LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 999 del Ruolo Generale 2012, discussa all'udienza del 17 maggio 2012, promossa da Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, rappresentato e difeso dagli avvocati Patrizia Colella, Antonello Zaffina, Francesco Falso e Silvano Imbriaci, appellante; Contro Rastrelli Giovanna, rappresentata e difesa dall'avv. Gabriella Del Rosso, appellata. Ha pronunciato la seguente ordinanza. Premesso in fatto Con sentenza n. 663/2010 il giudice monocratico del lavoro del Tribunale di Firenze ha dichiarato il diritto della ricorrente Rosanna Rastrelli alla liquidazione della pensione di vecchiaia, ai sensi dell'art. 2, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 503/1992 a decorrere dal 1° aprile 2009, con conseguente condanna dell'Istituto previdenziale all'erogazione del trattamento con l'indicata decorrenza, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo. In particolare, il primo giudice ritiene che i requisiti di assicurazione e contribuzione previsti dalla disciplina previgente ai fini del conseguimento della pensione di vecchiaia - quindici anni contributivi anziche' venti - possano valere anche nel caso della ricorrente Rastrelli, la quale, avendo operato nel corso degli anni quale lavorante a domicilio, non si era vista conteggiare i periodi di sosta intercorrenti tra la data della riconsegna del lavoro eseguito e quella di affidamento di uno nuovo. In altri termini, il mancato accredito delle 52 settimane nell'anno solare era derivato dalla particolare tipologia del rapporto di lavoro in questione. In tal modo la ricorrente non aveva conseguito, all'atto di presentazione della domanda di pensione di vecchiaia, n. 1040 contributi settimanali - corrispondenti, appunto, a venti anni -, ma si «era fermata» a 937 contributi settimanali. Il Tribunale di Firenze, nell'interpretare la disposizione dell'art. 2, terzo comma, lett. b) del cit. d.lgs. n. 503/1992 (il previgente piu' favorevole regime si applica «per i lavoratori subordinati che possono far valere un'anzianita' assicurativa di almeno venticinque anni, occupati per almeno dieci anni per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare»), ritiene che la disciplina derogatoria richiamata «non intende alludere alla durata temporale delle prestazioni lavorative, volendo fare in realta' un generico riferimento al requisito contributivo,» prevedendo una disciplina di favore per quelle posizioni assicurative connotate da un minor accredito contributivo nell'anno solare, compensate da una maggiore anzianita' assicurativa, senza tuttavia alcun richiamo specifico alle ragioni ad esso sottese». Secondo il Tribunale fiorentino «la ratio della norma e' rinvenibile nella necessita' di garantire posizioni contributive piu' deboli dovute a prestazioni discontinue». La sentenza e' impugnata dall'INPS, il quale deduce: a) l'errata interpretazione ed applicazione dell'art. 2, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 503/1992: la dizione letterale («occupati») si riferisce chiaramente a soggetti che abbiano svolto lavori saltuari o precari nel corso dell'anno solare, dei quali tende a favorire l'accesso alla pensione, e non gia' a chi - come la ricorrente - sia stato continuativamente occupato e che non si sia visto accreditare le 52 settimane annue solo in ragione della particolare tipologia del rapporto di lavoro; b) l'erroneita' della sentenza nella parte in cui ha condannato l'INPS alla liquidazione della pensione di vecchiaia con decorrenza dal 1° aprile 2009; c) l'erroneita' della pronuncia nella parte in cui ha dichiarato dovuti gli interessi dalle singole scadenze al saldo e non con decorrenza dal 120° giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa. Si duole l'Istituto anche del capo relativo alla disciplina delle spese processuali e conclude, quindi, per la riforma della sentenza e per la reiezione della domanda attrice. L'appellata resiste chiedendo la conferma della sentenza impugnata - dichiarandosi, comunque, remissiva sul motivo relativo alla decorrenza degli interessi -, a suo dire corretta nell'interpretazione della norma in esame; cio', nonostante la diversa interpretazione propugnata dalla Corte di Cassazione con sentenza 28 febbraio 2012, n. 3044. Tale orientamento della Suprema Corte rende necessario, a giudizio dell'appellata, investire la Corte costituzionale della questione della legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 503/1992 se interpretato nel senso che nella deroga ivi prevista non e' compresa la categoria delle lavoranti a domicilio - al pari delle lavoratrici domestiche -, prospettandosi la violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione. Considerato in diritto Il Collegio ritiene di sottoporre al vaglio di costituzionalita' la norma la cui applicazione e' rilevante nella fattispecie - art. 3, lett. g) della legge delega 23 ottobre 1992 n. 421 \ in relazione all'art. 2, terzo comma, lett. b) del d.lgs. n. 53/1992 -, ritenendo non manifestamente infondati i dubbi che emergono in ordine alla sua conformita' ai principi di uguaglianza e ragionevolezza presidiati dall'art. 3 della Costituzione. Sotto l'aspetto della rilevanza della questione osserva infatti: questa Corte, con sentenza n. 209/2010 in causa INPS - Zatini, est. Nistico' (fattispecie relativa ad una collaboratrice domestica la quale, pur essendo stata occupata tutto l'anno per diversi anni alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, essendo la sua prestazione settimanale inferiore a 24 ore, in forza del regime di accreditamento dei contributi vigente nello specifico settore risultava coperta da contribuzione in misura inferiore a 52 settimane annue), aveva osservato: «la norma in questione non specifica se il regime agevolato si riferisca a quelle fasce di lavoratori deboli che siano stati occupati per meno di 52 settimane od a quelli, come l'appellante, che pur rimanendo occupati per tutto l'anno fruiscono di un minor accredito in ragione del particolare sistema di calcolo della contribuzione utile. Se la ratio della disposizione e' quella di favorire i lavoratori che comunque godano di una minore contribuzione e mantenere per essi il diritto alla pensione con 780 contributi in luogo di 1.040 - cosi' elevati dalla legge n. 503 cit. - e' di tutta evidenza che sia irrilevante distinguere fra chi abbia lavorato meno di 52 settimane per essere stato occupato per meno di 52 settimane (come, per esempio, i' lavoratori in agricoltura ) e chi - come l'appellante -, benche' abbia lavorato tutto l'anno e per tutto l'anno sia stata occupata, comunque possa far valere una contribuzione di minor peso a causa del sistema di accredito. Gli uni e gli altri, infatti, rientrano in quella categoria meritevole di protezione che il legislatore del 1992 ha individuato nei lavoratori che non possano far valere una contribuzione annua piena, vuoi perche' occupati solo per certi periodi, vuoi perche' sempre occupati, ma per i quali la contribuzione risulti comunque inferiore alle 52 settimane. Il parametro di riferimento, infatti, e' solo quest'ultimo e cioe' l'esistenza di una contribuzione inferiore a quella piena». In tale precedente, il Collegio evidenziava come quella accolta fosse «l'unica interpretazione costituzionalmente corretta, posto che, se cosi' non fosse, la distinzione fra l'una e l'altra categoria di lavoratori finirebbe per realizzare una irrazionale ed ingiustificata disparita' di trattamento fra lavoratori meritevoli della stessa forma di tutela perche' interessati alla medesima riserva contributiva». L'interpretazione propugnata dal giudice di primo grado e fatta propria da questa Corte nel richiamato precedente e' stata contraddetta dalla Corte di Cassazione con la recente sentenza 28 febbraio 2012, n. 3044. In essa i giudici di legittimita', dopo un excursus relativo alla disciplina legislativa che nel tempo ha regolato il rapporto di lavoro domestico, hanno evidenziato come la legge delega 23 ottobre 1992, n. 421 - in attuazione della quale e' stato emanato il d.lgs. n. 503/1992 -, all'art. 3, prevedesse il seguente criterio direttivo: «g) graduale elevazione, da quindici a venti anni del requisito di assicurazione e contribuzione per il diritto a pensione dei lavoratori dipendenti ed autonomi in ragione di un anno ogni due anni, con esclusione ... dei soggetti che per un periodo non inferiore a dieci anni solari siano assicurati in relazione a rapporti di lavoro a tempo determinato inferiore a cinquantadue settimane per anno solare, purche' risultino assicurati da almeno venticinque anni ...». Osserva al riguardo la Suprema Corte che «la predetta ipotesi derogatoria che, disciplinando la successione nel tempo di leggi in materia previdenziale, rimanda ai piu' favorevoli previgenti requisiti contributivi per il pensionamento di vecchiaia, riguarda, expressis verbis, i lavoratori, con anzianita' assicurativa di almeno venticinque anni, occupati per almeno un decennio, per periodi inferiori all'intero anno solare ("di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare") in relazione a peculiari attivita' lavorative che, per non coprire l'intero anno solare, non potevano far maturare la maggiore contribuzione richiesta dalla legge n. 530». La Cassazione, da' conto del prevalente orientamento della giurisprudenza di merito portata ad identificare, nell'ambito di un'interpretazione costituzionalmente orientata, un'unica categoria di lavoratori meritevoli di protezione comprensiva dei lavoratori e delle lavoratrici che non possano far valere una contribuzione annua piena, indipendentemente dalla circostanza che siano stati occupati per l'intero anno solare o solo in parte, ma comunque con una contribuzione di minor peso per il sistema di accredito. La Corte di legittimita', tuttavia, osserva che «all'evidenza, la richiamata norma, dettata dall'art. 2, comma 3, del citato decreto legislativo n. 503, ha introdotto disposizioni derogatorie alla riforma previdenziale del 1992, cosi' regolando, specificamente e tassativamente, per alcune particolari categorie di lavoratori, la successione di leggi in materia previdenziale, con l'applicazione della disciplina previgente "in deroga", onde, per l'esplicita connotazione di norma derogatoria, ne resta preclusa l'interpretazione estensiva, mentre quella analogica, dovendo considerarsi la disposizione de qua norma eccezionale (come tutte le norme che introducono discipline transitorie), e' vietata dall'art. 14 disp. prel, al codice civile». Ed ancora: «e nella specie, la portata e il contenuto della disposizione fanno chiaramente riferimento all'intento del legislatore di proteggere, con il piu' favorevole regime previgente, i lavoratori non occupati per l'intero anno solare e non gia' i lavoratori che, sebbene occupati nell'intero anno solare, possano anch'essi far valere una minore contribuzione». Ha, altresi', escluso la Cassazione che al riconoscimento del diritto della lavoratrice ricorrente si possa pervenire attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa delegata: infatti questa non puo' che svolgersi sul solco tracciato dalla delega legislativa, diversamente conferendosi alla norma primaria delegata «una forza normativa che essa intanto possiede in quanto l'esercizio della potesta' legislativa da parte dell'esecutivo si sia conformato alla delega legislativa e la lettura della disposizione cosi' risultante si conformi alla costituzione senza forzarne o alterarne la vis normativa e la portata». La Cassazione, dopo avere chiaramente enunciato la propria interpretazione della disposizione dell'art. 2, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 503/1993, opportunamente correlata con il criterio dettato al punto g) dell'art. 3 della legge delega n. 421/1992, ha anche ritenuto manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale della norma derogatoria invocato dalla lavoratrice di quel giudizio - sul punto si tornera' infra -. Tale presa di posizione della Suprema Corte e' persuasiva nell'interpretazione fornita della norma delegata vista in correlazione con il criterio dettato dal legislatore delegante: il termine «occupati» della prima va correlato con «rapporti di lavoro a tempo determinato». Il dato testuale e' chiaro nel limitare l'ambito di operativita' dell'ipotesi derogatoria ai lavoratori che per un periodo di almeno dieci anni solari siano stati assicurati in rapporti di lavoro a tempo determinato inferiore a 52 settimane annue. La natura di norma eccezionale - le ipotesi di applicazione del piu' favorevole previgente regime hanno evidente carattere tassativo - dell'art. 2, comma 3 c) del d.lgs n. 503/1992 non consente alcuna interpretazione estensiva e/ o analogica, vietata dall'art. 14 delle Preleggi, come ricordato dalla Cassazione. Il diritto invocato in questa sede dalla Rastrelli non e' pertanto attingibile in via di interpretazione, ma solo attraverso la rimozione dalla legge delega prima e, quindi, dalla norma delegata della limitazione del piu' favorevole regime per l'accesso alla pensione di vecchiaia ai soli rapporti di lavoro a tempo determinato inferiore a 52 settimane per anno. Infatti, la Rastrelli, gia' lavoratrice a domicilio, in ragione del sistema di accredito - art. 9 della legge n. 877/1973 - delle sole giornate di lavoro comprese nel periodo intercorrente tra la data di consegna e quella «prevista» per la riconsegna - tenuto conto delle tariffe di cottimo ex art. 8, legge cit. - viene a trovarsi accreditato nel corso dell'anno un numero di settimane inferiore a 52 pur svolgendo la sua attivita' con continuita'. Ne' certamente puo' sostenersi che tale situazione di «minore occupazione» dipenda da una scelta in qualche modo «volontaria» da parte della lavoratrice, la quale, al contrario, «subisce» le conseguenze di una peculiare tipologia contrattuale da lei di certo non liberamente scelta. Sotto l'aspetto della non manifesta infondatezza rileva il Collegio: La Cassazione nel ritenere manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale della norma derogatoria in esame richiama il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimita' secondo cui la determinazione dei tempi, dei modi e della misura delle prestazioni sociali, salvo il limite della ragionevolezza, e' comunque rimessa alla discrezionalita' del legislatore che puo' sempre intervenire con leggi peggiorative, persino su trattamenti pensionistici in corso di erogazione - ex multis, Corte cost. n. 822/1998; Cass. n. 9998/09; Cass. n. 11947/95). I giudici di legittimita' rilevano, ancora, che non risulta indicato il tertium comparationis che evidenzi un'irragionevole ed ingiustificata diversita' di disciplina di situazioni uguali, e, in mancanza di un tertium comparationis rispetto al quale la disposizione censurata si appaleserebbe discriminatoria, si finirebbe per richiedere alla Corte costituzionale un intervento additivo, diretto a modificare la struttura della norma e, quindi, l'esercizio di una valutazione riservata alla discrezionalita' del legislatore. Non condivide il Collegio queste ultime considerazioni del giudice di legittimita'. Il tertium comparationis ben puo' essere rappresentato, come riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (ex multis. Corte cost. n. 23/2011; numeri 323-325-339/2008 ...), dal criterio di ragionevolezza della disciplina scrutinata, tale da non determinare irrazionali discriminazioni o disparita' di trattamento per situazioni omogenee e comunque meritevoli di analoga tutela. La riprova piu' evidente di quanto ora osservato e' dato dalla situazione dei lavoratori con rapporto a part-time. E' ben noto che il part-time puo' essere verticale - in cui la prestazione lavorativa avviene a tempo pieno pero' solo in determinati mesi dell'anno - oppure orizzontale, caratterizzato, invece, da una prestazione lavorativa parziale, ma distribuita su tutte le settimane ed i mesi dell'anno. Orbene, un lavoratore occupato per dieci anni con rapporto a part-time verticale, in ragione della modalita' intermittente di esplicazione della prestazione, in base alla previsione dell'art. 2, terzo comma, lett. b) del d.lgs. n. 503/1992, cosi' come interpretato dalla Cassazione, potra' beneficiare, ai fini dell'accesso alla pensione di vecchiaia, del piu' favorevole regime previgente alla modifica della disciplina dettata dal cit. d.lgs. Diversamente, il lavoratore con rapporto a part-time orizzontale, pur svolgendo la stessa prestazione quantitativa oraria, ma solo per essere la stessa non concentrata in alcuni mesi dell'anno, ma «spalmata» su tutti i dodici mesi, potra' accedere al trattamento di vecchiaia solo in presenza dei piu' rigorosi requisiti - venti anni contributivi anziche' quindici - previsti dal primo comma dell'art. 2 d.lgs. n. 503/1992. La disparita' di trattamento a parita' sostanziale di condizioni lavorative (stesso rapporto a part-time, stesso quantita' di orario e, quindi identico trattamento economico, solo diversa distribuzione della prestazione) non potrebbe essere piu' evidente. Si consideri che il legislatore delegante con il criterio dettato dall'art. 3, lett. g) della legge n. 421/1992, ha inteso tutelare, ai fini dell'accesso al trattamento di vecchiaia, la posizione di alcune categorie di lavoratori ritenute meritevoli, quali: a) coloro che alla data del 31 dicembre 1992 avessero maturato il requisito minimo in base alla normativa vigente; b) coloro che gia' erano stati ammessi, anteriormente al 31 dicembre 1992, al versamento dei contributi volontari; c) i soggetti che per un periodo non inferiore a dieci anni solari siano assicurati in relazione a rapporti di lavoro a tempo determinato inferiore a cinquantadue settimane per anno solare, purche' risultino assicurati da almeno venticinque anni. Il legislatore delegato ha, poi, ampliato la categoria di soggetti meritevoli di tutela prevedendo che il piu' favorevole regime previgente trovasse applicazione anche ai «lavoratori dipendenti che hanno maturato al 31 dicembre 1992 un'anzianita' assicurativa e contributiva tale che, anche se incrementata dai periodi intercorrenti tra la predetta data e quella riferita all'eta' per il pensionamento di vecchiaia, non consentirebbe loro di conseguire i requisiti di cui ai commi 1 e 2». Fin troppo evidente la ratio di tale ampliamento ad una situazione evidentemente non considerata dal legislatore delegante. Nell'ambito delle eccezioni alla regola dell'innalzamento a venti anni del requisito contributivo per l'accesso alla pensione di vecchiaia, il legislatore, come visto, si e' preoccupato di tutelare quella categoria di lavoratori che, possedendo un'anzianita' assicurativa di almeno 25 anni, per un periodo di almeno dieci anni lavorativi avessero ricevuto nell'anno solare un accredito contributivo inferiore alle 52 settimane annue. Nell'ambito di tale categoria omogenea il legislatore ha preso a riferimento la situazione lavorativa che di regola non comporta la completa copertura contributiva e, cioe', il rapporto di lavoro a tempo determinato che lascia nel corso dell'anno degli intervalli non lavorati - e, quindi, privi di copertura contributiva -. Ma cio' facendo non ha tenuto conto di peculiari tipologie lavorative che, pur garantendo una continuita' occupazionale nel corso dell'anno solare, tuttavia, in ragione del sistema di accreditamento dei contributi, non assicurano le 52 settimane annue. Tale e' il caso delle lavoratrici domestiche, per le quali, in caso di orario inferiore a 24 ore settimanali, il numero dei contributi settimanali accreditati e' pari al quoziente che si ottiene dividendo la contribuzione complessiva del trimestre per l'importo contributivo corrispondente a 24 ore lavorative - ex art. 7 della legge n. 638/1983 -. Tale e' il caso che viene in rilievo nella fattispecie scrutinata - delle lavoranti a domicilio per le quali vige un sistema di accredito in forza del quale sono assicurabili - ex art. 9 della legge n. 877/1973 - solo quelle giornate di lavoro comprese nel periodo intercorrente tra la data di consegna del lavoro e la data «prevista» per la riconsegna, dato che il tempo di lavoro si desume dalle tariffe di cottimo pieno, ai sensi dell'art. 8 legge citata. L'evidenziata esigenza di non creare irragionevoli disparita' di trattamento per situazioni omogenee ed ugualmente meritevoli dello stesso tipo di tutela rende indispensabile rimettere il giudizio alla Corte Costituzionale nei termini che seguono: