IL TRIBUNALE 
 
     Sciogliendo la riserva assunta, osserva: 
        il presente procedimento ha ad oggetto convalida  di  sfratto
per finita locazione intimata in relazione al contratto di  locazione
di immobile ad uso non abitativo. 
    All'udienza fissata per la comparizione delle parti l'intimato si
e' opposto alla convalida, e questo  Giudice,  ritenuto  che,  stante
l'opposizione alla convalida, occorresse disporre  il  mutamento  del
rito, ha provveduto ai sensi dell'art. 426 c.p.c.. 
    Considerato altresi' che trattasi di  materia  locatizia  sarebbe
applicabile l'art. 5 commi 1 e 4 lett. b)  d.lgs.  n.  28/10  con  la
conseguente necessita' di assegnare un termine perentorio alle  parti
per presentare la domanda di mediazione, essendo ormai terminata  con
il mutamento del rito la fase sommaria della convalida. 
    Alcuni elementi della  disciplina  contenuta  nel  d.lgs.  citato
appaiono tuttavia in contrasto con alcune norme della Costituzione. 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  e'   sicuramente
rilevante nel presente procedimento. Difatti a seguito del  mutamento
del rito ai sensi dell'art. 667 c.p.c. l'esperimento del procedimento
di  mediazione  e'  condizione  necessaria  di  procedibilita'  della
domanda giudiziale secondo il combinato disposto  dei  commi  1  e  4
dell'art. 5 d.lgs. n. 28/10 che quindi devono  essere  applicati  dal
Giudice il quale deve anche d'ufficio rilevare, nell'udienza  in  cui
procede al mutamento del rito, l'eventuale mancato esperimento  della
procedura di mediazione e assegnare un termine perentorio alle  parti
per presentare la relativa domanda. 
    La  questione  inoltre  non  e'  manifestamente  infondata  sotto
quattro diversi profili in relazione ad alcune norme  del  d.lgs.  n.
28/10 citato e del decreto ministeriale attuativo  n.  180/2010,  sia
perche' in contrasto con le norme della Costituzione  indicate  dalla
difesa, che per il contrasto con altri  articoli  della  Costituzione
stessa. 
    Le questioni sono le seguenti: 
        1)  Non  manifestamente  infondata   e'   la   questione   di
costituzionalita' del combinato disposto  degli  artt.  5  d.lgs.  n.
28/2010 e 16 decreto ministeriale n. 180/2010,  nella  parte  in  cui
stabilisce l'onerosita' della mediazione obbligatoria, per violazione
dell'art. 24 Cost., in quanto subordina  l'esercizio  della  funzione
giurisdizionale al pagamento di  una  somma  di  denaro.  Seppure  il
legislatore   possa   subordinare    l'esercizio    della    funzione
giurisdizionale ad un previo adempimento, al fine di razionalizzare e
deflazionare il contenzioso giudiziario, come nel caso dell'art.  414
c.p.c.,  non  puo'   contestualmente   subordinare   l'accesso   alla
giurisdizione al pagamento di una somma di denaro. Il divieto per  lo
Stato di pretendere il versamento di somme per potere  esercitare  un
diritto in sede giurisdizionale  e'  gia'  stato  sancito  in  alcune
occasioni dalla Corte costituzionale (vedi sentenze n. 67/1960  e  n.
21/1961 rispettivamente in  materia  di  cautio  pro  expensis  e  di
principio del solve  et  repete).  Le  spese  di  mediazione  non  si
giustificano in quanto non hanno natura di  tributo,  trattandosi  di
compenso destinato ad organismo,  eventualmente  anche  privato,  ne'
assolvono   ad    una    funzione    di    garantire    l'adempimento
dell'obbligazione dedotta in giudizio, come nel caso delle cauzioni. 
        2)  Non  manifestamente  infondata   e'   la   questione   di
costituzionalita' dell'art. 8 d.lgs. n. 28/2010 per violazione  degli
artt. 3, 24, 76 e 77 Cost. nella  parte  in  cui  prevede  che  dalla
mancata partecipazione senza giustificato motivo al  procedimento  di
mediazione il Giudice puo' desumere argomenti di prova nel successivo
giudizio ai sensi dell'art. 116 comma 2 c.p.c..  Difatti  tale  norma
del codice di procedura civile consente al Giudice  di  integrare  le
risultanze  probatorie   acquisite   con   valutazioni   tratte   dal
comportamento processuale delle parti. Queste ultime  tuttavia  hanno
facolta' di adottare i comportamenti  che  ritengono  strategicamente
piu' convenienti dal punto di vista processuale, nella consapevolezza
che tali comportamenti saranno comunque oggetto di considerazione  da
parte del Giudice. Nel caso del tentativo di mediazione  infruttuoso,
e di conseguente  instaurazione  della  fase  contenziosa,  si  viene
invece  ad  influenzare  la  libera  valutazione  del  Giudice,  e  a
pregiudicare la posizione processuale delle parti, sulla base  invece
di comportamenti extraprocessuali relativi ad una fase alla quale  il
Giudice  nemmeno  ha  partecipato  e  finalizzata   unicamente   alla
conciliazione e non ad una preventiva delibazione delle ragioni delle
parti.  Sebbene  sia  in  astratto  ammissibile  la   previsione   di
meccanismi sanzionatori a carico della  parte  che  non  aderisce  al
tentativo di  mediazione,  essa  non  puo'  arrivare  a  pregiudicare
l'effettiva realizzazione della pretesa giuridica  dell'individuo  in
sede giurisdizionale. La legge-delega non ha in alcun  modo  previsto
la possibilita' per il legislatore delegato di creare un collegamento
probatorio  tra  la  fase  conciliativa  e  quella  giudiziale  e  di
utilizzare in quest'ultima elementi di prova  acquisiti  nella  prima
ove le parti non  hanno  necessaria  assistenza  tecnica  e  dove  la
finalita' e' meramente conciliativa. D'altronde la legge delega,  nel
richiedere il rispetto delle  direttive  comunitarie,  implicitamente
richiama i principi contenuti nei «considerando» della  direttiva  n.
2008/52/CE tra i quali il n. 23) sancisce  l'esigenza  di  rispettare
l'esigenza  di  riservatezza  nella  gestione  della  mediazione   da
salvaguardare nel successivo procedimento giudiziario  con  normativa
interna  adeguata.  Si  profila  inoltre  anche  una  disparita'   di
trattamento  tra  le  parti  che,  in  ragione  della  materia  della
controversia, accedono immediatamente al processo, e quelle che  sono
tenute  ad  aderire  al  tentativo  di  mediazione  per  evitare  una
successiva valutazione negativa del Giudice ai  sensi  dell'art.  116
c.p.c.. 
        3)  Non  manifestamente  infondata   e'   la   questione   di
costituzionalita' per violazione  degli  artt.  3,24,76  e  77  Cost.
dell'art. 13 d.lgs. n. 28/2010 che disciplina le spese di lite  nella
parte in cui prevede che alla parte vincitrice del giudizio  che  non
abbia accettato una proposta conciliativa che sia venuta a coincidere
con il contenuto della decisione giudiziaria debbano essere accollate
le spese di lite proprie e della controparte, oltre al  pagamento  di
un importo pari al contributo unificato e alle spese di mediazione, e
che in caso di parziale coincidenza il Giudice possa comunque  negare
alla  parte  vincitrice  il  rimborso  delle  spese  di   mediazione.
L'accesso alla  tutela  giudiziaria  risulta  di  fatto  inibito  dal
sovvertimento del principio della soccombenza a scapito del vincitore
che sarebbe costretto ad effettuare una prognosi di  coincidenza  tra
due atti, decisione del Giudice e proposta  conciliativa,  del  tutto
eterogenei quanto a presupposti e finalita'. Anche in questo caso  si
profila una disparita' di trattamento tra le parti  che,  in  ragione
della  materia  della  controversia,   accedono   immediatamente   al
processo, e quelle  che  sono  tenute  ad  aderire  al  tentativo  di
mediazione. 
        4) Non manifestamente infondata infine  e'  la  questione  di
costituzionalita' del combinato disposto  degli  artt.  5  d.lgs.  n.
28/10 e dell'art. 16 decreto ministeriale n.  180/2010  in  relazione
all'art. 3 Cost. per la disparita' di trattamento  che  sussiste  tra
attore e convenuto. Infatti mentre quest'ultimo puo' scegliere di non
aderire  al  procedimento,  l'attore  e'   costretto,   a   pena   di
improcedibilita' della domanda giudiziale, ad avviare il procedimento
di mediazione dovendo quindi sopportare necessariamente sia le  spese
di avvio della mediazione che le spese di mediazione stessa, poste  a
carico in solido a ciascuna parte che ha aderito al procedimento. 
    Le questioni prospettate sono sicuramente rilevanti nel  presente
procedimento a causa nella necessaria applicazione degli artt. 5, 8 e
13 d.lgs. n. 28/10,  in  combinato  disposto  con  l'art.  16 decreto
ministeriale  n. 180/2010. 
    Si rileva comunque che analoghe questioni risultano essere  state
sollevate,  con  contestuale  trasmissione  degli  atti  alla   Corte
costituzionale, dal Tribunale di  Genova  con  ord.  n.  4574/11  del
18.11.11, dal TAR Lazio con ord. n. 3202/11 del 12.4.11, dal  Giudice
di Pace di Parma con ord. n. 271/11 del 1.8.11  e  da  questo  stesso
Giudice con ordinanza nell'ambito del giudizio n. 7467/11.