IL TRIBUNALE 
 
    Il giudice, a scioglimento della riserva assunta all'udienza  del
16 maggio 2012, osserva: 
    1. Con distinti ricorsi, ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300
del 1970,  l'associazione  sindacale  Fiom  -  Federazione  Impiegati
Operai Metalmeccanici - Federazione provinciale di Modena, ha chiesto
di accertare e dichiarare  l'antisindacalita'  della  condotta  delle
societa' convenute, Case New  Holland  Italia  spa,  Maserati  spa  e
Ferrari spa consistente: nell'aver negato l'efficacia e  legittimita'
delle nomine dei dirigenti della rappresentanza  sindacale  aziendale
FIOM  presso  le  rispettive  unita'  produttive;  nell'aver   negato
l'esercizio dei diritti di cui agli articoli  27  e  30  st.  lav.  e
conseguentemente nell'aver limitato  l'esercizio,  presso  le  unita'
produttive     delle     convenute,     dell'attivita'      sindacale
dell'associazione   ricorrente   attraverso   le   sue    diramazioni
periferiche e il conseguente uso dei diritti di  cui  al  titolo  III
dello statuto dei lavoratori; nell'avere,  con  la  condotta  di  cui
sopra,  gravemente  leso  l'immagine  dell'organizzazione   sindacale
ricorrente quale soggetto contrattuale rappresentativo,  in  generale
nei  confronti  dei  dipendenti  delle  societa'  convenute   ed   in
particolare nei confronti dei lavoratori iscritti alla  FIOM  che  si
vedono  privati  dalla  possibilita'  di  una   loro   rappresentanza
sindacale nel luogo di lavoro. 
    La ricorrente ha chiesto inoltre di ordinare la cessazione  della
condotta e comunque, anche ai  fini  della  rimozione  degli  effetti
della stessa: di intimare alle societa' convenute di  riconoscere  la
piena legittimita' ed efficacia della nomina  della  RSA  FIOM  nelle
persone  di  cui  alle  comunicazioni  in   atti,   di   riconoscerla
attribuendo ad essa tutti i diritti conseguenti derivanti dalla legge
e  dal  contratto  e  di  dare  conferma  di   cio'   con   esplicita
dichiarazione scritta da inviare all'organizzazione qui ricorrente ed
a tutti i rispettivi dipendenti; di ordinare alle societa'  convenute
di affiggere il decreto in azienda in luogo accessibile a  tutti  per
venti giorni, nonche' di pubblicarne copia integrale  sui  quotidiani
La Repubblica, il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore, il  Manifesto,
Il Resto del Carlino e l'Unita', in caratteri doppi del normale e  in
dimensioni non inferiori a 40 moduli,  entro  quindici  giorni  dalla
pubblicazione  del  provvedimento,  a  spese  delle  stesse  societa'
convenute. 
    Le parti convenute hanno chiesto di  dichiarare  inammissibili  i
ricorsi o, comunque, di respingere le domande  argomentando  in  base
alla  lettera  dell'art.  19  dello   statuto,   che   riconosce   la
possibilita'  di  costituire   rappresentanze   sindacali   aziendali
unicamente  alle  associazioni  firmatarie  di  contratti  collettivi
applicati nell'unita' produttiva. 
    Nel corso dell'udienza del 16 maggio 2012 e'  stata  disposta  la
riunione al presente procedimento di quelli recanti i numeri 435/2012
e 436/2012, ai sensi dell'art. 151 disp. att. cpc. 
    Al fine di decidere sulla domanda proposta, si ritiene  rilevante
e  non  manifestamente  infondata  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 19, lettera b) della legge n. 300 del  1970,
per le ragioni di seguito esposte. 
    2. In via preliminare, e' necessario  ripercorrere  alcune  tappe
essenziali  delle  relazioni  sindacali   nelle   aziende   convenute
(rinviandosi per la descrizione dettagliata dei  singoli  passaggi  a
quanto esposto nei ricorsi e nelle memorie di costituzione), al  fine
di  far  emergere  la  rilevanza  della  questione  di   legittimita'
costituzionale per la decisione dei ricorsi in esame. 
    In data 21 novembre 2011 tutte le societa' del Gruppo Fiat e  del
Gruppo Fiat Industrial, tra cui le convenute, hanno  comunicato  alle
organizzazioni sindacali, nelle loro istanze nazionali e territoriali
di rispettiva competenza, il recesso, a far data dal 1° gennaio 2012,
da tutti i contratti applicati nei rispettivi gruppi e da  tutti  gli
altri contratti e accordi collettivi aziendali e territoriali vigenti
(cfr. ricorsi pag. 2;  memorie  di  costituzione  pag.  10;  doc.  18
conv.). 
    Il 13 dicembre 2011 Fiat spa  e  Fiat  Industrial,  insieme  alle
organizzazioni   sindacali   FIM-Cisl,    UILM-UIL,    FISMIC,    UGL
Metalmeccanici e l'Associazione Quadri e Capi Fiat hanno  siglato  il
cd. contratto applicativo con cui hanno convenuto  l'applicazione,  a
partire dal 1° gennaio 2012, a tutti i lavoratori delle societa'  dei
Gruppi Fiat e Fiat Industrial del contratto collettivo  specifico  di
lavoro di primo livello (CCSL), sottoscritto  il  29  dicembre  2010,
nella stesura definitiva del 13 dicembre 2011. 
    Questo contratto prevede, all'art.  1,  che  RSA  possono  essere
costituite, ai sensi dell'art. 19 della legge n. 300 del 1970,  dalle
organizzazioni  sindacali  dei  lavoratori  firmatarie  del  presente
contratto  collettivo.  Con  lettere  datate  27  dicembre  2011   la
Fiom-Cgil di Modena ha comunicato a  Case  New  Holland  Italia  spa,
Maserati spa  e  Ferrari  spa  la  nomina  dei  dirigenti  della  RSA
Fiom-Cgil presso le rispettive unita' produttive. 
    Con lettere del 9 gennaio 2012  le  societa'  convenute,  per  il
tramite del legale, hanno dichiarato che  tali  nomine  non  potevano
essere considerate efficaci non sussistendo  «le  condizioni  di  cui
all'art.   19,   legge   n.   300/1970   che   (anche    alla    luce
dell'interpretazione della Corte costituzionale) consente  la  nomina
di RSA solo nell'ambito delle organizzazioni sindacali firmatarie del
contratto collettivo applicato presso l'unita' produttiva. Viceversa,
la vostra associazione sindacale non  ha  sottoscritto  il  contratto
collettivo specifico di lavoro di primo livello del 29 dicembre  2010
nella sua stesura definitiva del 13  dicembre  2011  che  costituisce
l'unica disciplina collettiva applicata  presso  l'unita'  produttiva
...». 
    Con successive lettere del 16 gennaio 2012  la  FIOM  ha  chiesto
alle societa' convenute otto ore di permesso retribuito per il giorno
19 gennaio 2012 per i membri del  proprio  Comitato  direttivo  e  le
societa' hanno negato ai predetti dirigenti il diritto di fruire  dei
permessi retribuiti. 
    Il rifiuto delle societa' convenute di riconoscere ai  lavoratori
iscritti alla FIOM il diritto di costituire le RSA e di godere  delle
altre prerogative di cui  al  titolo  III  dello  statuto,  e'  stato
motivato in base al disposto dell'art. 19, lettera b) dello  statuto,
ai sensi del quale  le  prerogative  in  esame  sono  riservate  alle
associazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo  applicato
nell'unita' produttiva. 
    3. La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  19,
lettera b) dello statuto e' rilevante in quanto, se venisse meno tale
norma di copertura, il mancato  riconoscimento  dell'efficacia  delle
delibere di nomina dei dirigenti  della  RSA  Fiom-Cgil  e,  piu'  in
generale, il rifiuto di riconoscere ai lavoratori iscritti alla  FIOM
il diritto di costituire le RSA e di godere dei diritti previsti  dal
titolo III, integrerebbero il requisito della antisindacalita' di cui
all'art. 28 della legge n. 300 del 1970. 
    Peraltro, non pare di ostacolo all'ammissibilita' della questione
la natura del procedimento ai sensi dell'art. 28 dello statuto. 
    Come la Corte costituzionale ha avuto modo di  statuire,  poiche'
«... l'azione ex art. 28 ... e' diretta a ... una  tutela  inibitoria
di  un  comportamento   continuato   con   effetti   permanenti,   la
prospettazione  ...  di  illegittimita'  costituzionale  della  norma
permissiva della condotta denunciata e' idonea a fondare  la  domanda
di pronuncia dell'ordine giudiziale di cessazione del comportamento e
di rimozione degli effetti, subordinatamente  alla  condizione  della
sopravvenienza  di  una  sentenza  costituzionale  che  ne  determini
l'illegittimita'.   Ne'   varrebbe   replicare    che    l'ipotizzata
dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale   dell'art.   19
indurrebbe  presumibilmente  il  datore   di   lavoro   a   desistere
spontaneamente, perche' anche in questa  prospettiva  l'incidente  di
costituzionalita' conserverebbe  rilevanza  per  la  definizione  del
giudizio principale, il quale si chiuderebbe con un provvedimento  di
merito motivato dalla cessazione della materia del contendere» (Corte
cost., n. 244 del 1996). 
    4. A conferma della  rilevanza  della  questione  ai  fini  della
soluzione    della    controversia,    deve    essere    sottolineata
l'impossibilita'     di     addivenire     ad      un'interpretazione
costituzionalmente orientata  dell'art.  19,  lettera  b).  Qualsiasi
tentativo in tal senso si pone in contrasto sia con la lettera e  sia
con la ratio della norma in esame. L'art. 19 della legge n.  300  del
1970, nella formulazione successiva al referendum del  1995,  prevede
che «rappresentanze sindacali aziendali poss[a]no  essere  costituite
ad iniziativa dei lavoratori in ogni unita'  produttiva  nell'ambito:
b) delle associazioni sindacali che  siano  firmatarie  di  contratti
collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva». 
    La  formulazione  letterale   dell'articolo   e'   frutto   della
consultazione referendaria indetta con decreto del  Presidente  della
Repubblica 5 aprile 1995, n. 312, che  ha  privato  l'art.  19  della
lettera  a)  e  lo  ha  modificato  nella  lettera   b),   attraverso
l'eliminazione del riferimento al carattere nazionale  o  provinciale
della contrattazione sottoscritta dall'associazione sindacale. Non vi
e'  dubbio  che  la  lettera  della  disposizione,  risultante  dalla
ablazione  referendaria,  miri  ad  introdurre  una  presunzione   di
maggiore rappresentativita' ricavata dalla  effettivita'  dell'azione
sindacale espressa dall'unico indice costituito dalla  sottoscrizione
del contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva. 
    La Corte costituzionale, nella sent. n. 492 del 1995, ha ribadito
come, a seguito dell'abrogazione dell'espressione di cui alla lettera
a) dell'art. 19, il criterio della maggiore rappresentativita'  abbia
mantenuto inalterata la sua rilevanza  essendo  il  riferimento  alle
associazioni sindacali firmatarie di contratti  collettivi  applicati
nell'unita' produttiva,  di  cui  alla  lettera  b),  null'altro  che
presunzione  della   maggiore   rappresentativita'   ricavata   dalla
effettivita'  dell'azione   sindacale   («viene   cosi'   valorizzata
l'effettivita' dell'azione sindacale desumibile dalla  partecipazione
alla  formazione  della  normativa  contrattuale   collettiva   quale
presunzione di detta - maggiore rappresentativita' -)». 
    Non solo, qualche tempo dopo, il giudice delle leggi (sentenza n.
244 del 1996), nel dare atto del rifiuto,  ad  opera  della  volonta'
popolare,  del  principio  di  rappresentativita'  presunta   sotteso
all'abrogata lettera a), ha  ritenuto  la  permanente  validita'  del
criterio di cui  alla  lettera  b),  esteso  all'intera  gamma  della
contrattazione  collettiva,  perche'  comunque  corrispondente  «allo
strumento di misurazione della forza di un sindacato, e  di  riflesso
della sua rappresentativita',  tipicamente  proprio  dell'ordinamento
sindacale», e cio' secondo un giudizio di razionalita' pratica. 
    Nella  sentenza  n.  244/96,  nel  giudicare  della  legittimita'
dell'art. 19, lettera b) st. lav. in riferimento agli articoli 3 e 39
della Costituzione, la  Corte  ha,  da  un  lato,  confermato  quanto
precedentemente  statuito  (l'art.   19   «valorizza   l'effettivita'
dell'azione   sindacale,   desumibile   dalla   partecipazione   alla
formazione della normativa contrattuale collettiva» (sentenza n.  492
del 1995) quale  indicatore  di  rappresentativita'  gia'  apprezzato
dalla sentenza n. 54 del 1974 come «non attribuibile  arbitrariamente
o artificialmente, ma sempre direttamente conseguibile e realizzabile
da ogni associazione sindacale in  base  a  propri  atti  concreti  e
oggettivamente accertabili dal giudice»), dall'altro, ha escluso ogni
vizio di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera  b)  dello
statuto. 
    A parere della Corte, infatti, «(...) la  norma  impugnata  (...)
non viola l'art. 39 Cost. perche' le norme  di  sostegno  dell'azione
sindacale nelle unita' produttive, in quanto sopravanzano la garanzia
costituzionale della liberta' sindacale, ben possono essere riservate
a   certi   sindacati   identificati    mediante    criteri    scelti
discrezionalmente nei limiti della razionalita'; non viola  l'art.  3
Cost. perche', una volta riconosciuto  il  potere  discrezionale  del
legislatore  di  selezionare  i  beneficiari  di  quelle  norme,   le
associazioni   sindacali   rappresentate   nelle   aziende    vengono
differenziate in base  a  (ragionevoli)  criteri  prestabiliti  dalla
legge,  di  guisa  che  la  possibilita'  di  dimostrare  la  propria
rappresentativita' per altre vie  diventa  irrilevante  ai  fini  del
principio di eguaglianza». 
    A  parere  della  Corte,  la  sottoscrizione  di   un   contratto
collettivo applicato nell'unita' produttiva giustifica la presunzione
legale   di   rappresentativita'   del   sindacato   perche'   quella
sottoscrizione da' la misura della forza del sindacato. 
    In altre parole, un sindacato  che  abbia  firmato  un  contratto
collettivo  (anche  di  livello  aziendale)   applicato   nell'unita'
produttiva e', per cio' stesso, forte a tal  punto  da  poter  essere
considerato rappresentativo e quindi meritevole della maggior  tutela
concessa dal titolo III dello statuto. 
    A  parziale  smentita  di  quanto  affermato  nella  sentenza  n.
492/1995, sono irrilevanti, secondo il ragionamento della  Corte  del
1996, altri indici  di  rappresentativita'  perche'  quello  previsto
dall'art. 19, nella nuova e monca  formulazione,  e'  un  ragionevole
criterio prestabilito dalla legge. Alla luce di queste premesse, deve
sottolinearsi come la lettera dell'art. 19, lettera b)  sia  coerente
con lo scopo, perseguito dal legislatore, di attribuire  valore  alle
associazioni  sindacali  che,  attraverso  la   partecipazione   alla
contrattazione   collettiva   applicata    nell'unita'    produttiva,
dimostrino un'effettiva capacita' di rappresentanza  degli  interessi
dei lavoratori coinvolti. 
    L'univocita' della disposizione esclude che  il  giudice  comune,
attraverso gli strumenti interpretativi di cui dispone, possa forzare
il dato letterale della norma, sino  ad  attribuirle  un  significato
volto ad ancorare la rappresentativita' - e dunque la  selezione  dei
soggetti destinatari delle norme di protezione -  a  criteri  diversi
dalla  partecipazione  al  processo  di  contrattazione   collettiva,
desumibile dalla sottoscrizione del contratto. 
    Eppure,     proprio     l'individuazione      della      maggiore
rappresentativita' attraverso l'esclusivo prisma  della  stipula  del
contratto collettivo effettivamente applicato nell'unita' produttiva,
conferisce alla disposizione un significato incompatibile con il dato
costituzionale. 
    5. La conclusione raggiunta, in base alla lettera dell'art. 19  e
all'interpretazione fornita dalla Corte costituzionale,  deve  essere
ripensata  alla  luce  dei  mutamenti  intercorsi   nelle   relazioni
sindacali degli ultimi anni. A tali cambiamenti hanno  fatto  seguito
modifiche normative apportate non solo all'ordinamento  statuale,  ma
anche al sistema sindacale. Le modifiche intervenute spingono  ora  a
riproporre la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  19,
lettera b) della legge n. 300/1970, per contrasto con gli articoli 2,
3  e  39  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui   consente   la
costituzione   delle   rappresentanze   sindacali   aziendali    alle
associazioni che hanno sottoscritto un contratto collettivo applicato
nell'unita'   produttiva,   a    prescindere    dalla    misura    di
rappresentativita' delle stesse e dall'accesso  e  partecipazione  al
negoziato. 
    5.1. La decisione presa dal giudice delle  leggi  nel  1996  deve
essere letta avendo in mente il sistema delle relazioni sindacali  in
quegli anni. 
    Costituisce fatto pacifico, addirittura notorio, come negli  anni
a cavallo del  referendum  e  per  molto  tempo  ancora  i  sindacati
maggiormente rappresentativi abbiano sottoscritto di  norma  tutti  i
contratti  collettivi,  nel  senso  che  non  vi  erano,  di  regola,
contratti collettivi se non  quelli  sottoscritti  unitariamente  dai
sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente  rappresentative,
Cgil, Cisl e Uil. 
    L'automatismo   tracciato   dalla   Corte   costituzionale    tra
sottoscrizione  del  contratto  collettivo  di  lavoro  applicato  in
azienda e rappresentativita', lungi  dall'essere  tautologico,  aveva
come presupposto l'unitarieta' di azione dei  sindacati  maggiormente
rappresentativi e la unitaria sottoscrizione dei contratti collettivi
di lavoro sicche' ragionevolmente quella sottoscrizione poteva essere
assunta a criterio misuratore della forza del sindacato e  della  sua
rappresentativita', indiscutibilmente maggiore. 
    Le eccezioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  19  dello
statuto, compresa quella decisa con la  sentenza  n.  244  del  1996,
furono infatti tutte sollevate in  procedimenti  promossi,  ai  sensi
dell'art. 28 dello statuto, da associazioni sindacali minoritarie  al
fine di contestare la riserva delle prerogative di cui al titolo  III
ai soli  sindacati  firmatari  di  contratti  e  la  Corte  non  ebbe
difficolta' a respingere le eccezioni sottolineando, anche attraverso
il richiamo di precedenti pronunce (cfr. sentenze n. 492/95,  334/88,
30/90, 334/88, 54/74), la duplice  esigenza,  di  far  convergere  le
misure di sostegno a  favore  delle  organizzazioni  maggiormente  in
grado di tutelare gli interessi dei lavoratori e di evitare  che  una
eccessiva estensione dei beneficiari  potesse  vanificare  gli  scopi
delle norme di promozione. 
    5.2. Lo scenario delle attuali relazioni sindacali, quale  emerge
dalla ricostruzione fatta nei ricorsi ex  art.  28  dello  statuto  e
nelle memorie di costituzione, e' invece caratterizzato dalla rottura
dell'unita'   di    azione    delle    organizzazioni    maggiormente
rappresentative,  dalla  conclusione  di  contratti  collettivi   cd.
separati e, in particolare, da  una  serie  di  iniziative  poste  in
essere dal Gruppo Fiat, di cui le societa' convenute fanno parte, che
ha portato alla creazione di un nuovo sistema contrattuale,  definito
da una dottrina come «auto-concluso ed auto-sufficiente». 
    Fiat spa e Fiat Industrial, uscite  dal  sistema  confindustriale
con effetto dal 1° gennaio 2012, hanno sottoscritto, per conto  delle
societa' del gruppo, tra cui le convenute, il cd. accordo applicativo
con le organizzazioni sindacali FIM, UILM, FISMIC, UGL Metalmeccanici
e l'Associazione Quadri e Capi Fiat, concordando l'applicazione a far
data dal gennaio 2012 del Contratto collettivo specifico di lavoro di
primo  livello  (cd.  CCSL)  del  29  ottobre  2010,  nella   stesura
definitiva del 13 dicembre 2011, in luogo del CCNL Metalmeccanico. 
    La FIOM, benche' convocata in  tutti  i  tavoli  negoziali  (cfr.
memoria di costituzione, pag. 6) e  benche'  abbia  partecipato  alle
trattative relative al contratto per lo stabilimento  di  Pomigliano,
poi esteso alle aziende del gruppo (cfr. ricorso,  pag.  2),  non  ha
sottoscritto il CCSL, l'unico applicato nelle unita' produttive delle
convenute. 
    Secondo l'attuale formulazione  dell'art.  19  dello  statuto,  i
lavoratori  iscritti  alla  FIOM  non  hanno  diritto  di  costituire
rappresentanze sindacali aziendali poiche' la FIOM non e'  firmataria
del contratto collettivo applicato nelle aziende convenute. 
    Non e' contestato che la FIOM sia uno dei sindacati  maggiormente
rappresentativi, specificamente nel settore  metalmeccanico,  e  che,
presso le societa' convenute, sia piu'  rappresentativo  degli  altri
sindacati  firmatari  del  contratto   collettivo   applicato   (cfr.
documento n. 1 allegato a ciascun ricorso relativo alle nomine  delle
RSU). 
    5.3. Preso atto del nuovo  e  differente  scenario  dei  rapporti
sindacali,  occorre  domandarsi  se  il  criterio  selettivo  di  cui
all'attuale art. 19, lettera b), incentrato sulla sottoscrizione  del
contratto collettivo applicato, sia tuttora dotato di  ragionevolezza
e  se  possa  ancora  costituire  indice  adeguato  della   effettiva
rappresentativita' di un sindacato. 
    Dottrina e giurisprudenza hanno piu'  volte  rimarcato  il  ruolo
preminente, quale indice di rappresentativita', della  partecipazione
alla procedura di contrattazione rispetto al dato formale e terminale
della sottoscrizione del contratto collettivo. 
    La giurisprudenza sul testo originario dell'art. 19, lettera  b),
aveva avuto modo di rilevare come  «il  riferimento  della  norma  in
esame al  contratto  collettivo  non  e'  relativo  ai  suoi  effetti
giuridici (la sottoscrizione in se'), ma e' sempre assunto ad  indice
della maggiore rappresentativita'. Quindi, cio' che e' rilevante  non
e' il dato formale di essere parte di un contratto collettivo, ma  il
dato sostanziale di  aver  mostrato  la  propria  rappresentativita',
prendendo parte effettiva  al  processo  di  contrattazione»  (Cass.,
6613/88; cfr. anche Cass., 18260/2010). 
    All'indomani  del  referendum,  la  dottrina  sottolineo'   come:
«l'abrogazione    del    requisito     riferito     alla     maggiore
rappresentativita'   della    Confederazione    sindacale    dovrebbe
sollecitare l'interprete a ricercare  un  contenuto  sostanziale  per
l'unico criterio selettivo  oggi  vigente,  senza  fermarsi  al  dato
letterale ... D'altronde, mentre la partecipazione al negoziato e' un
dato che evidenzia l'effettiva forza contrattuale e, di riflesso,  la
capacita'  rappresentativa  del  sindacato,  la  mera  sottoscrizione
dell'accordo si palesa come un elemento che puo' essere rimesso  alla
valutazione del datore di lavoro». 
    Occorre poi considerare che le due chiavi di accesso alla  tutela
privilegiata dell'art.  19,  rappresentate  dalle  lettere  a)  e  b)
nell'originaria formulazione, rispondevano alla medesima esigenza  di
selezionare un sindacato che, in quanto piu'  rappresentativo  di  un
altro, fosse meritevole di una speciale  tutela,  ulteriore  rispetto
alla mera garanzia della liberta' sindacale, assicurata dall'art.  39
della Costituzione. 
    Tale esigenza non puo' dirsi venuta meno a seguito della parziale
abrogazione  referendaria,  ed  anzi  essa  deve  essere  considerata
tuttora immanente al criterio di  rappresentativita'  espresso  dalla
sola lettera b), come  emendata,  in  quanto  espressione  di  valori
costituzionalmente tutelati. 
    La Corte  costituzionale  nella  sentenza  n.  334  del  1988  ha
evidenziato come il  meccanismo  selettivo  di  sostegno  qualificato
dell'azione  sindacale  debba   essere   «funzionale   al   carattere
indivisibile degli interessi dei lavoratori» e «favorire un  processo
di aggregazione e di coordinamento degli interessi  dei  vari  gruppi
professionali, anche al fine di ricomporre, ove possibile, le  spinte
particolaristiche  in  un  quadro   unitario».   Finalita',   questa,
«coerente  al  complessivo  disegno  cui  e'   informata   la   Carta
costituzionale nel quale anche l'art. 39 va inserito: e cioe', sia al
principio  solidaristico  ...  enunciato  nell'art.  2  ...  sia   al
principio consacrato nel secondo comma dell'art. 3  che,  promuovendo
l'eguaglianza sostanziale  tra  i  lavoratori  e  la  loro  effettiva
partecipazione all'organizzazione politica, economica e  sociale  del
Paese, addita anche alle organizzazioni sindacali di rendersi, per la
loro parte, strumenti di tale partecipazione, oltre che di tutela dei
diretti interessi economici dei lavoratori». 
    Il fondamento costituzionale della  meritevolezza  del  sindacato
piu'  rappresentativo  deve   quindi   rinvenirsi   negli   obiettivi
solidaristici ed egualitari che presuppongono una rappresentazione di
interessi,  non  confinati  in  categorie  o  gruppi  ristretti,   ma
appartenenti al numero piu' ampio possibile di lavoratori. 
    Occorre poi considerare che la materia in esame e'  informata  ad
inderogabili principi di ordine  pubblico  e  cio'  comporta  che  «i
requisiti  per  la  costituzione  di  una  rappresentanza   sindacale
aziendale stabiliti dall'art. 19 della legge n. 300 del 1970 ...  non
possono essere ritenuti sussistenti in virtu' del mero riconoscimento
del datore di lavoro», (Cass., 6701/88). 
    Cio'   significa   che   il    riconoscimento    del    carattere
rappresentativo del sindacato e quindi la sua meritevolezza, ai  fini
delle prerogative di cui al titolo III dello statuto, devono  trovare
fondamento  in  un  criterio  di  razionalita'  che,  in  base   alla
giurisprudenza  costituzionale,  non  puo'  essere  sganciato   dalla
prospettiva, ugualitaria e solidaristica, di incentivare  l'attivita'
di sindacati che riescano a coagulare e a rappresentare gli interessi
del maggior numero di lavoratori. 
    D'altra parte,  come  la  dottrina  ha  rilevato,  posto  che  la
rappresentativita', anche a livello endoaziendale, e' necessariamente
espressa  dal  consenso  degli   interessati,   in   tanto   potrebbe
prescindersi da questo canone (il consenso) per  sostituirlo  con  un
altro (la sottoscrizione del contratto  collettivo),  in  quanto  sia
rinvenibile un valore che giustifichi questa deviazione. 
    Nell'attuale condizione  di  rottura  dell'unita'  sindacale,  il
criterio selettivo di cui all'art. 19, imperniato  sul  dato  formale
della sottoscrizione del contratto applicato e sganciato da qualsiasi
raccordo con la misura del consenso dei rappresentati, mostra tutti i
suoi limiti in termini di irragionevolezza e miopia. 
    Ad  essere  messa  in  discussione  e',  quindi,  quella   «linea
storico-sociologica» che,  pure  nella  sentenza  n.  244  del  1996,
giustificava la «razionalita' pratica» dell'art. 19, lettera b) dello
statuto. 
    Cio', specialmente, in un sistema privo di  regole  democratiche,
normativamente poste, in grado di selezionare i soggetti  legittimati
a sottoscrivere. 
    L'applicazione pratica dell'art. 19, lettera b), nel nuovo regime
di rottura  dell'unita'  sindacale,  ha  portato  a  considerare  non
rappresentativo un sindacato, la FIOM, in  conseguenza  della  omessa
sottoscrizione del contratto applicato nelle aziende del gruppo  Fiat
e nonostante sia pacifico che si tratti di sindacato, anche presso le
societa'  convenute,  piu'  rappresentativo  degli  altri  e  quindi,
ragionevolmente, piu' meritevole delle tutele di cui al titolo III. 
    Per effetto dell'art. 19, lettera b), si e' considerato privo  di
forza rappresentativa un sindacato, la FIOM, che e'  stato  convocato
ed ha preso parte alle trattative e alla procedura di  contrattazione
e che, nell'esercizio della propria liberta' sindacale, ha scelto  di
non sottoscrivere il contratto collettivo, manifestando in  tal  modo
il proprio dissenso. 
    Dalla mancata sottoscrizione  del  contratto  collettivo,  si  e'
fatta derivare la negazione di  una  rappresentativita'  che  esiste,
invece, nei fatti e nel consenso dei  lavoratori  addetti  all'unita'
produttiva. 
    Un  criterio  selettivo  rivela  tutta  la  sua   inidoneita'   e
irrazionalita' nel momento in cui, applicato a fattispecie  concrete,
porta ad un risultato che contraddice il presupposto a  dimostrazione
del quale il criterio stesso era stato elaborato. 
    Nel caso di specie ed in conseguenza del criterio selettivo della
sottoscrizione del contratto, dovrebbe  riconoscersi  maggiore  forza
rappresentativa alle associazioni firmatarie del contratto  applicato
(Fim-Cisl, Uilm-Uil,  Fismic,  Ugl  Metalmeccanici  e  l'Associazione
Quadri e  Capi  Fiat),  anziche'  alla  FIOM,  laddove  in  fatto  e'
incontestato il dato contrario. 
    La contraddittorieta' tra  la  rappresentativita'  desunta  dalla
sottoscrizione del contratto e quella realmente posseduta dalle varie
associazioni sindacali rivela come la  sottoscrizione  del  contratto
non possa tuttora assumere valore sintomatico della  effettiva  forza
sindacale delle singoli associazioni ma, se mai, di un  loro  diverso
atteggiamento   collaborativo   nei   confronti   della   controparte
datoriale. 
    Le conseguenze abnormi della pedissequa applicazione del criterio
selettivo di cui all'art. 19, lettera b), sganciate dalla realta'  di
una   effettiva   rappresentativita',   ne   rivelano    l'intrinseca
irragionevolezza, che emerge  persino  da  un'attenta  lettura  della
sentenza n. 244/1996.  E'  proprio  tale  pronuncia  a  non  ritenere
sufficiente la mera adesione formale ad  un  contratto  negoziato  da
altri sindacati, richiedendo, appunto, «una partecipazione attiva  al
processo di formazione del contratto» che,  evidentemente,  non  puo'
essere soddisfatta da un criterio, quale quello della  sottoscrizione
del contratto, che nega i diritti promozionali a chi  ha  partecipato
attivamente alla  trattativa  ed  ha  rifiuto  di  firmare  l'accordo
manifestando in tal modo il proprio dissenso. 
    5.4. Non e' solo il mutato contesto delle relazioni  sindacali  a
rendere anacronistico il disposto di  cui  all'art.  19,  lettera  b)
dello statuto dei lavoratori. E'  la  stessa  evoluzione  del  quadro
normativo e dell'assetto del sistema sindacale a  rendere  incoerente
la norma impugnata con l'ordinamento statuale. 
    L'irrazionalita',  intesa  come  distonia  nel  sistema,  emerge,
anzitutto, dall'essere il criterio  selettivo  di  cui  all'art.  19,
lettera b), divergente, non solo  da  quello,  mai  attuato,  di  cui
all'art. 39, comma 4  della  Costituzione,  ma  anche  dal  parametro
riferito  ai   sindacati   maggiormente   o   comparativamente   piu'
rappresentativi utilizzato da una ampia legislazione che  ha  elevato
la  contrattazione  collettiva  a  fonte  integrativa,  suppletiva  o
derogatoria della propria disciplina (cfr.  legge  n.  56  del  1987;
legge n. 223 del 1991; legge n. 196 del 1997; decreto legislativo  n.
61 del 2000; decreto legislativo n. 368 del 2001; decreto legislativo
n. 66 del 2003; decreto legislativo n.  276  del  2003),  da  ultimo,
l'art. 8 della legge n. 148 del 2011. 
    L'art. 19, nella sua attuale configurazione, si pone in antinomia
anche rispetto al criterio di rappresentativita' minima, modulato  su
una combinazione di dati associativi e dati elettorali, presente  sia
nel decreto legislativo n. 165 del 2001 (art. 43),  sia  nell'accordo
interconfederale del 28 giugno 2011. 
    Inoltre, l'art. 8 della legge n. 148 del 2011, nel momento in cui
ridefinisce le regole della contrattazione di prossimita', privilegia
il  criterio  maggioritario,  dunque  implicitamente   scartando   la
possibilita' che un sindacato certamente maggioritario come  la  Fiom
possa  essere  escluso  a  favore  di  sindacati  minoritari  (seppur
firmatari). 
    Non solo, proprio l'art.  8  citato  rivela  l'incoerenza  di  un
sistema che da un lato consente ad un sindacato comparativamente piu'
rappresentativo  sul  piano  nazionale  o  territoriale  (e  tale  e'
certamente la FIOM) di stipulare contratti territoriali  o  aziendali
anche in  deroga,  in  specifiche  materie,  alla  contrattazione  di
categoria e alla  normativa  di  legge  e,  dall'altro,  preclude  al
medesimo sindacato di costituire una RSA ove non  abbia  sottoscritto
un contratto collettivo applicato in azienda. 
    E' vero che i criteri individuati  dalle  disposizioni  citate  e
dall'accordo interconfederale del 28  giugno  2011  sono  finalizzati
alla selezione dei soggetti abilitati alla  contrattazione,  ma  essi
rivelano  la  centralita',  nell'ordinamento  statuale  e  in  quello
intersindacale, del principio di effettiva rappresentativita'. 
    Insomma,  alla  tendenza  espressa  dal   sistema   generale   di
selezionare i soggetti abilitati alla  contrattazione  collettiva  in
base ad una verifica concreta di rappresentativita', l'art. 19 oppone
l'effetto paradossale di subordinare il  godimento  dei  diritti  del
titolo III ad un principio di effettivita' della  rappresentanza  che
prescinde da ogni parametro di rilevazione del consenso e poggia  sul
mero dato formale della sottoscrizione del contratto applicato. 
    Il criterio selettivo di cui all'art. 19, lettera b),  in  quanto
considera  quale  unico  presupposto  per   la   costituzione   delle
rappresentanze sindacali aziendali la  sottoscrizione  del  contratto
collettivo  applicato  nell'unita'  produttiva,  appare   irrazionale
perche' indice  inidoneo  della  effettiva  rappresentativita'  delle
associazioni sindacali,  cosi'  da  tradire  la  ratio  stessa  della
disposizione  dello  statuto,  volta  ad  attribuire  una   finalita'
promozionale  e  incentivante  all'attivita'  del   sindacato   quale
portatore di interessi del maggior numero di  lavoratori,  che  trova
una diretta  copertura  costituzionale  nel  principio  solidaristico
espresso  dall'art.  2  Cost.  nonche'  nello  stesso  principio   di
uguaglianza sostanziale, di cui al secondo comma  dell'art.  3  della
Costituzione. 
    6.  L'irrazionalita'   del   criterio   selettivo,   come   sopra
argomentata, determina,  di  per  se',  un  contrasto  dell'art.  19,
lettera b) con l'art. 39 della Costituzione, risultando le  norme  di
sostegno dell'azione sindacale nelle unita'  produttive  riservate  a
sindacati identificati mediante criteri non conformi  a  razionalita'
(cfr. sentenza Corte costituzionale n. 244 del 1996 che ha escluso la
violazione dell'art. 39 Cost. sul rilievo che le  norme  di  sostegno
dell'azione sindacale nelle unita' produttive  fossero  riservate  ad
alcuni sindacati in base a criteri  discrezionali  nei  limiti  della
razionalita'). 
    L'effetto legale dell'art. 19, lettera b),  di  riconoscimento  o
negazione dei diritti del titolo III in ragione della  sottoscrizione
o meno del contratto  applicato  in  azienda,  incide  sull'esercizio
della liberta' sindacale limitandola e condizionandola. 
    La decisione dell'associazione sindacale sulla sottoscrizione  di
un contratto collettivo sara' condizionata non solo  dalla  finalita'
di  tutela  degli  interessi  dei  lavoratori,  secondo  la  funzione
regolativa propria  della  contrattazione  collettiva,  bensi'  anche
dalla prospettiva di ottenere (firmando) o perdere (non  firmando)  i
diritti  del  titolo  facenti  capo   direttamente   all'associazione
sindacale, potendo le due esigenze, come nella fattispecie in  esame,
entrare in conflitto e dovendosi inoltre valutare la  necessita',  ai
fini della sottoscrizione, del consenso  e  della  collaborazione  di
parte datoriale. 
    In ipotesi estrema, ove  la  parte  datoriale  decidesse  di  non
firmare  alcun  contratto  collettivo,  non  vi  sarebbe  nell'unita'
produttiva  alcuna  rappresentanza   sindacale,   il   che   conferma
l'assoluto potere che il criterio in esame attribuisce alle imprese. 
    Le considerazioni finora svolte portano a  ritenere  rilevante  e
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 19, lettera b) della legge n. 300 del  1970,
per contrasto con gli articoli 2, 3 e 39  della  Costituzione,  nella
parte  in  cui,  consentendo  la  costituzione  delle  rappresentanze
sindacali aziendali alle sole associazioni firmatarie di un contratto
collettivo applicato nell'unita' produttiva, adotta un  criterio  che
prescinde  dalla  misurazione  dell'effettiva  rappresentativita'   e
dall'accesso e partecipazione al negoziato, come  tale  irragionevole
oltre che lesivo della liberta' sindacale.