IL TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE 
 
    Ha pronunciato la presente, ordinanza nella causa di legittimita'
in sede di giurisdizione diretta, iscritta nel ruolo generale  al  n.
17/2011. 
    Visto il ricorso, proposto da: Leitner Helmuth,  rappresentato  e
difeso  dagli  avvocati  Arthur  Frei  e   Federica   Scafarelli   ed
elettivamente domiciliato  presso  lo  studio  del  secondo,  in  via
Giosue' Borsi n. 4 - Roma, ricorrente; 
    Contro Provincia autonoma di Bolzano, in persona  del  presidente
in  carica,  rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati   Renate   von
Guggenberg, Stephan Beikircher, Cristina Bernardi, Laura Fadanelli  e
Michele Costa  ed  elettivamente  domiciliata  presso  lo  studio  di
quest'ultimo, in via Bassano del Grappa n. 24 - Roma, resistente. 
    Oggetto   del   giudizio:   annullamento,   previa    sospensione
dell'efficacia,    delle    due    comunicazioni     dell'Assessorato
all'urbanistica  del  17  agosto  2010,   concernenti   la   ritenuta
inammissibilita' delle due istanze 12 luglio  2010  d'idroderivazione
dal  rio  Racines  GD/8681  e  GD/8682;  dell'ivi   menzionata   nota
dell'Ufficio elettrificazione del 3 marzo 2010 prot. 74.05.02/129152,
recante invito a produrre  il  titolo  attestante  la  disponibilita'
delle aree; infine,  di  tutti  gli  atti  preparatori,  presupposti,
consequenziali  e  connessi,  pur  se  ignoti;  il  tutto,  previa  -
occorrendo - questione di costituzionalita'. 
    Visti gli atti e documenti depositati con il ricorso. 
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio   della   Provincia
intimata. 
    Viste  le  conclusioni  assunte  dalle  parti   costituite   che,
all'udienza del 23 marzo 2011, hanno rispettivamente concluso come in
atti  (quella  ricorrente,  per  la  sospensione   dell'efficacia   e
l'annullamento degli atti gravati; quella resistente, per il  rigetto
di  ogni  domanda   cautelare   e   di   ogni   istanza   incidentale
d'incostituzionalita', nonche' del ricorso, in  quanto  irricevibile,
inammissibile, nullo ed infondato). 
    Relatore, all'udienza dell'8 febbraio  2012,  il  Consigliere  di
Stato Aldo Scola ed uditi,  altresi',  per  le  parti,  gli  avvocati
Federica Scafarelli e Michele Costa. 
    Considerato quanto segue in fatto ed in diritto: 
 
                                Fatto 
 
    A) Con apposito ricorso a questo T.s.a.p.,  l'attuale  ricorrente
impugnava gli atti di cui in epigrafe (in  quanto  espressione  della
novella 22 gennaio 2010, n. 2 - in vigore dal 27 gennaio 2010  ed  il
cui art. 11 prevederebbe un regime  transitorio  di  salvaguardia  di
cinque  mesi  e,  dunque,  fino  al  27  giugno  2010  -  alla  legge
provinciale di Bolzano n. 7/2005, ritenuta ostativa  all'esame  delle
domande prive del  titolo  comprovante  la  disponibilita'  dell'area
destinata  agli  impianti,  nel  caso  di   piccole   idroderivazioni
idroelettriche, inferiori a kw 3.000, ex art.  6,  regio  decreto  n.
1775/1933),  ritenuti  contrastanti  con  la  disciplina  comunitaria
(liberalizzante da oltre dieci anni il  mercato  comune  dell'energia
elettrica da fonti  rinnovabili)  e  con  i  principi  costituzionali
italiani (trattandosi di legislazione concorrente). 
    B) Deduceva l'incostituzionalita' di  tale  normativa  (dovuta  a
contrasto con gli articoli 3, 41 e  117,  comma  3,  Cost.;  con  gli
articoli 9, punto 9, 4 e 5, decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 670/1972, recante lo statuto speciale del Trentino-Alto Adige; con
l'art. 10, legge Cost. n. 3/2001; con l'art. 12,  commi  1,  3  e  4,
decreto legislativo n. 387/2003, della legge provinciale  n.  7/2005,
come modif. legge prov. n. 2/2010, in vigore dal  27  gennaio  2010);
violazione della direttiva 96/92/C.e.; della direttiva  2001/77/C.e.;
della direttiva 2003/54/C.e.;  della  direttiva  2009/28/C.e.;  della
direttiva 2009/72/C.e.; dell'art. 288,  trattato  U.E.  (quanto  alla
trasposizione delle direttive nei rispettivi ordinamenti interni  dei
singoli Stati membri); delle norme internazionali anticoncorrenziali;
infine, correlativa carenza di potere nell'emanare gli atti di cui in
epigrafe. 
    C) La Provincia di Bolzano si costituiva in giudizio ed  eccepiva
la tardivita' del  ricorso  (ritenuto  ritualmente  notificatile  non
oltre il 15 novembre 2010); la sua nullita' per  mancata  indicazione
dei codici fiscali, degli indirizzi di posta elettronica e dei numeri
di fax dei difensori dell'impresa ricorrente; infine, nel merito,  il
condivisibile  intento  acceleratorio   della   censurata   normativa
provinciale, soddisfatta dall'acquisito assenso dei proprietari delle
aree interessate (trattandosi di piccole derivazioni per uso  irriguo
ed abbeverativo, secondo le esigenze di agricoltori ed allevatori). 
    All'esito della  pubblica  udienza  di  discussione  la  vertenza
passava in decisione, dopo l'abbandono di un'istanza cautelare ed  il
deposito di rispettive  comparse  riepilogative  e  conclusionali  da
parte ricorrente e resistente. 
 
                               Diritto 
 
    I) Nel  caso  in  cui  le  parti  prospettino  una  questione  di
legittimita' costituzionale, il giudice deve sommariamente  valutarne
la rilevanza, ai fini del giudizio  in  corso,  e  la  non  manifesta
infondatezza. 
    Preliminarmente,  va  considerato  che,  nella  fattispecie,  non
rilevano  i  richiamati  principi   costituzionali   attinenti   alla
proprieta'  privata,  attesa  l'esigenza  di  tutela   dell'interesse
pubblico applicabile alla disciplina in esame. 
    Per gli stessi motivi, non possono ritenersi fondati  i  richiami
all'art. 117, lettera l), Cost. 
    Vanno, invece, esaminati i profili di contrasto delle  norme  di'
cui agli articoli 10 ed 11, legge prov. Bolzano n. 2/10, e  dell'art.
24, correlata legge prov. Bolzano n. 15/2011, con  principi  e  norme
comunitari, ossia, con gli articoli 34, 49 e 56 del trattato, con  la
direttiva n. 2003/54/C.e. e con la direttiva n. 2001/77/C.e. 
    Nella fattispecie, non viene dedotto un  puntuale  contrasto  tra
una norma interna ed un  altrettanto  puntuale  precetto  comunitario
incompatibile con essa, bensi' un contrasto della norma  interna  con
principi generali dell'ordinamento comunitario. 
    Di fronte a tale asserita non conformita', il giudice  nazionale,
pur avendo il dovere di  escogitare  un'interpretazione  conforme  ai
principi comunitari, ove dubiti che la norma interna contrasti con il
diritto  comunitario,  deve  sollevare  questione   di   legittimita'
costituzionale perche', in tal caso, non si tratta di  non  applicare
la norma italiana per applicare al suo posto  una  norma  comunitaria
incompatibile ma di «disapplicare» la norma interna per  la  sua  non
conformita' con un principio  dell'ordinamento  comunitario,  la  cui
diretta efficacia va rimessa al giudizio della  Corte  costituzionale
perche', diversamente, si ammetterebbe, da parte del giudicante,  una
sorta di controllo «diffuso» di «compatibilita' comunitaria». 
    Cio' posto, va  rilevato  che,  a  giudizio  del  rimettente,  le
richiamate norme provinciali,  violano  i  principi  dell'ordinamento
comunitario, in relazione alle disposizioni del trattato  in  materia
di liberta' di stabilimento ed alle citate direttive  comunitarie  di
non  discriminazione  e  di  tutela  della  produzione   dell'energia
elettrica  da  fonti  energetiche  rinnovabili,  in  quanto   rendono
eccessivamente  oneroso  il   raggiungimento   di   tali   finalita',
attraverso prescrizioni che costituiscono grave ostacolo alla  libera
concorrenza. 
    Da cio', la possibile incostituzionalita' delle stesse. 
    II) Le leggi provinciali si pongono, inoltre, in  piu'  specifico
contrasto con la normativa comunitaria e nazionale,  anche  sotto  un
diverso profilo. 
    Il decreto legislativo n. 387/2003, emanato in  attuazione  della
direttiva 2001/77/C.e.  e  che  ha,  fra  l'altro,  la  finalita'  di
«promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili
alla produzione di  elettricita'  nel  relativo  mercato  italiano  e
comunitario»  (art.  1,  lettera  a),  da   attuare   attraverso   le
«disposizioni del presente decreto» (art. 3), all'art. 12,  comma  1,
stabilisce  che  «Le  opere  per  la  realizzazione  degli   impianti
alimentati da fonti rinnovabili,  nonche'  le  opere  connesse  e  le
infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio  degli
stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono  di  pubblica
utilita' ed  indifferibili  ed  urgenti»  e  le  stesse,  secondo  le
procedure di cui al successivo comma 3, costituiscono  variante  allo
strumento urbanistico. 
    Nessun'altra disposizione  del  citato  decreto  legislativo,  in
rapporto alla realizzazione d'impianti  da  fonti  rinnovabili,  pone
differenziazioni tra impianti superiori o inferiori a 3 MW, mentre il
successivo comma 4-bis dispone che sia provata la «disponibilita' del
suolo su cui realizzare l'impianto» soltanto - per  la  realizzazione
di impianti alimentati  a  biomassa  o  per  impianti  fotovoltaici»,
limitando  cosi',  in  modo   espresso,   la   previsione   di   tale
disponibilita'  soltanto  ai  due   richiamati   tipi   di   impianti
energetici. 
    Pertanto, non appare sussistere, sotto il profilo  dell'interesse
pubblico, alcuna differenza tra centrali superiori o  inferiori  a  3
MW, tale da giustificare una diversa regolamentazione, in ordine alla
disponibilita'  dei  terreni  ed  alla  dichiarazione   di   pubblica
utilita'. 
    La disciplina provinciale risulta,  pertanto,  caratterizzata  da
manifesta irragionevolezza, perche'  disincentiva  la  produzione  di
energia elettrica, ponendo  ostacoli  alla  realizzazione  d'impianti
idroelettrici  non  previsti  dalle  -  norme  di  attuazione   della
normativa comunitaria, con  conseguenti  dubbi  di  costituzionalita'
delle citate leggi provinciali, anche in riferimento agli articoli  3
e 41, Cost.,  in  relazione  ai  principi  generali  dell'ordinamento
comunitario in tema di tutela del libero  commercio,  della  liberta'
d'iniziativa economica e della concorrenza e dell'art. 117, comma  3,
in materia di riserva allo Stato  delle  determinazioni  su  principi
fondamentali. 
    In conclusione,  questo  Tribunale  superiore  ritiene  di  dover
sollevare, ai sensi  dell'art.  23,  legge  11  marzo  1953,  n.  87,
questione di legittimita' costituzionale  degli  articoli  11  e  10,
citata legge prov.  Bolzano  n.  2/2010  e,  in  via  consequenziale,
dell'art. 24, legge prov. Bolzano n. 15/2011, per  contrasto  con  le
norme indicate in dispositivo. 
    Il presente giudizio va, pertanto, sospeso a tali fini.