L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 27 aprile 2012,
ha approvato il disegno di legge n. 898 dal titolo «Autorizzazione al
ricorso ad operazioni finanziarie», pervenuto a questo  Commissariato
dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art.  28  dello  Statuto
speciale, il successivo 28 aprile 2012. 
    Si ritiene che il provvedimento legislativo teste' approvato  sia
in contrasto con gli articoli 81, 4° comma , 117, 3° comma e 119,  6°
comma della Costituzione in quanto autorizza il  Ragioniere  Generale
della Regione ad effettuare operazioni finanziarie  per  investimenti
non coerenti con quelli previsti dall'art. 3, comma 18 della legge n.
350 del 2003. 
    Il suddetto articolo, come modificato dall'articolo 62,  comma  9
del d.l. n. 112 del 2008, convertito con modificazioni  in  legge  n.
133 del 2008, al comma 16 prevede che: "«Ai sensi dell'articolo  119,
sesto comma, della Costituzione, le regioni a statuto ordinario,  gli
enti locali, le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29  e
172, comma  1,  lettera  b),  del  testo  unico  di  cui  al  decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ad eccezione  delle  societa'  di
capitali costituite per  l'esercizio  di  servizi  pubblici,  possono
ricorrere   all'indebitamento   solo   per   finanziare   spese    di
investimento. Le regioni a statuto  ordinario  possono,  con  propria
legge, disciplinare l'indebitamento delle aziende sanitarie locali ed
ospedaliere e degli enti e  organismi  di  cui  all'articolo  12  del
decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76, solo per  finanziare  spese
di investimento». 
    Il successivo comma 17 definisce le  operazioni  finanziarie  che
costituiscono indebitamento. 
    Il comma 18 testualmente recita: «Ai  fini  di  cui  all'articolo
119, sesto comma, della Costituzione, costituiscono investimenti:  a)
l'acquisto, la costruzione, la  ristrutturazione  e  la  manutenzione
straordinaria  di  beni  immobili,  costituiti  da   fabbricati   sia
residenziali che non residenziali; b) la costruzione, la demolizione,
la ristrutturazione, il recupero e la manutenzione  straordinaria  di
opere e impianti, c) l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature
tecnico-scientifiche, mezzi di  trasporto  e  altri  beni  mobili  ad
utilizzo pluriennale; d) gli oneri per beni immateriali  ad  utilizzo
pluriennale; e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu'  onerose;
f) le partecipazioni azionarie e  i  conferimenti  di  capitale,  nei
limiti della facolta' di  partecipazione  concessa  ai  singoli  enti
mutuatari dai rispettivi ordinamenti; g)  i  trasferimenti  in  conto
capitale   destinati   specificamente   alla   realizzazione    degli
investimenti a cura di un altro ente  od  organismo  appartenente  al
settore delle pubbliche amministrazioni; h) i trasferimenti in  conto
capitale in favore di soggetti concessionari di lavori pubblici o  di
proprietari o gestori di impianti, di reti o di dotazioni  funzionali
all'erogazione di servizi pubblici o di soggetti che erogano  servizi
pubblici, le cui concessioni o contratti  di  servizio  prevedono  la
retrocessione degli investimenti  agli  enti  committenti  alla  loro
scadenza, anche anticipata. In tale fattispecie rientra  l'intervento
finanziario  a  favore  del  concessionario  di  cui   al   comma   2
dell'articolo 19 della  legge  11  febbraio  1994,  n.  109;  i)  gli
interventi  contenuti  in  programmi  generali   relativi   a   piani
urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente  interesse
regionale  aventi  finalita'  pubblica  volti  al  recupero  e   alla
valorizzazione del territorio». 
    Queste prescrizioni, secondo quanto affermato  da  codesta  Corte
nella sentenza n. 70 del 2012 «costituiscono contemporaneamente norme
di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'art. 117, terzo
comma  della  Costituzione   (in   quanto   servono   a   controllare
l'indebitamento complessivo delle amministrazioni  nell'ambito  della
cosiddetta finanza allargata,nonche' il rispetto dei  limiti  interni
alla disciplina dei prestiti pubblici)  e  principi  di  salvaguardia
dell'equilibrio del bilancio ai sensi dell'art. 81,  4°  comma  della
Costituzione». 
    Pertanto la  loro  mancata  osservanza  rende  costituzionalmente
illegittime le previsioni legislative regionali che se ne discostino. 
    Al riguardo codesta Corte nella sentenza n. 425 del 2004 ha avuto
modo  di  affermare  che   l'articolo   119,   sesto   comma,   della
Costituzione, nel testo novellato dalla legge costituzionale n. 3 del
2001, non introduce  nuove  restrizioni  all'autonomia  regionale  ma
enuncia   espressamente   un   vincolo   -   quello    a    ricorrere
all'indebitamento solo per spese  di  investimento  -  che  gia'  nel
previgente regime costituzionale e statutario il legislatore  statale
ben  poteva  imporre  anche  alle  Regioni  a  statuto  speciale,  in
attuazione del principio unitario (art. 5 della Costituzione)  e  dei
poteri di coordinamento della finanza pubblica, nonche' del potere di
dettare norme  di  riforma  economico-sociale  vincolanti  anche  nei
confronti  della  potesta'  legislativa  primaria  delle  Regioni  ad
autonomia differenziata. E se quest'ultimo vincolo puo'  non  trovare
piu' applicazione, in forza della clausola di salvaguardia  dell'art.
10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, negli ambiti  nei  quali
le Regioni ordinarie hanno acquisito potesta' piu'  ampie,  cio'  non
puo' dirsi in ambiti,  come  quello  dei  principi  di  coordinamento
finanziario (cfr. art. 117, terzo comma), in  cui  l'autonomia  delle
Regioni ordinarie incontra tuttora gli stessi o piu' rigorosi  limiti
(cfr. sentenza n. 536 del 2002). 
    La finanza delle Regioni a  statuto  speciale  e'  infatti  parte
della «finanza pubblica allargata» nei cui riguardi lo Stato aveva, e
conserva,  poteri  di  disciplina  generale   e   di   coordinamento,
nell'esercizio dei quali poteva, e puo', chiamare pure  le  autonomie
speciali a concorrere al conseguimento degli obiettivi complessivi di
finanza pubblica, connessi anche ai vincoli europei. 
    Codesta Corte ha altresi' sancito che  spetta  alla  legge  dello
Stato definire cosa si intende a questi fini  per  «indebitamento»  e
per «spese di investimento». 
    Non si tratta  infatti  di  nozioni  il  cui  contenuto  si  puo'
determinare a priori, in modo assolutamente univoco, sulla base della
sola disposizione costituzionale, ma si e' in  presenza  di  concetti
che si fondano su principi della scienza economica, che  non  possono
dare spazio a regole di concretizzazione  connotate  da  una  qualche
discrezionalita' politica. 
    Peraltro, le definizioni date  dal  legislatore  nell'articolo  3
della legge n. 350/2003 derivano da scelte di  politica  economica  e
finanziaria effettuate in  stretta  correlazione  con  i  vincoli  di
carattere sovranazionale, cui anche l'Italia e' assoggettata in forza
dei Trattati europei  e  dei  criteri  politico-economici  e  tecnici
adottati   dagli   organi   dell'Unione   Europea   nel   controllare
l'osservanza di tali  limiti.  La  nozione  adottata  nella  suddetta
previsione legislativa appare, secondo quanto  affermato  da  codesta
Corte «estensiva rispetto ad un significato  strettamente  contabile,
che faccia riferimento solo ad  erogazioni  di  denaro  pubblico  cui
faccia riscontro l'acquisizione di un nuovo corrispondente valore  al
patrimonio dell'ente che effettua  la  spesa:  comprende  infatti  ad
esempio  i   trasferimenti   in   conto   capitale   destinati   alla
realizzazione  degli  investimenti  di  altri  enti  pubblici  o  gli
interventi  contenuti  in  programmi  generali   relativi   a   piani
urbanistici  dichiarati  di  preminente  interesse  regionale  aventi
finalita' pubblica». 
    Cio' posto e' chiaro che non e'  ammissibile  che  ogni  ente,  e
cosi'  come  ogni  regione,  faccia   in   proprio   le   scelte   di
concretizzazione delle nozioni di investimento oppure riconduca  alle
definizioni date dal  legislatore  statale  fattispecie  in  concreto
difformi e non omogenee, come avviene nel caso in ispecie. 
    Invero, il legislatore statale confortato dalla giurisprudenza di
Codesta Corte, nel recepire  la  nozione  di  investimento  elaborata
dalla  contabilita'  pubblica,  ha   scelto   di   considerare   tale
esclusivamente quella spesa da cui deriva un accrescimento  "diretto"
del patrimonio dell'ente pubblico che la sostiene.  In  proposito  va
rilevato che non e' un caso che  nella  Costituzione  la  limitazione
dell'indebitamento  alle   spese   di   investimento   e'   collocata
nell'ambito della disposizione che attribuisce agli enti  un  proprio
patrimonio (art. 119) ponendo in tal modo un nesso  inscindibile,  ed
immediatamente significativo, tra quest'ultimo  e  gli  investimenti.
Per  il  legislatore  costituente  sono  infatti  inquadrabili  nella
nozione  di  investimento   soltanto,   ed   esclusivamente,   quegli
interventi che generano un incremento  patrimoniale  per  l'ente,  un
aumento del valore del patrimonio. 
    L'investimento finanziario dovrebbe, infatti, a  rigore  generare
maggiori entrate (derivanti a  seconda  dell'intervento  finanziario,
dalle tariffe per l'uso delle infrastrutture  ovvero  dai  flussi  di
ritorno causati dal plusvalore  conseguito  dall'ente),  entrate  che
consentirebbero di pagare il servizio del  debito  senza  aggravi  di
tassazione per le generazioni future. 
    Inoltre l'applicazione coerente e rigorosa delle disposizioni  in
questione  consente   di   evitare,   anche   sul   piano   politico,
istituzionale ed amministrativo, che la sfera di  operativita'  degli
enti sia compressa in ragione degli oneri del previsto  contratto  di
mutuo per finanziare interventi non produttivi di utilita'  economica
che rendono irrazionale la traslazione cronologica della spesa  sulle
generazioni  future   compromettendo   durevolmente   il   necessario
equilibrio fra entrate ed uscite. 
    E proprio alla luce di queste considerazioni codesta Corte  nella
prima citata sentenza n. 425 del 2004 ha escluso  che  possano  farsi
rientrare nella nozione di investimento, come definita dal  comma  18
della legge 350 del 2003, non solo le erogazioni a favore di privati,
sia pur effettuate per  favorirne  gli  investimenti,  in  quanto  le
stesse non concorrono ad accrescere il patrimonio  pubblico  nel  suo
complesso,  ma  anche,  le  forme  di  cofinanziamento  regionale  di
programmi comunitari «che di per se' possono attenere a tipologie  di
spesa assai diverse fra di loro, non necessariamente definibili  come
investimenti secondo il criterio predetto». 
    Orbene un primo profilo di censura del provvedimento  legislativo
in   questione   verte   per   l'appunto   sul    previsto    ricorso
all'indebitamento per cofinanziare la quota a  carico  della  Regione
del Piano Operativo 2007/2013 per l'ammontare complessivo  di  66.927
migliaia di euro per l'anno in corso per 69.975 miglia  di  euro  per
l'esercizio 2013. 
    L'estrema genericita' dell'autorizzazione contenuta nell'allegato
e la conseguente mancata dimostrazione del rispetto dell'art. 3 comma
18 della legge n. 350/2003 rende necessario sottoporre al  vaglio  di
codesta Corte la legge nella parte de qua. 
    Inoltre e' a priori escluso che si possa ricorrere al  mutuo  per
finanziare la quota regionale degli interventi  a  valere  sul  fondo
sociale europeo (FSE), in quanto quest'ultimo e' rivolto a realizzare
misure  in  favore  dell'occupazione  e  del  mercato   del   lavoro,
difficilmente riconducibili alle tipologie  di  investimento  di  cui
alla sopracitata normativa. 
    Nonostante  siano  stati  formalmente  richiesti  utili  elementi
cognitivi all'amministrazione regionale, ai  sensi  dell'art.  3  del
d.P.R. n. 488/1969, la stessa non ha fornito (all.1) validi  elementi
chiarificatori sulle tipologie della spesa  finanziate  con  i  fondi
strutturali europei. 
    Analoga necessita' si avverte per gli interventi contemplati  nei
capitoli 546403, 550062, 554229, 554201, 776015, 776016 e 746401. 
    Nell'allegato alla legge in esame, in ossequio a quanto richiesto
da codesta  Corte  nella  recente  sentenza  n.  70  del  2012,  sono
riportate  le  U.P.B.  per  i  capitoli  di   spesa   relativi   agli
investimenti che si intendono finanziare a dimostrazione del rispetto
dei principi posti dal piu'  volte  citato  art.  3  della  legge  n.
350/2003 ai fini del ricorso all'indebitamento. 
    L'indicazione  dei  capitoli  non  e'  tuttavia  sufficiente   ad
assicurare che il disposto ricorso all'indebitamento  sia  esente  da
vizi poiche' non fornisce, cosi' come  richiesto  da  codesta  ecc.ma
Corte, «il dettaglio delle  tipologie  di  investimento  in  concreto
programmate» (punto 3.1 in diritto sent. 70/2012). 
    Poiche'  nella  relazione  tecnica  al  disegno  di   legge   801
«Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2012.  Legge  di
stabilita' regionale», di cui  il  deliberato  legislativo  in  esame
costituisce parte integrante, sono assenti le indicazioni  specifiche
delle  opere  che  si  intendono  realizzare,  non  resta  che   fare
riferimento  alla  denominazione  dei  capitoli  di  spesa  elencati,
nonche' alle relative leggi  sostanziali  che  ne  hanno  autorizzato
l'iscrizione in bilancio. 
    Orbene, dalla lettura della denominazione del capitolo 554201 per
il quale e' previsto il ricorso all'indebitamento nell'esercizio 2013
per 170 milioni  di  euro,  emerge  che  le  risorse  stanziate  sono
destinate alla ricostituzione dei boschi deteriorati e  distrutti  da
incendi, appartenenti non solo al demanio regionale ma anche a quelli
a  qualsiasi  titolo  nella  disponibilita'  dell'Azienda   regionale
foreste demaniali. Pertanto, in ipotesi, ben potrebbero essere svolti
interventi di  rimboschimento  e  miglioramento  fondiario  anche  in
favore di terreni non appartenenti al patrimonio pubblico in evidente
contrasto con' quanto richiesto dall'art. 3 della legge n. 350/2003. 
    Inoltre  le  ulteriori  opere  finanziabili  «piccole  opere   di
bonifica connesse, risarcimenti cure colturali e recinzioni»  pur  se
riconducibili  in  astratto  alla  categorie  delle  spese   in conto
capitale, non appaiono assumere i connotati della comune  nozione  di
investimento. Ovverossia e piu'  semplicemente,  non  appaiono  poter
essere ricomprese tout court nell'ambito della categoria delle  opere
di manutenzione straordinaria giacche' gli investimenti  finanziabili
sembrerebbero assicurare piuttosto la conservazione  in  buono  stato
dei beni. 
    Non secondaria e' inoltre la considerazione che  tali  opere,  di
norma, sono eseguite dall'amministrazione regionale in economia, come
riconosciuto dalla stessa  nei  chiarimenti  forniti  con  l'allegata
nota, avvalendosi direttamente  delle  prestazioni  di  circa  27.000
operai stagionali, che fruiscono delle  c.d.  garanzie  occupazionali
previste dalla l.r. n. 16/1996, legge questa  puntualmente  riportata
nel nomenclatore del capitolo di spesa. 
    Proprio il prevalente ricorso alla procedura  di  amministrazione
diretta   ed   il    rinvio    fatto    nei    chiarimenti    forniti
dall'amministrazione regionale alla recente  l.r.  24/2012  induce  a
ritenere che si tratti di lavori di mera manutenzione forestale. 
    Al riguardo si rammenta che  l'autorita'  per  la  vigilanza  sui
lavori pubblici nella determinazione n. 9  del  2001,  nell'escludere
dalla generale limitazione di importo per i lavori in economia quelli
agricoli-forestali, ebbe a rilevare che gli stessi non  attengono  ad
opere realizzate ne' ad impianti  ma,  piuttosto,  si  concretano  in
interventi  che  fanno  rimanere   salve   le   situazioni   naturali
trattandosi di opere di mera manutenzione forestale. 
    Ed invero lo stesso legislatore al comma 2 dell'art. 1 della l.r.
n. 24/2012 dal titolo «lavori  in  economia  nel  settore  forestale»
rinvia, nel caso in cui si debbano realizzare o  manutenere  opere  o
impianti, alla norma generale del Codice degli  Appalti  in  tema  di
affidamento dei lavori. 
    Orbene, nei chiarimenti forniti  l'amministrazione  regionale  ha
tenuto a «sottolineare» che gli interventi di forestazione (ed  anche
di meccanizzazione) «sono effettuati dalle rispettive amministrazioni
prevalentemente con le procedure di amministrazione diretta» con cio'
implicitamente confermando che si e' in presenza  di  opere  di  mera
manutenzione forestale. 
    Al riguardo, si puo'  quindi  legittimamente  ipotizzare  che  si
intendono finanziare interventi di carattere generico in base  ad  un
programma manutentivo, finalizzato alla conservazione del bene, e che
il ricorso all'indebitamento  consente  di  acquisire  una  provvista
finanziaria da utilizzare nell'arco dell'anno. 
    Nella fattispecie, ai fini del rispetto dei  principi  posti  dal
legislatore  statale,  non  rileva  la  distinzione  tra   spesa   di
investimento o spesa in conto capitale o corrente,  tra  manutenzione
straordinaria ed ordinaria, quanto piuttosto l'ammissibilita'  stessa
dell'indebitamento che dalla legge de qua verrebbe autorizzato  senza
conoscere la natura della spesa, quasi una sorta di sottoscrizione in
bianco senza cognizione in concreto della destinazione del debito per
finalita' produttive o di  arricchimento  patrimoniale  o  per  spese
correnti, illegittime in quanto tali. 
    Infine determinante e'  la  considerazione  che  l'intervento  in
questione, cosi' come quello previsto dal capitolo 554229,  e'  stato
inserito dal legislatore nella tipologia della lett. b) del comma  18
dell'art.  3  della  legge  n.  350/2003   ovverossia   «costruzione,
demolizione, ristrutturazione, recupero e manutenzione  straordinaria
di opere e di impianti». 
    Orbene,    nonostante    sia    stato    formalmente    richiesto
all'amministrazione regionale di indicare le  opere  e  gli  impianti
destinatari degli interventi di cui sopra, la stessa ha elencato  una
serie  di   attivita',   tutte   riconducibili   alla   manutenzione,
salvaguardia e vigilanza del territorio  boschivo  ma  ha  omesso  il
dovuto  riferimento  alle  opere  ed  impianti   posto   a   sostegno
dell'inserimento degli investimenti in questione nella cennata  lett.
b) del comma 18. 
    Medesime considerazioni vanno svolte per il  capitolo  554229  le
cui disponibilita' dovrebbero finanziare indistintamente  «interventi
per la rinaturalizzazione del  territorio,  tutela  della  diversita'
biologica e  valorizzazione  della  dimensione  sociale  turistica  e
culturale delle foreste». 
    Dai chiarimenti forniti si evince che si tratta di interventi per
i quali la Regione aveva richiesto di utilizzare i fondi FAS  e  che,
in mancanza dei relativi trasferimenti da parte dello  Stato,  li  ha
posti a proprio carico finanziandoli con il ricorso al mercato. 
    La maggior parte degli  interventi,  per  stessa  ammissione  dei
competenti organi regionali, come prima rilevato, sono  diretti  alla
salvaguardia e vigilanza del territorio boschivo. 
    In assenza di una precisa ed univoca attestazione  riguardo  alle
tipologie di interventi previsti,  e  quindi  nell'impossibilita'  di
verificare se gli stessi siano riconducibili o meno nel concreto alla
definizione di investimento posta dal legislatore statale, non ci  si
puo' esimere dal sottoporre al vaglio di codesta Corte  la  parte  de
qua della legge. 
    Le stesse censure vanno rivolte per gli «interventi»  di  cui  al
capitolo 550062 anch'esso inserito dal legislatore nella categoria di
cui alla lett. b) del comma 18 dell'art. 3 della  legge  n.  350/2003
«costruzioni, demolizione, ristrutturazione, recupero e  manutenzione
straordinaria di opere ed impianti». La denominazione del capitolo e'
infatti «interventi per la prevenzione ed il controllo degli  incendi
boschivi nonche' interventi di tipo  conservativo  e  per  l'utilizzo
delle tecnologie innovative per la difesa dell'ambiente». 
    Sembrerebbe  invero  che  non  si  sia  in  presenza   di   opere
esclusivamente  volte  ad  incrementare  il  valore  patrimoniale  di
un'opera e/o impianto pubblico bensi'  nel  campo  dell'istituzionale
attivita' volta ad evitare il danneggiamento e il depauperamento  del
patrimonio boschivo stesso (prevenzione e controllo  degli  incendi),
cosi'   come   peraltro   confermato    nei    chiarimenti    forniti
dall'amministrazione regionale. 
    In assenza di certezze circa  l'utilizzo  dell'indebitamento  per
finanziare opere riconducibili al piu' volte citato art. 3, comma  18
legge n. 350/2003 si  ritiene  necessario  sottoporre  al  vaglio  di
codesta Corte la parte de qua della legge. 
    Anche gli interventi  previsti  dal  capitolo  546403  «somme  da
trasferire  all'Ente  di  Sviluppo  Agricolo  per  la   campagna   di
meccanizzazione agricola», per i quali sono destinati 12.072 migliaia
di euro, non appaiono riconducibili alle definizioni di investimento. 
    Dalle leggi riportate nel nomenclatore del capitolo emerge che il
trasferimento di risorse all'Ente di Sviluppo Agricolo e' destinato a
finanziare l'utilizzo da parte del predetto ente di personale operaio
precario, cui la l.r. n. 4/2006 all'art.  2  ha  assicurato  garanzie
occupazionali per 179 giornate lavorative. I lavoratori in  questione
sono utilizzati per lo svolgimento della campagna di  meccanizzazione
agricola, di cui  alla  l.r.  n.  51/1950,  consistente  nel  fornire
prestazioni con le macchine agricole di proprieta' dell'ente sia  per
conto  terzi  sia  in  favore  di  associazioni  di  piccoli  e  medi
coltivatori diretti. 
    Peraltro a seguito dell'avvio della procedura  di  infrazione  ex
art. 93 par. 2 del Trattato CE avverso la cennata disposizione  e  le
successive leggi di rifinanziamento (ex plurimis L.R. n. 16/1998)  il
personale operaio in questione ed  i  mezzi  tecnici  possono  essere
anche utilizzati da amministrazioni comunali  e  provinciali  che  ne
facciano richiesta oltre  che  dall'amministrazione  regionale  delle
foreste. 
    L'art. 1 della cennata l. r. n. 16/1998 prevedeva inoltre che  il
servizio di meccanizzazione agricola dovesse essere riorganizzato  da
parte dell'ESA, entro un biennio, secondo i principi  di  efficienza,
efficacia ed economicita'  di  gestione  e  prioritariamente  con  la
revisione delle relative tariffe in modo da assicurare  la  copertura
minima del 40% della spesa. 
    Tale obiettivo a tutt'oggi, tuttavia, non sarebbe stato raggiunto
tant'e' che il legislatore, con l'articolo 19 del ddl 732 dal  titolo
«Interventi per lo sviluppo dell'agricoltura e della pesca. Norme  in
materia di  artigianato,  cooperazione  e  commercio.  Variazioni  di
bilancio» approvato dall'Assemblea siciliana il 9 novembre  2011  (ed
impugnato dallo scrivente innanzi  a  codesta  Corte  per  violazione
dell'art. 97 della Costituzione  il  successivo  17  novembre  2011),
aveva proposto il differimento del termine  per  la  riorganizzazione
del servizio in questione al 2013. 
    E' di tutta evidenza che l'intervento di cui trattasi non  assume
connotati tali da poterlo qualificare come investimento  finanziatile
con l'indebitamento e che, pertanto, lo stesso rende conseguentemente
illegittima la  legge  nella  parte  de  qua;  d'altronde  la  stessa
amministrazione regionale, nel chiarire gli  interventi  finanziabili
con il ricorso  all'indebitamento,  include  anche  opere  quali  «lo
scerbamento della vegetazione presente nelle  strade»  che  non  sono
riconducibili alla comune nozione di investimento. 
    Sostanzialmente per le medesime ragioni non ci  si  puo'  esimere
dal sottoporre all'esame di codesta Corte anche gli interventi di cui
ai capitoli 776015, 776016 e 746401. 
    I  capitoli  contemplano  nelle  rispettive  denominazioni  anche
interventi inequivocabili  di  parte  corrente  non  suscettibili  di
finanziamento con il ricorso all'indebitamento. 
    Per  espressa  ammissione  dell'amministrazione  regionale  negli
allegati chiarimenti «gli interventi finanziabili con le  risorse  di
cui ai capitoli 776015 e 776016  si  riferiscono  prevalentemente  ad
interventi di somma urgenza per lavori  di  conservazione,  restauro,
manutenzione e  valorizzazione  di  monumenti  e  siti  archeologici,
nonche'  per  la  tutela,  la  custodia   e   la   manutenzione,   la
conservazione ed il restauro di  beni  monumentali  naturalistici  ed
ambientali. 
    Non viene, invero, esplicitato se gli interventi di  manutenzione
siano  ordinari  o  straordinari  cioe'  se  gli   stessi   apportino
miglioramenti di rilievo ai beni patrimoniali che  superano  di  gran
lunga quelli richiesti per conservarli in buono stato  o,  piuttosto,
si  limitano  al  mantenimento  della  loro  funzionalita'   o   alla
conservazione degli stessi. 
    Invero l'asserito finanziamento  di  lavori  di  «somma  urgenza»
(cagionati dal verificarsi di eventi eccezionali o imprevedibili) per
le opere realizzate appare di difficile riconduzione alla nozione  di
investimento. 
    Si sarebbe infatti in presenza di interventi rapidi di ripristino
dell'efficienza   del   bene   messo   in   discussione   da   eventi
imprevedibili, eseguiti in via straordinaria dal mero punto di  vista
temporale   e   procedurale,   derogando   alle   normali   procedure
amministrativo-contabili. 
    Questi lavori invero, proprio  per  il  carattere  intrinseco  di
straordinarieta' ed urgenza, risultano gia' iniziati,  o  addirittura
ultimati, al momento in cui si perfeziona  l'indebitamento,  per  cui
non e' neanche un finanziamento ex ante ma una ratifica ex  post  per
fini  contabili  della  spesa.  Le  risorse   finanziarie   acquisite
attraverso l'indebitamento sarebbero introitate ai soli fini di cassa
e di fatto potrebbero finanziare interventi diversi. 
    Per di piu' il capitolo 776016 prevede, oltre alla spesa  per  la
tutela, custodia, conservazione  e  restauro  dei  beni  monumentali,
naturali ed ambientali, anche quella per la  loro  manutenzione,  non
specificando  tuttavia  se  questa  sia  ordinaria  o  straordinaria,
nonche' gli oneri relativi per la direzione lavori ed  assistenza  ai
lavori, di certo non riconducibili alla nozione di investimento cosi'
come definito dall'art. 3, comma 18 legge n. 350/2003. 
    Il  solo  fatto  che  gli  oneri  siano  inseriti  nell'aggregato
economico 6 «spese per investimenti» non fa assumere agli stessi tale
natura,  ed  in  assenza  di   espressa   specificazione   da   parte
dell'amministrazione  regionale  sulla  tipologia  degli   interventi
autorizzati, non si puo' che rilevare la non  coerenza  degli  stessi
con il piu' volte citato art. 3, comma 18 legge n. 350/2003. 
    Il capitolo 746401, anch'esso inserito nell'aggregato economico 6
«spese per investimenti» prevede addirittura  che  il  contributo  in
favore dei consorzi ittici costituiti da enti pubblici  locali  possa
essere destinato al funzionamento degli  stessi  e  pertanto  non  e'
compatibile  con  la   definizione   di   investimento   finanziabile
attraverso il ricorso all'indebitamento. 
    In conclusione, benche' quasi tutti  gli  interventi  oggetto  di
censura possano essere ricondotti in astratto  alla  categoria  delle
spese in conto capitale, non si ha la certezza, in assenza di idonea,
dettagliata ed univoca documentazione  fornita  dall'amministrazione,
che siano atti ad assumere il carattere di investimento  diretto  che
legittima il ricorso all'indebitamento pubblico e gli stessi pertanto
si pongono in contrasto con gli articoli 81, 4° comma, 117, 3°  comma
e 119, 6° comma della Costituzione.