IL TRIBUNALE Il G.I. nella causa n. 42/2005 R.G.; a scioglimento della riserva di ordinanza resa al verbale di udienza dell'1 dicembre 2011 all'esito della quale venivano concessi gg. 12 per note, letti gli atti di causa e le richieste delle parti; Ritenuto che non si e' tenuto conto delle note depositate il 15 dicembre 2011 e, quindi, tardivamente; che e' applicabile al caso de quo della seconda parte del comma 61 art. 2 D.L. 225/2010 conv. in L. 10/2010; che in base al meccanismo della compensazione impropria occorre verificare la non debenza degli interessi versati dal correntista con risultato diverso a seconda del ricalcolo del saldo a partire dall'apertura del conto o fino all'entrata in vigore del c.d. "Milleproroghe"; che con l'espressione "in ogni caso" il legislatore ha voluto intervnire proprio sulle fattispecie gia' sub iudice; che in caso di contrasto tra norma interna e norma della CEDU, che non ha applicabilita' diretta, il giudice, ove non possa superarlo tramite interpretazione, deve sollevare la questioni di costituzionalita', che la problematica che si pone nell'odierno giudizio e' quello della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale attinente al secondo periodo del comma 61 dell'art. 2 del D.L. n. 225/2010, convertito con l. n. 10 del 26 febbraio 2011, gia' sollevata da questo stesso Ufficio in altra causa; che detta questione e' rilevante nell'odierno giudizio, nel quale si controverte di conti correnti bancari, perche', per come meglio si dira' infra, la disposizione censurata elide in radice, proprio nei rapporti di conto corrente bancario, il diritto di azione, ex art. 2033 c.c., in relazione alle somme versate in data anteriore all'entrata in vigore della legge di conversione; che riguardo alla non manifesta infondatezza, si osserva che il comma 61 dell'art. 2 del D.L. n. 225/2010, convertito con l. n. 10 del 26 febbraio 2011, recita: "In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge"; che il detto comma 61, nel primo periodo (di natura chiaramente interpretativa), specifica il momento di decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di ripetizione dell'indebito nell'alveo dei contratti di conto corrente bancario, laddove, nel secondo periodo, prescrive, in ragione del chiaro tenore letterale secondo cui "in ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati al momento dell'entrata in vigore della legge di conversione", che il detto diritto, sottoposto al termine estintivo prima chiarito, sorge solamente per i versamenti successivi all'entrata in vigore della legge di conversione; che la Corte costituzionale ha costantemente affermato che la norma di interpretazione autentica e' quella che impone una scelta tra le possibili varianti di senso del testo originario, con cio' vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore (sentenza n. 525 del 2000; ma in senso conforme tra le molte v. anche la n. 362 del 2008); che il secondo periodo del comma 61 non e' annoverabile tra le norme di interpretazione autentica, in quanto non e' diretto ad imporre alcun significato all'art. 2935 c.c. tra quelli ascrivibili, ma sancisce in via automatica e retroattiva la perdita del diritto maturato alla ripetizione di somme versate nel corso dei contratti di conto corrente bancario, sino all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Inoltre, il dato letterale, consacrato dall'assolutezza dell'avverbio "in ogni caso", in se' omnicomprensivo, costituisce ostacolo a che possa ritenersi che sia necessaria un'eccezione di parte per l'applicazione di quello che viene a configurarsi come un vero e proprio generale divieto alla restituzione di versamenti effettuati anteriormente all'entrata in vigore della legge di conversione; che la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale e la natura non interpretativa della disposizione censurata, alla luce delle difese spiegate nell'odierno processo dalla banca convenuta proprio in relazione all'art. 2935 c.c. e della conseguente produzione dell'effetto estintivo del diritto ripetitorio, sono profili che permarrebbero anche nel caso in cui si ritenesse che per la negazione della restituzione sia all'uopo necessaria un'eccezione di parte, poiche' l'effetto estintivo previsto dalla disciplina censurata prescinde dal decorso del termine prescrizionale, ma si consacra, con modalita' innovative, in un determinato momento a prescindere dal fatto che il versamento sia stato effettuato molto tempo prima o solamente il giorno anteriore all'entrata in vigore della legge di conversione; che, esclusa la natura interpretativa della disposizione in commento, si evidenzia che la Corte costituzionale ha individuato una serie di limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi «che attengono alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale a ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento [.....]; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto [...]; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico [...]; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (v.: Corte costituzionale 11 giugno 2010 n. 209); che il secondo periodo del comma 61 dell'art. 2 del D.L. n. 225/2010, convertito con l. n. 10 del 26 febbraio 2011 (In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge), avente efficacia retroattiva, si pone in contrasto con gli artt. 3, 24, 102, 111 e 117 della Costituzione; che a disposizione di che trattasi riguarda esclusivamente il contratto di conto corrente bancario e serve ad escludere in modo indiscriminato ogni azione restitutoria, tra cui quella concernente il diritto alla ripetizione dell'indebito maturato in capo al correntista sino all'entrata in vigore della legge di conversione, posto che non viene ivi effettuata alcuna distinzione in ordine alla natura dei versamenti e alla parte che li abbia effettuati. L'esclusione, pertanto, colpisce anche le fattispecie in cui l'indebita percezione di somme ad opera dell'istituto di credito sia stata dovuta all'esecuzione di clausole nulle per violazione di norme imperative (ad es. artt. 1283, 1284 c.c. e 117 D.L.vo n. 385/1993, l. n. 108/1996; v. sul diritto all'esercizio dell'azione di ripetizione di indebito oggettivo nella materia del conto corrente bancario in ipotesi di nullita' parziale del contratto per violazione dell'art. 1283 c.c., da ultimo: Cassazione civile, sez. un., 2 dicembre 2010, n. 24418); che il confronto tra la disposizione censurata ed i principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale porta alla conclusione che la stessa non solo non puo' essere ritenuta interpretativa, ma lede, con la propria efficacia retroattiva, il canone generale della ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.), l'effettivita' del diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti (art. 24, primo e secondo comma, Cost.) e l'integrita' delle attribuzioni costituzionali dell'autorita' giudiziaria (art. 102, primo comma, Cost.), oltre che il riconoscimento di diritti maturati per i quali vi siano pendenti i relativi processi (art. 111, primo e secondo comma, e 117, comma primo, Cost.); che in vero, e' irragionevole che il legislatore sia intervenuto per discriminare, retroattivamente e limitatamente ad una singola fattispecie negoziale, la legittimita' o l'illegittimita' di un determinato comportamento (cioe' il trattenimento di somme versate in carenza di causa, originaria o sopravvenuta) a seconda che quest'ultimo si sia integrato prima o dopo un determinato termine, peraltro indicato non nell'entrata in vigore del decreto legge ma della legge di conversione dello stesso, con la conseguenza che il detto termine non era neanche individuabile con esattezza ex ante, tenuto conto dei sessanta giorni per la conversione previsti dall'art. 77, terzo comma, cost.; inoltre, non vi era la necessita' di risolvere oscillazioni giurisprudenziali sull'astratta configurabilita' del diritto alla ripetizione di somme indebitamente versate nello svolgimento del rapporto di conto corrente bancario (come per ogni altro contratto), non sfuggendo come il testo dell'art. 2935 c.c., attinente al decorso della prescrizione, non offrisse alcun appiglio semantico nel senso delle rilevanti modifiche introdotte, modifiche che in realta' incidono sull'esistenza stessa del diritto sostanziale e del diritto di azione a prescindere, per come detto, dall'intervenuto decorso del termine prescrizionale al momento dell'entrata in vigore della legge di conversione, che, con cio' facendo, si e' leso l'affidamento dei consociati nella stabilita' della disciplina giuridica della fattispecie, che viene sconvolta dall'ingresso inopinato e immotivato di una norma retroattiva, la quale altera rapporti pregressi in relazione ad una sola tipologia contrattuale e discrimina retroattivamente, attraverso un riferimento temporale variabile nell'ambito dei sessanta giorni di cui all'art. 77, terzo comma, Cost., una condotta legittima da una condotta illegittima, in tal guisa ingenerando, anche dinanzi ai medesimi presupposti e requisiti fattuali e giuridici, un'ingiustificata disparita' di trattamento tra chi abbia versato importi privi di causa prima del detto non individuato termine (nel senso sopra precisato) e chi abbia avuto la ventura di effettuarli dopo (art. 3 Cost.); che il superiore meccanismo rende, altresi', inutile e privo di effettivita' il diritto dei cittadini di adire i giudici per ottenere la tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive ormai consolidatesi (art. 24, primo e secondo comma, Cost.); che a tale lesione di diritti fondamentali dei cittadini si associa la violazione dell'art. 102, primo comma, Cost., perche' le norme censurate incidono negativamente sulle attribuzioni costituzionali dell'autorita' giudiziaria, definendo sostanzialmente, con atto legislativo, l'esito di giudizi in corso (v. in tal senso: Corte costituzionale 11 giugno 2010 n. 209, cit.); che, infine, si riscontra la violazione degli artt. 111, primo e secondo comma, e 117, comma primo, cost., in relazione all'art. 6 della CEDU, in quanto l'applicabilita' della norma ai giudizi in corso vulnera i principi del giusto processo e della parita' delle parti, venendo ad incidere su una determinata tipologia di controversie gia' pendenti (cioe' sul ben noto e consistente contenzioso scaturente dalle azioni di ripetizione dell'indebito avanzate dai correntisti, ad es. ex artt. 2033, 1283 e 1284 c.c. e 117 D.L.vo n. 385/1993), a vantaggio di una delle parti del giudizio, non ravvedendosi "ragioni imperative d'interesse generale", la cui sussistenza la Corte di Strasburgo valuta con riferimento al singolo caso concreto (v. ad es.: Corte europea dir. Uomo, sez. grande chambre, sentenza 29 marzo 2006 n. 36813, Scordino c. Italia); che, alla luce delle superiori argomentazioni, l'univoco dato testuale della norma censurata non ne consente un'interpretazione costituzionalmente orientata, che permetta di eliminarne (in via interpretativa) il conflitto con i parametri dianzi indicati, di talche' non resta che denunziarne l'incostituzionalita'.