Ricorso  della  Provincia  autonoma   di   Trento   (cod.   fisc.
00337460224), in persona  del  Presidente  della  Giunta  provinciale
pro-tempore  Lorenzo  Dellai,  autorizzato  con  deliberazione  della
Giunta provinciale 21 settembre 2012, n. 1970 (doc. 1), rappresentata
e difesa, come da procura speciale n. rep.  27776  del  25  settembre
2012 (doc. 2), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante
della Provincia, dall'avv.  prof.  Giandomenico  Falcon  (cod.  fisc.
FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc.
PDRNCL56R01G428C)  dell'Avvocatura  della  Provincia  di   Trento   e
dall'avv. Luigi Manzi (cod.  fisc.  MNZLGU34E15H501Y)  di  Roma,  con
domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via  Confalonieri,
n. 5, 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale: 
        dell'art. 16, comma 10-bis; 
        dell'art. 17-ter, comma 5; 
        dell'art. 37, commi da 4 a 8; 
        dell'art. 69, comma 3-bis, 
        del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, Misure  urgenti  per
la crescita del Paese,  come  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 7 agosto 2012, n. 134, pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  n.
187 dell'11 agosto 2012, suppl. ord. n. 171, 
    per violazione: 
        degli articoli 8, nn. 3), 5), 6), 10), 13),  15),  17),  18),
21) e 24); 9, nn. 9) e 10); 
        12, 13, 14 e 16 dello Statuto speciale; 
        del Titolo VI dello Statuto speciale, e in particolare  degli
articoli 79, 80 e 81; 
        degli articoli 103, 104 e 107 del medesimo Statuto speciale; 
        delle relative norme di attuazione, tra le quali  il  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266, il decreto  legislativo  16  marzo
1992, n. 268, il d.P.R.  115/1973,  il  d.P.R.  381/1974,  il  d.P.R.
235/1977, il d.lgs. n. 526/1987; 
        degli artt. 117 e 118 Cost., in combinato disposto con l'art.
10 legge cost. 3/2001; 
        del principio di leale collaborazione  e  dell'art.  1  legge
443/2001: 
        dei principi di ragionevolezza e di certezza del diritto, 
        nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                                Fatto 
 
    Il d.l. n. 83/2012 contiene  un  complesso  di  nonne  denominato
Misure urgenti per la crescita del Paese. 
    Viene qui in rilievo, innanzitutto, il Titolo I, che si riferisce
a Misure urgenti per le infrastrutture, l'edilizia ed i trasporti. In
esso e' infatti compreso l'art. 16, recante Disposizioni urgenti  per
la continuita' dei servizi di trasporto, il cui comma  10-bis  regola
«l'approvazione  in  tempi  certi   del   progetto   definitivo   del
prolungamento a nord  dell'autostrada  A31».  Nel  Titolo  I  rientra
inoltre l'art. 17-ter,  Legislazione  regionale,  inserito  nel  capo
IV-bis,  Disposizioni  per  favorire  lo  sviluppo  della   mobilita'
mediante veicoli a basse emissioni complessive. Il comma 5  dell'art.
17-ter stabilisce l'applicazione delle disposizioni del  capo  IV-bis
fino alla data di entrata in vigore delle norme regionali. 
    Viene poi in rilievo il Titolo III, dedicato a Misure urgenti per
lo sviluppo  economico,  ed  in  particolare  il  capo  IV  di  esso,
intitolato Misure per lo sviluppo  e  il  rafforzamento  del  settore
energetico, che contiene l'art. 37, recante Disciplina delle gare per
la distribuzione di gas naturale e nel settore idroelettrico. I commi
da 4 a 8 di esso regolano l'affidamento delle concessioni  di  grande
derivazione d'acqua per uso idroelettrico. 
    Infine, il Titolo IV contiene Disposizioni finanziarie  e  l'art.
69, co. 3-bis, si occupa  specificamente  della  remunerazione  degli
incarichi conferiti all'interno delle comunita' di valle. 
    Come subito si illustrera', le  disposizioni  indicate  risultano
lesive delle prerogative costituzionali della Provincia  autonoma  di
Trento e costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 10-bis. 
    L'art, 16, co. 10-bis, d.l. 83/2012 dispone quanto segue: 
    «Al fine di garantire l'approvazione in tempi certi del  progetto
definitivo  del  prolungamento  a  nord  dell'autostrada  A31,   gia'
compresa nelle Reti transeuropee dei trasporti  (TEN-T),  secondo  le
procedure di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e alla relativa
normativa di attuazione, l'intesa generale quadro prevista  dall'art.
161, comma 1, del codice di cui  al  decreto  legislativo  12  aprile
2006, n. 163, deve essere raggiunta entro sessanta giorni dalla  data
di  entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del  presente
decreto». 
    La disposizione contiene, come si illustrera', talune ambiguita'.
Nell'insieme, tuttavia, non appare dubbio  che  essa  rappresenta  un
ulteriore tentativo dello Stato di procedere alla  realizzazione  del
tratto  autostradale  «Valdastico  nord»   contro   la   volonta'   -
costituzionalmente richiesta - della Provincia autonoma di Trento. 
    E' infatti la terza volta che la  Provincia  di  Trento  si  vede
costretta ad adire codesta Corte per contestare atti o norme relativi
a tale opera. Converra' dunque, in primo luogo, fare il  punto  sulla
situazione giuridica dell'opera, in  relazione  al  profilo  che  qui
interessa. 
I. I conflitti del 2010, la sent. 62/2011 e  la  pacifica  necessita'
dell'intesa. 
    Nel  2010  la  Provincia  autonoma  di  Trento  ha  proposto  due
conflitti di attribuzione nei confronti del Presidente del  Consiglio
dei ministri. Con il primo di essi (rubricato con il  n.  5/2010)  la
Provincia chiedeva alla Corte di dichiarare che non spetta allo Stato
di modificare, senza la previa intesa con la ricorrente,  il  periodo
di durata delle concessioni autostradali che incidono sul  territorio
della Provincia stessa. Gli atti impugnati erano  alcune  convenzioni
tra ANAS s.p.a. e Autostrada Brescia-Padova s.p.a., il parere CIPE ed
il bando di gara per l'appalto dei servizi di ingegneria  finalizzati
alla  realizzazione  dell'autostrada   A/31   Trento-Rovigo,   tronco
TrentoValdastico-Piovene Rocchetto. 
    Con il secondo conflitto (n. 6/2010), la Provincia chiedeva  alla
Corte  costituzionale  di  dichiarare  che  non  spetta  allo   Stato
individuare ed inserire - senza la previa intesa con la ricorrente  -
la  progettazione  e  la  realizzazione  del  tronco   Trento-Piovene
Rocchette   dell'autostrada   A/31   nel   Programma   Infrastrutture
Strategiche  di  cui   all'art.   1,   comma   1,   legge   443/2001.
Corrispondentemente, la ricorrente Provincia chiedeva  l'annullamento
del «Programma Infrastrutture  Strategiche,  predisposto  nel  luglio
2009 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, inserito nel
7°  Documento  di  Programmazione  Economica  e  Finanziaria,  ed  in
particolare: della Tabella 11 allegata  a  tale  Programma  e  «degli
altri punti del Programma stesso, dai quali discenda che l'autostrada
Trento-Piovene Rocchette e' (o sarebbe) inclusa nella legge obiettivo
e nei corridoi  comunitari  e  pertanto  inserita  nell'elenco  delle
grandi opere per le quali si applicano le  disposizioni  della  [...]
legge n. 443 del 2001»; della delibera CIPE 26 giugno  2009,  n.  51,
della delibera CIPE 15  luglio  2009,  n.  52,  e  del  parere  della
Conferenza delle Regioni e delle Province autonome 27 gennaio 2010. 
    Entrambi i ricorsi, dunque, attenevano - come riporta  la  stessa
sentenza 62/2011 -  «alla  progettazione  e  alla  realizzazione  del
tronco  Trento-Valdastico-Piovene  Rocchette  (cosiddetto  Valdastico
Nord) dell'autostrada A/31», e in entrambi  i  giudizi  la  Provincia
autonoma ricorrente si doleva «del suo mancato  coinvolgimento  nella
fase di individuazione e progettazione dell'opera». 
    La controversia si  concluse  allora  con  «la  cessazione  della
materia del contendere,  con  riferimento  ad  entrambi  i  ricorsi».
Infatti,  come  cedesta  ecc.ma  Corte  rilevo'  nella  decisione  n.
62/2011,  «nel  Programma  Infrastrutture  Strategiche,  8°  Allegato
Infrastrutture, del  settembre  2010,  il  Governo  ha  condiviso  la
fondatezza della pretesa della Provincia di Trento  che  l'autostrada
in contestazione fosse realizzata solo a seguito di intesa tra  Stato
e  Provincia  autonoma»  (enfasi  aggiunta),  aggiungendo  che  «tale
riconoscimento  emerge  dalla  dichiarazione  del   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti, con la quale «si precisa che  per  la
realizzazione della Valdastico Nord A31 e nel rispetto dello  Statuto
speciale  della  Provincia,  deve  essere  raggiunta  l'intesa  della
Provincia nel rispetto altresi' della legge 21 dicembre 2001 n. 443 e
della vigente normativa in  materia  di  infrastrutture  strategiche»
(punto 7; enfasi aggiunta). 
    La  Corte,  nell'accogliere  la  richiesta  di  cessazione  della
materia del contendere riguardo al secondo ricorso, preciso'  inoltre
«che l'ampia formula impiegata nella dichiarazione sopra riportata si
estende anche al profilo di illegittimita' denunciato  con  il  primo
ricorso, giacche' si invoca il rispetto  innanzitutto  dello  Statuto
speciale e «altresi'» della legge n. 443 del 2001». 
    In sintesi, la Corte considero' che «lo Stato ha dichiarato,  per
mezzo del Ministero delle infrastrutture, in un documento  ufficiale,
che l'autostrada in questione non puo' essere realizzata senza previa
intesa,  sia  in   quanto   l'opera   e'   inserita   nel   Programma
Infrastrutture  Strategiche  (per  il  quale   l'intesa   stessa   e'
prescritta dall'art. 1, comma 1, della legge n. 443 del  2001),  sia,
piu' in generale, per il rispetto dovuto allo Statuto speciale  della
Regione  Trentino  Alto  Adige/Südtirol  ed   alle   sue   norme   di
attuazione»,  e  che,  di  conseguenza,  «nessun  organo  o  soggetto
riconducibile allo Stato - e quindi la stessa ANAS -  puo'  procedere
alla    realizzazione    dell'opera    suddetta    senza    acquisire
preventivamente l'intesa della Provincia autonoma di Trento»  (enfasi
aggiunta). 
    La Corte preciso' ancora che «non sono richieste due  intese,  ma
che la medesima intesa e' necessaria a doppio titolo, sia per effetto
della norma di attuazione citata sia per effetto dell'art.  1,  comma
1, della legge n. 443 del 2001», e  che  «entrambe  queste  fonti  di
garanzia   dell'autonomia   provinciale   sono   contemplate    nella
dichiarazione governativa prima  riportata  e  non  residua  pertanto
alcuna  possibilita'  che  si  possa  procedere  alla   realizzazione
dell'opera, senza l'esperimento della prescritta forma  specifica  di
leale collaborazione». La Corte aggiunse che «l'autostrada di cui  si
controverte e' la medesima, oggetto sia delle convenzioni tra ANAS  e
societa' autostradali sia del Programma Infrastrutture  Strategiche»:
«non avrebbe senso pertanto sdoppiare la valutazione dei  profili  di
legittimita' attinenti alla mancanza di intesa, che rimane  sempre  e
comunque necessaria, a prescindere dal soggetto  realizzatore  e  dal
procedimento adottato a tal fine» (enfasi aggiunta). Percio' la Corte
ritenne «venuto meno anche il motivo di  censura  posto  a  base  del
primo ricorso, giacche' pure la convenzione del  9  luglio  2007  non
potrebbe ricevere  attuazione  senza  la  preventiva  intesa  con  la
Provincia, come la stessa  autorita'  governativa  ha  esplicitamente
riconosciuto». 
    Infine,  «quanto  al  bando  di  concorso  per  la  progettazione
provvisoria e definitiva dell'opera, impugnato in via  consequenziale
dalla ricorrente», la Corte nego' ad esso  una  «lesivita'  attuale»,
rilevando che «solo se alla programmazione e progettazione  dovessero
seguire   concreti   atti   di   realizzazione   dell'opera   sarebbe
indispensabile l'intesa con la  Provincia  stessa,  la  cui  mancanza
avrebbe l'effetto di arrestare il procedimento» (enfasi aggiunta). 
    A seguito delle dichiarazioni statali, e  della  decisione  della
Corte che ne fissava e garantiva il  significato  nei  termini  sopra
esposti,  la  Provincia  di  Trento  pote'  dare  per   acquisita   e
riconosciuta in modo fermo ed indiscutibile la necessita' dell'intesa
con essa al fine della realizzazione della Valdastico nord. 
II.  La  pacifica  necessita'  dell'intesa  anche   negli   antefatti
immediati del conflitto 8/2012. 
    In data 2.2.2012 Anas s.p.a. trasmetteva al Ministero il progetto
preliminare  dell'opera  redatto  dalla   Autostrada   Brescia-Padova
s.p.a., quale societa' concessionaria ai sensi della convenzione  del
9.7.2007. E' da notare che la nota di Anas prevedeva la  trasmissione
del progetto alle Regioni Veneto e Trentino-Alto  Adige/Südtirol  (ma
non alla  Provincia  autonoma  di  Trento!)  per  le  valutazioni  di
competenza in merito alla Via e alla localizzazione dell'opera. 
    Con nota  14.3.2012,  prot.  n.  10612,  il  vice-ministro  delle
Infrastrutture e dei trasporti convocava un incontro fra  i  soggetti
interessati, ricordando che in data  4.11.2010  il  Presidente  della
Provincia  aveva  ribadito  la  contrarieta'  della  Provincia   alla
realizzazione della Valdastico nord e aveva affermato  la  necessita'
dell'intesa con la Provincia. 
    Con nota 19.3.2012, n.  1168,  Autostrada  Brescia-Padova  s.p.a.
inviava a tutti i soggetti interessati il  «progetto  preliminare  ai
fini della procedura approvativa di cui all'art. 165 e successivi del
d.lgs. 163/2006». Da tale nota risulta tra l'altro che la  Valdastico
nord  si  sviluppa  nella  provincia  di  Trento  «per  15,1  km  con
collegamento all'autostrada A22 del Brennero», e che «il tracciato si
sviluppa per 27,8 km in galleria, per 4,6 km in viadotto e per 6,7 km
in appoggio» (per 39,1 km complessivi). Con  nota  del  2.4.2012,  n.
197103,  rivolta  al  Ministero,  alla  Regione  Veneto,  all'Anas  e
all'Autostrada Brescia-Padova s.p.a., il Presidente  della  Provincia
di Trento ha ribadito le prerogative costituzionali  della  Provincia
di Trento, come accertate dalla sopra citata  sent.  62/2011,  ed  ha
osservato che «l'applicazione della specifica normativa prevista  per
l'approvazione degli  atti  progettuali  inerenti  un'infrastrutttura
strategica, normativa la quale si caratterizza per il depotenziamento
del ruolo delle regioni e province  autonome  interessate,  non  puo'
procedere fintanto che non e' perfezionata l'intesa con la  Provincia
autonoma di Trento». Il Presidente, dunque, auspicava  l'interruzione
del procedimento di approvazione del progetto preliminare, «in quanto
l'opera  non  rientra  allo  stato  attuale   nel   programma   delle
infrastrutture strategiche». Con nota  del  4.4.2012,  n.  13336,  il
Ministero delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  ha  convocato  la
conferenza di servizi istruttoria ex art. 165 d.lgs. 163/2006, per il
giorno 24.4.2012. 
    Dal verbale di  questa  seduta  risulta  che,  quanto  agli  enti
territoriali locali, hanno  espresso  parere  contrario  all'opera  7
comuni e 2 comunita'; altri 3 comuni hanno espresso parere  contrario
al progetto, mentre in senso favorevole  si  sono  espressi  solo  il
comune di Piovene Rocchette, la Provincia di  Vicenza  (rappresentata
dal  Presidente,   che   e'   anche   presidente   della   Autostrada
Brescia-Padova s.p.a.) e la Regione Veneto. Il  rappresentante  della
Provincia si limito' a ribadire  la  necessita'  dell'intesa  con  la
Provincia stessa, oltre  ad  evidenziare  alcune  problematiche  alle
quali, ove si dovesse realizzare l'opera,  dovrebbe  comunque  essere
data risposta. Le  osservazioni  delle  strutture  provinciali  erano
contenute in un documento  trasmesso  con  nota  del  Presidente  del
23.4.2012. Nella premessa di tale documento  si  precisava  che,  «in
ragione  della  mancanza   dell'intesa   tra   il   Ministero   delle
Infrastrutture e dei trasporti e la  Provincia  autonoma  di  Trento,
l'opera autostradale A31 Trento Valdastico -  Piovene  Rocchette  non
rientra nel Programma delle infrastrutture  strategiche  e  non  puo'
essere realizzata», e si ribadiva  «la  necessita'  delle  intese  ai
sensi dell'articolo l della legge n. 443 del 2001 e dell'art. 19  del
d.P.R. n. 381 del 1974, come confermato  dalla  Corte  costituzionale
con decisione n. 62 del 2011». 
    Corrispondentemente, il Presidente della Conferenza, arch.  Mele,
rappresentante del Ministero delle Infrastrutture  e  dei  trasporti,
rispose che «e' intendimento di questodicastero proprio attraverso la
convocazione della Conferenza di  servizi  che...  ha  una  finalita'
esclusivamente istruttoria... di costruire un percorso  di  possibile
condivisione dell'infrastruttura stessa, condivisione che consentira'
eventualmente,  laddove  ci  fossero  appunto   i   presupposti,   di
addivenire ad una intesa che dovra'  essere  ovviamente  sottoscritta
tra la Provincia autonoma  e  il  Governo  stesso,  prima  ancora  di
sottoporre l'intervento al CIPE» (enfasi aggiunta). 
    Con delibera 18 maggio 2012, n. 1004, la Giunta  della  Provincia
di Trento approvo'  le  osservazioni  da  avanzare  in  relazione  al
progetto  preliminare  comunicato  il  19.3.2012,  ribadendo   quanto
risultava dal documento trasmesso il 23.4.12. Dunque, le osservazioni
tecniche al progetto venivano formulate solo «in uno spirito di leale
collaborazione interistituzionale»  (cosi'  l'ultima  premessa  della
delibera). Tutti  gli  atti  sopra  citati  sono  stati  allegati  al
conflitto 8/2012, gia' proposto da questa Provincia. 
    Dai predetti atti istruttori e dalla Conferenza di  servizi  pure
essa istruttoria, in ogni modo,  non  appariva  elemento  alcuno  dal
quale potesse dedursi l'intenzione del Governo  di  allontanarsi  dal
quadro sintetizzato e sancito dalla pronuncia di codesta ecc.ma Corte
costituzionale n. 62 del 2011. Del  resto,  nella  medesima  sentenza
sopra citata  codesta  ecc.ma  Corte  aveva  anche  ribadito  che  le
attivita' meramente progettuali (quali «progettazione  provvisoria  e
definitiva  dell'opera»),  di  per  se'  sole,  non  possiedono   una
«lesivita' attuale», e nella seduta della Conferenza di  servizi  del
24.4.2012 il rappresentante del Ministero  ha  giudicato  «ovvia»  la
necessita' di un'intesa tra il Governo e la Provincia di Trento. 
    III. Il recente tentativo di inserimento  della  Valdastico  Nord
nella  Rete  europea,  in  assenza   dell'intesa   e   di   qualunque
coinvolgimento della  Provincia  autonoma  di  Trento.  Il  conflitto
(pendente) 8/2012 avverso tale tentativo. 
    E' stato percio' con enorme sorpresa e  con  disappunto  che  gli
organi responsabili della Provincia autonoma di  Trento  hanno  preso
conoscenza della nota 19 giugno 2012, prot. 5438,  con  la  quale  la
Direzione generale per lo sviluppo del territorio, la  programmazione
ed i progetti internazionali del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti ha comunicato che, nell'ambito del processo di  definizione
dei  nuovi  Regolamenti  TEN-T,  e   segnatamente   del   regolamento
COM(2011)650  e  del  regolamento  COM(2011)655,  il  Ministero   «ha
identificato, a livello nazionale,  gli  elementi  costitutivi  della
rete TEN-T da  sottoporre  alla  Commissione  europea,  per  ciascuna
modalita' di trasporto».  La  nota  ricorda  vari  atti  e  attivita'
precedenti, di cui la ricorrente  Provincia  mai  ha  avuto  notizia,
quali  la  proposta  di  Anas  dell'8.9.2010,  di  inserimento  della
Valdastico nord «nella nuova Rete TEN»  e  la  nota  della  Direzione
generale per le infrastrutture stradali del Ministero del  6.12.2010,
con cui tra l'altro si riportavano le «31 proposte da inserire  nella
comprehensive network» (rete globale). Inoltre, la nota del 19 giugno
2012 ricorda i negoziati con la Commissione  europea  avvenuti  negli
incontri bilaterali svoltisi nel corso del 2011 e che,  «in  sede  di
esame  in  prima  lettura  da  parte  del   Consiglio   Trasporti   e
telecomunicazioni  del  22  marzo  u.s.,  l'Italia  ha  espresso   il
definitivo parere favorevole riguardo alla  proposta  di  regolamento
COM(2011)650, sulla quale e' attualmente in  corso  l'istruttoria  da
parte delle competenti commissioni del  Parlamento  europeo»  (enfasi
aggiunta). 
    Dalla nota n.  5438  risulta,  dunque,  che,  per  effetto  delle
attivita'  sopra  ricordate,  «nella  cartografia  che   correda   il
regolamento  COM(2011)650  e,  segnatamente,   nella   mappa   n.   8
«stradale»,  e'  presente  la  sezione  relativa  all'autostrada  A31
Valdastico come sezione autostradale  pianificata  all'interno  della
rete comprehensive TEN-T nazionale». 
    Che lungo tutta tale procedura la Provincia di Trento non sia mai
stata coinvolta risulta apertamente dalla stessa  nota  n.  5438,  la
quale conclude cosi': «giova precisare che durante tutto il  processo
decisionale che ha condotto alla definizione dell'attuale proposta di
regolamenti TEN-T, la Commissione europea ha chiesto ai singoli Stati
membri di  formulare  proposte  che  riflettessero,  in  una  visione
nazionale,  il  massimo  significato  e  valore  aggiunto   per   una
dimensione di rete di trasporto a scala europea. Per  questo  motivo,
non sono state aperte consultazioni con le amministrazioni  regionali
ne' con altri enti territoriali, rinviando eventuali confronti  nelle
sedi ove tali amministrazioni sono costituite unitariamente presso le
istituzioni europee» (enfasi aggiunta). 
    Cosi' comportandosi, tuttavia, il Governo italiano  ha  disposto,
per quanto sta nell'ambito italiano, della  decisione  di  realizzare
tale  tratto  autostradale,  e  cio'  ha  dichiaratamente   fatto   a
prescindere dalla pur necessaria intesa con la ricorrente Provincia. 
    Per  tali  ragioni  la  nota  5438/2012   del   Ministero   delle
Infrastrutture e dei trasporti e gli atti di espressione del consenso
italiano in essa citati  sono  stati,  dunque,  impugnati  da  questa
Provincia con il conflitto 8/2012, pendente davanti a codesta Corte. 
IV. Illegittimita' costituzionale  dell'art.  16,  co.  10-bis,  d.l.
83/2012. 
a.   Illegittimita'   costituzionale   della    norma    in    quanto
contraddittoria,  oscura,  irragionevole,  inapplicabile  e  tale  da
minare la certezza del diritto 
    L'art.  16,  co.  10-bis,  impugnato  con  il  presente   ricorso
stabilisce (con una norma peraltro eterogenea  rispetto  al  restante
contenuto dell'articolo) che, «al fine di garantire l'approvazione in
tempi  certi  del  progetto  definitivo  del  prolungamento  a   nord
dell'autostrada  A31,  gia'  compresa  nelle  Reti  transeuropee  dei
trasporti (TEN-T), secondo le procedure di cui alla legge 21 dicembre
2001, n. 443, e  alla  relativa  normativa  di  attuazione,  l'intesa
generale quadro prevista dall'art. 161, comma 1, del codice di cui al
decreto legislativo 12 aprile 2006, n.  163,  deve  essere  raggiunta
entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge  di
conversione del presente decreto». 
    L'art. 161, co. 1, del codice dei contratti pubblici, al quale la
nuova norma si riferisce, dispone quanto segue: 
        «Il presente capo regola la progettazione, l'approvazione dei
progetti e  la  realizzazione  delle  infrastrutture  strategiche  di
preminente interesse nazionale, nonche' l'approvazione secondo quanto
previsto dall'art. 179 dei  progetti  degli  insediamenti  produttivi
strategici e delle infrastrutture strategiche private  di  preminente
interesse nazionale, individuati a mezzo  del  programma  di  cui  al
comma 1  dell'articolo 1  della  legge  21  dicembre  2001,  n.  443.
Nell'ambito del programma predetto sono, altresi',  individuate,  con
intese generali quadro tra  il  Governo  e  ogni  singola  regione  o
provincia autonoma, le opere per le quali  l'interesse  regionale  e'
concorrente con il preminente interesse nazionale. Per tali opere  le
regioni o province autonome partecipano, con  le  modalita'  indicate
nelle stesse intese, alle attivita' di progettazione, affidamento dei
lavori e monitoraggio, in  accordo  alle  normative  vigenti  e  alle
eventuali leggi regionali allo  scopo  emanate.  Rimangono  salve  le
competenze delle province autonome di Trento e Bolzano previste dallo
statuto speciale e relative norme di attuazione». 
    Il confronto tra le due disposizioni rivela che l'impugnato  art.
16, co. 10-bis, d.l. 83/2012 presenta evidenti anomalie. 
    Innanzi  tutto,  il  regolamento   europeo   che   inserisce   la
«Valdastico nord» nella rete TEN-T non  e'  ancora  stato  approvato;
attualmente e' in corso la fase  di  prima  lettura  nella  procedura
legislativa ordinaria presso il Parlamento europeo (il  27  settembre
2012 scadeva il  termine  per  presentare  emendamenti).  Dunque,  se
l'art. 16, co. 10-bis, intende dire che il prolungamento in questione
e' gia' compreso nella rete europea, cio' non corrisponde al vero. 
    Inoltre, la norma impugnata si riferisce  alla  «approvazione  in
tempi certi del progetto definitivo»  dell'opera:  ma  tale  progetto
ancora  non  esiste,  essendo  attualmente  in  corso  -  come  sopra
illustrato - la conferenza di servizi istruttoria per  l'approvazione
del progetto preliminare. 
    Di piu': l'art. 16, co. 10-bis, richiama l'intesa generale quadro
di cui al secondo periodo del comma 1 dell'art. 161 d.lgs.  163/2006,
cioe' quella per individuare  «le  opere  per  le  quali  l'interesse
regionale e' concorrente  con  il  preminente  interesse  nazionale».
Pero', dal successivo art. 162, co. 1, risulta che tali  opere  vanno
individuate  tra  quelle  «non  aventi  carattere  interregionale   o
internazionale». Poiche' la Valdastico  nord  e'  interregionale,  ne
risulta che nella relativa  procedura  -  pur  essendo  necessaria  a
doppio titolo l'intesa con la  Provincia  autonoma  di  Trento,  come
sopra illustrato - non dovrebbe essere applicata la procedura di  cui
all' art. 161, comma 1, secondo periodo. 
    Infine, se pure tale procedura  fosse  in  astratto  applicabile,
essa si riferisce ad un'intesa che dovrebbe in realta'  precedere  la
fase di progettazione sia preliminare che definitiva,  mentre  l'art.
16, co. 10-bis, mira a «garantire l'approvazione in tempi  certi  del
progetto definitivo» della Valdastico nord e, a tal fine, «prescrive»
il raggiungimento dell'intesa. 
    Si ricordi  che  nella  procedura  relativa  alle  infrastrutture
strategiche, le intese con la Regione interessata  sono  previste  da
tre diverse norme. In base all'art. 1, co. 1, legge 443/2001  («legge
obiettivo»), «l'individuazione [della grande  opera]  e'  operata,  a
mezzo di un programma predisposto dal Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, d'intesa con i Ministri  competenti  e  le  regioni  o
province autonome interessate,... e inserito, previo parere del  CIPE
e previa intesa  della  Conferenza  unificata...,  nel  Documento  di
programmazione economico-finanziaria, con l'indicazione dei  relativi
stanziamenti». 
    Poi, in base al gia' citato art. 161,  co.  1,  d.lgs.  163/2006,
«nell'ambito del programma predetto sono, altresi', individuate,  con
intese generali quadro tra  il  Governo  e  ogni  singola  regione  o
provincia autonoma, le opere per le quali  l'interesse  regionale  e'
concorrente con il preminente interesse nazionale». 
    Infine, in base  all'art.,  165,  co.  5,  d.lgs.  163/2006,  «il
progetto preliminare, istruito secondo  le  previsioni  del  presente
articolo, e' approvato dal CIPE» ed «il CIPE  decide  a  maggioranza,
con il consenso, ai  fini  della  intesa  sulla  localizzazione,  dei
presidenti delle regioni e  province  autonome  interessate,  che  si
pronunciano,  sentiti  i  comuni  nel  cui  territorio  si   realizza
l'opera». 
    E' allora chiaro  che  l'intesa  di  cui  all'art.  161,  co.  1,
dovrebbe precedere la fase della progettazione (sia  preliminare  che
definitiva), anche perche' da essa derivano  conseguenze  proprio  in
merito alla progettazione (per le opere  con  essa  individuate,  «le
regioni o province autonome partecipano, con  le  modalita'  indicate
nelle stesse intese, alle attivita' di progettazione, affidamento dei
lavori e monitoraggio, in  accordo  alle  normative  vigenti  e  alle
eventuali leggi regionali allo scopo emanate»: sempre art.  161,  co.
1). 
    Dunque, in sintesi: e' errata la  base  di  fatto;  la  norma  si
riferisce ad un progetto che non esiste, e ad una procedura  che  non
e' quella applicabile, mentre se fosse applicabile  l'intesa  avrebbe
dovuto comunque preesistere alla progettazione. 
    Tutti questi elementi rendono la norma  contraddittoria,  oscura,
irragionevole,  inapplicabile  e  tale  da  minare  la  certezza  del
diritto.  Poiche'  la  nonna  incide  direttamente  su   materie   di
competenza provinciale e  regola  una  prerogativa  della  Provincia,
richiedendo  ad  essa  per  di  piu'  un  preciso  comportamento,  la
Provincia e' chiaramente legittimata a far valere tale violazione (v.
di recente,  la sent. 200/2012). 
b. Illegittimita' costituzionale della norma per violazione dell'art.
8, nn. 5), 6), 17) e 18),  e  degli  artt.  14  e  16  dello  Statuto
speciale, degli artt. 19 e 20 d.P.R. 381/1974, degli artt. 117 e  118
Cost.,  dell'art.  1  legge  443/2001  e  del  principio   di   leale
collaborazione, ragionevolezza e certezza del diritto. 
    Premesso  il  carattere  contraddittorio   ed   impreciso   della
disposizione impugnata, e qualunque cosa si  debba  intendere  -  nel
contesto della vicenda della Valdastico Nord - per  «intesa  generale
quadro prevista dall'art. 161, comma 1, del codice di cui al  decreto
legislativo  12  aprile  2006,  n.  163»,  rimane  il  fatto  che  la
disposizione che prescrive che tale intesa «deve  essere  raggiunta»,
ed inoltre che essa deve  essere  raggiunta  «entro  sessanta  giorni
dalla data di entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del
presente decreto», non puo' che qualificarsi come  costituzionalmente
illegittima, in entrambe le sue parti. 
    L'intesa, infatti, e'  per  definizione  un  atto  di  volontaria
condivisione di un atto o di un progetto, e non puo' essere  coartata
dalla legge senza perdere la  sua  natura  (v.,  ad  es.,  le  sentt,
179/2012, 334/2010, 121/2010, 383/2005). Per la stessa ragione, ed  a
maggiore ragione, essa non puo'  essere  coartata  entro  un  termine
determinato.  In  sintesi,  coartare  legislativamente   una   intesa
equivale a voler prescindere da essa. 
    E' dunque evidente che la garanzia costituzionale  formata  dalla
necessita' dell'intesa della  Provincia  di  Trento,  al  fine  della
realizzazione del progetto, risulterebbe annullata ed aggirata da una
disposizione che pretendesse di «forzarne  il  rilascio»:  e  poiche'
proprio questo  e'  l'intento  ed  il  contenuto  della  disposizione
impugnata, essa  e'  costituzionalmente  illegittima  e  deve  essere
annullata. 
    Che la garanzia  costituzionale  della  necessaria  intesa  della
Provincia sia esistente ed operante e' pacifico,  e  lo  e'  stato  a
partire dalle controversie concluse con la sentenza di codesta ecc.ma
Corte n. 62 del 2011. Tuttavia, per scrupolo  difensivo  si  provvede
qui ancora una volta ad esporne il fondamento. 
    La Provincia di Trento e' dotata di potesta' legislativa primaria
- ai sensi dell'art.  8  dello  Statuto  -  nelle  seguenti  materie:
«urbanistica e piani regolatori» (n. 5), «tutela del  paesaggio»  (n.
6),  «viabilita',  acquedotti  e   lavori   pubblici   di   interesse
provinciale» (n.  17)  e  «comunicazioni  e  trasporti  di  interesse
provinciale, compresi la regolamentazione tecnica e l'esercizio degli
impianti di funivia» (n. 18). Nelle medesime materie,  spettano  alla
Provincia le competenze amministrative, in virtu' dell'art. 16  dello
Statuto. 
    In  base  all'art.  14,  co.  1,  dello  Statuto  speciale,   «e'
obbligatorio il parere della provincia per le concessioni in  materia
di comunicazioni e trasporti riguardanti linee  che  attraversano  il
territorio provinciale». 
    Le norme statutarie sopra citate hanno trovato attuazione con  il
d.P.R. 381/1974, recante «Norme di attuazione dello statuto  speciale
per la regione Trentino - Alto Adige in  materia  di  urbanistica  ed
opere pubbliche». In base all'art. 19, co. 1, di esso,  «resta  ferma
la competenza degli organi statali in ordine: a) alle strade statali;
b) alle  autostrade  che  si  estendono  oltre  il  territorio  della
provincia,  salva  la  necessita'  dell'intesa   con   la   provincia
interessata  per  quelle  il  cui  tracciato  interessi  soltanto  il
territorio provinciale e quello di una regione finitima».  L'art.  20
del medesimo decreto dispone che, «ai fini dell'attuazione del  piano
urbanistico provinciale e dei piani  territoriali  di  coordinamento,
nel rispetto delle relative competenze, gli interventi  di  spettanza
dello Stato in materia di viabilita', linee ferroviarie e  aerodromi,
anche se realizzati a mezzo  di  aziende  autonome,  sono  effettuati
previa intesa con la provincia interessata». 
    E' dunque pacifica, in base  alle  prerogative  statutarie  della
Provincia, la  necessita'  dell'intesa  per  il  tratto  autostradale
Trento-Piovene Racchette, che interessa solo la Provincia di Trento e
la  Provincia  di  Vicenza.  Tale  necessita'  e'  stata   confermata
espressamente dalla gia' citata sent. 62/2011 di  codesta  Corte  (le
cui argomentazioni sono nell'essenziale sopra esposte e qui riprese),
dalla quale risulta, fra l'altro, che «l'autostrada Trento-Rovigo, ed
in particolare il tronco Trento-Valdastico-Piovene Racchette, rientra
a pieno titolo nella prescrizione contenuta nell'art. 19, lettera b),
d.P.R. n. 381 del 1974, che  in  quanto  norma  di  attuazione  dello
Statuto  speciale  della   Regione   Trentino-Alto   Adige/Stidtirol,
costituisce parametro  di  legittimita'  costituzionale  delle  leggi
statali e regionali ricadenti nel suo ambito  di  disciplina»  (punto
6). 
    La necessita' dell'intesa discende, comunque, anche dal Titolo  V
della  Costituzione  e  dalla  normativa  generale  in   materia   di
infrastrutture strategiche e, dunque,  come  confermato  dalla  sent.
62/2011, l'intesa  e'  necessaria  «a  doppio  titolo».  Infatti,  le
Regioni ordinarie sono titolari di potesta' concorrente nelle materie
«governo  del  territorio»  e  «grandi  reti  di   trasporto   e   di
navigazione» (art. 117, co. 3, Cost.). Alla luce di cio' e  dell'art.
118 Cost., l'art. 1, co. 1,  legge  443/2001  ha  stabilito  che  «il
Governo,  nel  rispetto  delle  attribuzioni   costituzionali   delle
regioni, individua  le  infrastrutture  pubbliche  e  private  e  gli
insediamenti  produttivi  strategici  e   di   preminente   interesse
nazionale», e  che  «l'individuazione  e'  operata,  a  mezzo  di  un
programma  predisposto  dal  Ministro  delle  infrastrutture  e   dei
trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province
autonome interessate,... e inserito, previo parere del CIPE e  previa
intesa della Conferenza unificata..., nel Documento di programmazione
economico-finanziaria, con l'indicazione dei relativi stanziamenti». 
    Il comma 2 delega il Governo a regolare  la  realizzazione  delle
infrastrutture strategiche  e,  fra  i  criteri  direttivi,  pone  il
seguente: «b) definizione delle procedure da seguire in  sostituzione
di quelle previste per il rilascio  dei  provvedimenti  concessori  o
autorizzatoti di ogni specie; definizione della durata delle medesime
non  superiore  a  sei  mesi  per  la   approvazione   dei   progetti
preliminari, comprensivi di quanto necessario per  la  localizzazione
dell'opera  d'intesa  con  la  regione  o   la   provincia   autonoma
competente, che, a tal fine, provvede  a  sentire  preventivamente  i
comuni interessati». 
    Il comma 5 precisa che, «ai fini della presente legge, sono fatte
salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome previste dagli statuti speciali e dalle  relative  nonne  di
attuazione». 
    Dunque,  l'intesa  con  la  Regione   e'   necessaria   sia   per
l'inserimento  dell'opera  nel   programma,   ai   fini   della   sua
realizzazione, sia per la localizzazione dell'opera. 
    La necessita' dell'intesa con la Regione interessata, nel caso di
realizzazione di un'infrastruttura, e' stata confermata  dalla  sent.
163/2012, dalla sent. 278/2010 e dalla sent. 79/2011. In quest'ultima
si  considera  che  «la  necessita'   di   osservare   le   procedure
collaborative, che sfociano nell'intesa tra Stato e Regione, riguardi
soltanto la fase di decisione  e  di  localizzazione  dell'opera,  la
quale astrattamente rientrerebbe  nella  competenza  residuale  delle
Regioni,  ma  che,  in  seguito  all'attrazione   in   sussidiarieta'
determinata dal suo inserimento tra le infrastrutture strategiche, si
sposta nell'ambito della  competenza  statale».  Da  questa  premessa
«scaturisce la logica conclusione che non e' possibile che  lo  Stato
'costringa' una Regione alla realizzazione, sul  proprio  territorio,
di un'opera rientrante nella sua competenza residuale, dalla  Regione
stessa non voluta o voluta in un sito diverso  da  quello  proposto»;
l'intesa  «nella  fase  di  progettazione  e  di  localizzazione   e'
indispensabile per dare validita' ad uno  spostamento  di  competenza
legislativa ed amministrativa». 
    Altre sentenze hanno poi chiarito che  l'intesa  con  la  Regione
interessata e' condizione di  efficacia  dell'inserimento  dell'opera
del  programma  delle  infrastrutture  strategiche:  cosi,  la  sent.
303/2003 ha chiarito che, nel caso di cui all'art. 1,  co.  1,  legge
443/2001, «l'intesa e' prevista e ad essa  e'  da  ritenersi  che  il
legislatore  abbia  voluto  subordinare  l'efficacia   stessa   della
regolamentazione delle infrastrutture e degli insediamenti  contenuta
nel programma di cui all'impugnato comma 1 dell'art. l». Chiarito che
«la Costituzione impone, a salvaguardia delle  competenze  regionali,
che una intesa vi sia, va altresi' soggiunto che non e' rilevante  se
essa  preceda  l'individuazione  delle  infrastrutture   ovvero   sia
successiva ad una unilaterale attivita' del Governo»; se dunque «tale
attivita' sia stata gia' posta in essere, essa non vincola la Regione
fin quando l'intesa non venga raggiunta».  Dunque,  non  puo'  essere
riconosciuta «efficacia vincolante a quel programma su cui le Regioni
interessate non abbiano raggiunto  un'intesa  per  la  parte  che  le
riguarda, come nel caso della  deliberazione  CIPE  del  21  dicembre
2001, n. 121» (punto 4.1; v. anche le sentt. 6/2004 e  233/2004).  La
stessa 62/2011 si colloca su questa linea, affermando che la mancanza
dell'intesa «avrebbe l'effetto di arrestare il procedimento». 
    La legge 443/2001 e' attuativa del gia' citato art. 117,  co.  3,
Cost., dell'art. 118 Cost. e del principio di  leale  collaborazione,
per cui la violazione dell'art. 1 di essa si  traduce  in  violazione
delle competenze costituzionali della Provincia nei casi  in  cui  ad
essa si applicano le nonne del Titolo V, in  base  alla  clausola  di
maggior favore di cui all'art. 10 legge cost. 3/2001. 
    Dunque, dall'art. 19 d.P.R. 381/1974 e dall'art. 1 legge 443/2001
risulta che la Provincia partecipa con reale  potere  codecisorio  al
procedimento di realizzazione dell'opera strategica. 
    Solo per ulteriore scrupolo e' da ricordare che, come chiaramente
risulta anche dalla piu' volte citata sentenza n.  62  del  2011,  la
procedura di cui all'art. 165 d.lgs. 163/2006, inserito nel Capo IV,.
Lavori  relativi  a   infrastrutture   strategiche   e   insediamenti
produttivi, che pure prevede (al comma 5) una intesa «dei  presidenti
delle regioni e province autonome interessate,  che  si  pronunciano,
sentiti i comuni nel cui territorio si realizza l'opera» (dalla quale
tuttavia si puo' prescindere,  per  le  infrastrutture  di  carattere
interregionale o internazionale, in caso di dissenso),  ha  carattere
integrativo e non sostitutivo dell'intesa necessaria ai  sensi  delle
disposizioni sopra citate. 
    Come sopra esposto, la necessita' dell'intesa «a  doppio  titolo»
e' stata riconosciuta anche dal Ministero delle Infrastrutture e  dei
Trasporti, nella dichiarazione del 2010 citata nella sent. 62/2011 di
codesta Corte. 
    Inoltre,  il  Ministero  ha  accettato  -  nella   seduta   della
Conferenza unificata  del  4.11.2010  -  la  condizione  posta  dalla
Provincia di Trento per non opporsi all'intesa in sede di Conferenza,
condizione  che  consisteva  nel  riconoscimento   della   necessita'
dell'intesa con la Provincia.  Infatti,  nella  nota  del  Presidente
della Provincia del 4.11.2010, allegata all'intesa  della  Conferenza
unificata, si chiede che nel Programma infrastrutture strategiche, 8°
allegato, sia «inserita espressamente la seguente condizione: «Per la
realizzazione dell'intervento - Valdastico Nord A31 -, ascritto  alla
competenza della Regione Veneto,  deve  essere  raggiunta  la  previa
intesa con la  Provincia  autonoma  di  Trento,  nel  rispetto  dello
Statuto speciale della Provincia e dalle relative norme di attuazione
nonche' dalle disposizioni provinciali in materia  di  pianificazione
urbanistica e governo del territorio, come  richiamate  nella  nostra
precedente nota del 6 ottobre 2010,  oltre  che  nel  rispetto  della
legge 21 dicembre 2001, n . 443 e della vigente normativa in  materia
di infrastrutture strategiche». 
    Infine, si e' visto che tale orientamento e' stato confermato dal
rappresentante  del  Ministero  nella  conferenza  di   servizi   del
24.4.2012 (v. sopra). 
    In sintesi, Part. 16, co. 10-bis, mira a rendere  sostanzialmente
obbligatorio  il  rilascio   della   intesa.   Esso,   imponendo   il
raggiungimento dell'intesa  entro  sessanta  giorni  dall'entrata  in
vigore della legge di conversione, al fine specifico di consentire la
progettazione definitiva, e quindi la conseguente realizzazione della
«Valdastico nord», contraddice il concetto  stesso  dell'intesa  come
atto di autonomia, liberamente valutabile dalla Provincia autonoma di
Trento, e si configura come una norma speciale volta  a  superare  la
decisione della Corte costituzionale n. 62  del  2011,  ponendosi  in
contrasto con le norme e i principi sopra citati. 
    Di  qui  l'illegittimita'  costituzionale  anche   sotto   questo
profilo. 
    2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 17-ter. comma 5. 
    Il  Capo  IV-bis  del  d.l.  83/2012,  inserito  dalla  legge  di
conversione,  detta  Disposizioni  per  favorire  lo  sviluppo  della
mobilita' mediante veicoli a  basse  emissioni  complessive.  Secondo
l'art. 17 bis - che non forma oggetto di impugnazione - il  capo  «e'
finalizzato allo sviluppo  della  mobilita'  sostenibile,  attraverso
misure volte a favorire la realizzazione di reti infrastrutturali per
la  ricarica  dei  veicoli  alimentati  ad  energia  elettrica  e  la
sperimentazione e la diffusione di  flotte  pubbliche  e  private  di
veicoli a basse emissioni complessive, con  particolare  riguardo  al
contesto urbano, nonche' l'acquisto di veicoli a trazione elettrica o
ibrida» (co. 1). 
    In base al comma 3 dello stesso articolo, «la realizzazione delle
reti infrastrutturali di cui al  comma  1  nel  territorio  nazionale
costituisce obiettivo prioritario e urgente dei seguenti interventi: 
        a) interventi statali e regionali a  tutela  della  salute  e
dell'ambiente; b) interventi per la riduzione delle emissioni  nocive
nell'atmosfera,   per   la   diversificazione    delle    fonti    di
approvvigionamento energetico e per il  contrasto  del  riscaldamento
globale prodotto dall'uso di combustibili fossili; c) interventi  per
l'ammodernamento del  sistema  stradale  urbano  ed  extraurbano;  d)
interventi per la promozione  della  ricerca  e  dello  sviluppo  nel
settore delle tecnologie avanzate; e) interventi per l'incentivazione
dell'economia reale e per l'adeguamento tecnologico  e  prestazionale
degli edifici pubblici e privati». 
    L'art. 17-bis riconosce  espressamente  la  competenza  regionale
nella materia. In particolare, il comma 4 dispone che «lo  Stato,  le
regioni e gli enti locali perseguono l'obiettivo di cui al  comma  3,
secondo  le  rispettive  competenze  costituzionali,  anche  mediante
interventi di incentivazione, di semplificazione delle procedure,  di
tariffazione agevolata e di definizione delle specifiche tecniche dei
prodotti e dell'attivita' edilizia» (v. anche il co. 3, lett. a). 
    Cio' e' confermato dal successivo art. 17-ter,  il  comma  l  del
quale dispone che «entro sei mesi dalla data  di  entrata  in  vigore
della legge di conversione del presente decreto, le  regioni  emanano
le disposizioni legislative di  loro  competenza,  nel  rispetto  dei
principi fondamentali contenuti nel presente capo  e  dell'intesa  di
cui al comma 4». 
    Il comma 2 detta una disposizione di salvaguardia della posizione
delle Regioni speciali, specificando che «il  Friuli-Venezia  Giulia,
la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto  Adige/Sudtirol,  la  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste e le province autonome di Trento e di  Bolzano
provvedono a quanto disposto dal comma 1 in conformita' ai rispettivi
statuti e alle relative nonne di attuazione». 
    In base al comma 3, «le disposizioni regionali e  provinciali  di
cui  ai  commi  1  e  2  salvaguardano  comunque  l'unita'  economica
nazionale  e  i  livelli  minimi  essenziali  delle  prestazioni  nel
territorio  dello  Stato,  stabiliti  in  attuazione  del  comma  4».
Quest'ultima disposizione prevede che, «entro sei mesi dalla data  di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il
Governo promuove la stipulazione di un'intesa ai sensi  dell'art.  8,
comma 6, della legge  5  giugno  2003,  n.  131,  per  assicurare  la
realizzazione  di  posizioni  unitarie   e   l'armonizzazione   degli
interventi e degli  obiettivi  comuni  nel  territorio  nazionale  in
materia di reti infrastrutturali di ricarica a servizio  dei  veicoli
alimentati ad energia elettrica». 
    Nessuna  di  tali  disposizioni  forma  oggetto  della   presente
impugnazione. 
    Sennonche', l'art. 17 ter contiene  anche  un  comma  5,  finale,
secondo  il  quale  «fino  alla  data  di  entrata  in  vigore  delle
disposizioni di cui ai compii 1 e 2,  le  disposizioni  del  presente
capo si' applicano nell'intero territorio nazionale». 
    La  Provincia  autonoma  di  Trento  impugna  tale  disposizione,
ritenendola illegittima ed invasiva delle proprie competenze. 
    In via preliminare, si osservi  che  la  disposizione  impugnata,
benche' collocata - impropriamente - nell'art. 17-ter,  si  riferisce
non alle sole  disposizioni  di  tale  articolo,  ma  a  quelle  «del
presente capo», che comprende anche gli articoli  da  17-quinquies  a
17-octies,  le  cui  disposizioni  vengono  dunque   anch'esse   rese
applicabili «nell'intero territorio nazionale». 
    Converra'  dunque  ricordare  il  contenuto  di'  tali  ulteriori
disposizioni.   L'art.   17-quinquies,   intitolato   Semplificazione
dell'attivita' edilizia e diritto ai punti di ricarica,  modifica  il
t.u. edilizia  prescrivendo  ai  comuni  di  prevedere,  nel  proprio
regolamento   edilizio,   la   necessita'    dell'installazione    di
infrastrutture  elettriche  per  la  ricarica  dei  veicoli  per   il
conseguimento  del  permesso  edilizio  per  gli  edifici  di   nuova
costruzione non residenziali. L'art, 17-sexies detta Disposizioni  in
materia urbanistica, prescrivendo contenuti sia alle leggi  regionali
che agli  strumenti  urbanistici  comunali,  sempre  in  merito  alle
infrastrutture  elettriche  per  la  ricarica  dei  veicoli.   L'art.
17-septies disciplina il  Piano  nazionale  infrastrutturale  per  la
ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica,  mentre  l'art.
17-octies prevede Azioni di sostegno alla ricerca. 
    Da  quanto  ora  esposto  risulta  evidente  -  ad  avviso  della
ricorrente  Provincia  -  che  le  nonne  che   vengono   cosi   rese
immediatamente applicabili nell'intero territorio nazionale attengono
tutte a materie di  competenze  della  Provincia  o  ai  sensi  dello
Statuto o ai sensi del Titolo V. 
    Infatti, la Provincia autonoma di Trento e' dotata  di'  potesta'
legislativa primaria in materia di  urbanistica  e  piani  regolatori
(art. 8, n. 5 St.), edilizia pubblica (art. 8, n. 10 St.), viabilita'
(art.  8,  n.  17  St.),  comunicazioni  e  trasporti  di   interesse
provinciale (art. 8, n. 18 St.), e di potesta' concorrente in materia
di tutela della salute ed energia (art. 117,  co.  3,  Cost.  e  art.
10 l. cost. 3/2001). Nelle medesime materie, la Provincia e' titolare
anche della correlativa potesta' amministrativa, ai  sensi  dell'art.
16 St. e delle nonne di attuazione (v. d.P.R. 235/1977, in materia di
energia, d.P.R. 381/1974, in materia  di  urbanistica  e  viabilita',
d.P.R. 474/1975 in materia di sanita'). 
    Ora, se si esaminano le norme del Capo IV-bis del  d.l.  83/2012,
si constatera' che alcune di esso sono chiaramente riferibili ad  una
determinata materia (v. l'art. 17-quinquies e l'art.  17-sexies),  di
competenza primaria della Provincia (urbanistica), mentre altre  sono
riconducibili ad una pluralita' di materie,  comunque  di  competenza
provinciale:  cosi,  l'art.  17-bis  e  Part.  17-septies   attengono
all'edilizia,  all'energia,  alla  sanita',   alla   viabilita',   ai
trasporti, e la finalita' di tutela ambientale che si  puo'  scorgere
non  e'  certo  sufficiente  a  «cancellare»  i  diversi  titoli   di
competenza  provinciale.  Questa,   del   resto,   e'   espressamente
riconosciuta - come visto - 17-bis, co. 3,  lett.  a),  e  co.  4,  e
soprattutto dall'art. 17-ter. Quanto all'art. 17-opties, esso attiene
alla ricerca, anch'essa di competenza provinciale ai sensi  dell'art.
117, co. 3, Cost. e dell'art. 10  legge cost. 3/2001. 
    Del resto, si tratta  di  competenze  effettivamente  esercitate,
oltre  che  con  disposizioni  di'  carattere  generale,  anche   con
disposizioni specifiche. Ad esempio, la legge provinciale  29  maggio
1980,  n.  14,  Provvedimenti   per   il   risparmio   energetico   e
l'utilizzazione  delle  fonti  alternative   di   energia,   promuove
l'impiego di tecnologie aventi come scopo  il  risparmio  di  energia
soprattutto sotto forma di  combustibili  e  l'utilizzo  delle  fonti
energetiche alternative. 
    Assodato che le norme impugnate attengono a materie di competenza
provinciale, ne risulta evidente l'illegittimita'  dell'art.  17-ter,
co. 5, secondo cui  «fino  alla  data  di  entrata  in  vigore  delle
disposizioni di cui ai commi 1 e 2, le disposizioni del presente capo
si applicano nell'intero territorio nazionale». 
    E' ben noto infatti  che  una  delle  caratteristiche  specifiche
dell'ordinamento della Regione Trentino Alto Adige / Südtirol e delle
due Province autonome che la compongono e' - nelle  materie  di  loro
competenza - esattamente  l'esclusione  della  applicazione  diretta,
anche nel territorio provinciale, di norme statali, in favore  di  un
regime di doveroso adeguamento, nei  limiti  in  cui  lo  Statuto  lo
impone. 
    Tale regime e' stabilito, in particolare,  con  la  normativa  di
attuazione statutaria di cui all'art. 2 del  decreto  legislativo  16
marzo 1992, n. 266, che, nel regolare i  rapporti  tra  la  normativa
statale  e  quella  provinciale,  dispone  che,  nelle  materie   di'
competenza  provinciale,  la  legislazione  provinciale  deve  essere
adeguata ai principi  e  nonne  costituenti  limiti  ai  sensi  degli
articoli 4 e 5 dello Statuto speciale e recati  da  atto  legislativo
dello Stato, entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto
legislativo o nel termine maggiore indicato dal legislatore  statale,
e che nel frattempo restano applicabili le  disposizioni  legislative
regionali e provinciali preesistenti. 
    Tale regime «generale» e' soggetto ad eccezioni, che  sono  pero'
esse stesse definite dallo Statuto e dalle norme di attuazione, senza
che la legge ordinaria possa mai costituire autonomo titolo  di  tale
diretta applicazione. 
    Risulta dunque chiaro che la  disposizione  di  cui  al  comma  5
dell'art. 17-ter, qui impugnata, si pone in contrasto con i parametri
costituzionali e statutari,  che  ovviamente  includono  il  rispetto
delle norme  di  attuazione  dello  Statuto.  Essa  e'  dunque  -  in
relazione  alla  ricorrente  Provincia  ed  al   suo   territorio   -
costituzionalmente illegittima. 
    3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 37, commi da 4 a 8. 
    L'art.  37  e'  intitolato   Disciplina   delle   gare   per   la
distribuzione di gas naturale e nel settore idroelettrico. I commi da
4 a 8 modificano  la  disciplina  delle  concessioni  idroelettriche.
Precisamente, essi disciplinano l'affidamento  delle  concessioni  di
grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico con nonne
direttamente applicabili, che si rivolgono espressamente  anche  alle
Province autonome. 
    Di  tali  disposizioni  conviene  in  primo  luogo  esaminare  il
contenuto. 
    Il comma 4 modifica l'art. 12 (Concessioni idroelettriche) d.lgs.
79/1999, stabilendo che «le regioni e le  province  autonome,  cinque
anni prima dello scadere di una  concessione  di  grande  derivazione
d'acqua per uso idroelettrico e nei casi  di  decadenza,  rinuncia  e
revoca, fermo restando quanto previsto dal comma 4, ove non ritengano
sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso  uso  delle
acque,  incompatibile   con   il   mantenimento   dell'uso   a   fine
idroelettrico, indicono una gara ad evidenza pubblica,  nel  rispetto
della normativa vigente e dei principi fondamentali di  tutela  della
concorrenza,   liberta'    di    stabilimento,    trasparenza,    non
discriminazione  e   assenza   di   conflitto   di   interessi,   per
l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un  periodo  di
durata da venti anni fino ad un massimo di  trenta  anni,  rapportato
all'entita' degli investimenti ritenuti  necessari,  avendo  riguardo
all'offerta di miglioramento  e  risanamento  ambientale  del  bacino
idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale,
alla consistenza e qualita' del piano di interventi per assicurare la
conservazione della: capacita' utile di  invaso  e,  prevalentemente,
all'offerta  economica  per  l'acquisizione  dell'uso  della  risorsa
idrica  e  all'aumento  dell'energia   prodotta   o   della   potenza
installata». 
    Si aggiunge che «per le concessioni gia'  scadute  alla  data  di
entrata in  vigore  della  presente  disposizione  e  per  quelle  in
scadenza successivamente a tale data ed entro il  31  dicembre  2017,
per le quali non e' tecnicamente applicabile  il  periodo  di  cinque
anni di cui al primo periodo del presente  comma,  le  regioni  e  le
province autonome indicono la gara  entro  due  anni  dalla  data  di
entrata in  vigore  del  decreto  di  cui  al  comma  2  e  la  nuova
concessione decorre dal  termine  del  quinto  anno  successivo  alla
scadenza originaria e  comunque  non  oltre  il  31  dicembre  2017».
Ancora, si prevede che «nel bando di gara sono  specificate  altresi'
le eventuali condizioni di esercizio della  derivazione  al  fine  di
assicurare  il  necessario  coordinamento   con   gli   usi   primari
riconosciuti dalla legge,  in  coerenza  con  quanto  previsto  dalla
pianificazione  idrica»,  e  che  «la  gara  e'  indetta  anche   per
l'attribuzione di una nuova concessione di grande derivazione d'acqua
per uso idroelettrico, con le medesime modalita' e durata». 
    Inoltre, il comma 4 dell'art. 37 ha stabilito che con il  decreto
ministeriale gia' previsto dall'art. 12, co. 2, del d.lgs. 79/1999 (e
rivolto a determinare «i requisiti organizzativi e finanziari minimi,
i parametri ed i termini concernenti  la  procedura  di  gara»)  sono
direttamente «stabiliti i criteri  e  i  parametri  per  definire  la
durata della concessione in rapporto all'entita' degli  investimenti,
nonche', con parere dell'Autorita' per l'energia elettrica e il  gas,
i parametri tecnico-economici per la determinazione del corrispettivo
e dell'importo spettanti al concessionario uscente, ed e' determinata
la percentuale dell'offerta economica di cui al comma  1,  presentata
dal soggetto risultato aggiudicatario, da  destinare  alla  riduzione
dei costi dell'energia elettrica a beneficio  della  generalita'  dei
clienti finali, secondo modalita'  definite  nel  medesimo  decreto».
Dunque, il comma 4 detta una disciplina direttamente applicabile, che
- al di la' della previsione  della  gara  pubblica  -  ha  carattere
dettagliato (occupandosi della durata della concessione, dei  criteri
della gara, del momento della gara); inoltre, il comma 4 affida ad un
d.m. sostanzialmente regolamentare il  compito  di  dettare  altre  -
norme dettagliate (v. sopra). 
    Il comma 5 dell'art. 37, d.l. 83/2012 dispone che  «il  bando  di
gara per l'attribuzione di una concessione di grande  derivazione  ad
uso idroelettrico prevede, per garantire la  continuita'  gestionale,
il trasferimento dal concessionario uscente al  nuovo  concessionario
della titolarita' del ramo  d'azienda  relativo  all'esercizio  della
concessione, comprensivo di tutti i rapporti giuridici afferenti alla
concessione». 
    Il comma 6 stabilisce che «al concessionario  uscente  spetta  un
corrispettivo per il trasferimento del ramo d'azienda, predeterminato
e concordato tra questo e l'amministrazione  concedente  prima  della
fase di offerta e reso noto nel bando di gara», e di seguito fissa  -
con norme dettagliate - i criteri per determinare tale corrispettivo. 
    Il comma 7 dispone che con decreto ministeriale, previa intesa in
sede di Conferenza Stato-Regioni, «sono stabiliti i' criteri generali
per  la  determinazione,   secondo   principi   di   economicita'   e
ragionevolezza, da parte delle regioni, di valori massimi dei  canoni
delle concessioni ad uso idroelettrico» (e' da ricordare che, in base
all'art. 1-bis, co. 16, d.P.R. 235/1977, anche i canoni demaniali  di
concessione sono disciplinati con legge provinciale). Con  lo  stesso
decreto «sono fissate le modalita' tramite le quali le regioni  e  le
province autonome possono destinare una  percentuale  di  valore  non
inferiore al 20 per cento del canone  di  concessione  pattuito  alla
riduzione dei costi dell'energia elettrica a  beneficio  dei  clienti
finali». 
    Il comma 8 dispone infine  l'abrogazione  dei  commi  489  e  490
dell'art. 1 della legge 23 dicembre  2005,  n.  266,  riguardanti  le
procedure di gara. 
    Per comprendere l'impatto che le norme di cui si e' ora ricordato
il contenuto hanno sulle concessioni  idroelettriche  nel  territorio
provinciale e sulle  competenze  statutarie  e  costituzionali  della
Provincia, occorre ora portare  l'attenzione  prima  sulla  normativa
statale,  di  livello  costituzionale,   statutario   ed   attuativo,
riguardante la materia, quindi sulla  normativa  provinciale  che  ha
dato attuazione alla normativa statale. 
    Quanto alla normativa statale, va in primo luogo ricordato che la
Provincia e' dotata di potesta' legislativa primaria  in  materia  di
difesa del suolo e dell'ecosistema, di opere idrauliche e di  demanio
idrico,  e  di  potesta'  legislativa  concorrente  in   materia   di
utilizzazione delle acque pubbliche e di igiene e  sanita'.  Rilevano
in particolare le  competenze  statutarie  in  materia  di  tutela  e
conservazione  del  patrimonio   storico,   artistico   e   popolare;
urbanistica e  piani  regolatori;  tutela  del  paesaggio;  opere  di
prevenzione e di pronto soccorso per calamita'  pubbliche;  caccia  e
pesca;  viabilita',  acquedotti  e  lavori  pubblici   di   interesse
provinciale;  agricoltura,  foreste  e  corpo  forestale,  patrimonio
zootecnico ed ittico; opere idrauliche della terza, quarta  e  quinta
categoria (art. 8, nn. 3), 5), 6), 13), 15),  17),  21)  e  24,  St.)
nonche' in materia di utilizzazione delle acque pubbliche e di igiene
e sanita' (art. 9, nn, 9) e 10, St.), nonche' gli articoli 12, 13, 14
e 16 dello Statuto speciale e le relative norme di attuazione. 
    La riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione ha
poi riconosciuto  competenza  legislativa  concorrente  alle  Regioni
ordinarie  in  «materia  di  produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia» (art. 117, terzo comma, della Costituzione) e
tale nonna si applica  anche  alla  Provincia  di  Trento,  ai  sensi
dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre  2001,  n.  3  (v.
sentt. 165/2011 e 383/2005). 
    Le competenze della Provincia sono definite anche dalle norme  di
attuazione dello Statuto,  tra  le  quali  rilevano  il  decreto  del
Presidente della  Repubblica  20  gennaio  1973,  n.  115  (Norme  di
attuazione in materia di trasferimento  alle  province  autonome  dei
beni demaniali e  patrimoniali  dello  Stato  e  della  Regione),  il
decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381  (Norma
di attuazione in materia di urbanistica ed  opere  pubbliche)  ed  il
decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235  (Norme
di attuazione in materia di produzione e  distribuzione  dell'energia
elettrica), con le modificazioni apportate dal decreto legislativo 11
novembre 1999, n. 463 (Norme di  attuazione  in  materia  di  demanio
idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni  a
scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica)
e  dal  decreto  legislativo  7  novembre  2006,  n.  289  (Norme  di
attuazione   dello   statuto   speciale   della   regione    autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol, recanti modifiche al  D.P.R.  26  marzo
1977, n. 235, in materia di concessioni di grandi derivazioni d'acqua
a scopo idroelettrico). 
    La speciale autonomia della Provincia di  Trento  in  materia  di
concessioni di grandi derivazioni d'acqua a  scopo  idroelettrico  e'
dunque definita a livello di norma di  attuazione  dello  statuto  di
autonomia. 
    In particolare,  l'art.  1-bis  d.P.R.  235/1977  stabilisce  che
«spetta alle Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  per  il
rispettivo territorio, secondo quanto disposto  dall'art.  01  e  nel
rispetto degli obblighi comunitari, l'esercizio delle  funzioni  gia'
esercitate dallo Stato in  materia  di  grandi  derivazioni  a  scopo
idroelettrico» (co. 1). Il comma 2  aggiunge  che,  «in  relazione  a
quanto disposto dal comma 1,  con  legge  provinciale,  nel  rispetto
degli obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario e degli accordi
internazionali, dell'art. 117,  secondo  comma,  della  Costituzione,
nonche' dei principi  fondamentali  delle  leggi  dello  Stato,  sono
disciplinate  le  grandi  derivazioni  di  acque  pubbliche  a  scopo
idroelettrico», ed il comma 16  stabilisce  che  «le  concessioni  di
grande derivazione a  scopo  idroelettrico,  ivi  compresi  i  canoni
demaniali di concessione, sono disciplinati con legge provinciale nel
rispetto dell'art. 117, secondo comma,  della  Costituzione,  nonche'
dei principi fondamentali delle leggi dello Stato  e  degli  obblighi
comunitari». 
    Per il  territorio  delle  Province  autonome,  la  normativa  di
attuazione statutaria (art. 1-bis, co. 15, d.P.R. 235/1977) ha  anche
definito il termine di scadenza delle concessioni rilasciate ad  ENEL
S.p.A. al 31 dicembre 2010, con un termine  di  scadenza  molto  piu'
ravvicinato rispetto a quello previsto  per  il  restante  territorio
nazionale (fissato dall'art. 12, comma 6, del decreto legislativo  n.
79 del 1999 nel  2029);  per  le  altre  concessioni  il  termine  di
scadenza e' definito al 31 dicembre 2010 per quelle in scadenza entro
la medesima data, e alla  data  di  scadenza  definita  nell'atto  di
concessione per quelle con scadenza successiva al 31 dicembre 2010. 
    Il predetto art.  1-bis  d.P.R.  235/1977,  come  modificato  dal
d.lgs. 289/2006, costituisce il punto  di  arrivo  di  una  complessa
vicenda istituzionale e normativa a livello comunitario, nazionale  e
provinciale,  che  si  e'  aperta  con  l'approvazione  del   decreto
legislativo n. 79 del 1999 e l'avvio del processo di liberalizzazione
del  mercato  elettrico,  e  che  si  e'  chiusa  nel  2007  con   l'
archiviazione  della  procedura  di  infrazione  n.   1999/4902   con
riferimento al decreto legislativo n. 463 del 1999, e del contenzioso
costituzionale tra lo Stato e le Province autonome  con  la  sentenza
della Corte costituzionale n. 378 del 2007. 
    In esecuzione della predetta norma di attuazione,  e  in  seguito
alla stabilizzazione del  quadro  normativo  generale,  la  Provincia
autonoma di Trento ha fissato  il  regime  normativa  di  concessione
delle grandi derivazioni di acque pubbliche  a  scopo  idroelettrico,
nei limiti concordati per il sistema  nazionale  con  la  Commissione
europea per la archiviazione della procedura di infrazione legata  al
decreto legislativo n. 79 del 1999.  Tale  quadro  normativo  e'  ora
stabilito dalla legge provinciale n. 4  del  1998,  che  contiene  le
integrazioni introdotte con l'art.  44  della  legge  provinciale  21
dicembre 2007, n. 23. 
    Innanzi tutto, l'art. 1 l.p. 4/1998  prevede  quanto  segue:  «ai
fini dell'esercizio delle  competenze  spettanti  alla  Provincia  in
materia di energia nonche' di concessione di acque pubbliche a  scopo
idroelettrico, ai sensi del decreto del Presidente  della  Repubblica
26 marzo 1977, n. 235 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale
della regione Trentino - Alto Adige  in  materia  di  energia),  come
modificato dal decreto legislativo  11  novembre  1999,  n.  463,  si
applica  quanto  disposto  dalla  presente  legge   e   dalle   altre
disposizioni di legge provinciale in materia di energia.  Per  quanto
non previsto dalla vigente  legislazione  provinciale  nonche'  dalla
presente legge, si applicano le  leggi  dello  Stato  in  materia  di
energia  fino  a  quando  non  diversamente  disposto   dalla   legge
provinciale». 
    L'art.  1-bis1,  poi,  «disciplina  le  concessioni   di   grandi
derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico  secondo  quanto
previsto dal comma  16,  secondo  periodo,  dell'art.  1-bis»  d.P.R.
235/1977. 
    In sintesi, la disciplina normativa provinciale delle concessioni
idroelettriche contenuta nell'art.  1-bis1  1.p.  4/1998  (modificato
dalla 1. p. 21 dicembre 2007, n. 23) reca  una  disciplina  a  regime
(commi da 1 a 11) che prevede il rilascio delle concessioni all'esito
di  procedure  di  evidenza  pubblica.  Solo   in   sede   di   prima
applicazione, la disciplina provinciale (art. 1-bis1, commi da 15-ter
a 15-decies) prevede la facolta' per  il  concessionario  uscente  di
richiedere una proroga decennale  una  tantum  della  concessione,  a
fronte  dell'assunzione  di  significativi  vincoli  ed   oneri,   di
carattere anche finanziario, aggiuntivi rispetto  a  quelli  previsti
nella   concessione   originaria,    secondo    quanto    determinato
preventivamente dalla medesima disciplina provinciale  nell'interesse
pubblico delle popolazioni locali. 
    Tale soluzione legislativa ha consentito di perseguire fin  dalla
sua entrata in vigore gli interessi  pubblici  relativi  alla  tutela
ambientale e del territorio e di fissare, al contempo, i presupposti,
temporali e organizzativi, per  lo  svolgimento  delle  procedure  di
evidenza pubblica per il rinnovo delle concessioni. 
    In sintesi, la materia  dell'affidamento  delle  concessioni  di'
grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo  idroelettrico  rientra
prevalentemente nella materia «energia» (sentt.  205/2011  e  1/2008)
che, come visto, e' di competenza provinciale. La speciale  autonomia
della  Provincia  di  Trento  in  tale  materia  e'  riconosciuta   e
disciplinata dalle fonti  statutaria,  ed  in  particolare  dall'art.
1-bis, commi 2 e 16, d.P.R. 235/1977. 
    Non occorre ricordare che le fonti statutarie,  ivi  comprese  le
norme di attuazione dello statuto, prevalgono sulle fonti legislative
ordinarie, che le debbono rispettare. 
    E' dunque evidente che in relazione alla ricorrente Provincia  il
legislatore statale - che ha  espressamente  affidato  la  competenza
alla Provincia  stessa  -  non  puo'  dettare  in  tale  materia  una
disciplina direttamente applicabile, in  quanto  lo  vietano  sia  la
stessa competenza  espressamente  attribuita,  sia  l'art.  2  d.lgs.
266/1992: il quale,  come  noto,  stabilisce  che  nelle  materie  di
competenza  provinciale  la  legislazione  provinciale  deve   essere
adeguata ai principi  e  nonne  costituenti  limiti  ai  sensi  degli
articoli 4 e 5 dello Statuto speciale e recati  da  atto  legislativo
dello Stato, entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto
legislativo, e che nel frattempo restano applicabili le  disposizioni
legislative regionali e provinciali preesistenti. 
    I commi da 4 a 8 dell'art. 37 d.l. 83/2012, invece,  disciplinano
l'affidamento  delle  concessioni  di  grandi  derivazioni  di  acque
pubbliche a scopo idroelettrico con norme  direttamente  applicabili,
che si rivolgono espressamente anche alle Province autonome. 
    Inoltre, come sopra esposto, i commi 4, lett. b)  e  7  prevedono
atti statali di natura regolamentare  in  materia  provinciale  e  si
pongono, quindi, in contrasto con le predette norme costituzionali  e
di attuazione e con l'art. 2 d.lgs. 266/1992 (che  non  ammette  atti
regolamentari nelle materie provinciali) e con  l'art.  117,  co.  6,
Cost., che sancisce il divieto di regolamenti statali nelle materie -
regionali. Anche di recente  la  Corte  costituzionale  ha  ricordato
quanto segue: «Gia' nella sentenza n.  376  del  2002  questa  Corte,
esaminando - alla luce dell'assetto  costituzionale  precedente  alla
revisione del 2001 - la posizione che, nella gerarchia delle fonti di
produzione  del  diritto,  venivano  ad  assumere  i  regolamenti  di
delegificazione, affermava che «la sostituzione di norme  legislative
con norme regolamentari esclude(va) di per se' che da  queste  ultime
(potessero) trarsi principi vincolanti per le regioni».  E'  evidente
che in nulla queste conclusioni sono  mutate  dopo  la  modifica  del
Titolo V della Parte seconda della Costituzione, e che, quindi,  deve
escludersi che il  regolamento  di  delegificazione  sia  un  veicolo
normativa idoneo a delineare le grandi riforme economico-sociali  che
si' impongono alla potesta'  legislativa  della  Provincia  autonoma»
(sent. 207/2012). 
    Qualora i d.m. in questione fossero considerati atti di indirizzo
e coordinamento o atti amministrativi generali,  la  loro  previsione
sarebbe comunque illegittima in quanto non rispettosa degli artt. 3 e
4 d.lgs. 266/1992: il primo prevede che gli atti indirizzo  vincolino
«solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti»
(mentre i d.m.  in  questione  non  hanno  contenuto  finalistico)  e
prescrive la competenza governativa ed il parere della Provincia;  il
secondo prevede  che  «nelle  materie  di  competenza  propria  della
regione o delle province autonome la legge non puo'  attribuire  agli
organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza,
di  polizia  amministrativa   e   di   accertamento   di   violazioni
amministrative, diverse da quelle spettanti  allo  Stato  secondo  lo
statuto speciale e le relative norme di attuazione». 
    Infine, come si e' visto, gran parte della  disciplina  contenuta
nei commi da 4 a 8 ha carattere dettagliato e,  dunque  non  potrebbe
vincolare la Provincia neppure in termini di vincolo di  adeguamento.
Essa, pero', si rivolge anche alle Province e, dunque, contrasta  con
le norme costituzionali e di attuazione sopra viste (in  particolare,
art. 1-bis d.P.R. 235/1977 e art. 2 d.lgs. 266/1992). 
    In definitiva, i commi da 4 a 8  pretendono  illegittimamente  di
sovrapporsi alla disciplina legislativa con cui questa Provincia,  in
applicazione della normativa di attuazione statutaria, ha regolato  i
procedimenti, anche di  evidenza  pubblica,  per  il  rilascio  delle
concessioni di' grande derivazione a scopo idroelettrico e i proventi
derivanti dall'utilizzo delle acque pubbliche. 
    Dunque, la nuova normativa nazionale contenuta nei commi da 4 a 8
dell'art. 37 d.l.  83/2012,  risulta  illegittimamente  lesiva  delle
prerogative costituzionali della Provincia di Trenta. 
    4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 3-bis. 
    L'art. 69, co. 3-bis,  d.l.  83/2012  dispone  che  «al  fine  di
semplificare l'organizzazione  degli  enti  territoriali  locali,  di
assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e  di
contribuire  al  contenimento  della  spesa  pubblica,   nonche'   in
ottemperanza al disposto dell'art. 23, comma 22, del decreto-legge  6
dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge  22
dicembre 2011, n. 214, le province autonome di Trento  e  di  Bolzano
prevedono, nell'ambito  della  propria  autonomia  statutaria  e  nel
quadro delle procedure di coordinamento previste dall'art.  27  della
legge 5 maggio 2009, n. 42, che gli incarichi  conferiti  all'interno
delle  comunita'  di  valle  siano  svolti  a  titolo  esclusivamente
onorifico, senza la corresponsione di alcuna forma di  remunerazione,
indennita'  o  gettone  di  presenza».  Conviene  ricordare  che   il
richiamato  art.  23,  co.  22,  d.l.  201/2001  stabilisce  che  «la
titolarita' di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura  elettiva
di un ente territoriale non previsto dalla Costituzione e'  a  titolo
esclusivamente onorifico e non puo' essere fonte di alcuna  forma  di
remunerazione, indennita' o gettone di presenza, con  esclusione  dei
comuni di cui all'art. 2, comma  186,  lettera  b),  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni». 
    Cosi',  alla  stregua  del  comma  3-bis,  le  Province  autonome
dovrebbero «ottemperare» a tale disposizione,  rendendo  gratuite  le
funzioni svolte dagli amministratori presso le proprie  comunita'  di
valle. 
    Si tratta, come si vede, di una disposizione molto precisa, quasi
di un ordine. Ma sulla legittimita' costituzionale  di  quest'ordine,
cosi' formulato, ha nutrito dubbi lo stesso legislatore. 
    Da un lato, infatti, esso ha contestualmente stabilito che a tale
ottemperanza  la  Provincia  provveda  «nell'ambito   della   propria
autonomia statutaria e nel quadro delle  procedure  di  coordinamento
previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42», cioe'  delle
nonne   di   attuazione   dello   statuto:    rinviando    cosi'    -
contraddittoriamente  -  all'autonomia  del  destinatario  (ed   alle
speciali procedure di attuazione dello statuto) nel momento stesso in
cui tale autonomia viene negata. 
    Dall'altro, il successivo comma 3-ter dello stesso art.  69  d.l.
83/2012 ha addirittura precisato che «le disposizioni di cui al comma
3-bis» - che riguardano esclusivamente le Province autonome di Trento
e di Bolzano  -  «si  applicano  compatibilmente  con  le  competenze
attribuite alle province autonome di Trento e  di  Bolzano  ai  sensi
dello statuto speciale e delle relative nonne di attuazione». 
    Siamo dunque  di  fronte  ad  un  vero  paradosso  normativo:  il
legislatore stabilisce una nonna (restrittiva) per le  sole  Province
autonome e contestualmente afferma che tale norma si applica ad  esse
- le sole destinatarie - compatibilmente con la loro autonomia! 
    Sennonche', una  simile  tecnica  normativa  -  che  realizza  in
realta' una forma di inquinamento normativo - viola in primo luogo il
principio di ragionevolezza e di certezza del diritto.  Il  complesso
che ne risulta pone un dovere di adeguamento e contemporaneamente  lo
nega o lo pone in dubbio, ponendo le Province  autonome  destinatarie
in una situazione di incertezza. 
    Esse, infatti, ritenendo il  comma  3-bis  incompatibile  con  la
propria autonomia statutaria, non sarebbero tenute ad  applicano,  ma
al tempo avrebbero contraddetto una disposizione statale  formalmente
vigente e ad esse specificamente rivolta. 
    La Provincia e' legittimata a far valere tali vizi, posto che  la
norma in questione attiene al coordinamento della finanza pubblica  e
alla finanza locale (materie  di  competenza  anche  provinciale:  v.
sentt. 22/2012 e 80/2012)  e,  determinando  incertezza  sul  vincoli
finanziari  esistenti  e  sullo  status  degli  amministratori  delle
comunita'  di  valle,  pregiudica   lo   svolgimento   dell'autonomia
legislativa della Provincia. 
    In ogni modo, ad avviso della ricorrente Provincia il comma 3-bis
dell'art. 69 e' realmente incompatibile con lo statuto speciale e con
le relative norme  di  attuazione.  Esso  si  richiama  al  «fine  di
semplificare l'organizzazione  degli  enti  territoriali  locali,  di
assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e  di
contribuire al contenimento della spesa pubblica». Ma e' evidente che
il divieto di corrispondere compensi  per  gli  «incarichi  conferiti
all'interno delle comunita' di valle» (dizione a sua  volta  ambigua,
che qui si intende come divieto di  retribuirne  gli  amministratori)
non contribuisce in alcun modo a «semplificare l'organizzazione degli
enti territoriali locali»,  la  quale  rimane  esattamente  come  era
prima. 
    Escluso  dunque  che  la  norma  qui  contestata  possa   trovare
fondamento  in  tale  esigenza,  rimane  da  esaminare  il  fine   di
«assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e di
contribuire al contenimento della spesa  pubblica».  Si  tratterebbe,
allora, di una norma di coordinamento della finanza pubblica. 
    Cosi considerata, tuttavia, la nonna si rivela illegittima  sotto
diversi profili. 
    Intanto, essa non corrisponde affatto ai  requisiti  che  codesta
ecc.ma Corte costituzionale ha individuato  sul  piano  generale  per
tale  categoria  di  norme.  Si  tratta  infatti  non  di  un  limite
complessivo alla spesa, o almeno ad un rilevante aggregato  di  essa.
Al  contrario,  la  norma  impugnata  pone  un  limite  puntuale  con
specifico  riferimento  alle  comunita'  di  valle,  un  limite   non
temporaneo e che non  consente  alcuno  svolgimento  da  parte  delle
Province, ma richiede semplicemente di essere recepito.  Essa  dunque
non  ha  alcuna  delle  caratteristiche  peculiari  dei  principi  di
coordinamento della finanza  pubblica  e  viola  le  regole  poste  a
garanzia delle stesse Regioni ordinarie. 
    Sul piano statutario, poi, risulta palesemente violato l'art.  79
dello Statuto, che prevede in modo esaustivo le modalita' con cui  la
Provincia concorre agli obiettivi di finanza  pubblica.  In  base  al
comma  3,  «fermi  restando  gli  obiettivi  complessivi  di  finanza
pubblica, spetta alle province stabilire  gli  obblighi  relativi  al
patto  di  stabilita'  interno  e   provvedere   alle   funzioni   di
coordinamento con riferimento agli enti  locali,  ai  propri  enti  e
organismi strumentali, alle aziende sanitarie, alle  universita'  non
statali di cui all' art. 17, comma 120, della legge 15  maggio  1997,
n.  127,  alle  camere  di  commercio,   industria,   artigianato   e
agricoltura e agli altri enti od organismi a ordinamento regionale  o
provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria». L'art. 79, cc.
3, precisa che «non si applicano le misure adottate per le regioni  e
per gli altri enti nel  restante  territorio  nazionale»  e  che  «le
province vigilano  sul  raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica da parte degli enti di cui al presente comma  ed  esercitano
sugli stessi il controllo successivo  sulla  gestione  dando  notizia
degli esiti alla competente sezione della Corte dei conti». 
    In  base  al  comma  4,   «le   disposizioni   statali   relative
all'attuazione degli obiettivi di  perequazione  e  di  solidarieta',
nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di  stabilita'
interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle
province e sono in  ogni  caso  sostituite  da  quanto  previsto  dal
presente articolo». 
    Dunque, secondo lo statuto lo Stato  concorda  con  la  Provincia
«gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento
ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo» (art. 79,  co.
3), e  poi  spetta  alla  Provincia  «provvedere  alle  funzioni  di'
coordinamento con riferimento agli enti locali»  (sempre  co.  3;  e'
opportuno ricordare che le comunita' di  valle  «sono  enti  pubblici
locali a struttura associativa», in base all'art.  14,  co.  2,  l.p.
3/2006). Dunque, lo Stato non puo' unilateralmente porre  un  vincolo
finanziario (per di piu' puntuale) in  relazione  alle  comunita'  di
valle. Gli strumenti con cui il  sistema  provinciale  concorre  agli
obiettivi di' finanza pubblica sono quelli regolati dall'art. 79  St.
e  possono  essere  modificati  solo  nel  rispetto  delle  procedure
statutarie e del principio dell'accordo, che domina  la  materia  dei
rapporti finanziari tra Stato e Regioni speciali. 
    Sempre  sul  piano  statutario,  risulta  altresi'   violata   la
competenza in materia di finanza locale. In tale materia la Provincia
autonoma di Trento e' dotata  di  potesta'  legislativa  ,  ai  sensi
dell'art. 80, co. 1, St. («Le province hanno competenza  legislativa,
nei limiti stabiliti dall'art. 5, in  materia  di  finanza  locale»),
dell'art. 81, co. 2, St. («Allo scopo  di  adeguare  le  finanze  dei
comuni. al  raggiungimento  delle  finalita'  e  all'esercizio  delle
funzioni stabilite dalle leggi, le province di Trento  e  di  Bolzano
corrispondono  ai  consumi  stessi  idonei   mezzi   finanziari,   da
concordare  fra  il  Presidente  della  relativa  Provincia  ed   una
rappresentanza unitaria dei  rispettivi  comuni»)  e  delle  relative
norme di attuazione (v. art. 17 d.lgs. 268/1992,  in  particolare  il
comma 3: «Nel rispetto  delle  competenze  regionali  in  materia  di
ordinamento dei comuni, le province disciplinano con legge i  criteri
per assicurare un equilibrato sviluppo della  finanza  comunale,  ivi
compresi i  limiti  all'assunzione  di  personale,  le  modalita'  di
ricorso  all'indebitamento,  nonche'  le  procedure  per  l'attivita'
contrattuale»). 
    E' da sottolineare che la Provincia e' anche dotata di competenza
legislativa sulle forme collaborative tra i comuni, in base  all'art.
15, co. 2, d.P.R. 526/1987. 
    Poiche' la norma impugnata e' di dettaglio,  la  sua  pretesa  di
vincolare la Provincia viola le nonne appena citate e l'art. 2 d.lgs.
266/1992, in base al quale le leggi provinciali devono adeguarsi alle
leggi statali recanti i limiti di cui agli artt. 4 e 5 St. 
    Posta la violazione dello statuto e delle  norme  di  attuazione,
scrupolo  difensivo  esige  che  si  faccia  altresi'  rilevare   che
l'obbligo di adeguamento posto dal comma 3 bis dell'art. 69 e'  anche
costituzionalmente  illegittimo  nel  suo  contenuto  specifico,  per
contrasto con l'art. 36, primo comma, della Costituzione, nonche', in
via derivata, con il principio di buon andamento di cui  all'art.  97
della Costituzione. 
    Un conto, infatti, sarebbe stabilire - ad esempio - un divieto di
cumulo di piu'  retribuzioni  per  attivita'  strettamente  connesse,
tutt'altro conto e' imporre - su un piano  astratto  e  senza  alcuna
relazione con le concrete modalita' organizzative ed operative  delle
comunita' di valle - che  gli  incarichi  da  esse  attribuiti  siano
gratuiti. 
    Una  simile  disposizione  viola  palesemente  il  diritto   alla
retribuzione per il proprio lavoro e - visto dal lato opposto, quello
dell'assetto   organizzativo   -   impedisce   alle   amministrazioni
interessate  (ed  alla  Provincia,   che   ne   e'   complessivamente
responsabile) una efficiente organizzazione: essendo evidente che  il
non  poter  retribuire   una   prestazione   limita   gravemente   la
possibilita' di ottenerla. 
    La Provincia e' legittimata a far valere tali violazioni  perche'
la norma impugnata attiene,  come  visto,  a  materie  di  competenza
provinciale (v. sentt.  22/2012  e  80/2012)  e  lo  Stato  non  puo'
vincolare le competenze della  Provincia  in  modo  illegittimo,  con
norme che rappresenterebbero un  quadro  incostituzionale  (e  dunque
instabile, con conseguente pregiudizio per la certezza  del  diritto)
di riferimento dell'azione provinciale  e  dell'esercizio  della  sua
autonomia legislativa.