Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,   (c.f.
97163520584)  rappresentato  e  difeso  ope   legis   dall'Avvocatura
Generale dello Stato,  (c.f.  80224030587),  fax  06/96514000  e  PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it, presso cui e' domiciliato in Roma
alla via dei Portoghesi n. 12, ex delibera del Consiglio dei Ministri
22 maggio 2012, avente ad oggetto  conflitto  di  attribuzioni  dello
Stato (art. 39 legge n. 53/87), nei confronti della Regione  Autonoma
Valle d'Aosta - Vallee  d'Aoste,  in  persona  del  Presidente  della
Giunta Regionale pro tempore in relazione e avverso deliberazione  n.
584 del 23 marzo 2012 della  Giunta  Regionale,  avente  ad  oggetto:
«Autorizzazione, ai sensi dell'art. 13 della l.r.  n.  21/1980,  alla
Banca di Credito Cooperativo Valdostana ad apportare modificazioni ed
integrazioni al  proprio  Statuto  sociale,  previo  recepimento  dei
rilievi evidenziati dall'Amministrazione Regionale». 
 
                                Fatto 
 
    Nel settembre 2011 la Banca  di  Credito  Cooperativo  Valdostana
(d'ora in poi BCC Valdostana)  sottoponeva  alla  Banca  d'Italia  un
progetto di modifica dello Statuto sociale nel quale tra  l'altro  si
attribuiva alla Giunta Regionale della Valle  d'Aosta  il  potere  di
nominare un componente in  ciascuno  degli  organi  collegiali  della
Banca (doc. 1). 
    La Banca d'Italia faceva pero' presente che tale modifica non era
assentibile, in quanto si poneva in contrasto con la «sana e prudente
gestione»  e  confliggeva  con  il  principio  di  imprenditorialita'
dell'attivita' bancaria previsto espressamente dall'art. 10, comma 1,
T.U.B. (Testo Unico Bancario), di  diretta  derivazione  comunitaria,
violando, in particolare, gli artt. 33 e 150-bis, T.U.B. (doc. 2). 
    La BCC Valdostana si adeguava alle suddette  osservazioni  e  con
nota 6 marzo 2012 sottoponeva alla  Banca  d'Italia  un  nuovo  testo
conforme a quanto rilevato dall'Autorita' di vigilanza (doc. 3). 
    A questo punto, la Banca d'Italia dava parere favorevole al nuovo
testo, ai sensi dell'art. 159, comma 2, T.U.B., con lettera 13  marzo
2012, n. 225436, e lo trasmetteva alla Regione Autonoma Valle d'Aosta
(competente ad autorizzare le modifiche statutarie, ex art. 13,  l.r.
13 maggio 1980, n. 21) con nota 14 marzo 2012 (doc. 4). 
    La G.R. della Valle d'Aosta, peraltro, nella seduta del 23  marzo
2012, pur  consapevole  del  citato  parere  favorevole  della  Banca
d'Italia  (menzionato  nella  premessa),  con   delibera   pubblicata
nell'Albo  in  data  26   marzo   2012,   riteneva   di   subordinare
l'autorizzazione alle modifiche statutarie al previo  recepimento  di
due rilievi concernenti l'uno la nomina (e non solo la  designazione)
da parte della Regione dei  propri  rappresentanti  in  seno  ai  tre
organi sociali della BCC Valdostana e l'altro  le  modalita'  per  la
nomina del presidente del Consiglio di Amministrazione (doc. 5). 
    Avverso  tale  delibera,  gravemente  lesiva  delle  attribuzioni
statali in materia di vigilanza  bancaria,  si  propone  il  seguente
conflitto. 
 
                               Diritto 
 
    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  denunzia  la  patente
invasione  da  parte  della  Regione  Valle  d'Aosta  dei  poteri  di
vigilanza prudenziale spettanti allo Stato, e  per  esso  alla  Banca
d'Italia, sul sistema bancario, quale risulta  conformato  a  seguito
dell'attuazione della normativa comunitaria,  con  il  T.U.  bancario
(d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e succ. modif.). 
    La  delibera  impugnata  e'  infatti  oggettivamente   idonea   a
condizionare la  modifica  statutaria  in  contrasto  con  il  potere
statuale di controllo ed  e'  quindi  autonomamente  suscettibile  di
violare la ripartizione delle rispettive competenze (v.  C.cost.,  n.
191/2007). 
    Invero, la Giunta  Regionale,  con  la  delibera  contestata,  ha
consapevolmente inteso, non solo perpetrare  una  indebita  ingerenza
politica nell'assetto organizzativo della BCC Valdostana,  attraverso
la nomina diretta di amministratori, sindaci e  probiviri.  ma  anche
attribuirsi un potere di controllo svincolato dalle valutazioni della
Banca d'Italia, cui  solo  compete,  disattendendole  peraltro  senza
alcuna motivazione - nonostante  il  loro  carattere  vincolante,  in
violazione dell'art. 159 T.U.B., norma di derivazione  comunitaria  e
del sistema costituzionale nel suo insieme. 
    L'art. 159 T.U.B. (d.lgs. 1°  settembre  1993,  n.  385)  infatti
testualmente dispone: 
        «159. Regioni a statuto speciale. 
    1.  Le  valutazioni  di  vigilanza  sono  riservate  alla   Banca
d'Italia. 
    2. Nei casi in cui i provvedimenti previsti  dagli  articoli  14,
31, 36, 56 e 57 sono attribuiti alla  competenza  delle  regioni,  la
Banca d'Italia esprime, a fini dl vigilanza, un parere vincolante. 
    3. Sono inderogabili e prevalgono  sulle  contrarie  disposizioni
gia' emanate le norme dettate dai commi I e 2 nonche' dagli  articoli
15, 16, 26 e 47. Restano peraltro ferme le competenze attribuite agli
organi regionali nella materia disciplinata dall'art. 26. 
    4. Le regioni a statuto speciale, alle quali  sono  riconosciuti,
in base alle norme di attuazione dei rispettivi statuti, poteri nelle
materie disciplinate dalla  direttiva  n.  89/646/CEE,  provvedono  a
emanare norme di recepimento  della  direttiva  stessa  nel  rispetto
delle disposizioni di principio non derogabili  contenute  nei  commi
precedenti». 
    Per la esatta comprensione dell'origine e della portata di questa
norma, si riporta di seguito la ricostruzione  dell'iter  approvativo
del T.U.B. contenuto nella sentenza 8 giugno 1994, n. 224, di codesta
ecc.ma Corte costituzionale: 
        «La prima  fase  di  tale  iter  si  collega  alla  direttiva
approvata dal Consiglio delle comunita' europee il 15  dicembre  1989
(89/646/CEE),   relativa   al   coordinamento   delle    disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative riguardanti  l'accesso  e
l'esercizio  delle  attivita'  degli  enti  creditizi.  Questo  testo
(comunemente  qualificato  come  «seconda   direttiva»   in   materia
bancaria), sviluppando e modificando la precedente direttiva CEE  del
12 dicembre 1977 (77/780) -  recepita  nel  diritto  interno  con  il
decreto legislativo 27 giugno 1985, n. 350 - ha posto alcuni principi
di  notevole  portata  innovativa.   In   particolare   la   «seconda
direttiva», al fine  di  consentire  la  libera  concorrenza  tra  le
imprese bancarie nell'ambito comunitario, ha, tra l'altro,  disposto:
a) il reciproco riconoscimento e la validita' su scala europea  delle
autorizzazioni  rilasciate  dagli  Stati   membri   per   l'esercizio
dell'attivita'  bancaria;  b)   la   subordinazione   del   reciproco
riconoscimento alla armonizzazione minima delle  condizioni  relative
all'accesso all'attivita' bancaria ed al  suo  esercizio,  condizioni
specificate  nei  titoli  II  e  IV  della   stessa   direttiva;   c)
l'affidamento della «vigilanza prudenziale» alle autorita' competenti
dello Stato membro di origine, cui viene riconosciuto il  compito  di
valutare  l'adeguatezza   della   organizzazione   amministrativa   e
contabile delle singole banche e di sorvegliare sulla loro gestione e
situazione finanziaria; d) la possibilita' per le banche aventi  sede
nella  comunita'  di  aprire  succursali  negli  Stati  membri  senza
necessita'  di  autorizzazioni   particolari   (c.d.   «liberta'   di
stabilimento»), nonche' di svolgere liberamente i propri  servizi  in
settori regolati dalla stessa direttiva (c.d. «libera prestazione dei
servizi»). In un secondo momento, con la legge 18 febbraio  1992,  n.
142 (Legge comunitaria per il 1991) il  Governo  veniva  delegato  ad
attuare la direttiva CEE 89/646, nel rispetto dei  principi  elencati
al primo comma dell'art. 25. Contestualmente, con  il  secondo  comma
dello stesso  articolo,  il  Governo  riceveva  anche  la  delega  ad
emanare, entro diciotto mesi un testo unico  delle  disposizioni  che
sarebbero state adottate, ai sensi del  primo  comma,  in  attuazione
della direttiva, testo  da  coordinare  «con  le  altre  disposizioni
vigenti nella stessa materia, apportandovi le modifiche necessarie  a
tal fine». Veniva, quindi, emanato il decreto legislativo 14 dicembre
1992, n. 481, di attuazione della direttiva 89/646, dove  i  principi
della stessa venivano adattati al contesto italiano  con  riferimento
sia  all'esercizio  dell'attivita'  bancaria  (riservata  agli   enti
creditizi)  che  allo   svolgimento   dell'attivita'   di   vigilanza
(riservata alla Banca d'Italia).  In  tale  decreto  la  sfera  delle
attribuzioni spettanti alle Regioni a  statuto  speciale  in  materia
creditizia veniva disciplinata dall'art. 46, dove si attribuiva  alle
stesse Regioni il potere di emanare, entro centottanta  giorni  dalla
data di entrata in vigore del decreto,  norme  di  recepimento  della
direttiva comunitaria. Con lo stesso articolo si introduceva anche la
previsione di un parere vincolante  della  Banca  d'Italia,  per  gli
aspetti rilevanti ai fini della vigilanza, sull'esercizio dei  poteri
regionali  in  tema  di  autorizzazione  all'attivita'  bancaria,  di
modificazioni degli  statuti  degli  enti  creditizi,  di  fusioni  e
scissioni interessanti  gli  stessi  enti  (secondo  comma),  nonche'
l'indicazione del carattere inderogabile, rispetto alla  legislazione
regionale, di una serie  di  norme  formulate  nello  stesso  decreto
legislativo (terzo  comma).  Veniva,  infine,  approvato  il  decreto
legislativo I settembre 1993 n. 385, recante testo unico delle  norme
in materia bancaria e creditizia, che, oltre a recepire  i  contenuti
del  decreto  legislativo  14  dicembre  1992,  n.  481,   riordinava
organicamente  l'assetto  della   materia,   sostituendo   pressoche'
integralmente - sulla scorta di principi fortemente innovativi  -  il
complesso di norme varato con la c.d. «legge bancaria»  del  1936-38.
La nuova disciplina posta dal  testo  unico  n.  385  si  e'  venuta,
dunque, a caratterizzare sia come disciplina  direttamente  attuativa
di una direttiva comunitaria (per lo stretto  collegamento  esistente
tra testo unico ed il decreto attuativo n. 481 del  1992),  sia  come
legge di grande riforma economico-sociale». 
    Si aggiunge che  il  d.lgs.  18  aprile  2006,  n.  171,  recante
«Ricognizione dei  principi  fondamentali  in  materia  di  Casse  di
risparmio, Casse rurali, Aziende di credito a  carattere  regionale»,
emanato in base alla legge n. 103/2005, attuativa del Titolo V  della
Costituzione, espressamente sancisce che: 
        «2.  Costituiscono  principi  fondamentali  le   disposizioni
contenute nell'art. 159 del testo unico delle disposizioni in materia
bancaria e creditizia, di cui al d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385. 
    3. In applicazione di  quanto  previsto  al  comma  2,  la  legge
regionale puo', in particolare, disciplinare: 
        a)  l'istituzione  di  un  albo  delle  banche  a   carattere
regionale; 
        b) l'adozione, previo parere vincolante della Banca  d'Italia
ai fini di vigilanza, dei provvedimenti  relativi  all'autorizzazione
dell'attivita' bancaria, alle modifiche statutarie, ...; 
        c) la modalita' di verifica dei  requisiti  di  esperienza  e
onorabilita' degli esponenti aziendali». 
    Dalla disamina legislativa che precede, risulta con evidenza  che
la titolarita' delle attribuzioni in materia di vigilanza prudenziale
sugli enti creditizi, anche a carattere regionale -  come  quello  in
questione - spetta, nell'ordinamento, allo  Stato  e  per  esso  alla
Banca d'Italia e non alla Regione, quand'anche a statuto speciale. 
    A questa compete soltanto un  potere  residuale,  e  formale,  da
esercitarsi previo parere vincolante della  Banca  d'Italia,  che  e'
l'Autorita' competente ai sensi della succitata normativa nazionale e
comunitaria. 
    Pertanto, la  delibera  della  G.R.  impugnata,  nel  prescrivere
modifiche statutarie in contrasto con il parere della Banca  d'Italia
(circa la nomina regionale, in  luogo  della  mera  designazione,  di
componenti degli organi societari) o in difetto di questo (quanto  ai
requisiti  per  la  nomina  a  Presidente  del  C.A.),  integra   una
arbitraria invasione nelle attribuzioni statali, trattandosi di  atti
che interagiscono sulla organizzazione e sulla gestione della banca e
accedono quindi all'area della vigilanza prudenziale, spettante  allo
Stato e per esso alla Banca d'Italia. 
    La delibera percio' confligge gravemente  con  l'attuale  assetto
dell'ordinamento  bancario  e  creditizio,  ispirato  a  principi  di
concorrenzialita'  ed  imprenditorialita',  di  diretta   derivazione
comunitaria (ed infatti la raccolta del risparmio e  l'esercizio  del
credito  sono  espressamente  definiti  come  attivita'  di   impresa
dall'art. 10 T.U.B.), viola l'art. 159 del  T.U.B.  sull'attribuzione
allo Stato della vigilanza prudenziale e sul carattere vincolante del
parere (oltre agli artt. 33 e 150-bis T.U.B.), non  trova  fondamento
nello Statuto speciale (art. 3, lett. b) e nelle norme di  attuazione
dello Statuto speciale della Valle d'Aosta, approvate  con  legge  16
maggio 1978,  n.  196  (il  cui  art.  25  parla  di  «rappresentante
designato dalla Regione»), mentre ogni contraria disposizione,  anche
di legge regionale valdostana (artt. 7 e 11 l.r. n. 21/80), non  puo'
«giustificare la  sopravvivenza  di  competenze  (provinciali)  quali
quelle in esame, una volta che le stesse vengano  a  contrastare  con
discipline adottate in sede comunitaria,  nonche'  con  il  riassetto
organico dell'intera materia operata, in attuazione  della  normativa
comunitaria, nell'ambito del  diritto  interno»  (sent.  n.  224/1994
cit., punto 5) e, occorrendo, si vorra' sollevare anche d'ufficio  la
questione della loro legittimita' costituzionale. 
    Conseguentemente, la delibera  contrasta  con  l'attuale  assetto
costituzionale  e  in  particolare,  con  il  T.U.B.  di  derivazione
comunitaria e lo statuto speciale della Valle  d'Aosta  (L.  Cost.  6
febbraio 1948, n. 4, art. 3, lett. b) e relative norme di  attuazione
(legge n. 196/1978), che non prevedono una attribuzione di  vigilanza
bancaria prudenziale alla Regione sulle  modifiche  statutarie  delle
banche di credito cooperativo regionale in spregio  al  parere  della
Banca d'Italia, nonche' con gli artt. 11 e 117 primo comma Cost. (sui
vincoli dell'ordinamento comunitario); 41 terzo comma (sui  controlli
all'iniziativa economica privata); 47 primo comma (sulla  tutela  del
risparmio e il controllo dell'esercizio del credito); 97 primo  comma
(sul buon andamento ed efficienza della P.A.);  117,  secondo  comma,
lett. e) (moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari) e  terzo
comma (sui principi fondamentali  in  materia  di  ordinamento  delle
aziende di credito a carattere regionale); 118 (sulla spettanza  allo
Stato  delle  funzioni  amministrative  per  assicurarne  l'esercizio
unitario); nonche' con la L. cost. n. 3/2001, art. 10 e la  legge  n.
131/2005, artt. 1 e 11 e il d.lgs. n. 171/2006), spettando - ai sensi
del  T.U.B.  (artt.  10  e  159)  e   della   normativa   comunitaria
(89/646/CEE) - la vigilanza prudenziale  sugli  istituti  di  credito
anche regionali allo Stato ed dovendo questa essere  esercitata,  con
le modalita' previste dalla legge statale, dalla Banca d'Italia. 
    In mancanza, pertanto o contro il parere della Banca d'Italia, la
Regione non ha il potere di autorizzare una modifica dello Statuto di
una banca di credito cooperativo e la delibera cosi' adottata integra
una  invasione  indebita  nelle  attribuzioni   statuali,   spettanti
all'Autorita' di Vigilanza, oltre che un atto del tutto illegittimo. 
    Si impone pertanto l'annullamento  della  delibera  della  Giunta
Regionale  della  Valle  d'Aosta  n.  584  del  23   marzo   2012   e
l'affermazione che il potere di autorizzare le  modifiche  statutarie
della Banca di credito cooperativo Valdostana non spetta alla Regione
Autonoma Valle d'Aosta in contrasto o in assenza  del  previo  parere
della Banca d'Italia sul progetto di modifica.