L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 18 aprile 2012, ha approvato il disegno di legge n. 801 dal titolo «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2012. Legge di stabilita' regionale», pervenuto a questo commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il successivo 21 aprile 2012. Si ritiene di dover sottoporre al vaglio di codesta Corte le disposizioni di cui agli articoli 1, 6, 8 ed 11 per le motivazioni che di seguito si espongono. Art. 1, comma 2 - Si autorizza il Ragioniere generale ad effettuare operazioni finanziarie per il finanziamento di investimenti coerenti con l'art. 3, comma 18 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modifiche ed integrazioni per un ammontare complessivo pari a 558.200 migliaia di euro per l'esercizio finanziario 2012, pari a 452.500 migliaia di euro per l'esercizio finanziario 2013 e pari a 210.000 migliaia di euro per l'esercizio finanziario 2014. La genericita' della locuzione «investimenti coerenti» non consente di verificare se la regione negli effetti osservi le regole ed i limiti previsti dall'art. 3, commi 16 - 21-bis della legge n. 350/2003. In proposito codesta eccellentissima Corte nella sentenza n. 70 del 2012 ha affermato che le prescrizioni contenute nelle cennate disposizioni costituiscono contemporaneamente norme di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'art. 117, terzo comma della Costituzione (in quanto servono a controllare l'indebitamento complessivo delle amministrazioni nell'ambito della cosiddetta finanza allargata, nonche' il rispetto dei limiti interni alla disciplina dei prestiti pubblici) e principi di salvaguardia dell'equilibrio del bilancio ai sensi dell'art. 81, quarto comma della Costituzione. Di conseguenza la norma di cui al secondo comma dell'art. 1, poiche' non da' garanzie che il nuovo ricorso all'indebitamento sia esente da vizi, non fornendo nel dettaglio la tipologia di investimento in concreto programmata, si appalesa in contrasto, nella parte de qua, con gli articoli 117, terzo comma e 81, quarto comma della Costituzione. Non puo' invero ritenersi sufficiente, secondo quanto affermato da codesta eccellentissima Corte nella cennata sentenza in occasione dello scrutinio di una analoga disposizione della regione Campania contenuta nella legge di bilancio per il 2011, l'elenco delle U.P.B. da finanziare con il ricorso al mercato, fornito ai sensi dell'art. 3, decreto del Presidente della Repubblica n. 488/1969 dall'amministrazione regionale con nota n. 25726/A.07.01 del 24 aprile 2012 (allegato 1). Nell'allegato 1 alla suddetta nota sono infatti inserite alcune U.P.B., quali ad esempio 1.2.2.6.99, 4.2.2.8.99, 5.2.2.6.99, 7.2.2.6.99, che riportano come descrizione dell'intervento finanziato la dizione «altri oneri comuni» e «altri investimenti», ed altre, quali la 10.5.2.6.1 e la 12.4.2.62, che non appaiono immediatamente riconducibili alle spese di investimento come definite dall'art. 3, comma 18 della legge n. 350/2003. Art. 6, comma 3 - Si autorizza l'assunzione per il biennio 2012-2013 di oneri a carico del bilancio regionale per la gestione di impianti di dissalazione affidati in base a convenzioni prorogate e/o scadute a privati ed enti pubblici, non tutti peraltro individuati con procedure di selezione pubbliche, secondo quanto rappresentato dall'amministrazione regionale nei chiarimenti forniti ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 488/1969 (allegato 2), nonche' per il ripianamento di situazioni debitorie pregresse per un importo complessivo nel decennio 2012-2022 di 180 milioni di euro. Detta disposizione si ritiene essere in contrasto con gli art. 81, quarto comma e 97 della Costituzione giacche' non e' prevista per gli oneri derivanti dalle lettere b) e c) una copertura nelle forme richieste dall'art. 17 della legge n. 196/2009. In particolare per quanto attiene al pagamento delle obbligazioni pregresse da effettuarsi nel decennio 2012-2022, dai chiarimenti forniti non si rinvengono elementi tali da consentire l'imputazione del debito a carico della regione ne' una puntuale quantificazione dello stesso, trattandosi, come emerge peraltro da una relazione ispettiva della stessa amministrazione regionale (allegato 3), di gestioni di fatto prive delle prescritte preventive autorizzazioni amministrative. In assenza peraltro dell'indicazione nella scheda tecnica dei criteri seguiti per la quantificazione degli impegni, si ritiene che le autorizzazioni delle spese in questione possano compromettere gli equilibri finanziari sostenibili dei bilanci degli anni futuri non essendo garantita per le spese in questione una copertura sicura ed in equilibrato rapporto con gli oneri che si intendono sostenere nel prossimo decennio. Si rileva in proposito che non puo' ritenersi assolto l'obbligo di copertura della spesa di cui trattasi con l'inserimento delle stesse nella tabella riepilogativa degli effetti della manovra finanziaria fra le maggiori spese (riquadro B2 dell'allegato A alla legge), atteso che le stesse sono elencate anche nel riquadro A2 minori spese. Nella sostanza il legislatore siciliano ha prima inscritto nel bilancio, di cui al disegno di legge n. 800, la spesa in questione pur in assenza della prescritta preventiva legge sostanziale di autorizzazione e di relativa copertura, per poi ridurla e/o azzerarla con il successivo provvedimento legislativo oggetto del presente gravame, nell'intento di ampliare, cosi' operando, il ventaglio di risorse disponibili con cui far fronte agli oneri previsti. E' di tutta evidenza che si e' in presenza di un artificioso meccanismo contabile che non assicura l'effettivita' delle risorse finanziarie necessarie per sopperire alla spesa autorizzata. E' invero tautologico, e non risolutivo ai fini del rispetto dell'art. 81 della Costituzione, (sentenza C.C. n. 135/1968), dare copertura finanziaria a nuovi oneri con riduzione di spese previste in capitoli del bilancio a loro volta inscritti in assenza di una legge sostanziale che ne abbia preventivamente individuato i mezzi con cui farvi fronte. Analoga censura e' mossa riguardo alle previsioni dei commi 6, 7 ed 8 del medesimo art. 6 in quanto tutti riguardanti oneri gia' iscritti nel bilancio per il corrente esercizio in assenza di una preventiva legge sostanziale di autorizzazione della spesa o che abbia dato copertura agli incrementi di spese gia' autorizzate per importi inferiori. Il sesto comma infatti concerne l'incremento di 500 migliaia di euro alla spesa triennale di 36 milioni di euro autorizzata dall'art. 52 della legge regionale n. 11/2010 (cap. 183782 U.P.B. 6.2.1.3.1.) mentre il comma 7 «autorizza» la spesa e il permanere nel bilancio di capitoli di spesa gia' oggetto di impugnativa il 6 luglio 2011 per violazione degli articoli 81, quarto comma e 97 della Costituzione. Il comma 8 autorizza la maggiore spesa relativa a contributi ad enti o associazioni, di cui all'art. 128 della legge regionale n. 11/2010 e all'art. 7, legge regionale n. 8/2011, con la riduzione degli stanziamenti operati nel bilancio (disegno di legge n. 800), per 50.685 migliaia di euro in assenza di una norma sostanziale che li avesse autorizzati per quegli importi atteso che la cennata legge regionale n. 11/2010 determinava per l'anno 2012 l'importo di 33.363 migliaia di euro per i contributi in questione. In proposito nella nota sentenza n. 66 del 1959, codesta eccellentissima Corte ha subito chiarito che il quarto comma dell'art. 81 della Costituzione «forma sistema con il terzo». Quest'ultimo dispone invero che con la legge di approvazione non si possono stabilire «nuovi tributi e nuove spese», e cioe' non si possono aggiungere spese e tributi a quelli contemplati dalla legislazione sostanziale preesistente, mentre il quarto comma dispone che ogni legge sostanziale che importi «nuove o maggiori spese» deve indicare i mezzi per farvi fronte, e cioe' che non possono emanarsi disposizioni che comportino per bilanci pubblici oneri di piu' ampia portata rispetto a quelli derivanti dalla legislazione preesistente, se non venga introdotta nella legislazione anche l'indicazione dei mezzi destinati alla copertura di nuovi oneri (sentenze n. 36 e n. 31 del 1961 e n. 226 del 1976). Il principio risultante dal combinato disposto del terzo e quarto comma dell'art. 81 nella sostanza consiste nell'imporre al legislatore l'obbligo di darsi carico delle conseguenze finanziarie delle sue leggi, provvedendo al reperimento dei mezzi necessari per farvi fronte. Obbligo a cui, invece, parrebbe essere venuto meno il legislatore siciliano iscrivendo in bilancio spese pluriennali e/o durature, destinate inevitabilmente ad aumentare nei prossimi anni, senza avere prima provveduto a quantificare gli oneri per l'esercizio in corso e per quelli futuri e dare idonea copertuta finanziaria agli stessi con le modalita' prescritte dall'art. 17 legge n. 196/2009. Ed invero nuove e/o maggiori spese, come quelle in questione per le quali la legge che le autorizza non indica idonei mezzi per farvi fronte, non possono trovare copertura mediante iscrizione negli stati di previsione della spesa, dovendo corrispondere ad un nuovo stanziamento l'indicazione positiva delle risorse (sentenze n. 47 e n. 49 del 1967 e n. 17 e n. 135 del 1968). Art. 6, comma 10 - La disposizione, nel prevedere la proroga di un termine gia' scaduto da oltre sei anni, si appalesa in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione. Essa infatti, nel procrastinare l'applicazione del limite posto al trattamento economico del personale degli enti, aziende ed istituti sottoposti a vigilanza e tutela dell'amministrazione regionale, legittimerebbe ex post l'eventuale corresponsione di emolumenti in misura superiore a quella prevista dall'art. 31 della legge regionale n. 6 del 1997. In proposito codesta eccellentissima Corte, nel ritenere non costituzionalmente precluse in via di principio le leggi di sanatoria, chiede che le stesse siano sostenute da interessi pubblici, legislativamente rilevanti di preminente importanza generale, (sent. n. 94/95) i quali per la fattispecie «de qua», in assenza di qualsiasi elemento chiarificatore desumibile dagli atti parlamentari, non risultano essere presenti. Art. 6, comma 15 - La norma nel disporre la costituzione di un accantonamento negativo ai sensi dell'art. 10, comma 2 della legge regionale n. 47/1977 di 191.859 migliaia di euro derivante dalle entrate prodotte dal processo di valorizzazione del patrimonio regionale per integrare la copertura finanziaria della spesa riportata nella tabella A, si ritiene essere in contrasto con l'art. 81 della Costituzione. L'art. 17 della legge n. 196/2009, che rende concreto il principio dell'art. 81 della Costituzione e le cui disposizioni costituiscono principio fondamentale del coordinamento della finanza pubblica, espressamente esclude invero che si possa dare copertura attraverso l'utilizzo dei proventi derivanti da entrate in conto capitale, quale quella della valorizzazione del patrimonio, a nuovi o maggiori oneri di parte corrente come quelli indicati nel cennato accantonamento positivo di cui alla tabella A. Art. 6, comma 18 - La norma, nel disporre a carico del finanziamento del Servizio sanitario regionale gli oneri derivanti dalla corresponsione dell'indennita' di cui all'art. 7 della legge regionale n. 20/1990 in favore dei cittadini affetti da talassemia, si pone in contrasto con l'art. 81 della Costituzione. La regione, infatti, sottoposta a piano di rientro dei disavanzi regionali introduce impropriamente a carico del Servizio sanitario regionale una nuova ragione di spesa senza individuare le ulteriori idonee e specifiche fonti di copertura. L'erogazione dell'indennita' in questione non rientra infatti tra le prestazioni sanitarie, in quanto essa ha una connotazione previdenziale. La norma in questione, pertanto, attenendo alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie (che, in generale, e' riservata alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione), eccede dalle competenze della regione, individuate, in particolare, dagli articoli 14 e 17 dello statuto speciale regionale. La definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, infatti, non rientra tra le materie attribuite alla potesta' legislativa regionale, ed e' pertanto da considerarsi di esclusiva competenza dello Stato. Inoltre, poiche' la norma in questione non quantifica gli oneri da essa derivanti, ne' gli specifici mezzi per farvi fronte, risulta leso anche l'art. 81 della Costituzione. Essa, peraltro, destinando risorse finalizzate al settore sanitario per finalita' diverse, pone problemi di compatibilita' col Piano di rientro, risultando altresi' violato l'art. 2, commi 80 e 95 della legge n. 191/2009, secondo cui «gli interventi individuati dal Piano di rientro sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del Piano di rientro». Art. 6, comma 22 - E' manifestamente irragionevole e quindi in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto attribuisce competenze al Dipartimento aziende foreste demaniali, di cui e' prevista la soppressione al comma 92 del successivo art. 11. Art. 6, comma 26 - Si ritiene che la disposizione, per l'estrema genericita' del contenuto, sia in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione oltre che con il principio affermato dalla giurisprudenza di codesta eccellentissima Corte, di legalita' sostanziale. Infatti gli enti di cui alla legge regionale n. 98 del 1981 sono gli enti parco e gli enti gestori delle riserve naturali. I primi sono enti dotati di autonomia amministrativa, gestionale, patrimoniale e sono sottoposti al controllo dell'Assessorato regionale territorio ed ambiente. I secondi sono invece soggetti dotati di propria soggettivita' giuridica, anche di diritto privato (provincie, universita', associazioni ambientaliste, azienda foreste demaniali) e non dipendenti in alcun modo dall'Assessorato regionale territorio e ambiente. Non si comprende in quale modo l'Assessorato regionale territorio e ambiente possa disporre dei beni appartenenti alle provincie, alle universita' o alle associazioni ambientaliste di cui non dispone o su cui non gode alcun diritto reale. Art. 6, commi 27 e 28 - Prevedono il rilascio di autorizzazioni o concessioni precarie di porzioni di sedi viarie appartenenti al demanio trazzerale per una serie di usi, alcuni dei quali anche attinenti ad attivita' imprenditoriali ed economiche, per una «durata limitata». Orbene siffatta limitazione temporale dell'uso del bene demaniale assolutamente indeterminata si pone in contrasto con gli articoli 97 e 117, secondo comma, lettera e). Infatti la locuzione «avente durata limitata» nella sua estrema genericita' consentirebbe l'uso particolare del bene pubblico da parte dei privati per periodi anche quasi perpetui, con innegabili refluenze sulla libera concorrenza degli operatori economici non concessionari operanti sul mercato, cui verrebbero precluse le possibilita' di accedere all'utilizzo del demanio per un tempo imprecisato. Codesta eccellentissima Corte ha peraltro riconosciuto con costante giurisprudenza (ex plurimis sentenze nn. 307/2003 e 32/2009) che l'assoluta indeterminatezza del potere demandato ad una pubblica amministrazione senza indicazione di alcun criterio da parte della legge (come quello in ispecie) viola il principio di legalita' sostanziale ex art. 97 della Costituzione. Inoltre alla fine del comma 28, si fa riferimento, per la stima dei valori dei terreni da dare in concessione, ai valori agricoli medi di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, mentre con sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011 e' stato sancito che la valutazione dei terreni va fatta secondo il valore di mercato. Non risulta invero comprensibile in base a quale principio di buona amministrazione e di tutela del pubblico erario, gli espropri in danno dei privati sono pagati secondo il valore di mercato, mentre i beni demaniali dovrebbero essere concessi ai privati a valori significativamente inferiori. Inoltre la norma appare non coerente con quanto previsto dal precedente comma 23 dell'art. 6 che prevede, per i canoni concessori a titolo ricognitorio di beni demaniali e patrimoniali, un importo non inferiore a 5.000 euro annui, di gran lunga superiore in moltissimi casi a quello scaturente dall'applicazione dei valori agricolo medi. Art. 6, comma 30 - Stabilisce il pagamento di un biglietto di accesso per le aree naturali protette e per le aree attrezzate, nonche' «per le isole che comprendono aree protette». Questo ultimo inciso sembrerebbe determinare il pagamento di un biglietto di accesso alla stessa isola siciliana dando adito a perplessita' di ordine costituzionale. Detta entrata potrebbe, infatti, configurarsi come una vera e propria imposta, in quanto appaiono sussistere tutti gli elementi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale per qualificare un'entrata come tributaria, che, come ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza n. 280/2011, potrebbe essere annoverata tra i «tributi di scopo». Tale entrata, invero, costituisce un prelievo coattivo, stabilito direttamente ed esclusivamente dalla legge regionale, che non trova la sua fonte in un rapporto sinallagmatico tra le parti. Viene, infatti, richiesto il pagamento per il mero accesso nell'isola, indipendentemente dall'effettivo ingresso nelle aree protette, per cui il cittadino sarebbe chiamato ad assolvere il pagamento anche se non visita quest'ultime, con cio' vanificando la finalita' della norma che e' quella di «incrementare i servizi ai visitatori e le attivita' di tutela delle aree protette regionali». Il riconoscimento a detta entrata della natura tributaria non esclude, ovviamente, che la Regione siciliana sia facoltizzata ad istituirla, giacche' sia le norme statutarie e sia quelle di attuazione statutaria riconoscono alla regione tale potere. E' necessario, pero' sottolineare che l'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, stabilisce che la regione puo' istituire nuovi tributi in corrispondenza alle particolari esigenze della comunita' regionale «nei limiti dei principi del sistema tributario dello Stato». Occorre pertanto che il nuovo tributo, come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 102 del 15 aprile 2008, non crei «disarmonie o incoerenze con il sistema tributario statale», il quale, allo stato attuale, prevede l'imminente introduzione di un imposizione comunale correlata allo sbarco sulle isole minori, che viene prevista quale alternativa all'istituzione dell'imposta di soggiorno. La disarmonia con il sistema tributario statale si rinviene nel contrasto con il principio generale dell'ordinamento che esclude doppie imposizioni sul medesimo presupposto, in quanto il semplice ingresso nella regione potrebbe configurare anch'esso un'imposta di soggiorno regionale. Val la pena di sottolineare che un siffatto prelievo, sotto altri aspetti, appare essere in contrasto sia con i principi comunitari di libera circolazione delle persone e delle merci, e sia con l'art. 120 della Costituzione che vieta alle regioni di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le regioni. Occorre, infine, considerare che l'istituzione di un nuovo tributo richiede che gli elementi caratterizzanti dell'imposizione, vale a dire il presupposto in positivo, la soggettivita' passiva, la base imponibile e la misura dell'importo dovuto, in coerenza con quanto stabilito dall'art. 23 della Costituzione, debbano essere fissati dalla legge regionale, che invece, nulla dispone al riguardo. Art. 6, comma 34 - La disposizione pone a carico dei soggetti gestori e/o dei richiedenti gli oneri connessi ai controlli effettuati dall'ARPA. L'estrema genericita' della norma, che demanda all'assessore regionale per il territorio di concerto con quello per l'economia il compito di emanare un decreto attuativo pone lo stesso in evidente contrasto con l'art. 97 della Costituzione. Codesta eccellentissima Corte ha infatti affermato, con costante giurisprudenza (ex plurimis sent. n. 307/2003) che la «assoluta indeterminatezza» del potere demandato ad una pubblica amministrazione «senza indicazione di alcun criterio da parte della legge» viola il principio di legalita' sostanziale. Art. 8, comma 8 - Il previsto conferimento di immobili di proprieta' della regione, sino alla concorrenza di 800.000 migliaia di euro in un Fondo immobiliare a gestione separata da costituirsi presso l'IRFIS-FinSicilia si ritiene essere in contrasto con l'art. 97 della Costituzione. La genericita' della dizione «immobili di proprieta' della regione» non consente di escludere che fra gli stessi possano essere ricompresi beni appartenenti al demanio ed al patrimonio indisponibile, ne' si rileva tantomeno dal tenore estremamente sintetico della disposizione quale vantaggio economico tragga l'amministrazione regionale dalla depatrimonializzazione disposta, non essendo indicata nella norma alcuna contropartita per il trasferimento degli immobili stessi. Non possono peraltro ritenersi esaustivi ai fini della quantificazione degli oneri e della determinazione degli effetti economici patrimoniali derivanti dalla disposizione i chiarimenti forniti dall'amministrazione (allegato 4) da cui emergerebbe che l'intero fondo sarebbe destinato a finanziare e garantire investimenti privati. Non e' stato peraltro possibile verificare la natura degli immobili individuati nella relazione tecnica, ne' asseverare le stime di valore nella stessa indicata. Inoltre non si riesce a comprendere se la disposizione in questione formi sistema con le successive norme dei commi 9 e 10. Art. 8, comma 9 - La norma sostituisce l'art. 46 della legge regionale n. 50/1976 che contiene una puntuale disciplina della garanzia sussidiaria e limitata (6 miliardi di lire) fornita dall'IRFIS in favore delle imprese industriali ed artigiane che realizzano investimenti nel territorio della regione per lo svolgimento di attivita' produttive. Esso quindi «Tout court» renderebbe diretta e totale la garanzia prestata agli imprenditori senza porre alcun limite all'intervento pubblico qualora il privato non adempia ai propri oneri contrattuali nei confronti degli istituti di credito che lo hanno finanziato. La disposizione, in considerazione della laconicita' del suo tenore letterale e dell'assenza di un qualsivoglia limite o criterio di determinazione dello stesso per l'assolvimento della garanzia prestata; rende questa non conforme agli articoli 81 e 97 della Costituzione. Il successivo comma 10 e' di dubbia interpretazione in quanto lo stesso non appare formare sistema con la precedente disposizione del comma 9 che apporta una ben precisa delimitazione al contenuto del sostituito art. 46 della legge n. 50/1973 che disciplina forme di sostegno per le imprese. La disposizione del comma 10 appare invero formalmente avulsa dal primo menzionato contesto normativo ed addirittura incoerente con lo stesso giacche' destinatari non sarebbero soltanto operatori economici ma prioritariamente famiglie e condomini. La cennata norma, in quanto non riconducibile ad alcuna disciplina organica legislativamente determinata appare quindi affetta da irragionevolezza e in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione. Art. 8, comma 12 - Limitatamente all'inciso «8, 9, 10 e» di conseguenza alle cennate censure dei precedenti commi si ritiene essere in contrasto con gli articoli 3 e 97 Cost. Art. 8, commi da 14 a 17 - Le disposizioni prevedono che per le somme iscritte a ruolo di spettanza regionale, la dilazione del pagamento, di cui all'art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, venga concessa fino ad un massimo di novantanove rate mensili. Viene stabilito, inoltre, che gli interessi dovuti per tale dilazione e gli interessi di mora dovuti sulle somme iscritte a ruolo e non versate, di cui, rispettivamente, agli articoli 21 e 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, sono rideterminati con decreto dell'assessore regionale per l'economia. Orbene, la potesta' legislativa concorrente attribuita alla Regione siciliana in materia di riscossione dei tributi e' riconducibile esclusivamente all'organizzazione del servizio e non agli aspetti sostanziali della disciplina della riscossione dei debiti tributari. Infatti l'art. 17, primo comma, dello statuto speciale, prevede che: «entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, l'assemblea regionale puo', al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della regione, emanare leggi, anche relative all'organizzazione dei servizi, sopra le seguenti materie concernenti la regione ... I) tutte le altre materie che implicano servizi di prevalente interesse regionale. Tra queste la regione annovera il servizio di riscossione dei tributi. Pertanto, le disposizioni contenute nei commi in esame sono censurabili in quanto ledono la competenza esclusiva dello Stato in materia tributaria, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione. La Regione siciliana puo', quindi provvedere alla riscossione della entrate ad essa spettanti, di cui agli articoli 36 e 37 dello statuto speciale, ma non modificare le norme che attengono alla disciplina statale della riscossione dei tributi. Inoltre, le disposizioni in esame determinerebbero una violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, in quanto dette norme attribuirebbero ai soli contribuenti della Sicilia maggiori agevolazioni per la riscossione delle somme di cui risultano debitori. Art. 8, comma 18 - Si dispone che le grandi strutture di vendita debbano concordare con il comune l'orario di apertura al pubblico nonche' si prevede la sospensione delle procedure per il rilascio delle autorizzazioni alle stesse. La disposizione si pone in palese contrasto con il quadro normativo vigente, risultante dall'art. 31, comma 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 211, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici», come convertito dalla legge 22 dicembre 2011. Tale norma, infatti, intervenendo sull'art. 3, comma 1 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 233, come convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha stabilito che le attivita' commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza il limite del rispetto degli orari di apertura e di chiusura, dell'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonche' di quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio. La previsione introdotta dal decreto n. 201/2011, che si qualifica come norma di liberalizzazione, e' direttamente vincolante anche nei confronti dei legislatori regionali. Come affermato da consolidata giurisprudenza costituzionale, la tutela della concorrenza riservata dall'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, comprende anche le misure legislative promozionali che mirano ad aprire ad un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacita' imprenditoriale e della concorrenza tra imprese (sent. C.C. n. 401/2007). La norma regionale in esame, dunque, introducendo una serie di vincoli e restrizioni in termini di orari di apertura e di giornate di chiusura degli esercizi commerciali, e di autorizzazione all'apertura degli stessi, lungi dal produrre effetti pro-concorrenziali, si pone in aperto contrasto con la disciplina nazionale di liberalizzazione, e quindi viola l'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione. Un secondo elemento di criticita' della norma e' costituito dalla prevista sospensione delle procedure di rilascio delle autorizzazioni all'apertura di grandi strutture di vendita. Sul piano concorrenziale la norma ha una portata ingiustificatamente restrittiva della concorrenza, posto che la sospensione del rilascio di nuovi provvedimenti autorizzatori ha il chiaro effetto di cristallizzare il mercato nel suo assetto esistente e si traduce nella sospensione per un periodo non determinato della liberta' di accesso allo stesso, costituzionalmente garantita, seppur subordinatamente al rilascio del provvedimento autorizzatorio. Da questo punto di vista l'illegittimita' della norma discende dal contrasto con gli obbiettivi e le previsioni della direttiva n. 123/2006/CE (c.d. direttiva servizi) la quale, proprio al fine di garantire un mercato interno dei servizi realmente integrato e funzionante, ha - come noto - sottoposto a condizioni assai stringenti la possibilita' per i legislatori di subordinare l'accesso ad un'attivita' di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione; ha inoltre prescritto stringenti requisiti cui gli stessi regimi nazionali devono essere improntati imponendo ai singoli Stati membri di procedere alla revisione dei propri sistemi interni secondo un processo di valutazione multilaterale coordinato dalla Commissione europea. Nel caso di specie, la gravita' della norma «de qua» va ben oltre l'istituzione o il mantenimento di un regime autorizzatorio non conforme su alcuni specifici punti alle prescrizioni comunitarie, e discende dalla interruzione totale per un periodo non determinato dei procedimenti di rilascio dei titoli permissivi. Una previsione siffatta potrebbe considerarsi giustificata soltanto laddove fosse supportata dall'esigenza di apprestare tutela ad altro interesse costituzionalmente rilevante compatibile con l'ordinamento comunitario, non altrimenti tutelabile attraverso misure meno restrittive, nel rispetto del principio di proporzionalita'. In ragione di cio', poiche' la Corte costituzionale ha ricondotto di recente la disciplina dettata dal decreto nazionale (decreto legislativo n. 59/2010) di attuazione della direttiva servizi alla «tutela della concorrenza» (sent. n. 235/2011), la violazione delle sue previsioni integra un primo profilo di contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera e) Cost. In aggiunta a tale profilo l'illegittimita' della previsione discende in ogni caso dal contrasto diretto con una norma costituzionale (art. 117) che, oltre a ripartire la potesta' legislativa tra i diversi livelli istituzionali, enuncia un principio sostanziale di libera concorrenza che la Corte, nella sua giurisprudenza piu' recente, mostra di voler leggere nella norma costituzionale. In questa prospettiva assume rilievo tra l'altro quanto da ultimo affermato dalla Corte nella citata sentenza n. 150/2011, laddove il giudice delle leggi ha chiarito che «l'espressione "tutela della concorrenza"» di cui all'art. 117, comma 2, lettera e) Cost., determina la necessita' di un esame contenutistico sia per cio' che costituisce il portato dell'esercizio della competenza legislativa esclusiva da parte dello Stato, sia per cio' che riguarda l'esplicazione della potesta' legislativa regionale riferibile al terzo o quarto comma dell'art. 117 Cost. Art. 11, comma 2 - La disposizione proroga alcune misure di esenzione delle imposte di bollo e catastali gia' previste dal comma 1 dell'art. 60 della legge regionale n. 2/2002 e successive modifiche ed integrazioni. Poiche' nell'allegata relazione tecnica redatta dagli uffici regionali non e' in alcun modo indicato il criterio seguito per la determinazione della minore entrata, si ritiene che la stessa sia arbitraria ponendo cosi' la norma in contrasto con l'art. 81, quarto comma della Costituzione. Art. 11, comma 3 - La disposizione teste' approvata modifica alla lettera a) dell'art. 1, comma 7 della legge regionale n. 9/2012 introducendo un regime preferenziale sotto il profilo degli emolumenti per i dirigenti esterni alla pubblica amministrazione in evidente contrasto con l'art. 45 del decreto legislativo n. 165/2001 che al comma 1 dispone: «il trattamento economico fondamentale ed accessorio e' definito dai contratti collettivi» e, piu' in generale, con il titolo III del citato decreto legislativo n. 165 (contrattazione collettiva e rappresentanza sindacale), che obbliga al rispetto della normativa contrattuale e delle procedure da seguire in sede di contrattazione. Di conseguenza, la norma viola l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva l'ordinamento civile e quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi), alla competenza esclusiva dello Stato, oltre che gli articoli 3 e 97 Cost., che recano i principi di uguaglianza, buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione. La disposizione teste' approvata inoltre potrebbe consentire aumenti retributivi in controtendenza rispetto all'attuale politica statale volta al contenimento delle spese in materia contrattuale ed in particolare l'art. 9, comma 1 del decreto-legge n. 78/2010 con le conseguenti violazioni dei principi di coordinamento della finanza pubblica e quindi dell'art. 117, comma 3 della Costituzione a cui la regione non puo' derogare. La disposizione in questione eccede dalla competenza esclusiva della regione in materia dell'ordinamento del personale essendo riconducibile piuttosto a quella del coordinamento della finanza pubblica per la quale ha competenza concorrente ai sensi dell'art. 10 della legge Cost. n. 3/2001. Art. 11, comma 4 - Proroga al 31 dicembre 2014 la validita' delle graduatorie del Consorzio autostrade siciliane riguardanti gli agenti tecnici esattori stagionali e part time di cui all'art. 5 della legge regionale n. 17/2001 di modifica dell'art. 1, comma 1-bis, della legge regionale n. 12/1991, ed appare in contrasto con i principi di uguaglianza buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Cost., nonche' con l'art. 51 Cost. Esso infatti impedisce nella sostanza l'espletamento di nuove selezioni pubbliche per il personale stagionale e part time del Consorzio autostradale e il conseguente potenziale inserimento di nuovi dipendenti consolidando piuttosto posizioni di lavoro precario, ingenerando nei destinatari l'aspettativa di una definitiva assunzione con innegabili refluenze negative sul buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione garantiti dall'art. 97 della Costituzione. Art. 11, comma 12 - Nel sopprimere l'Agenzia regionale per l'impiego e per la formazione professionale, fa salve le disposizioni di cui all'art. 12, comma 2-bis della legge regionale n. 96/1990, che prevede l'assunzione di personale con selezione diretta e mediante stipula di contratti quinquennali di diritto privato rinnovabili in evidente contrasto con l'art. 9, comma 28 del decreto-legge n. 78/2010 secondo cui a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009. Poiche' la medesima disposizione afferma che si tratta di un principio generale ai fini del coordinamento della finanza pubblica, al quale sono tenute ad adeguarsi anche le regioni e le province autonome, la norma si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost. Art. 11, comma 16 - La disposizione estende a tutti gli enti pubblici non economici, sottoposti a controllo e/o vigilanza della regione il patrocinio dell'ufficio legislativo e legale della regione Sicilia. Gli avvocati dipendenti di tale ufficio sono iscritti nell'elenco speciale di cui al comma 4, lettera b) dell'art. 3 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, che riserva ai professionisti dipendenti l'esercizio dell'attivita' di rappresentanza e difesa «per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera». Pertanto in forza della suddetta legge non potrebbero esercitare l'attivita' per enti diversi dal datore di lavoro. La disposizione interviene nella materia della professione forense che necessita di una disciplina uniforme sul territorio nazionale essendo la stessa strettamente correlata con quella della rappresentanza in giudizio nei procedimenti processuali, civili, penali, amministrativi, materia questa di evidente competenza esclusiva dello Stato. La disposizione regionale suindicata e' pertanto in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera l), Cost., che riserva allo Stato la materia della «giurisdizione e norme processuali» e in subordine del comma 3, in quanto, ancorche' voglia ricondursi la norma alla competenza concorrente in materia di professioni e relativo ordinamento, questa non potrebbe essere esercitata in violazione dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato con le sue leggi (sentenze C.C. n. 153/2006 e n. 222/2008). Art. 11, commi 21 e 22 - Le disposizioni in questione riproducono per la stagione venatoria 2012-2013 quanto previsto dall'art. 3 della legge regionale n. 19/2011 con l'omissione della previsione per le aree all'interno dei siti «Natura 2000» del rispetto delle indicazioni contenute nei piani di gestione degli stessi e delle preventive valutazioni di incidenza di cui agli articoli 4 e 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1992 e successive modificazioni ed integrazioni. Le norme in questione, escludendo la prescritta procedura di valutazione di incidenza ambientale, sono da ritenersi, non solo contrastanti con le direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE, ma anche trasgressive della normativa statale di attuazione di quest'ultime. Esse violano pertanto gli articoli 9, 11, 97 e 117, primo e secondo, comma lettera s) della Costituzione. Art. 11, comma 26 - Si ritiene che la norma sia affetta da irragionevolezza e che violi gli articoli 3 e 97 della Costituzione. Dalla prevista abrogazione della disposizione del comma 1 dell'art. 122, legge regionale n. 17/2004, a sua volta abrogatrice del quarto comma dell'art. 1 della legge regionale n. 6/1988, non puo' conseguirsi l'effetto di determinare il numero degli esperti fissato da quest'ultima norma. Dall'abrogazione di una norma non discende infatti la reviviscenza della disciplina precedente a quest'ultima. L'attuale disposizione e' quindi priva di effetti ed ingenera dubbi interpretativi sulle applicazioni della legislazione di settore con innegabili negative refluenze sull'operato dell'amministrazione. Art. 11, comma 29 - La disposizione stabilisce, fra l'altro, l'incompatibilita' con qualsiasi impiego pubblico per gli incarichi di sovrintendente e/o direttore degli enti teatrali artistici. Essa invade la competenza dello Stato in materia di ordinamento civile e quindi dei rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi) ponendosi in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione. Art. 11, comma 35 - Viene determinato il parametro massimo cui deve attenersi il trattamento economico dei dirigenti apicali degli istituti, aziende, agenzie, fondazioni, e degli enti regionali sottoposti a tutela e vigilanza della regione. La norma esula dalla competenza del legislatore regionale in quanto il trattamento economico fondamentale ed accessorio dei dirigenti e' definito dai contratti collettivi ed in generale dal titolo III del decreto legislativo n. 165/2001. Essa pertanto si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile e quindi dei rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile. Art. 11, comma 42 - La disposizione sembrerebbe finalizzata a sottrarre i piani regolatori generali adottati e non ancora approvati dall'Assessorato regionale del territorio alla normativa in materia di Valutazione ambientale strategica cui devono obbligatoriamente soggiacere tutti i piani e programmi (compresi i piani regolatori) ai sensi della direttiva 2001/41/CE e del decreto legislativo n. 142/2006. Essa, invero, introduce un'ambigua disciplina per i piani regolatori in questione disponendo che gli stessi siano oggetto della procedura di verifica di assoggettabilita' di cui all'art. 12 del Codice dell'ambiente senza pero' prevedere gli ulteriori effetti di tale procedura, lasciando cosi' intendere che la stessa sia sostitutiva della V.A.S. Orbene, poiche' la regolamentazione della Valutazione ambientale strategica e della verifica di assoggettabilita' di cui agli articoli 6 e 12 del citato Codice dell'ambiente, sono espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di ambiente ed ecosistema, si ritiene che la disposizione regionale «de qua» che introduce una disciplina diversa sia in contrasto con l'art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s) della Costituzione. Art. 11, comma 57 - La disposizione «de qua», prevedendo la proroga con decreto assessoriale della convenzione con l'Artigiancassa S.p.a. fino al pieno recepimento nello statuto delle norme concernenti il decentramento amministrativo e comunque non oltre il 31 dicembre 2013, disciplina nella sostanza l'affidamento dell'appalto di un servizio in deroga alle normali procedure di gara. Cosi' operando la norma in questione invade la sfera di competenza esclusiva del legislatore statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, esercitata con il decreto legislativo n. 163 del 2006 (sent. C.C. n. 401/2007) fra le cui disposizioni inderogabili si collocano quelle che attendono alla scelta del contraente (alla procedura di affidamento) e al perfezionamento del vincolo negoziale e che costituiscono un limite all'esplicarsi della potesta' legislativa della regione (sent. C.C. n. 320/2008). Art. 11, comma 61 - La norma si pone in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Cost. in quanto viene previsto un generale ed automatico transito del personale appartenente a societa' a totale e/o a parziale partecipazione regionale poste in liquidazione in altre societa' a capitale pubblico senza distinguere la natura del rapporto di lavoro dei lavoratori interessati al trasferimento e senza procedere ad alcuna forma di selezione degli stessi nonche' di verifica della compatibilita' dell'assunzione con l'assetto organizzativo funzionale e finanziario delle societa' destinatarie dei nuovi dipendenti. La disposizione inoltre sembrerebbe anche costituire un interferenza in materia di competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera l) in quanto interviene nell'ambito dell'ordinamento civile all'interno del quale operano le societa' in questione anche in tema di rapporti di lavoro con i propri dipendenti soggetti alle norme del codice civile e non del decreto legislativo n. 165/2001. Art. 11, commi 82, 83 e 84 - Riproducono sostanzialmente le disposizioni di cui all'art. 38 del disegno di legge n. 471 dal titolo «Disposizioni programmatiche correttive per l'anno 2010» oggetto di gravame dinanzi alla Corte costituzionale con il ricorso presentato il 10 maggio 2010. Le disposizioni prevedono l'applicazione in favore degli impianti di allevamento ittico di un canone ricognitorio richiamando a tal fine norme statali abrogate da otto anni. Per l'applicazione di tale canone ridotto, di mero riconoscimento, per costante giurisprudenza (ex plurimis sentenza Corte di cassazione, sezione I n. 17101 del 3 dicembre 2002) non rileva tanto la natura pubblica o privata del concessionario ma il fine di beneficenza o di pubblico interesse che questi si propone di perseguire attraverso la concessione. Perche' poi sussistano gli scopi di pubblico interesse occorre, ai sensi dell'art. 37 del regolamento per la navigazione marittima, che il concessionario non ritragga stabilmente alcun lucro o provento dall'uso del bene demaniale. Siffatto presupposto non puo' di certo ritenersi sussistente per gli esercenti gli impianti di allevamento ittico che svolgono un'attivita' imprenditoriale. La norma in questione quindi creerebbe un innegabile vantaggio per le imprese siciliane alterando la par condicio tra gli operatori economici del settore ed invadendo la competenza esclusiva dello Stato nella materia della tutela della concorrenza di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione. Art. 11, comma 86 - Non appare conforme al principio di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione consentire ai soggetti che hanno sottoscritto il verbale di conciliazione previsto dall'art. 6 della legge regionale n. 17/2004 per regolarizzare occupazione illegittime di beni demaniali e patrimoniali della regione la corresponsione per il periodo intercorrente dalla data di presentazione dell'istanza di concessione e quella di rilascio del titolo, del solo canone e non anche degli interessi moratori per il ritardato pagamento, cosi' come previsto per la generalita' dei concessionari di beni pubblici. Art. 11, comma 88 - Si ritiene dovere impugnare la norma in questione per manifesta irragionevolezza ai sensi degli articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto riproduce la disposizione del precedente comma 87. Art. 11, commi dal 92 al 96 - Tali disposizioni sono affette dal vizio dell'irragionevolezza di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto introducono una disciplina incompatibile con il precedente art. 6, comma 22. Esse infatti prevedono la soppressione del Dipartimento regionale aziende foreste demaniali ed il trasferimento delle funzioni al Corpo forestale ed alle province regionali mentre il precedente comma 22 dell'art. 6 attribuisce competenze al suddetto Dipartimento in materia di determinazione di tariffe afferenti ai canoni di concessione di beni appartenenti al demanio forestale, di terreni al pascolo e dei prodotti di bosco. Inoltre le norme relative al trasferimento di competenze e funzioni del Dipartimento in questione sono estremamente indeterminate e non indicano alcun concreto criterio per la determinazione delle modalita' attuative delle stesse demandato al presidente della regione come ad esempio riguardo al regime contrattuale da applicare al personale trasferito. Esse si pongono in evidente contrasto con il principio di legalita' sostanziale di cui all'art. 97 Cost. (sent. C.C. n. 307/2003 e n. 156/1982). Da ultimo codesta Corte ha affermato «l'imprescindibile necessita' che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalita' sostanziale posto a base dello Stato di diritto. Tale principio non consente «l'assoluta indeterminatezza» del potere conferito dalla legge ad una autorita' amministrativa, che produce l'effetto di attribuire, in pratica, una «totale liberta'» al soggetto od organo investito della funzione». Non e' sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma e' indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalita', in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell'azione amministrativa (sent. C.C. n. 115/2011). Art. 11, comma 97 - La disposizione nel prevedere una proroga generalizzata del personale destinatario del regime transitorio dei lavori socialmente utili, si pone in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile, nonche' con il principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione. Il vincolo del rispetto dei principi statali di coordinamento della finanza pubblica, connessi ad obiettivi nazionali condizionati anche dagli obblighi comunitari, e' vincolante per le regioni, al fine di soddisfare esigenze di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica (sent. C.C. n. 51/2012 e n. 155/2011). Art. 11, comma 102 - La disposizione realizza una generalizzata sanatoria per tutti i concorsi banditi ed espletati, riservati a personale dipendente privo del requisito del titolo di studio, ma in possesso di professionalita' acquisita all'interno delle amministrazioni. In assenza di particolari elementi cognitivi da cui possa evincersi l'esistenza, da un canto, di specifiche peculiarita' della fattispecie tali da escludere che possa risultare arbitraria la sostituzione della disciplina generale in materia di accesso all'impiego pubblico e, dall'altro, di un interesse pubblico legislativamente rilevante, di preminente importanza generale, la norma in questione concretizza una palese violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto volta a fornire copertura legale ad assunzioni ed inquadramenti illegittimamente effettuati. Art. 11, comma 103 - La norma e' censurabile per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione. La disposta trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato si risolve invero in una deroga ingiustificata alla regola del concorso pubblico. La circostanza che il personale suscettibile di essere stabilizzato senza alcuna prova selettiva sia stato a suo tempo assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un concorso pubblico, per effetto della diversita' di qualificazione richiesta dalle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato non offre adeguate garanzie ne' della sussistenza della professionalita' necessaria per il suo stabile inquadramento nei ruoli degli enti locali, ne' del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive (sent. C.C. n. 235/2009). Il previo superamento di una qualsiasi prova scritta ed una orale e' infatti un requisito troppo generico per autorizzare la successiva stabilizzazione senza concorso in quanto la norma in questione non garantisce che il previo concorso sia riferibile alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato sara' chiamato a svolgere. Art. 11, comma 105 - La disposizione si pone in evidente contrasto con il principio di legalita' sostanziale di cui all'art. 97 Cost. Essa infatti demanda ad un decreto del presidente della regione l'emanazione di disposizioni attuative per la legittimazione e la vendita di suoli armentizi e di porzioni di demanio senza contenere l'indicazione di alcun criterio per l'esercizio di tale potere. Art. 11, comma 109 - La prevista riduzione del 30% della tariffa per l'istruttoria AIA a favore dei gestori di impianti «cittadini residenti nel territori regionali o societa' con sede legale in Sicilia» e' discriminatoria in relazione alla liberta' di stabilimento di cui all'art. 49 del trattato europeo e pertanto viola gli articoli 3, 117, comma 1 e 120 della Costituzione. Art. 11, comma 112 - Si ritiene che la norma sia in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto, nel modificare l'art. 45 della legge regionale n. 9/2009, consente di evitare la revoca del contributo relativo al finanziamento di progetti nell'ambito delle misure del POR Sicilia 2000-2006 o addirittura la restituzione dello stesso da parte dei beneficiari. La disposizione assume i connotati di una sanatoria che, in assenza di una dimostrazione dell'esistenza di un preminente e rilevante interesse pubblico, rende arbitraria la scelta operata dal legislatore di derogare alla disciplina generale per il settore. Art. 11, comma 113 - Al fine dell'esame della sopratrascritta norma e' necessario rilevare che il decreto legislativo n. 205 del 3 dicembre 2010, che ha recepito la nuova normativa europea sui rifiuti (direttiva 2008/98 CE) ha modificato le precedenti norme contenute nella parte IV del Codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152/2006), cambiando la modalita' con cui vengono considerati i residui delle colture agricole e chiarendo il campo di applicazione della norma sui rifiuti stessi. L'art. 13 della nuova normativa, infatti, riscrivendo e sostituendo l'art. 185 del Codice dell'ambiente, indica tra le categorie escluse dal campo di applicazione del decreto «paglia, sfalci e potature, nonche' altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana». Risulta di conseguenza esclusa la possibilita' della combustione dei residui colturali senza relativa produzione di energia e del successivo utilizzo come fertilizzanti, attivita' che si configura quindi come smaltimento di rifiuti agricoli sottoposti alla parte IV del Codice dell'ambiente e pertanto sanzionabile ai sensi dell'art. 256 dello stesso Codice. Cosi' ripercorso il quadro normativo di riferimento, e' necessario verificare se lo stesso trova applicazione nell'ambito regionale siciliano. Codesta eccellentissima Corte con costante giurisprudenza antecedente e successiva alla riforma del titolo V della Costituzione (ex plurimis sent. n. 222/2003), ha chiarito che la tutela dell'ambiente e' un valore trasversale che interseca materie diverse quali, principalmente, l'urbanistica, i beni ambientali e la sanita'. L'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione riserva la «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» alla competenza esclusiva dello Stato. L'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 ha sancito che «sino all'adeguamento dei rispettivi statuti le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomie piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite». Lo statuto speciale siciliano non prevede esplicitamente la materia «ambiente» e pertanto necessita verificare, di volta in volta, sotto quale aspetto la tutela ambientale venga considerata, poiche' la Regione siciliana gode di competenza esclusiva sotto il profilo urbanistico e della tutela del paesaggio, ed e' titolare di competenza legislativa concorrente sotto il profilo dell'igiene e della sanita'. Orbene, poiche' la normativa in questione non e' direttamente riconducibile ad alcuna delle materie di competenza regionale, compresa quella dell'agricoltura e foreste, deve concludersi che nel caso in ispecie sia attribuito allo Stato non solo il recepimento, ma anche la disciplina di attuazione della cennata direttiva europea 2008/98/CE. E deve conseguentemente ritenersi applicabile in Sicilia l'impianto normativo statale sopra riassunto con conseguente illegittimita' costituzionale di ogni norma regionale che abbia in qualunque modo l'effetto di attenuare, o come nel caso in ispecie, escludere l'applicazione delle determinazioni gia' assunte dallo Stato per rispondere ad esigenze considerate meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale (sent. C.C. n. 407/2002). Con la disposizione in questione il legislatore regionale esorbita dalle competenze attribuitegli dallo statuto speciale ed introducendo una deroga a quanto prescritto dall'art. 185 del decreto legislativo n. 152/2006 rende lecita una condotta sanzionata dall'art. 256 del Codice dell'ambiente con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro, interferendo cosi' nella materia penale di esclusiva spettanza dello Stato. La norma viola pertanto l'art. 117, primo e secondo comma, lettera s) Cost., nonche' l'art. 14 dello statuto speciale per interferenza in materia penale. Art. 11, comma 116 - In merito alla norma in esame si rileva che l'art. 4 della legge n. 362/1991 stabilisce che il conferimento delle sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione, che risultino disponibili per l'esercizio da parte dei privati, abbia luogo mediante concorso. Il comma 2 del predetto articolo dispone che «Sono ammessi al concorso di cui al comma 1 i cittadini di uno Stato membro della Comunita' economica europea maggiori di eta', in possesso dei diritti civili e politici e iscritti all'albo professionale dei farmacisti che non abbiano compiuto i sessanta anni di eta' alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande». La disposizione censurata prevede una deroga ai limiti di eta' indicati nel sopra citato comma 2 «nel caso in cui l'assegnazione della gestione provvisoria della sede farmaceutica sia avvenuta non oltre il 31 dicembre 2009». In proposito, occorre osservare che la Corte costituzionale ha piu' volte avuto occasione di sottolineare che, ai fini del riparto delle competenze legislative previsto dall'art. 117 della Costituzione, la materia dell'organizzazione del servizio farmaceutico deve essere ricondotta «al titolo di competenza concorrente della tutela della salute», in quanto «la complessa regolamentazione pubblicistica della attivita' economica di rivendita dei farmaci e' infatti preordinata al fine di assicurare e controllare l'accesso dei cittadini ai prodotti medicinali ed in tal senso a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute (...)». La norma di rango statale prevista dall'art. 4, comma 2, della legge n. 362/1991 riveste la natura di «principio fondamentale», in quanto individua criteri generali relativi all'accesso al concorso che garantiscono unitarieta' su tutto il territorio e parita' di trattamento tra i farmacisti ai fini del conferimento delle sedi vacanti o di nuova istituzione. Per tale ragione, pertanto, la sopracitata disposizione non puo' essere derogata dalla norma regionale in questione che si pone cosi' in contrasto con gli articoli 3 e 117, terzo comma della Costituzione nonche' dell'art. 17 dello statuto speciale. Art. 11, comma 118 - La disposizione e' affetta da irragionevolezza ai sensi degli articoli 3 e 97 Cost. in quanto riproduce la norma del precedente comma 117. Art. 11, comma 120 - La disposizione introduce forme di pubblicita' degli appalti diverse da quelle previste dagli articoli 66 e 122 del Codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 263/2006. Trattandosi di aspetti inerenti alle procedure di affidamento (cosi' come acclarato da codesta Corte nella sentenza n. 411/2008) e quindi rientranti nella materia della tutela della concorrenza, le norme del predetto codice costituiscono un legittimo limite all'esplicarsi della potesta' legislativa esclusiva della regione. Questa, quindi, si ritiene non possa adottare, per quanto riguarda la tutela della concorrenza, una disciplina con contenuti difformi da quella assicurata dal legislatore statale con il decreto legislativo n. 163/2006, in attuazione delle prescrizioni poste dalla Unione europea (sentenza C.C. n. 221/2010). La norma e' pertanto in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera e) Cost. Art. 11, comma 121 - La disposizione e' affetta da palese irragionevolezza ai sensi degli articoli 3 e 97 Cost., in quanto non specifica l'esercizio finanziario a carico del quale viene posta l'erogazione del contributo in favore delle scuole paritarie. Art. 11, comma 122 - La norma si pone in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto prevede una diversa composizione del consiglio di amministrazione dell'istituto dei ciechi «Opere riunite Ignazio Florio e A. Salamone» di Palermo di cui all'art. 2 legge regionale n. 16/1995 che non solo non tiene conto delle previsioni dello statuto dell'Unione italiana ciechi ma anche privilegia inspiegabilmente una sezione provinciale (quella di Palermo) per la designazione dei rappresentanti di un ente che svolge un'attivita' in ambito regionale. Art. 11, commi 123, 124, 125, 126 e 127 - Le norme sono affette dal vizio dell'irragionevolezza ex articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto identiche e/o confliggenti con il comma 22 dell'art. 6 e con il precedente comma 92 dell'art. 11. Art. 11, comma 129 - La norma e' in palese contrasto con l'art. 97 della Costituzione. Non appare invero conforme al principio di buon andamento della pubblica amministrazione porre a carico della stessa gli oneri degli enti, associazioni e cooperative private nei confronti dei propri dipendenti. La disposizione arreca evidente aggravio sull'operato del personale dei pubblici uffici interessati e provoca negative refluenze sulle operativita' generale degli stessi. Gli oneri finanziari derivanti dalle anticipazioni delle somme dovute quale corrispettivi di servizi resi in concessioni e/o convenzioni da privati non risultano determinati in contrasto con l'art. 81 Cost. Art. 11, commi dal 131 al 141 - Le norme si ritengono in contrasto con l'art. 81 della Costituzione in quanto, nonostante siano stati richiesti formali chiarimenti all'amministrazione regionale ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 488/1969 circa l'idoneita' di copertura prevista dal comma 139 ovverossia le disponibilita' del POR per il fondo sociale europeo 2007-2013, la stessa non ha fornito alcun elemento chiarificatore. Art. 11, comma 142 - La norma consente agli enti parco, agli operatori agricoli, alle associazioni di produttori ed operatori ambientali e ai comuni, allo scopo di incrementare la fruizione e lo sviluppo delle attivita' agricole di montagna di realizzare strutture precarie all'interno dei parchi regionali e dei boschi in assenza di qualsivoglia procedura autorizzatoria con grave compromissione della tutela del paesaggio ed ambientale. Essa, pertanto, viola gli articoli 9, 97 e 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. Art. 11, comma 146 - La disposizione, ampliando la categoria dei possibili destinatari dei benefici previsti dall'art. 4, legge regionale n. 20/1999, determina oneri non quantificati e si pone pertanto in contrasto con l'art. 81 della Costituzione. Art. 11, comma 147 - La norma viola gli articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto modifica una disposizione statale. Art. 11, comma 148 - Si ritiene che la norma sia in contrasto con l'art. 81 della Costituzione in quanto non determina gli oneri derivanti dalla stessa. Art. 11, comma 152 - La norma appare affetta da irragionevolezza e quindi in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto dispone l'istituzione di un nuovo capitolo di spesa per le finalita' di cui all'art. 28 della legge regionale n. 30/1997 senza pero' determinarne la dotazione ed indicare i mezzi di copertura dei nuovi oneri. Art. 11, comma 153 - La disposizione in questione si ritiene anch'essa irragionevole ai sensi degli articoli 3 e 97 della Costituzione. Non puo' invero ritenersi ragionevole, al fine della disciplina dell'organizzazione degli uffici dell'amministrazione regionale e dei rapporti di lavoro della stessa, il rinvio operato dal legislatore alla norma transitoria del decreto legislativo n. 29 del 1993 attinente all'amministrazione dello Stato. Quest'ultima ha infatti proprie peculiarita' ordinamentali riguardanti sia l'assetto organizzativo sia il trattamento giuridico del personale dirigenziale, non omogenee ne' assimilabili in alcun modo a quelle proprie della Regione siciliana. La norma di asserita natura interpretativa appare piuttosto uno strumento surrettizio per ritenere i concorsi espletati dall'amministrazione per qualifiche professionali non dirigenziali idonei all'inquadramento dei relativi vincitori quali dirigenti, in palese violazione degli articoli 3, 97 e 81 della Costituzione. Dall'eventuale applicazione della norma deriverebbe l'inquadramento nei ruoli regionali di un non precisato numero di dirigenti in sovrannumero rispetto alle esigenze dell'amministrazione con conseguente aggravio degli oneri a carico del bilancio, peraltro non quantificati e privi di idonea copertura. Art. 11, commi da 154 a 157 - Le disposizioni prevedono l'istituzione dell'ufficio regionale della persona disabile ma non contemplano ne' la quantificazione degli oneri ne' la relativa copertura ponendosi in palese contrasto con l'art. 81, quarto comma della Costituzione. Nei chiarimenti forniti dall'amministrazione regionale con nota 25726/A.07/01 del 24 aprile 2012 in proposito viene affermato che «stante la complessita' della materia in atto non e' stata formulata la relativa scheda tecnica».