IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 3165 del 2011, proposto da: Andrea De Filippo, rappresentato e difeso dall'avv. Pasquale Marotta, con domicilio in Napoli, presso la Segreteria T.A.R.; Contro Regione Campania in Persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Chianese, con domicilio eletto presso l'Avvocatura Regionale in Napoli, via S. Lucia, n. 81; Commissario Straordinario dell'I.A.C.P. Istituto Autonomo Case Popolari di Caserta, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Gentile, con domicilio eletto presso Andrea Abbamonte in Napoli, via Melisurgo, n. 4; Nei confronti di Vincenzo Melone, rappresentato e difeso dall'avv. Lorenzo Capasso, con domicilio eletto presso Benito Aleni in Napoli, corso Vittorio Emanuele, 115; Per l'annullamento della nota prot. n. US 2132/Pres. dell'8 aprile 2011, a firma del sig. Reccia, Presidente uscente dell'IACP della provincia di Caserta, emessa in attuazione della L.R. n. 16/2010; Del Decreto del Presidente della G.R. n. 94 del 27 aprile 2011 avente ad oggetto la nomina del Commissario Straordinario dell'I.A.C.P. di Caserta; e di ogni altro atto connesso e conseguente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e del Commissario Straordinario dell'I.A.C.P. Istituto Autonomo Case Popolari di Caserta e di Vincenzo Melone; Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2011 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Giova premettere in punto di fatto quanto segue: l'ex Presidente della Provincia di Caserta, con decreto n. 64 del 24/9/2008, designava i rappresentanti della Provincia di Caserta in seno al Consiglio di amministrazione dell'Istituto autonomo case popolari e tra questi il ricorrente; a seguito delle dimissioni del Presidente della Provincia di Caserta, tali nomine venivano confermate del Commissario straordinario dell'Ente; sennonche' la Regione non provvedeva al completamento dell'iter secondo quanto previsto dall'art. 6 della legge n. 865 del 1971; solo a seguito della sentenza n. 1193 del 2010 resa dalla I^ Sezione di questo Tribunale amministrativo regionale, di accoglimento del ricorso sul silenzio-inadempimento e di condanna della Regione a concludere il procedimento di nomina del Presidente e dei componenti del Consiglio di amministrazione dell'IACP di Caserta, con decreto del Presidente della Regione n. 49 del 12 marzo 2010 il ricorrente era nominato componente del C.d.a.suddetto; successivamente e' intervenuta a legge regionale n. 16 elel 7 dicembre 2010 il cui art. 19 comma 4 , dispone lo scioglimento con effetto immediato dei consigli di amministrazione di tutti gli Istituti per le case popolari della Campania e la nomina di commissari per ciascuno di essi. in attuazione di tale disposizione il Presidente della Regione Campania, preso atto dello scioglimento del c.d.a. dell'IACP di Caserta, ha nominato un commissario straordinario con il decreto 27 aprile 2011 n. 94, oggetto di impugnativa nel presente giudizio. Il summenzionato comma 4 dell'art. 19 l.r. n.16 del 2010 appare costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 3, 97 ,98 e 24 della Costituzione. Si osserva in punto di rilevanza che: l'atto amministrativo di nomina del commissario straordinario si basa sulla disposizione di legge censurata, onde la delibazione, anche in sede cautelare, non puo' prescindere dall'applicazione del testo normativo sospetto di incostituzionalita'; l'evocato procedimento di revoca in autotutela del decreto del Presidente della Regione n. 49 del 12 marzo 2010 si e' concluso con l'archiviazione dello stesso ad opera del d.P.G.R. n. 119 del 6 giugno 2011, onde l'eccezione di carenza di interesse alla decisione non e' meritevole di positivo apprezzamento; il ricorso incidentale non sembra, ad un primo esame, dirimente, poiche' la disposizione evocata di cui all'art. 6, comma 8, della legge regionale n. 865 del 1971 - che collega la durata in carica dei consigliere degli I.a.c.p. nominati dalla Provincia a quello degli organi che li hanno eletti - non puo' trovare applicazione nella specie, tenuto conto che la nomina e' avvenuta, per effetto della su citata sentenza di questo Tribunale, nel marzo 2010, quando il consiglio provinciale proponente era gia' stato sciolto con d. P.R. 15 aprile 2009 pubblicato in G.U. n. 100 del 2 maggio 2009 e la relativa designazione era stata confermata dal commissario straordinario della disciolta Provincia. Ritenuto in punto di non manifesta infondatezza,che la normativa regionale censurata si pone in palese contrasto con i principi enunciati dalla Corte Costituzionale in materia di spoils system. Vale precisare che l'univoco tenore letterale della disposizione scrutinata rende impossibile accedere ad un'interpretazione costituzionalmente compatibile atteso che l'effetto di scioglimento dei c.d.a degli I.a.c.p. e' previsto direttamente dalla norma regionale, che testualmente dispone: «A seguito della situazione gestionale relativa agli Istituti autonomi case popolari (IACP) della Campania, e' disposto lo scioglimento, con effetto immediato, dei consigli di amministrazione. Il Presidente della Giunta regionale, con proprio provvedimento, nomina per ciascuno degli IACP della regione Campania, un commissario straordinario il quale si avvale di piu' subcommissari. I commissari restano in carica per un periodo massimo di diciotto mesi a decorrere dalla data di nomina». Al riguardo, la Corte costituzionale (sent. 16 giugno 2006, n. 233), ha rilevato che per gli incarichi dirigenziali non "apicali" ed in considerazione delle leggi di riforma della p.a. - che hanno disegnato un nuovo modulo d'azione che misura il rispetto del canone dell'efficienza alla luce dei risultati che il dirigente deve perseguire, nel rispetto degli indirizzi posti dal vertice politico -contrastano con gli artt. 97 e 98 della Costituzione meccanismi di cessazione automatica e generalizzata degli incarichi dirigenziali, in quanto la revoca delle funzioni legittimamente conferite ai dirigenti puo' essere conseguenza soltanto di un'accertata responsabilita', all'esito di un momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti, nell'ambito del quale, da un lato, l'amministrazione esterni le ragioni per le quali ritiene. di non consentire la prosecuzione sino alla scadenza contrattualmente prevista e, dall'altro, sia assicurata al dirigente la possibilita' di far valere il diritto di difesa, nel rispetto dei principi del giusto procedimento (Corte costituzionale 23 marzo 2007 nn. 103 e 104) e del legittimo affidamento ai sensi dell'art. 3 della Carta (Corte costituzionale 5 febbraio 2010 n. 34). La portata del principio e' stata poi ulteriormente rafforzata da un successivo intervento del giudice costituzionale, secondo cui la necessita' di porre limiti e garanzie al potere dell'amministrazione di risolvere il rapporto di natura dirigenziale non va circoscritta all'interesse del soggetto da rimuovere, ma si pone anche e soprattutto a presidio di piu' generali interessi collettivi, trovandosi al cospetto di una violazione dei principi di buon andamento e imparzialita' di cui all'art. 97 della Costituzione, pregiudizio non rimovibile nemmeno mediante la previsione di un ristoro economico da riconoscersi al titolare dell'incarico (Corte costituzionale 24 ottobre 2008 n. 351). Di recente, e' stato dalla Corte ribadito anche che il principio e' posto anche a tutela di esigenze di continuita' dell'azione amministrativa e che i limiti e le garanzie che si esigono riguardano anche incarichi conferiti a persone estranee all'amministrazione conferente (Corte costituzionale 5 marzo 2010 n. 81 e Corte costituzionale 11 aprile 2011, n. 124). Vale per completezza soggiungere che, nonostante nella specie non si sia in presenza di un meccanismo di spoils system dirigenziale in senso stretto, poiche' non vi e' (solo) un avvicendamento dei titolari della carica apicale ma il commissariamento dell'ente, l'effetto perseguito e ottenuto dal legislatore regionale, anche se mediato, e' assolutamente equivalente, onde risultano perfettamente pertinenti ed attinenti i principi espressi dalla Corte costituzionale ed in questa sede sinteticamente richiamati. Non va trascurato che nel medesimo arco di tempo il Consiglio regionale, modificando l'art. 1, comma 72 della legge regionale 21 gennaio 2010 n. 2 (secondo cui i componenti del Co.Re.Com. sarebbero durati in carica per , cinque anni dalla loro elezione), ha emanato la legge regionale 20 luglio 2010 n. 7 che, all'art. 1, quarto comma, stabilisce che le parole "cinque anni dalla loro elezione" sono sostituite dalla locuzione "l'intera legislatura". La stessa legge, all'art. 1, sesto comma, stabilisce altresi' che "a partire dalla nona legislatura tutte le nomine, le proposte o le designazioni a pubblici incarichi di competenza del Consiglio regionale ai sensi della legge regionale n.17/1996 decadono decorsi novanta giorni dalla data di proclamazione degli eletti. Il Presidente del Consiglio regionale provvede obbligatoriamente, per tempo, agli adempimenti per garantire continuita' amministrativa attraverso la predisposizione dei relativi avvisi". La contestualita' degli interventi legislativi, entrambi orientati a caducare le nomine effettuate dalla Amministrazione precedente (cfr. Tar Campania, Napoli, I, sent. n. 1804 del 2011), avvalora l'idea di un unico complessivo disegno volto a realizzare, sia pure con forme e procedure eterogenee, il medesimo obiettivo di sostituire tout court coloro che avevano ricevuto un incarico onorario sotto la precedente consiliatura. Ed invero, per un corretto approccio ai denunciati profili di incostituzionalita', deve specificarsi che il conferimento delle funzioni di consigliere di amministratore (e di commissario straordinario) non da' luogo alla costituzione di un rapporto che possa essere omologato a quello di pubblico impiego, segnatamente di tipo dirigenziale, con applicazione di tutte le previsioni e guarentigie peculiari a detta posizione di status. Si versa a fronte di un incarico che va, invece, qualificato come onorario. Con esso e' conferito un `munus' straordinario che comprende specifici poteri gestori per il fine di interesse pubblico inerente alla conservazione del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attivita' di competenza. Su questa base, il conferimento dell'incarico implica una scelta ampiamente discrezionale da parte dell'Autorita' a cio' competente - salvo i limiti di legge e di regolamento sui requisiti di professionalita' e di onorabilita' di, volta in volta in volta stabiliti - e non soggiace alla regola del concorso, che e' peculiare alla costituzione impersonale e non `intuitu personae' del rapporto di pubblico impiego. Orbene, anche se nel caso in esame la decadenza non opera ad personam, tuttavia lo scioglimento dell'organo e l'intervento commissariale in base al solo dato obiettivo del mutamento degli organi politici di vertice rappresenta una misura latamente sanzionatoria slegata da qualsiasi valutazione dell' attivita' svolta dai singoli consigli di amministrazione e da un'organica revisione del numero complessivo dei funzionari adibiti a detti compiti. Pertanto, anche se puo' ventilarsi la tesi di una operazione finalizzata all' abbattimento degli oneri di spesa per i compensi professionali, l' intervento del legislatore non si indirizza verso un complessivo riassetto organizzativo degli I.AC.P., ma per il tramite del commissariamento realizza sia pure in via mediata una automatica incisione sugli incarichi conferiti dalla compagine politica precedente, tant'e' che la norma prevede che i commissari si avvalgono di sub commissari ( senza dunque una reale economia di spesa ) e che essi durino in carica per il periodo necessario alla nomina dei nuovi consigli di amministrazione. Pertanto anche laddove non si ritenesse una perfetta identita' di fattispecie con le ipotesi di spoils system gia' caducate dalla Corte costituzionale con le pronunzie citate, non e' seriamente discutibile l'identita' di ratio sottesa alla disposizione scrutinata, di modo che i principi in quella sede espressi possono trovare piana applicazione. In ogni caso non puo' sottacersi un ulteriore profilo di illegittimita' della norma, derivante dalla natura evidentemente provvedimentale del precetto normativo. Al riguardo, va ricordato che non e' preclusa alla legge ordinaria, e neppure alla legge regionale, la possibilita' di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidari all'autorita' amministrativa, non sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto. Tuttavia, come ribadito da un orientamento consolidato della Corte costituzionale (cfr., fra le altre, sentenze n. 94 e 137 del 2009 e n. 267 del 2007), queste leggi sono ammissibili entro limiti non solo specifici, qual e' quello del rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione di giudizi in corso, ma anche generali, e cioe' quello del rispetto del principio di ragionevolezza e non arbitrarieta' (sentenze n. 143 del 1989 n. 346 del 1991 e n. 492 del 1995). In questa prospettiva, la norma-provvedimento impugnata sembra in palese contrasto con gli artt. 3, 97 e 24 Cost., nella misura in cui si limita ad menzionare una generica e generalizzata "situazione gestionale relativa agli Istituti Autonomi Case Popolari" quale supporto motivazionale a sostegno del commissariamento, con conseguente mancata osservanza dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza nel suo significato di parita' di trattamento, di efficienza e continuita' dell'azione amministrativa, di contraddittorio e responsabilita' del funzionario pubblico e di elusione del diritto di tutela giurisdizionale, menomata dalla natura legislativa della strumento utilizzato. Sulla base delle suesposte considerazioni gli atti del giudizio devono essere rimessi alla Corte costituzionale e il giudizio sospeso. Riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione dell'incidente di costituzionalita'.