento in parola risponda ai requisiti che gli interventi derogatori devono avere secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale. Tale esame richiede in primo luogo un confronto con il trattamento riservato alla dirigenza pubblica privatizzata a parita' di condizioni economiche e sociali, al fine di verificare la non arbitrarieta' dell'intervento nei confronti dei magistrati, sotto forma di irrazionale riparto dei sacrifici fra categorie diverse di cittadini. 9a. A tal fine occorre analizzare il trattamento riservato dall'art. 9 del D.L. 78/2010 in modo specifico ai dipendenti pubblici privatizzati, il quale prevede che: a) il limite massimo del trattamento economico complessivo dei dipendenti, anche di qualifica dirigenziale non puo' superare il trattamento "ordinariamente" spettante, per l'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati e dal conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno (art. 9 comma 1); b) le progressioni di carriera sono bloccate (art. 9 commi 21 terzo e quarto periodo). Ne risulta un regime non tanto di blocco stipendiale quanto di raffreddamento della dinamica retributiva, in quanto le eccezioni al blocco sono particolarmente rilevanti e non inusuali, quali qualsiasi mutamento organizzativo che riguardi non solo la struttura nel suo complesso ma anche il singolo dipendente (il c.d. conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno), il pagamento di arretrati, l'attribuzione di emolumenti che abbiano carattere straordinario. Sebbene le componenti variabili del trattamento accessorio, escluse dai limiti del comma 1 per il loro carattere non fisso e continuativo, abbiano il loro vincolo di incremento nella disciplina del comma 2-bis del medesimo articolo, che va ad incidere sui fondi unici di amministrazione (Corte Conti, Sezioni Riunite di Controllo, deliberazione 2 novembre 2011 n. 56), restano le rilevanti eccezioni del conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno e del pagamento di arretrati. 9.b Venendo a confrontare il trattamento riservato alla magistratura, visto nel suo complesso e per gli effetti che esso produce, rispetto a quello del pubblico impiego privatizzato risulta, a giudizio del Collegio, che i pur legittimi sacrifici richiesti ai primi non rispondono ai canoni individuati dalla giurisprudenza costituzionale (v. Corte costituzionale, sentenza 18 luglio 1997 n. 245; ordinanza 14 luglio 1999 n. 299) in quanto mentre il personale di magistratura e' soggetto ad una riduzione complessiva delle retribuzioni, l'impiego pubblico privatizzato e' soggetto ad un blocco "temperato" delle dinamiche retributive. Questo trattamento si palesa arbitrario per l'irrazionale riparto dei sacrifici tra categorie diverse di cittadini e la conseguente disparita' di trattamento tra la magistratura ed i lavoratori pubblici privatizzati. In questo modo, inoltre, il legislatore intacca il meccanismo di adeguamento retributivo ex post alla media degli aumenti del pubblico impiego, portando al disallineamento delle retribuzioni, con conseguente violazione anche dell'indipendenza della magistratura sotto il profilo economico (art. 104 della Costituzione). Questo risultato e quindi l'arbitrarieta' della scelta del legislatore risulta confermata dal riconoscimento al pubblico impiego privatizzato degli arretrati del trattamento economico maturato, mentre ai magistrati ricorrenti e' precluso il pagamento del conguaglio della variazione triennale relativa agli anni 2009 - 2011 gia' maturato in base al D.P.C.M. 23 giugno 2009. Gli effetti della manovra sono poi ulteriormente ampliati dal comma 22, primo periodo, dell'art. 9 del D.L. 78/2010 nella parte in cui esclude qualsiasi possibilita' di successivo recupero attraverso l'imposizione di un "tetto" per l'acconto per l'anno 2014 (che non puo' superare quello dell'anno 2010) e di un "tetto" per il conguaglio dell'anno 2015, (che sara' determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014, escludendo pertanto il triennio 2011-2013), che non sono previsti per il pubblico impiego contrattualizzato. Cosi' facendo la norma impedisce di adeguare le suddette retribuzioni al recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni del pubblico impiego privatizzato che si verifichera' con la ripresa della contrattazione collettiva in quanto la normativa non esclude per quest'ultimo personale la possibilita' di recupero. 9c. Il collegio ritiene quindi che le norme in questione possano ritenersi lesive del principio di cui all'art. 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), 36 e 104 della Costituzione in quanto i suddetti sacrifici non sono transeunti e comportano una disparita' di trattamento con le altre categorie dell'impiego pubblico privatizzato. 10. Venendo ora all'esame degli interventi sulle singole voci della retribuzione dei ricorrenti, occorre rilevare che la previsione dell'art. 9 comma 22, del D.L. 31 maggio 2010 , n. 78 convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, secondo la quale "Per il predetto personale l'indennita' speciale di cui all'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, spettante negli anni 2011, 2012 e 2013, e' ridotta del 15 per cento per l'anno 2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e del 32 - per cento per l'anno 2013" ad avviso del Collegio contrasta con gli articoli 53, 36 della Costituzione. 10a. In merito occorre rilevare che la norma in esame ha istituito un tributo, di cui presenta le caratteristiche essenziali, "e cioe' la doverosita' della prestazione e il collegamento di questa ad una pubblica spesa, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante" (Corte costituzionale 19 ottobre 2006 n. 334; nonche' sentenze n. 26 del 1982, 63 del 1990, 2 ed 11 del 1995, 37 del 1997). 10b. La denunciata violazione del principio di capacita' contributiva con riferimento al prelievo di parte dell'indennita' giudiziaria non pare al Collegio manifestamente infondata in quanto tale indennita' non e' espressiva di alcuna "capacita' contributiva", trattandosi di un'indennita' "espressamente correlata ai particolari oneri che i magistrati incontrano nello svolgimento della loro attivita'" (cfr., sentenza n. 238 del 1990, cit.), con la conseguenza che la norma in esame in definitiva colpisce non un indice di ricchezza statica o dinamica (patrimonio o reddito) ma un rimborso compensativo di spese strumentali all'attivita' svolta. 10c. In secondo luogo il suddetto intervento sull'indennita' giudiziaria viola il principio di progressivita' dell'imposta in quanto da' vita ad un tributo sostanzialmente regressivo, poiche', incidendo in modo uniforme sulle indennita' dei magistrati ed essendo, come e' noto, l'indennita' integrativa speciale ex art. 3 1. n. 27 del 1981 corrisposta in misura uguale ad ogni magistrato, indipendentemente dall'anzianita' di servizio, finisce per colpire (in violazione del canone di cui al comma 2 dell' 53 Cost.) in misura minore i magistrati con retribuzione complessiva piu' elevata ed in misura maggiore i magistrati con retribuzione complessiva inferiore. 10d. In terzo luogo l'incisione dell'indennita' giudiziaria a fronte del mantenimento inalterato degli obblighi ai quali essa e' espressamente correlata, ed in particolare all' impegno senza precisi limiti temporali svolto dal magistrato, al quale si collega tale indennita', secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale (cfr. sentenza 8 maggio 1990, n. 238), comporta una possibile violazione del principio di adeguatezza retributiva sancito dall'art. 36 della Costituzione, che non appare al Collegio manifestamente infondata. 11. Venendo ora al blocco dell'indennita' giudiziaria mediante la previsione di un "tetto" per l'acconto per l'anno 2014 (che non puo' superare quello dell'anno 2010) ed un "tetto" per il conguaglio dell'anno 2015, che sara' determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014, escludendo pertanto il triennio 2011-2013 (comma 22, primo periodo, dell'art. 9), occorre rilevare che mediante questa disposizione i meccanismi di adeguamento retributivo riprendono a decorrere come se il tempo non fosse decorso, cosi' determinando un effetto irreversibile (tranne che agli effetti previdenziali) che accompagna i singoli magistrati fino alla pensione. In merito occorre rilevare che se, nell'ottica di un intervento ispirato ad una logica dichiaratamente emergenziale, con il quale si impone un sacrificio delimitato nel tempo e finalizzato a contenere la spesa pubblica in una situazione di crisi, e' legittimo imporre ai dipendenti pubblici un sacrificio consistente nel rinunciare per un certo tempo all'applicazione del meccanismo dell'adeguamento retributivo, e' irrazionale che, decorso il periodo di blocco, coincidente con quello di emergenza, si impedisca al suddetto personale di rinunciare all'adeguamento delle retribuzioni. In questo modo infatti si superano i limiti temporali dell'intervento emergenziale stabilito dal legislatore nel triennio 2011-2013, con violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione (v. Corte costituzionale, sentenza 18 luglio 1997 n. 245; ordinanza 14 luglio 1999 n. 299). Sotto ulteriore profilo la previsione di effetti permanenti del blocco dell'adeguamento retributivo trasforma l'intervento eccezionale in una vera e propria deroga al meccanismo medesimo, che viola l'art. 36 della Costituzione. Infatti il sistema di adeguamento, espressamente definito dalla giurisprudenza "ragionevole e non arbitrario" (C.d.S., sez. TV, 20 marzo 2006, n. 1472), e' un criterio di determinazione stipendiale indiretto e per relationem, con riferimento all'andamento delle politiche retributive degli altri settori del pubblico impiego, di cui il meccanismo dell'adeguamento non rappresenta, tuttavia, la pedissequa trasposizione automatica ma solo un indice rilevatore di variazioni sistemiche gia' intervenute e di cui si deve tener conto per assicurare che anche lo stipendio erogato ai magistrati risponda ai principi fissati nell'art. 36 della Costituzione. 20. Le suesposte considerazioni fondano, in definitiva, il giudizio di rilevanza, ai fini della compiuta decisione nel merito della controversia, e di non manifesta infondatezza della questione di illegittimita' costituzionale dei commi 21, primo periodo, e 22 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui, per il personale di cui alla legge n. 27 del 1981, hanno stabilito che: non si applicano i meccanismi di adeguamento retributivo per gli anni 2011, 2012 e 2013 e non danno comunque luogo a possibilita' di recupero negli anni successivi; non siano erogati, senza possibilita' di recupero, gli acconti per gli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012; per il triennio 2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014 sia pari alla misura gia' prevista per l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno 2015 sia determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014; la c.d. indennita' giudiziaria spettante negli anni 2011, 2012 e 2013, sia ridotta progressivamente del 15 per cento per l'anno 2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e del 32 per cento per l'anno 2013; il tutto, per contrasto con gli articoli 3, 36, 53, 97, 101, 104 della Costituzione, nei termini e per le ragioni esposti in motivazione. Si rimette pertanto la sua definizione alla Corte costituzionale, con sospensione del presente giudizio e con trasmissione degli atti a codesta Corte costituzionale. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese del giudizio resta riservata alla decisione definitiva.