IL TRIBUNALE 
 
    Letti gli atti del procedimento penale n.  6943/07  a  carico  di
Verdano Angelo, imputato del reato di omicidio colposo osserva. 
    Il P.M. in sede, in data 23 giugno 2010,  chiedeva  il  rinvio  a
giudizio di V.A. a seguito di ordinanza emessa dal G.I.P.  presso  il
Tribunale di Taranto ex art. 409 comma 5  c.p.p.,  con  la  quale  si
ordinava la formulazione dell'imputazione. La richiesta,  cosi'  come
non previsto espressamente dalla norma, non  veniva  preceduta  dalla
notifica dell'avviso di conclusione delle indagini. 
    Al riguardo,  si  rileva  ictu  oculi  una  prima  disparita'  di
trattamento tra l'ipotesi di rinvio a giudizio ex art.  409  comma  5
c.p.p e  l'ipotesi  di  rinvio  a  giudizio  nelle  forme  ordinarie,
prevedendo l'art. 552, comma 2 c.p.p. (cosi' come l'art. 416 c.p.p ),
l'obbligo di notifica dell'avviso ex art.  415-bis  c.p.p.,  nonche',
l'obbligo di procedere ad interrogatorio nel caso in cui,  a  seguito
di detta notifica, l'indagato lo abbia richiesto. L'elusione di  tali
obblighi e' presidiata da sanzione di nullita'. 
    E'  chiaro  che  all'imputato  rinviato  a  giudizio  secondo  la
procedura prevista dall'art. 409, comma 5 c.p.p.,  sono  precluse  le
garanzie difensive, riconosciute ex art. 415-bis c.p.p., con evidente
compressione del diritto di difesa. 
    Invero, che vi sia una  evidente  situazione  di  disparita'  tra
l'indagato rinviato a giudizio nelle forme  «canoniche»  previste  ex
art. 416 e segg. e 552 comma 2 c.p.p., rispetto all'indagato rinviato
a giudizio ex art. 409 comma 5 c.p.p., appare indubitabile. 
    Infatti, nella seconda ipotesi, l'indagato rimane, come meglio si
evidenziera'  in  prosieguo,  sfornito  di  tutte   quelle   garanzie
difensive riconosciute dall'art. 415-bis c.p.p. in termini  di  piena
discovery degli atti, di esatta e cristallizzata contestazione di  un
fatto determinato,  di  diritto  a  difendersi  provando  la  propria
innocenza gia' nella fase  delle  indagini  preliminari  a  mezzo  di
interrogatorio. 
    In  questo  senso,  una  lettura   costituzionalmente   orientata
dell'art. 111 Cost., ha sostanzialmente «imposto» al legislatore,  la
previsione di una serie di  garanzie  difensive  tipiche  della  fase
processuale. anticipandone pero' il concreto esercizio gia' alla fase
procedimentale: estrinsecazione concreta  di  tale  principio  e'  la
novellazione normativa affidata all'art. 17 comma 1  della  legge  16
dicembre 1999 n. 479, che ha introdotto la previsione dell'avviso  di
conclusione delle indagini preliminari. 
    Che l'aspirazione del legislatore costituzionale fosse quella  di
ampliare le garanzie  difensive  non  solo  dell'imputato,  ma  anche
dell'indagato (con  una  provvidenziale  anticipazione  delle  stesse
anche alla fase delle indagini) e'  desumibile  dalla  contestualita'
temporale tra la previsione di cui all'art. 111 Cost.  (L.  Cost.  23
novembre 1999, n. 2) e quella di cui all'art. 415-bis  c.p.p.  (legge
16 dicembre 1999 n. 479). 
    Tanto, evidentemente,  e'  sintomatico  di  una  duplice  urgenza
avvertita dal legislatore: anticipare gia' alla  fase  procedimentale
le garanzie difensive tipiche della fase processuale e  procedere  ad
un riequilibrio tra accusa e  difesa  anche  durante  la  fase  delle
indagini  grazie  alla  previsione   di   un   maggiore   spazio   di
contraddittorio circa la completezza e la sostanzialita' dell'accusa,
nonche', delle indagini poste a sostegno della stessa. 
    Ma sussistono ulteriori argomentazioni  circa  l'incongruita'  ed
incompatibilita' costituzionale della norma di cui all'art. 409 comma
5 c.p.p. in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost. 
    Una prima argomentazione riguarda la  disparita'  di  trattamento
tra il destinatario dell'avviso previsto ex art. 409 comma  2  c.p.p.
ed il destinatario dell'avviso ex art.  415-bis  c.p.p.,  anche  alla
luce di una lettura sistematica  di  queste  norme  in  raccordo  con
quanto stabilito dal successivo art. 410 c.p.p.. 
    Orbene, l'art. 410 c.p.p., che conferisce alla persona offesa dal
reato la possibilita'  di  proporre  opposizione  alla  richiesta  di
archiviazione,  impone  alla  medesima  parte  offesa,  a   pena   di
inammissibilita',   di   indicare    l'oggetto    dell'investigazione
suppletiva e i relativi elementi di prova. 
    Al contrario, tale possibilita' propulsiva in  chiave  difensiva,
all'indagato, nel momento procedimentale di cui all'art. 409 c  p.p.,
e' di fatto preclusa, non  prevedendo  la  norma  sul  punto  nessuna
possibilita' di proposizione di alcun adempimento investigativo. 
    Addirittura, autorevole dottrina, nell'interpretazione  dell'art.
409 c.p.p., ha sottolineato la non obbligatorieta' dell'audizione del
denunciato nell'ipotesi in cui costui la richieda (si  veda  rassegna
Lattanzi - Lupo, vol. V, pag. 641). 
    Sul punto, la differenza  tra  quanto  riconosca  in  termini  di
garanzie difensive la  disciplina  di  cui  all'art.  415-bis  c.p.p.
rispetto  a  quanto  riconosciuto  dall'art.   409   c.p.p.,   appare
notevolissima   e   di   immediata   percezione.   Infatti,   laddove
nell'ipotesi di cui all'art. 409 c.p.p.,  il  mancato  interrogatorio
dell'indagato che lo abbia richiesto rimane privo  di  conseguenze  e
sfornito  di  sanzione  processuale,  al  contrario,  alla  luce  del
combinato disposto di cui agli artt. 415-bis e 416 c.p.p., il mancato
interrogatorio dell'indagato che ne abbia fatto richiesta  a  seguito
di notifica dell'avviso di conclusione  delle  indagini  preliminari,
inficia di nullita' la successiva richiesta di rinvio  a  giudizio  e
gli atti ad essa conseguenti. 
    L'ovvia  conclusione  di  questa  non  obbligatorieta'  e'   che,
all'indagato  che   richieda   invano   di   essere   sottoposto   ad
interrogatorio, viene precluso quel minimum in termini difensivi  che
e' dato, quantomeno, dall'esposizione  delle  proprie  argomentazioni
difensive. Del resto, come gia' accennato, la cartina di tornasole di
tale potenziale quanto  insindacabile  disinteresse  da  parte  degli
organi investigativi (il P.M. ed anche il G.I.P.)  per  le  richieste
investigative  (o  per  la  richiesta  di  interrogatorio)   proposte
dall'indagato in chiave difensiva, e' costituita proprio dall'assenza
di sanzione processuale. Sicche', nell'ambito dell'udienza fissata ex
art. 409 comma  2  c.p.p.,  all'indagato,  aldila'  di  una  parziale
discovery degli atti (non si tralasci che il  P.M.  puo'  selezionare
gli atti di indagine da depositare per l'udienza), altro  non  rimane
se  non  una  pressoche'  sterile  interlocuzione  in   merito   alla
fondatezza e sostenibilita' di una nebulosa ipotesi  accusatoria.  In
definitiva, appare evidente come, in  violazione  dei  piu'  basilari
principi inerenti il diritto di  difesa,  dalla  lettura  sistematica
degli artt. 409 e 410 c.p.p., in tale  fase  procedimentale,  vengano
garantite maggiori garanzie difensive alla persona offesa, rispetto a
quelle previste per l'indagato, con un evidente squilibrio tra  l'uno
e  l'altro  soggetto  processuale.  Peraltro,  che   in   tale   fase
procedimentale l'apporto investigativo dell'indagato  sia  pressoche'
nullo, e' desumibile anche dal fatto che, a mente dell'art. 409 comma
4 c.p.p., il compimento di ulteriori indagini e' meramente eventuale.
dovendo il P.M. procedere alle stesse solo se  G.I.P.,  con  giudizio
praticamente insindacabile ed insuscettibile di riesame,  le  ritenga
necessarie. 
    Ma vi e' un ulteriore profilo  che  sancisce  definitivamente  la
diseguaglianza tra l'indagato destinatario  di  avviso  ex  art.  409
comma 2 c.p.p. rispetto all'indagato  che  riceve  l'avviso  ex  art.
415-bis c.p.p.. Vi e' infatti che,  quest'ultimo,  riceve  un  avviso
recante una imputazione sostanzialmente cristallizzata  e  delineata,
con «l'indicazione della sommaria enunciazione del fatto per il quale
si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della  data
e  del  luogo  del  fatto».  Tale  precisione   nella   contestazione
dell'addebito, si risolve in una evidente garanzia per l'indagato  in
termini di salvaguardia del diritto di difesa. 
    Al contrario, l'indagato destinatario di avviso ex art. 409 comma
2 c.p.p., deve difendersi da  una  contestazione  fluida,  imprecisa,
insufficientemente determinata e suscettibile di variazioni anche  in
senso a lui sfavorevoli. 
    Del resto,  immediato  riscontro  di  tale  «mobilita'»  (se  non
volatilita') della contestazione si ha, in concreto, al momento della
ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza prevista ex art. 409
comma  2  c.p.p.,  laddove,  oltre  alle  generalita'  dell'indagato,
all'indicazione dell'autorita' procedente e della data di udienza, e'
completamente obliterato ogni riferimento alla contestazione. 
    Tale mancata indicazione  di  un  capo  di  imputazione  certo  e
definito, si risolve in un grave vulnus al diritto  dell'indagato  di
conoscere  l'accusa  da  cui  difendersi  ove   si   consideri   che,
paradossalmente,  il  G.I.P.,  in  ipotesi  di  imputazione   coatta,
potrebbe «imporre al P.M. altra imputazione rispetto a quella per  la
quale l'accusa abbia formulato la richiesta di archiviazione»  (Corte
di Cass. 11 luglio 1991 n. 3205). Inoltre, all'esito della Camera  di
Consiglio,  il  P.M.,  nonostante  gravato  dall'onere  di  formulare
l'imputazione da parte del G.I.P., puo' formulare  una  contestazione
diversa rispetto a quella originariamente ipotizzata,  con  il  serio
rischio per l'imputato di essersi difeso per una contestazione  e  di
subire il giudizio per un'altra. Di conseguenza,  tale  ventaglio  di
eventualita' accusatorie, si evidenzia  come  gravemente  lesivo  del
diritto di difesa dell'indagato il quale, a fronte della possibilita'
di ricevere contestazioni diverse ed «a  sorpresa»,  e'  pesantemente
condizionato (se non menomato) nella scelta di  una  linea  difensiva
piuttosto che un'altra, nella produzione di taluni documenti in luogo
di altri, nell'esame di taluni soggetti piuttosto  che  altri,  nella
richiesta di taluni accertamenti tecnici in luogo di  altri;  ne'  e'
ipotizzabile   che   l'indagato   opti   (supportato   da   capacita'
divinatorie)  per  una  linea  difensiva  che  possa  adattarsi  alte
eventuali opzioni accusatone percorribili dal P.M. (o dal G.I.P.  che
ad esso si sostituisca). Peraltro, il profilo di illegittimita' della
norma di cui all'art. 409 c.p.p. e' riscontrabile anche in virtu' del
contrasto sussistente con l'art.  6  della  Convenzione  Europea  dei
diritti dell'uomo. Infatti, come scritto nell'art. 6 comma  3,  lett.
a), ogni accusato ha diritto soprattutto ad  «essere  informato,  nel
piu'  breve  tempo,  in  una  lingua  che  comprende  e  in   maniera
dettagliata  del  contenuto  dell'accusa  elevata  contro  di   lui».
Inoltre, l'art. 6  della  Convenzione  Europea  utilizza  il  termine
«accusato», senza interporre distinzione alcuna tra soggetto indagato
ed imputato. In ogni caso, una lettura garantista della norma  ed  in
chiave costituzionalmente  orientata,  lascia  trasparire  una  piena
estensione  di  tale  diritto,  anche  alla   fase   delle   indagini
preliminari, ben  potendo  (anzi,  alla  luce  della  gia'  accennata
lettura dell'art. 111 Cost., dovendo) innestarsi il contraddicono tra
difesa ed accusa gia' in tale fase processuale. 
    Del resto, la lettura in questo senso e' consacrata  dal  dettato
normativo di cui all'art. 61 c.p.p. che, appunto, estende le garanzie
ed i diritti dell'imputato  alla  persona  sottoposta  alle  indagini
preliminari. L'estensione del  principio  di  cui  all'art.  6  della
Convenzione, e' stata,  inoltre,  esaurientemente  esplicitata  anche
dalla stessa Corte Europea dei Diritti dell'uomo. 
    Infatti, nella decisione adottata dalla Sez. Grande  Chambre  del
1° marzo 2006 con n. 56581, parti: Sejdovic c/ Italia,  la  Corte  ha
stabilito che «ogni accusato ha diritto di essere informato, nel piu'
breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile  e  in  modo
dettagliato, della natura e dei  motivi  dell'accusa  elevata  a  suo
carico». Tale disposizione dimostra la necessita' di usare la massima
cura nel notificare l'accusa all'interessato. L'atto di accusa  gioca
un  ruolo  determinante  nell'azione  penale:  a  partire  dalla  sua
notifica,  il  cittadino  e'  ufficialmente  informato   della   base
giuridica e fattuale delle contestazioni formulate a suo  carico.  La
portata di tale disposizione deve essere  valutata  soprattutto  alla
luce del diritto piu' generale ad un processo equo garantito dal par.
1 dell'art. 6 della Convenzione. In materia  penale,  un'informazione
precisa e completa degli oneri che gravano  su  un  imputato  e'  una
condizione essenziale  dell'equita'  della  procedura.  Avvertire  il
cittadino dell'azione penale esercitata a suo carico  costituisce  un
atto di tale importanza che deve rispondere a condizioni di  forma  e
sostanza  tali  da  garantire  l'esercizio  effettivo   dei   diritti
dell'imputato e non puo' bastare una conoscenza vaga e non ufficiale. 
    Ma aldila' dei richiami alla normativa anche sovranazionale e con
la  quale  la  normativa  nazionale   deve   necessariamente   essere
compatibile,  che  la  situazione  dell'indagato  che   versa   nella
situazione di cui all'art.  409  c.p.p.  sia  ben  diversa  sotto  il
profilo  difensivo,  rispetto  a  quella  dell'indagato  che   riceve
l'avviso previsto  ex  art.  415-bis  c.p.p.,  e'  comprovato  da  un
ulteriore dato illuminante: infatti, a mente di autorevole  dottrina,
ricorrendo l'evenienza di cui all'art.  415-bis  c.p.p.,  il  P.M.  ,
nell'ipotesi  in  cui  proceda  ad  una  modifica,  ha  l'obbligo  di
notificare per la nuova contestazione, un nuovo avviso di conclusione
delle indagini preliminari. 
    In definitiva, e' evidente come sia necessario  che,  anche  alla
luce di una attenta lettura dell'art.  111  Cost.,  la  contestazione
dalla quale difendersi, anche nella fase delle indagini  preliminari,
debba essere, cosi come previsto ex art. 415-bis, chiara,  precisa  e
cristallizzata. Sicche'. non diversamente  dall'indagato  che  riceve
l'avviso  previsto  ex  art.  415-bis  c.p.p.,   anche   all'indagato
destinatario di imputazione coatta  vanno  riconosciute  le  medesime
garanzie difensive, con la notifica del medesimo avviso. 
    Infatti, ritenere come si e' ritenuto nell'ordinanza della  Corte
costituzionale del 29 dicembre 2004, n. 441, che «il  contraddittorio
sulla   eventuale   incompletezza   delle   indagini    si    esplica
necessariamente nell'udienza in camera di consiglio che, ai sensi del
comma 2 dello stesso articolo, il giudice e' tenuto a fissare ove non
accolga  la  richiesta  di  archiviazione  del  pubblico  ministero»,
significa assimilare situazioni processuali che  simili  non  sono  e
che, anzi, ed a tanto  e'  finalizzata  la  proponenda  questione  di
legittimita' costituzionale,  andrebbero  finalmente  assimilate,  in
ossequio ai principi costituzionali di cui agli artt.  3,  24  e  111
Cost.. Al riguardo, il divario (che andrebbe immediatamente  colmato)
tra le due situazioni, e'  immediatamente  percepibile  solo  ove  si
analizzino con un minimo di attenzione le garanzie difensive proposte
dagli artt. 409 e 415 -bis c.p.p. all'indagato: nel primo caso non vi
e' una contestazione  determinata  e  cristallizzata  ma  una  fluida
ipotesi accusatoria, la discovery sugli  atti  di  indagine  potrebbe
essere incompleta (non essendo gravato il P.M. da  alcun  obbligo  in
tal  senso)  ed  infine,  non  vi  e'  alcun  obbligo  di   procedere
all'interrogatorio dell'indagato che ne faccia richiesta. 
    Al contrario, nella seconda ipotesi,  la  contestazione  e'  gia'
delineata e cristallizzata, la discovery degli atti processuali trova
massima estrinsecazione avendo il P.M. un preciso obbligo  in  merito
alla piena ostensione di tutti  gli  atti  di  indagine  (a  pena  di
inutilizzabilita' degli atti inizialmente criptati e  successivamente
scoperti),  sussiste  l'obbligo   di   procedere   all'interrogatorio
dell'indagato che lo richieda, pena la nullita'  della  richiesta  di
rinvio a giudizio e degli atti ad essa successivi. La  situazione  di
squilibrio  tra  l'una  e  l'altra  situazione  e'  evidentissima   e
meritevole di essere riequilibrata alla luce dei dettami di cui  agli
artt. 3,  24,  111  Cost.:  nonche'  in  ossequio  all'art.  6  della
Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. 
    Tale necessita e'  maggiormente  accresciuta  dalla  esigenza  di
sottrarre il momento procedimentale di cui all'art. 409 c.p  p  ,  da
quella specie di zona grigia dove, in spregio ai principi informatori
del nostro  codice  di  rito  non  solo  il  dominio  sulle  indagini
preliminari passa dal P.M. al G.I.P (non si dimentichi che,  ex  art.
409 comma 4, il G.P. puo' ordinare al P.M.  ulteriori  indagini)  ma,
soprattutto, passa di  mano  il  dominio  sull'esercizio  dell'azione
penale, poiche', in chiara violazione del principio ne procedat iudex
ex  officio,  il  G.I.P.  esercita  di  fatto  l'azione  penale   per
interposizione del P.M. 
    In ragione di tutte le argomentazioni  innanzi  esposte,  con  il
presente atto si solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 409 c.p.p. per violazione degli artt. 3, 24  e  111  Cost.,
nella parte in cui non prevede che anche  a  seguito  di  imputazione
disposta ex art. 409 comma  5  c.p.p.,  sia  obbligatoria  la  previa
notifica  dell'avviso  di  conclusione  delle  indagini   preliminari
all'indagato.