IL TRIBUNALE SUPERIORE DELLA ACQUE PUBBLICHE Ha pronunciato la presente ordinanza collegiale nella causa iscritta nel Ruolo generale dell'anno 2010 al n. 249, vertita tra Peg-Prettau Energie - Predoi Energia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Anton von Walther e dall'Avv. Massimo Colarizi, con domicilio eletto nello studio di quest'ultimo in Roma, via Panama, 12; ricorrente; Contro Provincia autonoma di Bolzano, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Renate von Guggenberg, Stephan Beikircher, Cristina Bernardi e dall'Avv. Michele Costa, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Bassano del Grappa n. 24, giusta delega a margine della comparsa di costituzione; resistente. Oggetto: Annullamento del decreto dell'Assessore all'Urbanistica, ambiente ed energia della Provincia autonoma di Bolzano - Alto Adige, n. prot. 74.05.02/478467 d.d. 17.08.2010, avente ad oggetto: «GD/7661/0 - Titolo comprovante la disponibilita' delle aree», previa disapplicazione dell'art. 3 comma 5° della legge della Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige del 30 settembre 2005, n. 7, come modificato dall'art. 10 della legge provinciale 22 gennaio 2010, n. 2, nonche' dell'articolo 11 della menzionata legge provinciale n. 2/2010 e, in subordine: annullamento del provvedimento menzionato, previa rimessione alla Corte costituzione della questione di legittimita' costituzionale delle menzionate leggi; in ulteriore subordine: annullamento del provvedimento menzionato, previa sottoposizione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nell'ambito di un giudizio interpretativo pregiudiziale ex art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, di alcuni quesiti in merito alle menzionate leggi provinciali. Fatto Con ricorso rubricato al R.G. n. 249/10 la «Peg Prettau Energie Spa» ha chiesto, dinanzi a questo Tribunale, l'annullamento del decreto dell'Assessore all'Urbanistica, Ambiente ed Energia della Provincia autonoma di Bolzano prot. 74.05.02/478467 del 17/8/10, che ha dichiarato l'inammissibilita' della domanda di concessione d'acqua a scopo idroelettrico prot. GD/7261/0 perche', nelle more del procedimento, era intervenuta la L.P. 22 gennaio 2010 n. 2 che, all'art. 11, ai fini del rilascio della concessione, ha previsto che sia provata la previa disponibilita' delle aree interessate dalla concessione. La norma ha, infatti, disposto che: «Per le domande di derivazione a scopo idroelettrico con una potenza nominale media fino a 3 MW gia' presentate e non ancora istruite, il titolo comprovante la disponibilita' delle aree interessate dagli eventuali impianti e infrastrutture da realizzare va presentato entro e non oltre i cinque mesi successivi all'entrata in vigore della presente disposizione»; la stessa L.P., inoltre, con l'art. 10, comma 1 ha cosi' modificato l'art. 3, comma 5 della L.P. 30 settembre 2005, n. 7: «L'assessore provinciale competente in materia di acque pubbliche ed energia dichiara inammissibili e respinge le domande inattuabili o contrarie al buon regime delle acque o ad altri interessi generali; dichiara altresi' inammissibili le domande di derivazione a scopo idroelettrico con una potenza nominale media fino a 3 MW, non corredate dal titolo comprovante la disponibilita' delle aree interessate dagli eventuali impianti e infrastrutture da realizzare». La societa' ricorrente afferma l'illegittimita' del provvedimento di declaratoria di inammissibilita' della domanda dalla stessa presentata, per illegittimita' costituzionale della legislazione provinciale, sostenendo i seguenti motivi: contrasto delle cit. norme con il diritto comunitario, in quanto viene favorito il rilascio di concessioni idroelettriche a soggetti che sono gia' proprietari, o detentori ad altro titolo, dei fondi interessati; la norma si porrebbe, quindi, in contrasto con l'art. 34 del Trattato dell'Unione Europea (T.F.U.E.), perche' favorirebbe gli imprenditori «radicati» sul territorio e con gli artt. 49 e 56 del medesimo Trattato, perche' farebbe venir meno la liberta' di stabilimento; inoltre, le norme sarebbero in contrasto con la Direttiva comunitaria n. 2003/54/CE, in materia di energia, perche' in violazione del principio dell'art. 6 di non discriminazione, nonche' con la disposizione che prevede l'obiettivo della Comunita' di raggiungere una quota pari al 20% dell'energia da fonti rinnovabili; ulteriore contrasto sarebbe rinvenibile con la Direttiva n. 2001/77/CE, che favorisce la promozione dell'energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili attraverso la riduzione degli ostacoli normativi e la razionalizzazione delle procedure di accesso, che devono essere oggettive, trasparenti e non discriminatorie; in forza di tali principi, pertanto, le norme impugnate dovrebbero essere disapplicate, perche' contrastanti con disposizioni comunitarie di immediata vigenza nel diritto nazionale (self executing); in subordine, si sostiene l'incostituzionalita' degli artt. 10 e 11 della L.P. n. 2/10 per contrasto con gli artt. 3, 41 e 117 della Costituzione; si afferma, inoltre, il contrasto con i principi del T.U. n. 1775/33 sulle Acque pubbliche (art. 9), con le Linee Guida di cui al D.M. 10/9/10, pubblicate sulla G.U. n. 219/10 e con il d.lgs. 28 dicembre 2003, n. 387, di resezione della direttiva n. 2001/77/CE che, all'art. 12, cosi' dispone: «Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonche' le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilita' ed indifferibili ed urgenti»; da tale norma risulta, infatti, la chiara volonta' del legislatore di favorire la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili mediante procedure di esproprio coattivo. Le norme impugnate, inoltre, violerebbero l'ordinamento civile attraverso la sostanziale abrogazione dell'art. 1033 del c.c., per violazione della competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile (art. 117 lett. l) della Costituzione, con riferimento alle sentenze n. 438/07, n. 184/07, n. 106/05 della Corte cost.). Successivamente alla proposizione del ricorso entrava in vigore la L.P. n. 21 dicembre 2011 n. 15 che, con l'art. 24, comma 1, ha ulteriormente modificato l'art. 3, comma 5 della L.P. n. 7/05 disponendo, che «Il titolo comprovante la disponibilita' delle aree interessate ai fini della realizzazione degli interventi predetti puo' essere presentato in ogni momento». «Ai fini della legge provinciale 15 aprile 1991, n. 10, e successive modifiche, sono considerate di pubblica utilita' le opere per impianti con potenza nominale superiore a 3 MW». Pertanto, la L.P. n. 10/91 sugli espropri, in adeguamento al novellato art 5, comma 3 della L.P. n. 7/05, e' stata modificata nel senso che soltanto gli impianti con potenza nominale sopra i 3 MW sono considerati di Pubblica utilita'. Tale disposizione, privando del carattere di P.U. le concessioni di impianti inferiori a 3 MW ha sostanzialmente reso coerenti con la declaratoria di Pubblica utilita' le impugnate disposizioni di cui alla L.P. n. 2/10, nella parte in cui queste prescrivono che i soggetti interessati debbono comprovare la proprieta' delle aree, non potendo piu' attribuirsi al rilascio della concessione, a seguito della dichiarazione di P.U., indifferibilita' ed urgenza dell'opera, l'effetto di poter ottenere la disponibilita' delle aree interessate dalla concessione. Alle disposizioni della L.P. n. 15/11 vanno, quindi, riferiti tutti i motivi di gravame gia' proposti nei confronti della L.P. n. 2/10, potendo la Corte costituzionale sollevare d'ufficio anche questione di costituzionalita' di norme sopravvenute. Si e' costituita in giudizio la Provincia di Bolzano, che ha affermato la legittimita' della disciplina impugnata, sia perche' la previa disponibilita' delle aree e' stabilita dall'ordinamento per lo svolgimento di qualsiasi attivita' edilizia, sia perche' sarebbero infondate le osservazioni sulla violazione degli artt. 34, 49 e 56 del T.F.U.E., in quanto non sussisterebbe disparita' di trattamento tra gli operatori del mercato energetico, trovandosi tutti nella necessita' di doversi accordare con i proprietari dei fondi e perche' il diritto di proprieta' trova tutela nella Costituzione e nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. La «ratio» della impugnata normativa avrebbe, quindi, il solo scopo di favorire l'accelerazione delle procedure di concessione, lasciando invariata la procedura coattiva solo per gli impianti di oltre 3 MW, rispetto ai quali sarebbe evidente il perseguimento di un interesse pubblico. Si sostiene, inoltre, che le direttive richiamate dalla ricorrente non sono vincolanti per gli stati membri e lascerebbero gli stessi liberi in ordine alla loro attuazione, non essendo strutturate in modo tale da poter trovare diretta applicazione nell'ambito dell'ordinamento interno. In subordine, si rileva che la Provincia, titolare di potesta' legislativa concorrente relativamente alle grandi derivazioni di acqua pubblica, deve ritenersi competente per le piccole derivazioni, alle quali puo' riservare una differente disciplina, posto che i principi dell'ordinamento non prevedono che tutte le opere per la costruzione di impianti idroelettrici debbono considerarsi di pubblica utilita', indifferibili ed urgenti. Ne' la disciplina provinciale pone limiti all'istituto della servitu' di acquedotto coattivo perche', ai sensi dell'art. 1037 c.c., chi vuol far passare condotte sul fondo altrui deve dimostrare di poter disporre dell'acqua stessa per il periodo di tempo per il quale chiede il passaggio. Non sussisterebbero, infine, ne' i vizi di violazione del principio di concorrenza, in quanto tutti gli operatori si troverebbero sullo stesso piano nel dover dimostrare la disponibilita' dei terreni, ne' di violazione dell'art. 41 Cost., che tutela la libera iniziativa economica al fine di garantirne la funzione sociale, ne' di irragionevolezza per violazione dell'art. 3 della Cost., essendo le piccole derivazioni non paragonabili a quelle superiori a 3 MW, ne' di violazione dell'art. 9 del R.D. n. 1775/33, che si limita a disciplinare le procedure concorrenziali, posto che le norme in esame tendono a favorire solo l'immediata esecuzione dell'opera; infine, non rileva l'asserito contrasto con il D.M. 10/9/10, in quanto norma di rango inferiore. Diritto Nel caso in cui le parti prospettino una questione di legittimita' costituzionale, il giudice deve sommariamente valutare la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione. Preliminarmente va considerato che, nella fattispecie, non rilevano i richiamati principi costituzionali attinenti alla proprieta' privata, attesa la tutela dell'interesse pubblico applicabile alla disciplina in esame. Per gli stessi motivi, non possono ritenersi fondati i richiami all'art. 117, lett. l) della Costituzione. Vanno, invece, esaminati i profili di contrasto delle norme di cui agli artt. 11 e 10 della L.P. n. 2/10 e dell'art. 24 della correlata L.P. n. 15/11, con principi e norme comunitari, ossia, con gli artt. 34, 49 e 56 del Trattato, con la Direttiva n. 2003/54/CE e con la Direttiva n. 2001/77/CE. Nella fattispecie, non viene dedotto un puntuale contrasto tra una norma interna ed un altrettanto puntuale precetto comunitario incompatibile con essa, bensi' un contrasto della norma interna con principi generali dell'ordinamento comunitario. A fronte di tale asserita non conformita', il giudice nazionale, pur se ha il dovere di operare una interpretazione conforme ai principi comunitari, ove dubiti che la norma interna contrasti con il diritto comunitario, deve sollevare questione di legittimita' costituzionale perche', in tal caso, non si tratta di non applicare la norma italiana per applicare al suo posto una norma comunitaria incompatibile ma di «disapplicare» la norma interna per la sua non conformita' con un principio dell'ordinamento comunitario, la cui diretta efficacia va rimessa al giudizio della Corte costituzionale perche', diversamente, si ammetterebbe, da parte del giudicante, una sorta di controllo «diffuso» di «compatibilita' comunitaria». Cio' posto, va rilevato che, a giudizio del rimettente, le richiamate norme provinciali, violano i principi dell'ordinamento comunitario, con riferimento alle disposizioni del Trattato in materia di liberta' di stabilimento e alle citate direttive comunitarie di non discriminazione e di tutela della produzione dell'energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili, in quanto rendono eccessivamente oneroso il raggiungimento di tali finalita' attraverso prescrizioni che costituiscono grave ostacolo alla libera concorrenza. Da cio', l'incostituzionalita' delle stesse. Le leggi provinciali si pongono, inoltre, in piu' specifico contrasto con la normativa comunitaria e nazionale, anche sotto un diverso profilo. Il d.lgs. n. 387/03 emanato in attuazione della Direttiva 2001/77/CE e che ha, fra l'altro, la finalita' di «promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di elettricita' nel relativo mercato italiano e comunitario» (art. 1 lett. a)), da attuare attraverso le «disposizioni del presente decreto» (art. 3), all'art. 12, comma 1 stabilisce che «Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonche' le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilita' ed indifferibili ed urgenti» e le stesse, secondo le procedure di cui al successivo comma 3, costituiscono variante allo strumento urbanistico. Nessun'altra disposizione del cit. d.lgs., con riferimento alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili, pone differenziazioni tra impianti superiori o inferiori a 3 MW, mentre il successivo comma 4-bis dispone che sia dimostrata la «disponibilita' del suolo su cui realizzare l'impianto» soltanto «Per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa o per impianti fotovoltaici», limitando cosi', in modo espresso, la previsione di tale disponibilita' soltanto ai due richiamati tipi di impianti energetici. Pertanto, non appare sussistere, sotto il profilo dell'interesse pubblico, alcuna differenza tra centrali superiori o inferiori a 3 MW tale da giustificare una diversa regolamentazione in ordine alla disponibilita' dei terreni e alla dichiarazione di pubblica utilita'. La disciplina provinciale risulta, pertanto, caratterizzata da manifesta irragionevolezza, perche' disincentiva la produzione di energia ponendo ostacoli alla realizzazione di impianti idroelettrici che non sono previsti dalla norme di attuazione della normativa comunitaria, con conseguenti dubbi di costituzionalita' delle citate leggi anche con riferimento agli artt. 3 e 41 Cost. in relazione ai principi generali dell'ordinamento comunitario in tema di tutela del libero commercio, della liberta' di iniziativa economica e della concorrenza e dell'art. 117, comma 3 in materia di riserva allo Stato delle determinazioni su principi fondamentali. In conclusione, questo Tribunale superiore ritiene di dover sollevare, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 11 e 10 della L.P. n. 2/10 e, in via consequenziale, dell'art. 24 della L.P. n. 15/11, per contrasto con le norme indicate in dispositivo. Il presente giudizio va, pertanto sospeso.