IL TRIBUNALE Il giudice, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 16 maggio 2012, osserva: 1. Con distinti ricorsi, ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300 del 1970, l'associazione sindacale Fiom - Federazione Impiegati Operai Metalmeccanici - Federazione provinciale di Modena, ha chiesto di accertare e dichiarare l'antisindacalita' della condotta delle societa' convenute, Case New Holland Italia spa, Maserati spa e Ferrari spa consistente: nell'aver negato l'efficacia e legittimita' delle nomine dei dirigenti della rappresentanza sindacale aziendale FIOM presso le rispettive unita' produttive; nell'aver negato l'esercizio dei diritti di cui agli articoli 27 e 30 st. lav. e conseguentemente nell'aver limitato l'esercizio, presso le unita' produttive delle convenute, dell'attivita' sindacale dell'associazione ricorrente attraverso le sue diramazioni periferiche e il conseguente uso dei diritti di cui al titolo III dello statuto dei lavoratori; nell'avere, con la condotta di cui sopra, gravemente leso l'immagine dell'organizzazione sindacale ricorrente quale soggetto contrattuale rappresentativo, in generale nei confronti dei dipendenti delle societa' convenute ed in particolare nei confronti dei lavoratori iscritti alla FIOM che si vedono privati dalla possibilita' di una loro rappresentanza sindacale nel luogo di lavoro. La ricorrente ha chiesto inoltre di ordinare la cessazione della condotta e comunque, anche ai fini della rimozione degli effetti della stessa: di intimare alle societa' convenute di riconoscere la piena legittimita' ed efficacia della nomina della RSA FIOM nelle persone di cui alle comunicazioni in atti, di riconoscerla attribuendo ad essa tutti i diritti conseguenti derivanti dalla legge e dal contratto e di dare conferma di cio' con esplicita dichiarazione scritta da inviare all'organizzazione qui ricorrente ed a tutti i rispettivi dipendenti; di ordinare alle societa' convenute di affiggere il decreto in azienda in luogo accessibile a tutti per venti giorni, nonche' di pubblicarne copia integrale sui quotidiani La Repubblica, il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore, il Manifesto, Il Resto del Carlino e l'Unita', in caratteri doppi del normale e in dimensioni non inferiori a 40 moduli, entro quindici giorni dalla pubblicazione del provvedimento, a spese delle stesse societa' convenute. Le parti convenute hanno chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi o, comunque, di respingere le domande argomentando in base alla lettera dell'art. 19 dello statuto, che riconosce la possibilita' di costituire rappresentanze sindacali aziendali unicamente alle associazioni firmatarie di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva. Nel corso dell'udienza del 16 maggio 2012 e' stata disposta la riunione al presente procedimento di quelli recanti i numeri 435/2012 e 436/2012, ai sensi dell'art. 151 disp. att. cpc. Al fine di decidere sulla domanda proposta, si ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b) della legge n. 300 del 1970, per le ragioni di seguito esposte. 2. In via preliminare, e' necessario ripercorrere alcune tappe essenziali delle relazioni sindacali nelle aziende convenute (rinviandosi per la descrizione dettagliata dei singoli passaggi a quanto esposto nei ricorsi e nelle memorie di costituzione), al fine di far emergere la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale per la decisione dei ricorsi in esame. In data 21 novembre 2011 tutte le societa' del Gruppo Fiat e del Gruppo Fiat Industrial, tra cui le convenute, hanno comunicato alle organizzazioni sindacali, nelle loro istanze nazionali e territoriali di rispettiva competenza, il recesso, a far data dal 1° gennaio 2012, da tutti i contratti applicati nei rispettivi gruppi e da tutti gli altri contratti e accordi collettivi aziendali e territoriali vigenti (cfr. ricorsi pag. 2; memorie di costituzione pag. 10; doc. 18 conv.). Il 13 dicembre 2011 Fiat spa e Fiat Industrial, insieme alle organizzazioni sindacali FIM-Cisl, UILM-UIL, FISMIC, UGL Metalmeccanici e l'Associazione Quadri e Capi Fiat hanno siglato il cd. contratto applicativo con cui hanno convenuto l'applicazione, a partire dal 1° gennaio 2012, a tutti i lavoratori delle societa' dei Gruppi Fiat e Fiat Industrial del contratto collettivo specifico di lavoro di primo livello (CCSL), sottoscritto il 29 dicembre 2010, nella stesura definitiva del 13 dicembre 2011. Questo contratto prevede, all'art. 1, che RSA possono essere costituite, ai sensi dell'art. 19 della legge n. 300 del 1970, dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori firmatarie del presente contratto collettivo. Con lettere datate 27 dicembre 2011 la Fiom-Cgil di Modena ha comunicato a Case New Holland Italia spa, Maserati spa e Ferrari spa la nomina dei dirigenti della RSA Fiom-Cgil presso le rispettive unita' produttive. Con lettere del 9 gennaio 2012 le societa' convenute, per il tramite del legale, hanno dichiarato che tali nomine non potevano essere considerate efficaci non sussistendo «le condizioni di cui all'art. 19, legge n. 300/1970 che (anche alla luce dell'interpretazione della Corte costituzionale) consente la nomina di RSA solo nell'ambito delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato presso l'unita' produttiva. Viceversa, la vostra associazione sindacale non ha sottoscritto il contratto collettivo specifico di lavoro di primo livello del 29 dicembre 2010 nella sua stesura definitiva del 13 dicembre 2011 che costituisce l'unica disciplina collettiva applicata presso l'unita' produttiva ...». Con successive lettere del 16 gennaio 2012 la FIOM ha chiesto alle societa' convenute otto ore di permesso retribuito per il giorno 19 gennaio 2012 per i membri del proprio Comitato direttivo e le societa' hanno negato ai predetti dirigenti il diritto di fruire dei permessi retribuiti. Il rifiuto delle societa' convenute di riconoscere ai lavoratori iscritti alla FIOM il diritto di costituire le RSA e di godere delle altre prerogative di cui al titolo III dello statuto, e' stato motivato in base al disposto dell'art. 19, lettera b) dello statuto, ai sensi del quale le prerogative in esame sono riservate alle associazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva. 3. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b) dello statuto e' rilevante in quanto, se venisse meno tale norma di copertura, il mancato riconoscimento dell'efficacia delle delibere di nomina dei dirigenti della RSA Fiom-Cgil e, piu' in generale, il rifiuto di riconoscere ai lavoratori iscritti alla FIOM il diritto di costituire le RSA e di godere dei diritti previsti dal titolo III, integrerebbero il requisito della antisindacalita' di cui all'art. 28 della legge n. 300 del 1970. Peraltro, non pare di ostacolo all'ammissibilita' della questione la natura del procedimento ai sensi dell'art. 28 dello statuto. Come la Corte costituzionale ha avuto modo di statuire, poiche' «... l'azione ex art. 28 ... e' diretta a ... una tutela inibitoria di un comportamento continuato con effetti permanenti, la prospettazione ... di illegittimita' costituzionale della norma permissiva della condotta denunciata e' idonea a fondare la domanda di pronuncia dell'ordine giudiziale di cessazione del comportamento e di rimozione degli effetti, subordinatamente alla condizione della sopravvenienza di una sentenza costituzionale che ne determini l'illegittimita'. Ne' varrebbe replicare che l'ipotizzata dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 19 indurrebbe presumibilmente il datore di lavoro a desistere spontaneamente, perche' anche in questa prospettiva l'incidente di costituzionalita' conserverebbe rilevanza per la definizione del giudizio principale, il quale si chiuderebbe con un provvedimento di merito motivato dalla cessazione della materia del contendere» (Corte cost., n. 244 del 1996). 4. A conferma della rilevanza della questione ai fini della soluzione della controversia, deve essere sottolineata l'impossibilita' di addivenire ad un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 19, lettera b). Qualsiasi tentativo in tal senso si pone in contrasto sia con la lettera e sia con la ratio della norma in esame. L'art. 19 della legge n. 300 del 1970, nella formulazione successiva al referendum del 1995, prevede che «rappresentanze sindacali aziendali poss[a]no essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unita' produttiva nell'ambito: b) delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva». La formulazione letterale dell'articolo e' frutto della consultazione referendaria indetta con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1995, n. 312, che ha privato l'art. 19 della lettera a) e lo ha modificato nella lettera b), attraverso l'eliminazione del riferimento al carattere nazionale o provinciale della contrattazione sottoscritta dall'associazione sindacale. Non vi e' dubbio che la lettera della disposizione, risultante dalla ablazione referendaria, miri ad introdurre una presunzione di maggiore rappresentativita' ricavata dalla effettivita' dell'azione sindacale espressa dall'unico indice costituito dalla sottoscrizione del contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva. La Corte costituzionale, nella sent. n. 492 del 1995, ha ribadito come, a seguito dell'abrogazione dell'espressione di cui alla lettera a) dell'art. 19, il criterio della maggiore rappresentativita' abbia mantenuto inalterata la sua rilevanza essendo il riferimento alle associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva, di cui alla lettera b), null'altro che presunzione della maggiore rappresentativita' ricavata dalla effettivita' dell'azione sindacale («viene cosi' valorizzata l'effettivita' dell'azione sindacale desumibile dalla partecipazione alla formazione della normativa contrattuale collettiva quale presunzione di detta - maggiore rappresentativita' -)». Non solo, qualche tempo dopo, il giudice delle leggi (sentenza n. 244 del 1996), nel dare atto del rifiuto, ad opera della volonta' popolare, del principio di rappresentativita' presunta sotteso all'abrogata lettera a), ha ritenuto la permanente validita' del criterio di cui alla lettera b), esteso all'intera gamma della contrattazione collettiva, perche' comunque corrispondente «allo strumento di misurazione della forza di un sindacato, e di riflesso della sua rappresentativita', tipicamente proprio dell'ordinamento sindacale», e cio' secondo un giudizio di razionalita' pratica. Nella sentenza n. 244/96, nel giudicare della legittimita' dell'art. 19, lettera b) st. lav. in riferimento agli articoli 3 e 39 della Costituzione, la Corte ha, da un lato, confermato quanto precedentemente statuito (l'art. 19 «valorizza l'effettivita' dell'azione sindacale, desumibile dalla partecipazione alla formazione della normativa contrattuale collettiva» (sentenza n. 492 del 1995) quale indicatore di rappresentativita' gia' apprezzato dalla sentenza n. 54 del 1974 come «non attribuibile arbitrariamente o artificialmente, ma sempre direttamente conseguibile e realizzabile da ogni associazione sindacale in base a propri atti concreti e oggettivamente accertabili dal giudice»), dall'altro, ha escluso ogni vizio di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b) dello statuto. A parere della Corte, infatti, «(...) la norma impugnata (...) non viola l'art. 39 Cost. perche' le norme di sostegno dell'azione sindacale nelle unita' produttive, in quanto sopravanzano la garanzia costituzionale della liberta' sindacale, ben possono essere riservate a certi sindacati identificati mediante criteri scelti discrezionalmente nei limiti della razionalita'; non viola l'art. 3 Cost. perche', una volta riconosciuto il potere discrezionale del legislatore di selezionare i beneficiari di quelle norme, le associazioni sindacali rappresentate nelle aziende vengono differenziate in base a (ragionevoli) criteri prestabiliti dalla legge, di guisa che la possibilita' di dimostrare la propria rappresentativita' per altre vie diventa irrilevante ai fini del principio di eguaglianza». A parere della Corte, la sottoscrizione di un contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva giustifica la presunzione legale di rappresentativita' del sindacato perche' quella sottoscrizione da' la misura della forza del sindacato. In altre parole, un sindacato che abbia firmato un contratto collettivo (anche di livello aziendale) applicato nell'unita' produttiva e', per cio' stesso, forte a tal punto da poter essere considerato rappresentativo e quindi meritevole della maggior tutela concessa dal titolo III dello statuto. A parziale smentita di quanto affermato nella sentenza n. 492/1995, sono irrilevanti, secondo il ragionamento della Corte del 1996, altri indici di rappresentativita' perche' quello previsto dall'art. 19, nella nuova e monca formulazione, e' un ragionevole criterio prestabilito dalla legge. Alla luce di queste premesse, deve sottolinearsi come la lettera dell'art. 19, lettera b) sia coerente con lo scopo, perseguito dal legislatore, di attribuire valore alle associazioni sindacali che, attraverso la partecipazione alla contrattazione collettiva applicata nell'unita' produttiva, dimostrino un'effettiva capacita' di rappresentanza degli interessi dei lavoratori coinvolti. L'univocita' della disposizione esclude che il giudice comune, attraverso gli strumenti interpretativi di cui dispone, possa forzare il dato letterale della norma, sino ad attribuirle un significato volto ad ancorare la rappresentativita' - e dunque la selezione dei soggetti destinatari delle norme di protezione - a criteri diversi dalla partecipazione al processo di contrattazione collettiva, desumibile dalla sottoscrizione del contratto. Eppure, proprio l'individuazione della maggiore rappresentativita' attraverso l'esclusivo prisma della stipula del contratto collettivo effettivamente applicato nell'unita' produttiva, conferisce alla disposizione un significato incompatibile con il dato costituzionale. 5. La conclusione raggiunta, in base alla lettera dell'art. 19 e all'interpretazione fornita dalla Corte costituzionale, deve essere ripensata alla luce dei mutamenti intercorsi nelle relazioni sindacali degli ultimi anni. A tali cambiamenti hanno fatto seguito modifiche normative apportate non solo all'ordinamento statuale, ma anche al sistema sindacale. Le modifiche intervenute spingono ora a riproporre la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b) della legge n. 300/1970, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione, nella parte in cui consente la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali alle associazioni che hanno sottoscritto un contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva, a prescindere dalla misura di rappresentativita' delle stesse e dall'accesso e partecipazione al negoziato. 5.1. La decisione presa dal giudice delle leggi nel 1996 deve essere letta avendo in mente il sistema delle relazioni sindacali in quegli anni. Costituisce fatto pacifico, addirittura notorio, come negli anni a cavallo del referendum e per molto tempo ancora i sindacati maggiormente rappresentativi abbiano sottoscritto di norma tutti i contratti collettivi, nel senso che non vi erano, di regola, contratti collettivi se non quelli sottoscritti unitariamente dai sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative, Cgil, Cisl e Uil. L'automatismo tracciato dalla Corte costituzionale tra sottoscrizione del contratto collettivo di lavoro applicato in azienda e rappresentativita', lungi dall'essere tautologico, aveva come presupposto l'unitarieta' di azione dei sindacati maggiormente rappresentativi e la unitaria sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro sicche' ragionevolmente quella sottoscrizione poteva essere assunta a criterio misuratore della forza del sindacato e della sua rappresentativita', indiscutibilmente maggiore. Le eccezioni di legittimita' costituzionale dell'art. 19 dello statuto, compresa quella decisa con la sentenza n. 244 del 1996, furono infatti tutte sollevate in procedimenti promossi, ai sensi dell'art. 28 dello statuto, da associazioni sindacali minoritarie al fine di contestare la riserva delle prerogative di cui al titolo III ai soli sindacati firmatari di contratti e la Corte non ebbe difficolta' a respingere le eccezioni sottolineando, anche attraverso il richiamo di precedenti pronunce (cfr. sentenze n. 492/95, 334/88, 30/90, 334/88, 54/74), la duplice esigenza, di far convergere le misure di sostegno a favore delle organizzazioni maggiormente in grado di tutelare gli interessi dei lavoratori e di evitare che una eccessiva estensione dei beneficiari potesse vanificare gli scopi delle norme di promozione. 5.2. Lo scenario delle attuali relazioni sindacali, quale emerge dalla ricostruzione fatta nei ricorsi ex art. 28 dello statuto e nelle memorie di costituzione, e' invece caratterizzato dalla rottura dell'unita' di azione delle organizzazioni maggiormente rappresentative, dalla conclusione di contratti collettivi cd. separati e, in particolare, da una serie di iniziative poste in essere dal Gruppo Fiat, di cui le societa' convenute fanno parte, che ha portato alla creazione di un nuovo sistema contrattuale, definito da una dottrina come «auto-concluso ed auto-sufficiente». Fiat spa e Fiat Industrial, uscite dal sistema confindustriale con effetto dal 1° gennaio 2012, hanno sottoscritto, per conto delle societa' del gruppo, tra cui le convenute, il cd. accordo applicativo con le organizzazioni sindacali FIM, UILM, FISMIC, UGL Metalmeccanici e l'Associazione Quadri e Capi Fiat, concordando l'applicazione a far data dal gennaio 2012 del Contratto collettivo specifico di lavoro di primo livello (cd. CCSL) del 29 ottobre 2010, nella stesura definitiva del 13 dicembre 2011, in luogo del CCNL Metalmeccanico. La FIOM, benche' convocata in tutti i tavoli negoziali (cfr. memoria di costituzione, pag. 6) e benche' abbia partecipato alle trattative relative al contratto per lo stabilimento di Pomigliano, poi esteso alle aziende del gruppo (cfr. ricorso, pag. 2), non ha sottoscritto il CCSL, l'unico applicato nelle unita' produttive delle convenute. Secondo l'attuale formulazione dell'art. 19 dello statuto, i lavoratori iscritti alla FIOM non hanno diritto di costituire rappresentanze sindacali aziendali poiche' la FIOM non e' firmataria del contratto collettivo applicato nelle aziende convenute. Non e' contestato che la FIOM sia uno dei sindacati maggiormente rappresentativi, specificamente nel settore metalmeccanico, e che, presso le societa' convenute, sia piu' rappresentativo degli altri sindacati firmatari del contratto collettivo applicato (cfr. documento n. 1 allegato a ciascun ricorso relativo alle nomine delle RSU). 5.3. Preso atto del nuovo e differente scenario dei rapporti sindacali, occorre domandarsi se il criterio selettivo di cui all'attuale art. 19, lettera b), incentrato sulla sottoscrizione del contratto collettivo applicato, sia tuttora dotato di ragionevolezza e se possa ancora costituire indice adeguato della effettiva rappresentativita' di un sindacato. Dottrina e giurisprudenza hanno piu' volte rimarcato il ruolo preminente, quale indice di rappresentativita', della partecipazione alla procedura di contrattazione rispetto al dato formale e terminale della sottoscrizione del contratto collettivo. La giurisprudenza sul testo originario dell'art. 19, lettera b), aveva avuto modo di rilevare come «il riferimento della norma in esame al contratto collettivo non e' relativo ai suoi effetti giuridici (la sottoscrizione in se'), ma e' sempre assunto ad indice della maggiore rappresentativita'. Quindi, cio' che e' rilevante non e' il dato formale di essere parte di un contratto collettivo, ma il dato sostanziale di aver mostrato la propria rappresentativita', prendendo parte effettiva al processo di contrattazione» (Cass., 6613/88; cfr. anche Cass., 18260/2010). All'indomani del referendum, la dottrina sottolineo' come: «l'abrogazione del requisito riferito alla maggiore rappresentativita' della Confederazione sindacale dovrebbe sollecitare l'interprete a ricercare un contenuto sostanziale per l'unico criterio selettivo oggi vigente, senza fermarsi al dato letterale ... D'altronde, mentre la partecipazione al negoziato e' un dato che evidenzia l'effettiva forza contrattuale e, di riflesso, la capacita' rappresentativa del sindacato, la mera sottoscrizione dell'accordo si palesa come un elemento che puo' essere rimesso alla valutazione del datore di lavoro». Occorre poi considerare che le due chiavi di accesso alla tutela privilegiata dell'art. 19, rappresentate dalle lettere a) e b) nell'originaria formulazione, rispondevano alla medesima esigenza di selezionare un sindacato che, in quanto piu' rappresentativo di un altro, fosse meritevole di una speciale tutela, ulteriore rispetto alla mera garanzia della liberta' sindacale, assicurata dall'art. 39 della Costituzione. Tale esigenza non puo' dirsi venuta meno a seguito della parziale abrogazione referendaria, ed anzi essa deve essere considerata tuttora immanente al criterio di rappresentativita' espresso dalla sola lettera b), come emendata, in quanto espressione di valori costituzionalmente tutelati. La Corte costituzionale nella sentenza n. 334 del 1988 ha evidenziato come il meccanismo selettivo di sostegno qualificato dell'azione sindacale debba essere «funzionale al carattere indivisibile degli interessi dei lavoratori» e «favorire un processo di aggregazione e di coordinamento degli interessi dei vari gruppi professionali, anche al fine di ricomporre, ove possibile, le spinte particolaristiche in un quadro unitario». Finalita', questa, «coerente al complessivo disegno cui e' informata la Carta costituzionale nel quale anche l'art. 39 va inserito: e cioe', sia al principio solidaristico ... enunciato nell'art. 2 ... sia al principio consacrato nel secondo comma dell'art. 3 che, promuovendo l'eguaglianza sostanziale tra i lavoratori e la loro effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, addita anche alle organizzazioni sindacali di rendersi, per la loro parte, strumenti di tale partecipazione, oltre che di tutela dei diretti interessi economici dei lavoratori». Il fondamento costituzionale della meritevolezza del sindacato piu' rappresentativo deve quindi rinvenirsi negli obiettivi solidaristici ed egualitari che presuppongono una rappresentazione di interessi, non confinati in categorie o gruppi ristretti, ma appartenenti al numero piu' ampio possibile di lavoratori. Occorre poi considerare che la materia in esame e' informata ad inderogabili principi di ordine pubblico e cio' comporta che «i requisiti per la costituzione di una rappresentanza sindacale aziendale stabiliti dall'art. 19 della legge n. 300 del 1970 ... non possono essere ritenuti sussistenti in virtu' del mero riconoscimento del datore di lavoro», (Cass., 6701/88). Cio' significa che il riconoscimento del carattere rappresentativo del sindacato e quindi la sua meritevolezza, ai fini delle prerogative di cui al titolo III dello statuto, devono trovare fondamento in un criterio di razionalita' che, in base alla giurisprudenza costituzionale, non puo' essere sganciato dalla prospettiva, ugualitaria e solidaristica, di incentivare l'attivita' di sindacati che riescano a coagulare e a rappresentare gli interessi del maggior numero di lavoratori. D'altra parte, come la dottrina ha rilevato, posto che la rappresentativita', anche a livello endoaziendale, e' necessariamente espressa dal consenso degli interessati, in tanto potrebbe prescindersi da questo canone (il consenso) per sostituirlo con un altro (la sottoscrizione del contratto collettivo), in quanto sia rinvenibile un valore che giustifichi questa deviazione. Nell'attuale condizione di rottura dell'unita' sindacale, il criterio selettivo di cui all'art. 19, imperniato sul dato formale della sottoscrizione del contratto applicato e sganciato da qualsiasi raccordo con la misura del consenso dei rappresentati, mostra tutti i suoi limiti in termini di irragionevolezza e miopia. Ad essere messa in discussione e', quindi, quella «linea storico-sociologica» che, pure nella sentenza n. 244 del 1996, giustificava la «razionalita' pratica» dell'art. 19, lettera b) dello statuto. Cio', specialmente, in un sistema privo di regole democratiche, normativamente poste, in grado di selezionare i soggetti legittimati a sottoscrivere. L'applicazione pratica dell'art. 19, lettera b), nel nuovo regime di rottura dell'unita' sindacale, ha portato a considerare non rappresentativo un sindacato, la FIOM, in conseguenza della omessa sottoscrizione del contratto applicato nelle aziende del gruppo Fiat e nonostante sia pacifico che si tratti di sindacato, anche presso le societa' convenute, piu' rappresentativo degli altri e quindi, ragionevolmente, piu' meritevole delle tutele di cui al titolo III. Per effetto dell'art. 19, lettera b), si e' considerato privo di forza rappresentativa un sindacato, la FIOM, che e' stato convocato ed ha preso parte alle trattative e alla procedura di contrattazione e che, nell'esercizio della propria liberta' sindacale, ha scelto di non sottoscrivere il contratto collettivo, manifestando in tal modo il proprio dissenso. Dalla mancata sottoscrizione del contratto collettivo, si e' fatta derivare la negazione di una rappresentativita' che esiste, invece, nei fatti e nel consenso dei lavoratori addetti all'unita' produttiva. Un criterio selettivo rivela tutta la sua inidoneita' e irrazionalita' nel momento in cui, applicato a fattispecie concrete, porta ad un risultato che contraddice il presupposto a dimostrazione del quale il criterio stesso era stato elaborato. Nel caso di specie ed in conseguenza del criterio selettivo della sottoscrizione del contratto, dovrebbe riconoscersi maggiore forza rappresentativa alle associazioni firmatarie del contratto applicato (Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Ugl Metalmeccanici e l'Associazione Quadri e Capi Fiat), anziche' alla FIOM, laddove in fatto e' incontestato il dato contrario. La contraddittorieta' tra la rappresentativita' desunta dalla sottoscrizione del contratto e quella realmente posseduta dalle varie associazioni sindacali rivela come la sottoscrizione del contratto non possa tuttora assumere valore sintomatico della effettiva forza sindacale delle singoli associazioni ma, se mai, di un loro diverso atteggiamento collaborativo nei confronti della controparte datoriale. Le conseguenze abnormi della pedissequa applicazione del criterio selettivo di cui all'art. 19, lettera b), sganciate dalla realta' di una effettiva rappresentativita', ne rivelano l'intrinseca irragionevolezza, che emerge persino da un'attenta lettura della sentenza n. 244/1996. E' proprio tale pronuncia a non ritenere sufficiente la mera adesione formale ad un contratto negoziato da altri sindacati, richiedendo, appunto, «una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto» che, evidentemente, non puo' essere soddisfatta da un criterio, quale quello della sottoscrizione del contratto, che nega i diritti promozionali a chi ha partecipato attivamente alla trattativa ed ha rifiuto di firmare l'accordo manifestando in tal modo il proprio dissenso. 5.4. Non e' solo il mutato contesto delle relazioni sindacali a rendere anacronistico il disposto di cui all'art. 19, lettera b) dello statuto dei lavoratori. E' la stessa evoluzione del quadro normativo e dell'assetto del sistema sindacale a rendere incoerente la norma impugnata con l'ordinamento statuale. L'irrazionalita', intesa come distonia nel sistema, emerge, anzitutto, dall'essere il criterio selettivo di cui all'art. 19, lettera b), divergente, non solo da quello, mai attuato, di cui all'art. 39, comma 4 della Costituzione, ma anche dal parametro riferito ai sindacati maggiormente o comparativamente piu' rappresentativi utilizzato da una ampia legislazione che ha elevato la contrattazione collettiva a fonte integrativa, suppletiva o derogatoria della propria disciplina (cfr. legge n. 56 del 1987; legge n. 223 del 1991; legge n. 196 del 1997; decreto legislativo n. 61 del 2000; decreto legislativo n. 368 del 2001; decreto legislativo n. 66 del 2003; decreto legislativo n. 276 del 2003), da ultimo, l'art. 8 della legge n. 148 del 2011. L'art. 19, nella sua attuale configurazione, si pone in antinomia anche rispetto al criterio di rappresentativita' minima, modulato su una combinazione di dati associativi e dati elettorali, presente sia nel decreto legislativo n. 165 del 2001 (art. 43), sia nell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011. Inoltre, l'art. 8 della legge n. 148 del 2011, nel momento in cui ridefinisce le regole della contrattazione di prossimita', privilegia il criterio maggioritario, dunque implicitamente scartando la possibilita' che un sindacato certamente maggioritario come la Fiom possa essere escluso a favore di sindacati minoritari (seppur firmatari). Non solo, proprio l'art. 8 citato rivela l'incoerenza di un sistema che da un lato consente ad un sindacato comparativamente piu' rappresentativo sul piano nazionale o territoriale (e tale e' certamente la FIOM) di stipulare contratti territoriali o aziendali anche in deroga, in specifiche materie, alla contrattazione di categoria e alla normativa di legge e, dall'altro, preclude al medesimo sindacato di costituire una RSA ove non abbia sottoscritto un contratto collettivo applicato in azienda. E' vero che i criteri individuati dalle disposizioni citate e dall'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 sono finalizzati alla selezione dei soggetti abilitati alla contrattazione, ma essi rivelano la centralita', nell'ordinamento statuale e in quello intersindacale, del principio di effettiva rappresentativita'. Insomma, alla tendenza espressa dal sistema generale di selezionare i soggetti abilitati alla contrattazione collettiva in base ad una verifica concreta di rappresentativita', l'art. 19 oppone l'effetto paradossale di subordinare il godimento dei diritti del titolo III ad un principio di effettivita' della rappresentanza che prescinde da ogni parametro di rilevazione del consenso e poggia sul mero dato formale della sottoscrizione del contratto applicato. Il criterio selettivo di cui all'art. 19, lettera b), in quanto considera quale unico presupposto per la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali la sottoscrizione del contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva, appare irrazionale perche' indice inidoneo della effettiva rappresentativita' delle associazioni sindacali, cosi' da tradire la ratio stessa della disposizione dello statuto, volta ad attribuire una finalita' promozionale e incentivante all'attivita' del sindacato quale portatore di interessi del maggior numero di lavoratori, che trova una diretta copertura costituzionale nel principio solidaristico espresso dall'art. 2 Cost. nonche' nello stesso principio di uguaglianza sostanziale, di cui al secondo comma dell'art. 3 della Costituzione. 6. L'irrazionalita' del criterio selettivo, come sopra argomentata, determina, di per se', un contrasto dell'art. 19, lettera b) con l'art. 39 della Costituzione, risultando le norme di sostegno dell'azione sindacale nelle unita' produttive riservate a sindacati identificati mediante criteri non conformi a razionalita' (cfr. sentenza Corte costituzionale n. 244 del 1996 che ha escluso la violazione dell'art. 39 Cost. sul rilievo che le norme di sostegno dell'azione sindacale nelle unita' produttive fossero riservate ad alcuni sindacati in base a criteri discrezionali nei limiti della razionalita'). L'effetto legale dell'art. 19, lettera b), di riconoscimento o negazione dei diritti del titolo III in ragione della sottoscrizione o meno del contratto applicato in azienda, incide sull'esercizio della liberta' sindacale limitandola e condizionandola. La decisione dell'associazione sindacale sulla sottoscrizione di un contratto collettivo sara' condizionata non solo dalla finalita' di tutela degli interessi dei lavoratori, secondo la funzione regolativa propria della contrattazione collettiva, bensi' anche dalla prospettiva di ottenere (firmando) o perdere (non firmando) i diritti del titolo facenti capo direttamente all'associazione sindacale, potendo le due esigenze, come nella fattispecie in esame, entrare in conflitto e dovendosi inoltre valutare la necessita', ai fini della sottoscrizione, del consenso e della collaborazione di parte datoriale. In ipotesi estrema, ove la parte datoriale decidesse di non firmare alcun contratto collettivo, non vi sarebbe nell'unita' produttiva alcuna rappresentanza sindacale, il che conferma l'assoluto potere che il criterio in esame attribuisce alle imprese. Le considerazioni finora svolte portano a ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b) della legge n. 300 del 1970, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione, nella parte in cui, consentendo la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali alle sole associazioni firmatarie di un contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva, adotta un criterio che prescinde dalla misurazione dell'effettiva rappresentativita' e dall'accesso e partecipazione al negoziato, come tale irragionevole oltre che lesivo della liberta' sindacale.