IL TRIBUNALE DI BERGAMO 
 
    Il Giudice dell'udienza preliminare, dott.ssa Patrizia Ingrasci',
esaminati gli atti del procedimento penale  a  margine  indicato  nei
confronti di Silvio Berlusconi, nato a Milano il 29 settembre 1936; 
    Letta la deliberazione della Camera dei deputati  adottata  nella
seduta del 22 settembre 2010; 
    Uditi alle udienze del 28 settembre e del  23  novembre  2010  il
Pubblico Ministero, che ha chiesto che fosse sollevato  dinanzi  alla
Corte costituzionale colano di attribuzione avverso la  deliberazione
sopra menzionata,  e  la  difesa  che  ha  richiesto  l'emissione  di
sentenza ex art. 129 c.p.p. ritenendo  applicabile  l'art.  68  primo
comma della Costituzione; 
 
                               Osserva 
 
    Il presente  procedimento  trae  origine  dalla  denuncia/querela
presentata da Antonio Di Pietro ai Carabinieri di Curno  in  data  21
agosto  2008  a  carico  di  Silvio  Berlusconi  per  il   reato   di
diffamazione in relazione alle dichiarazioni rese sul  suo  conto  da
quest'ultimo nella trasmissione televisiva Porta a Porta condotta dal
giornalista Bruno Vespa, andata in onda su RAI UNO il 10 aprile 2008,
al termine della campagna elettorale che  ha  preceduto  le  elezioni
politiche svoltesi il 13 e il 14 aprile di quello stesso anno. 
    L'argomento introdotto da Vespa riguardava l'offerta  ad  Antonio
Di Pietro del Ministero dell'interno nel primo governo Berlusconi del
1994, oggetto di interesse giornalistico in quel periodo.  Berlusconi
replicava immediatamente asserendo che si trattava di una menzogna di
Di Pietro; aggiungeva inoltre che la laurea  di  Di  Pietro  non  era
valida per una serie di ragioni  che  venivano  esplicitate,  che  il
titolo era stato  appositamente  richiesto  dai  Servizi  ai  docenti
universitari,  e  che  come  Pubblico  Ministero  Di   Pietro   aveva
«scaraventato in galera» diverse persone rovinandogli la vita. 
    A questo punto Vespa diceva all'ospite che si sarebbe assunto  la
responsabilita' di cio' che aveva detto  e  gli  ricordava  che  «gli
ordini di cattura  li  firmavano  i  GIP».  L'intervistato  replicava
asserendo  l'assoluta  necessita'  di  una  riforma  dell'ordinamento
giudiziario addivenendo alla separazione delle carriere  dei  Giudici
da quelle dei  Pubblici  Ministeri,  affinche'  non  ci  fosse  alcun
condizionamento dei primi da parte dei secondi. 
    Il 21 giugno 2008 Di  Pietro  querelava  Berlusconi  considerando
diffamatorie per la sua persona e  per  la  sua  professionalita'  le
asserzioni dell'avversario politico riguardanti la sua  laurea  e  la
sua attivita' di Pubblico  Ministero,  in  quanto  assolutamente  non
veritiere. 
    Concluse le indagini preliminari, il Pubblico Ministero  chiedeva
in data 15 dicembre 2008 il rinvio a giudizio  di  Silvio  Berlusconi
ravvisando il reato di cui agli artt. 595 c.p.,  13  della  legge  n.
47/48 e 30 c. 4 della legge n. 223/90, nelle seguenti affermazioni: 
        Di Pietro e' un altro emerito bugiardo.  Tenga  presente  che
non ha nemmeno una laurea valida ... 
        Mi rivolgo qui al  Ministro  dell'istruzione  in  carica  per
vedere  se  puo',  se  puo'   sottoporre   a   custodia   sicura   le
documentazioni che esistono presso l'Universita', circa la laurea del
signor Di Pietro. Mi rivolgo al Ministro della giustizia  per  vedere
che possa fare la stessa cosa, per sottoporre a custodia i  documenti
con cui il signor Di Pietro si e'  rivolto  alla  Magistratura  e  ha
fatto due o tre concorsi per la Magistratura. Non ha  mai  presentato
il diploma originale di laurea. Ha sempre presentato dei certificati,
che tra l'altro sono diversi uno dall'altro, sia per il  voto  di  un
esame, sia per quanto riguarda la data di un esame ... 
        Quindi la sua e' una cosiddetta laurea  dei  servizi,  che  i
servizi hanno chiesto ai professori dell'universita' di  cui  nessuno
si ricorda di Di Pietro ... Quindi il signor Di Pietro non e' solo un
uomo che mi fa orrore perche' non rispetta gli  altri  e  perche'  ha
scaraventato in galera, rovinando delle vite degli  altri  cittadini,
e' un assoluto bugiardo ... 
    All'udienza del 18 novembre 2009 questo giudice, ritenuto di  non
accogliere l'eccezione della difesa sull'applicabilita' dell'art. 68,
primo comma della Costituzione  in  considerazione  della  carica  di
deputato ricoperta da Berlusconi al momento del fatto,  disponeva  la
trasmissione degli atti  alla  Camera  dei  deputati  per  quanto  di
competenza ai sensi dell'art. 3 della legge n. 140 del 2003. 
    Con  comunicazione  pervenuta  in  data  29  settembre  2010   il
Presidente della Camera  dei  deputati  informava  il  Presidente  di
questo Tribunale che l'Assemblea, nella seduta del 22 settembre 2010,
aveva ritenuto che i fatti per i quali pende il presente procedimento
penale concernono opinioni  espresse  da  un  membro  del  Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68 co. 1  Cost.
Alla comunicazione era allegata la  relazione  della  Giunta  per  le
autorizzazioni a procedere  (Doc.  IV-ter  nn.  8/A,  13/A  e  17/A),
nonche' il resoconto stenografico della seduta dell'assemblea. 
    Il relatore Luca Rodolfo Paolini cosi' si era espresso  in  aula:
va detto che fra  i  due  il  battibecco,  sempre  virtuale,  perche'
l'onorevole Di Pietro non era presente in studio, era  cominciato  da
tanti anni, da quando, in particolare, allora P.M. di Mani Pulite, il
deputato Di  Pietro  ebbe  a  pronunciare,  riferendosi  al  deputato
Berlusconi, la seguente frase. - «vado io in dibattimento ...  quello
lo sfascio» ...  Questo  promemoria  serve  per  ricordare  il  clima
certamente conflittuale tra i due, che colloca l'episodio  in  quello
che e' ormai un confronto  politico,  anche  parlamentare.  Va  anche
detto che il deputato Di Pietro ha  fatto  dell'antiberlusconismo  la
propria ragione sociale ... ad avviso del relatore,  ma  anche  della
Giunta medesima, l'episodio si  colloca  in  una  normale  dialettica
politica tra soggetti  che  concorrono  all'esito  elettorale,  anche
mediante queste dichiarazioni. Pertanto,  si  ritiene,  sotto  questo
profilo, pienamente sussistente l'insindacabilita' ex art.  68  della
Costituzione, alla luce anche dell'interpretazione che  deriva  dalla
lettura  dell'art.  3  della  legge  20  giugno  2003,  n.  140,  che
esplicitamente include i dibattiti, i  comizi  e  i  confronti  anche
televisivi tra quelle situazioni per le quali opera l'immunita' ...». 
    L'assemblea, quindi, aveva accolto la proposta della  Giunta  per
le autorizzazioni a procedere deliberando che  i  fatti  oggetto  del
presente procedimento  penale  concernono  opinioni  espresse  da  un
membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni. 
    Premesso  quanto  sopra,  ad  avviso   di   questo   Giudice   la
deliberazione adottata dalla Camera dei deputati eccede la  sfera  di
attribuzioni stabilita per il potere legislativo dagli artt. 55 e ss.
Cost., correlativamente cagionando la compressione della sfera  delle
attribuzioni della magistratura, regolata dagli artt. 102 e ss. Cost. 
    La ormai consolidata giurisprudenza  costituzionale  ritiene  che
l'insindacabilita' prevista dal primo comma dell'art. 68 Cost.  copra
anche le opinioni espresse extra moenia dai membri delle Camere  solo
quando le stesse costituiscano  riproduzione  sostanziale,  ancorche'
non letterale, di atti tipici nei quali si  estrinsecano  le  diverse
funzioni parlamentari, ovvero siano sostanzialmente  riproduttive  di
un'opinione espressa in sede parlamentare,  con  la  conseguenza  che
deve esistere un nesso funzionale tra queste ultime  e  le  eventuali
loro proiezioni esterne. A tal fine occorre il concorso di un duplice
requisito: una sostanziale corrispondenza di significato tra opinioni
espresse nell'esercizio di funzioni parlamentari e atti esterni, e un
legame temporale fra l'attivita' parlamentare e  l'attivita'  esterna
in modo che questa riveli una finalita' divulgativa della  prima.  La
Corte ha altresi' precisato che «il mero contesto politico o comunque
l'inerenza a temi di rilievo generale dibattuti in Parlamento,  entro
cui le  dichiarazioni  oggetto  del  presente  conflitto  si  possono
collocare, non connota di per se' tali dichiarazioni quali espressive
della funzione parlamentare. Infatti, ove esse non  costituiscano  la
sostanziale riproduzione delle specifiche  opinioni  manifestate  dal
parlamentare nell'esercizio delle proprie attribuzioni e  quindi  non
siano il riflesso del peculiare contributo  che  ciascun  deputato  o
ciascun senatore apporta alla vita parlamentare mediante  le  proprie
opinioni e i  propri  voti  (come  tale  coperto,  a  garanzia  delle
prerogative delle Camere, dall'insindacabilita'), esse devono  essere
considerate  come  un  diverso  contributo  al  dibattito   politico,
riferito   alla   pubblica   opinione   usufruendo    della    libera
manifestazione del pensiero assicurata a  tutti  dall'art.  21  della
Costituzione (si vedano le sentenze n. 134, 171 e 330  del  2008,  n.
302 del 2007 e nn. 260 e 416 del 2006). 
    Nel caso di specie non si ravvisa un collegamento funzionale  tra
l'attivita' di parlamentare dell'allora deputato Silvio Berlusconi  e
le frasi contestate come diffamatorie per le ragioni che seguono. 
    Va innanzitutto evidenziato che le espressioni su  cui  si  fonda
l'imputazione  non  possono  essere  considerate  manifestazione   di
un'opinione,  per  di  piu'  di  carattere  politico  o  di   rilievo
parlamentare,  in  quanto  hanno  ad  oggetto  fatti  riguardanti  la
professione di magistrato svolta da Di Pietro prima di  intraprendere
la carriera politica, da quest'ultimo ritenuti falsi e quindi  lesivi
della sua reputazione. L'imputato ha affermato infatti che la  laurea
di Di Pietro non sarebbe valida, riportando a sostegno della  propria
asserzione la circostanza che non avrebbe presentato  il  diploma  di
laurea per partecipare al concorso per uditore giudiziario,  ma  solo
dei certificati contenenti indicazioni contrastanti su  voti  e  date
d'esame, e che avrebbe conseguito il titolo in  tempi  eccessivamente
brevi, tenuto conto degli impegni di lavoro e familiari del tempo. Da
cio' ha desunto che si sarebbe trattato di una «cosiddetta laurea dei
servizi», cioe' che i servizi segreti avrebbero richiesto ai  docenti
universitari. Inoltre ha affermato che Di Pietro nella sua  attivita'
di Pubblico Ministero presso la Procura della  Repubblica  di  Milano
che  svolgeva   le   indagini   denominate   Mani   Pulite,   avrebbe
«scaraventato in galera»  -  quindi  ingiustamente  -  dei  cittadini
rovinando loro la vita. 
    Poiche' le affermazioni rese  da  Berlusconi  nella  trasmissione
televisiva Porta a Porta vertono su fatti concreti, e'  evidente  che
non  puo'  operare  la  prerogativa  di   insindacabilita'   prevista
dall'art. 68, primo comma della Cost. limitatamente alle  opinioni  e
ai voti espressi nell'esercizio delle funzioni di parlamentare. 
    Nella relazione della Giunta per le autorizzazioni  si  evidenzia
che l'intervento televisivo di Berlusconi aveva valenza  politica  in
quanto le affermazioni sulla vicenda universitaria  e  sull'attivita'
giudiziaria  di  Di  Pietro  rappresentavano  il  punto  di  partenza
dell'argomento sviluppato  successivamente  della  separazione  delle
carriere tra giudici e pubblici ministeri, tema  questo  oggetto  del
programma elettorale della formazione guidata dal deputato Berlusconi
e piu' volte oggetto di  interventi  nella  sua  pregressa  attivita'
politico-parlamentare. 
    Ritiene chi scrive che, pur  considerando  le  asserzioni  su  Di
Pietro in correlazione con l'argomento successivo  della  separazione
delle carriere in magistratura, le stesse non possano  in  ogni  caso
trovare tutela nell'invocato art.  68  della  Cost.  che,  come  gia'
rilevato, garantisce l'insindacabilita' delle sole opinioni. 
    Inoltre, benche' la separazione  delle  carriere  fosse  un  tema
politico dibattuto,l'intervento di Berlusconi non  risulta  correlato
ad iniziative  parlamentari  tipiche  recenti,  ne'  riproduttivo  di
opinioni espresse sempre di recente in sede parlamentare,in  modo  da
manifestare una finalita' divulgativa delle esternazioni rispetto  ad
uno specifico intervento parlamentare. 
    Del tutto inconferenti  risultano  infine  i  richiami  contenuti
nella icIazione della Giunta per le autorizzazioni,  e  quelli  fatti
dal relatore on. Paolini nell'assemblea, alla situazione di conflitto
e di contrapposizione politica esistente  tra  le  parti  da  diversi
anni,  ed  acuita  dalle  imminenti  elezioni  politiche,  in  quanto
chiaramente non inerente all'attivita' parlamentare. 
    Alla stregua delle considerazioni che precedono, appare  evidente
lo sconfinamento  dell'assemblea  dalla  sfera  dell'insindacabilita'
delle dichiamzioni all'ambito della valutazione della fondatezza  nel
merito dell'accusa, che non spetta alla Camera  dei  deputati  bensi'
alla Magistratura ordinaria ai sensi degli artt. 102 e ss. Cost. 
    La  delibera  di  insindacabilita'  adottata  dalla  Camera   dei
deputati nel corso della seduta del 22 settembre 2010 appare pertanto
lesiva delle attribuzioni di questo organo giurisdizionale, in quanto
frutto di un arbitrario esercizio del potere attribuito al Parlamento
dall'art. 68 Cost. Di conseguenza deve sollevarsi, a norma  dell'art.
37  della  legge  n.  87/1953,  conflitto  di   attribuzione,   volto
all'annullamento della delibera in questione.