IL TRIBUNALE 
 
    Il Giudice dott. Santino Mirabella; 
    Esaminata la richiesta del Pubblico  Ministero  di  archiviazione
della denuncia-querela presentata da Foti Giuseppe nei  confronti  di
Castiglione Giuseppe, agli atti identificati e letta  la  opposizione
presentata dal denunciante. 
 
                            O s s e r v a 
 
    Nel corso di un  intervista  rilasciata  il  novembre  2010  alla
televisione catanese Telejonica, in un programma in cui si  discuteva
della  mafia  a  Catania,  Castiglione  Giuseppe,  Presidente   della
Provincia di Catania,  dichiarava  che  un  anno  prima  aveva  avuto
consegnato a mano un biglietto che annunciava la vincita di una  gara
- per un appalto per un importo superiore a sette milioni - celebrata
presso l'Urega di Catania. 
    Nel  corso  di  questa  stessa  intervista  il  presidente  della
Provincia dichiarava che in  effetti  la  gara  aveva  avuto  l'esito
«annunciato» e che a presiedere l'Urega era un magistrato. 
    Quest'ultimo,  quindi,  ritenendosi  «calunniato   e   diffamato»
presentava querela presso la stazione dei Carabinieri di Acicastello. 
    Pero' il soggetto in questione, e cioe' Foti  Giuseppe,  non  era
invero un Magistrato; anzi, meglio:  non  era  «piu'»  un  magistrato
perche' si era dimesso dalla Magistratura iniziando  senza  soluzione
di continuita' ad esercitare la professione forense. 
    A questo punto, prima di entrare nel merito della vicenda oggetto
della querela, occorre dirimere una questione giuridica:  infatti  al
momento in cui il Foti presiedeva la commissione Urega egli  non  era
piu' magistrato da  un  anno  e,  come  detto,  svolgeva  l'attivita'
forense presso lo stesso foro. 
    In linea di legge non era piu' applicabile quindi quanto disposto
dall'art.  11  c.p.p.,  con  il  conseguenziale   spostamento   della
competenza ad altra A.G.. 
    Pero' appare evidente  come  la  situazione  si  renda  delicata:
infatti la ratio ispiratrice dell'art. 11 c.p.p. e' certamente quella
di garantire non solo la sostanza della imparzialita' della  funzione
giudiziaria  ma  anche  l'apparenza,  eliminando  presso   l'opinione
pubblica qualsiasi sospetto di parzialita' determinato  dal  rapporto
di colleganza e dalla normale frequentazione tra Magistrati  operanti
in uffici giudiziari del medesimo distretto (v. in  tal  senso  Cass.
Pen. Sez. I n. 7124/99). 
    Nell'ipotesi odierna non vi e' la medesima situazione,  e'  vero,
ma e' altrettanto vero che nello stesso  corpo  dell'art.  11  c.p.p.
espressamente si faccia riferimento «alla competenza  di  un  ufficio
giudiziario compreso nel distretto  di  corte  d'appello  in  cui  il
magistrato esercita le proprie finzioni o le  esercitava  al  momento
del fatto». 
    Pertanto fino  a  qui  il  legislatore  ha  ritenuto  di  potersi
spingere, ma non ha  ritenuto  di  poter  andare  oltre;  purtuttavia
emerge evidente la sensibilita' intorno alla necessita' di evitare la
commistione tra ruoli anche in  ipotesi  di  «non  attualita'»  della
colleganza. 
    Nel  caso  odierno  emerge,  a  parere  di  questo  Giudice,   la
lacunosita' della norma  laddove  non  faccia  riferimento  anche  ai
soggetti che esercitavano le funzioni di Magistrato in quel distretto
«non» al momento del fatto e/o (soprattutto, per quel  che  interessa
in questa sede) che non le esercitano piu' per il semplice motivo che
hanno smesso di fare il lavoro di magistrato. 
    Infatti, nel caso odierno, Foti Giuseppe continuo' immediatamente
ad esercitare nello stesso  distretto  e  tra  le  stesse  mura,  ma,
appunto, con il diverso ruolo di avvocato. 
    A parere di questo Giudice, quindi, l'art. 11 c.p.p. manca di una
indicazione che lo renda costituzionalmente  orientato,  comprendendo
tra le sue ipotesi esplicite anche quella  in  cui  l'imputato  o  la
parte offesa del procedimento sia stato magistrato in  quello  stesso
distretto e successivamente abbia smesso la toga; a  maggior  ragione
relativamente all'ipotesi in cui egli venga ad  essere  parte  in  un
procedimento davanti ai suoi ex colleghi addirittura, come in  questo
caso, perche' chiamato in causa da una controparte non  «in-veste-di»
giudice, ma indicato «in-quanto» ex giudice. 
    L'incompetenza territoriale prevista dall'art. 11 c.p.p.  e'  del
resto  ormai  pacificamente  riconosciuta  dalla  giurisprudenza   di
legittimita' anche per i Giudici di pace e per i Magistrati onorari. 
    L'art. 11 cit., cosi' descritto, appare in contrasto con le norme
costituzionali previste da: 
        art. 3 Cost., in quanto la disciplina dettata  per  garantire
la terzieta' del Giudice, e  conseguenzialmente  la  uguaglianza  dei
cittadini davanti  alla  legge,  non  trova  adeguata  corrispondenza
permettendo ad una persona che fino a poco tempo prima era Giudice di
essere valutato (come imputato o parte offesa)  dai  suoi  stessi  ex
colleghi; 
        art. 24 Cost., in quanto proprio per gli stessi motivi di cui
al punto precedente, si rischia  da  un  punto  di  vista  formale  e
sostanziale un concreto (o quanto meno una apparenza  di)  dislivello
nell'esercizio del diritto di difesa; 
        art. 111 co. 2 Cost., dato che  la  lacunosita'  presenta  un
potenziale vulnus alla terzieta' ed imparzialita' del Giudice. 
    Per quanto sopra,  quindi,  l'art.  11  c.p.p.  sembra  a  questo
Decidente  incostituzionale  nella   parte   in   cui   non   prevede
l'incompetenza territoriale - per i procedimenti  nei  confronti  dei
Magistrati -  anche  per  gli  ex  Magistrati,  quanto  meno  per  un
apprezzabile  lasso  di  tempo  successivo  alla   cessazione   della
appartenenza all'Ordine Giudiziario.