IL TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE Ha pronunciato la presente ordinanza nella causa di legittimita' in sede di giurisdizione diretta, iscritta nel ruolo generale al n. 14/2011. Visto il ricorso, proposto da: Elliot Edwina, rappresentata e difesa dagli avv.ti Arthur Frei e Federica Scafarelli ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in via Giosue' Borsi, 4, Roma, ricorrente; Contro la Provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Renate von Guggenberg, Stephan Beikircher, Cristina Bernardi, Laura Fadanelli e Michele Costa ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in via Bassano del Grappa, 24, Roma, resistente. Oggetto del giudizio: annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della comunicazione dell'Assessorato all'urbanistica del 06 agosto 2010, concernente la ritenuta inammissibilita' dell'istanza 20 ottobre 2009 d'idroderivazione dal rio Racines GD/8527; dell'ivi menzionata nota dell'Ufficio elettrificazione del 03 marzo 2010 prot. 74.05.02/129152, recante invito a produrre il titolo attestante la disponibilita' delle aree; infine, di tutti gli atti preparatori, presupposti, consequenziali e connessi, pur se ignoti; il tutto, previa - occorrendo - questione di costituzionalita'. Visti gli atti e documenti depositati con il ricorso. Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia intimata. Viste le conclusioni assunte dalle parti costituite che, all'udienza del 23 marzo 2011, hanno rispettivamente concluso come in atti (quella ricorrente, per la sospensione dell'efficacia e l'annullamento degli atti gravati; quella resistente, per il rigetto di ogni domanda cautelare e di ogni istanza incidentale d'incostituzionalita', nonche' del ricorso, in quanto irricevibile, inammissibile, nullo ed infondato). Relatore, all'udienza dell'8 febbraio 2012, il Consigliere di Stato Aldo Scola ed uditi, altresi', per le parti, gli avv.ti Federica Scafarelli e Michele Costa. Considerato quanto segue in fatto ed in diritto: Fatto A) Con apposito ricorso a questo T.s.a.p., l'attuale ricorrente impugnava gli atti di cui in epigrafe (in quanto espressione della novella 22 gennaio 2010 n. 2 - in vigore dal 27 gennaio 2010 ed il cui art. 11 prevederebbe un regime transitorio di salvaguardia di cinque mesi e, dunque, fino al 27 giugno 2010 - alla legge provinciale di Bolzano n. 7/2005, ritenuta ostativa all'esame delle domande prive del titolo comprovante la disponibilita' dell'area destinata agli impianti, nel caso di piccole idroderivazioni idroelettriche, inferiori a kw. 3.000, ex art. 6, r.d. n. 1775/1933), ritenuti contrastanti con la disciplina comunitaria (liberalizzante da oltre dieci anni il mercato comune dell'energia elettrica da fonti rinnovabili) e con i principi costituzionali italiani (trattandosi di legislazione concorrente). B) Deduceva l'incostituzionalita' di tale normativa (dovuta a contrasto con gli artt. 3, 41 e 117, conuna 3, Cost.; con gli artt. 9, punto 9, 4 e 5, d.P.R. n. 670/1972, recante lo statuto speciale del Trentino-Alto Adige; con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001; con l'art. 12, commi 1, 3 e 4, d.lgs. n. 387/2003, della legge provinciale n. 7/2005, come modif. legge prov. n. 2/2010, in vigore dal 27 gennaio 2010); violazione della direttiva 96/92/C.e.; della direttiva 2001/77/C.e.; della direttiva 2003/54/C.e.; della direttiva 2009/28/C.e.; della direttiva 2009/72/C.e.; dell'art. 288, trattato U.e. (quanto alla trasposizione delle direttive nei rispettivi ordinamenti interni dei singoli Stati membri); delle nonne internazionali anticoncorrenziali; infine, correlativa carenza di potere nell'emanare gli atti di cui in epigrafe. C) La Provincia di Bolzano si costituiva in giudizio ed eccepiva la tardivita' del ricorso (ritenuto ritualmente notificabile non oltre il 15 novembre 2010); la sua nullita' per mancata indicazione dei codici fiscali, degli indirizzi di posta elettronica e dei numeri di fax dei difensori dell'impresa ricorrente; infine, nel merito, il condivisibile intento acceleratorio della censurata normativa provinciale, soddisfatta dall'acquisito assenso dei proprietari delle aree interessate (trattandosi di piccole derivazioni per uso irriguo ed abbeverativo, secondo le esigenze di agricoltori ed allevatori). All'esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo l'abbandono di un'istanza cautelare ed il deposito di rispettive comparse riepilogative e conclusionali da parte ricorrente e resistente. Diritto I) Nel caso in cui le parti prospettino una questione di legittimita' costituzionale, il giudice deve sommariamente valutarne la rilevanza, ai fini del giudizio in corso, e la non manifesta infondatezza. Preliminarmente, va considerato che, nella fattispecie, non rilevano i richiamati principi costituzionali attinenti alla proprieta' privata, attesa l'esigenza di tutela dell'interesse pubblico applicabile alla disciplina in esame. Per gli stessi motivi, non possono ritenersi fondati i richiami all'art. 117, lett. l), Cost. Vanno, invece, esaminati i profili di contrasto delle norme di cui agli artt. 10 ed 11, legge prov. Bolzano n. 2 /10, e dell'art. 24, correlata legge prov. Bolzano n.15/2011, con principi e nonne comunitari, ossia, con gli artt. 34, 49 e 56 del Trattato, con la direttiva n. 2003/54/C.e. e con la direttiva n. 2001 /77/C.e. Nella fattispecie, non viene dedotto un puntuale contrasto tra una norma interna ed un altrettanto puntuale precetto comunitario incompatibile con essa, bensi' un contrasto della norma interna con principi generali dell'ordinamento comunitario. Di fronte a tale asserita non conformita', il giudice nazionale, pur avendo il dovere di escogitare un'interpretazione conforme ai principi comunitari, ove dubiti che la norma interna contrasti con il diritto comunitario, deve sollevare questione di legittimita' costituzionale perche', in tal caso, non si tratta di non applicare la norma italiana per applicare al suo posto una norma comunitaria incompatibile ma di "disapplicare" la norma interna per la sua non conformita' con un principio dell'ordinamento comunitario, la cui diretta efficacia va rimessa al giudizio della Corte costituzionale perche', diversamente, si ammetterebbe, da parte del giudicante, una sorta di controllo "diffuso" di "compatibilita' comunitaria". Cio' posto, va rilevato che, a giudizio del rimettente, le richiamate norme provinciali, violano i principi dell'ordinamento comunitario, in relazione alle disposizioni del Trattato in materia di liberta' di stabilimento ed alle citate direttive comunitarie di non discriminazione e di tutela della produzione dell'energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili, in quanto rendono eccessivamente oneroso il raggiungimento di tali finalita', attraverso prescrizioni che costituiscono grave ostacolo alla libera concorrenza. Da cio', la possibile incostituzionalita' delle stesse. II) Le leggi provinciali si pongono, inoltre, in piu' specifico contrasto con la normativa comunitaria e nazionale, anche sotto un diverso profilo. Il d.lgs. n. 387/2003, emanato in attuazione della direttiva 2001/77/C.e. e che ha, fra l'altro, la finalita' di "promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di elettricita' nel relativo mercato italiano e comunitario" (art. 1, lett. a)), da attuare attraverso le "disposizioni del presente decreto" (art. 3), all'art. 12, comma 1, stabilisce che "Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonche' le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilita' ed indifferibili ed urgenti" e le stesse, secondo le procedure di cui al successivo comma 3, costituiscono variante allo strumento urbanistico. Nessun'altra disposizione del cit. d.lgs., in rapporto alla realizzazione d'impianti da fonti rinnovabili, pone differenziazioni tra impianti superiori o inferiori a 3 MW, mentre il successivo comma 4-bis dispone che sia provata la "disponibilita' del suolo su cui realizzare l'impianto" soltanto "per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa o per impianti fotovoltaici", limitando cosi', in modo espresso, la previsione di tale disponibilita' soltanto ai due richiamati tipi di impianti energetici. Pertanto, non appare sussistere, sotto il profilo dell'interesse pubblico, alcuna differenza tra centrali superiori o inferiori a 3 MW, tale da giustificare una diversa regolamentazione, in ordine alla disponibilita' dei terreni ed alla dichiarazione di pubblica utilita'. La disciplina provinciale risulta, pertanto, caratterizzata da manifesta irragionevolezza, perche' disincentiva la produzione di energia elettrica, ponendo ostacoli alla realizzazione d'impianti idroelettrici non previsti dalla norme di attuazione della normativa comunitaria, con conseguenti dubbi di costituzionalita' delle citate leggi provinciali, anche in riferimento agli artt. 3 e 41, Cost., in relazione ai principi generali dell'ordinamento comunitario in tema di tutela del libero commercio, della liberta' d'iniziativa economica e della concorrenza e dell'art. 117, comma 3, in materia di riserva allo Stato delle determinazioni su principi fondamentali. In conclusione, questo Tribunale superiore ritiene di dover sollevare, ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953 n. 87, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 11 e 10, citata legge prov. Bolzano n. 2/2010 e, in via consequenziale, dell'art. 24, legge prov. Bolzano n. 15/2011, per contrasto con le norme indicate in dispositivo. Il presente giudizio va, pertanto, sospeso a tali fini.