Ricorso della Regione Piemonte, (C.P. n. 80087670016) in  persona
del Presidente  pro-tempore  della  Giunta  Regionale  Roberto  Cota,
autorizzato con delibera della Giunta  Regionale  n.  6-4642  del  1°
ottobre 2012, rappresentato e  difeso,  per  mandato  a  margine  del
presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente,  dagli  avv.ti
Giovanna  Scollo  (c.f.:  SCLGNN54B54C351Y,  fax:  0114324889,   pec:
giovanna.scollo@cert.regione.piemonte.it) dall'avv. Gabriele  Pafundi
(c.f.:      PFNGRL57B09H501K,       fax:       06.3212646,       pec:
gabrielepafundi@ordineavvocatiroma.org) ed elettivamente  domiciliato
presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare n. 14; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, pro-tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi
7 e 8, e dell'art. 17, commi 6 e 12, del d.l. 6.7.2012  n.  95  cosi'
come convertito,  con  modificazioni  dalla  legge  7.8.2012  n.  135
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 189, S.O. del 14 agosto  2012,
per violazione degli artt 5, 114, 117 comma 2 lett. p) e commi 4 e 6,
118, 119 e 120 secondo comma della Costituzione, in  relazione  anche
agli artt. 77 e 97 della  Costituzione,  nonche'  del  principato  di
leale collaborazione. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    L'art. 16, commi 7 e 8, del d.1. n. 95/2012 (disposizioni urgenti
per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei  servizi  ai
cittadini)  convertito,  con  modificazioni,  dalla  l.  n.  135  del
7.8.2012, definisce i vincoli di carattere finanziario per  gli  enti
territoriali determinando  un  drastico  taglio  delle  risorse  alle
province e introduce disposizioni in materia personale. 
    L'art. 17 (riordino delle Province e loro funzioni), prevede  una
generale  disciplina  sul  riordino  delle  province  ridefinendo  le
funzioni dell'ente (comma 6)  e  confermando  le  disposizioni  sugli
organi di governo (comma  12)  previste  dall'art.  23  del  d.l.  n.
201/2011 convertito con modificazioni dalla l. n. 214/2011. 
    Il Consiglio delle Autonomie Locali del Piemonte,  istituito  con
l.r. n. 30/2006, con  risoluzione  del  21.9.2012  (doc.  n.  1),  ha
avanzato  al  Presidente  della  Giunta  Regionale  la  proposta   di
impugnare alla Corte costituzionale l'art. 16, commi 7 e 8, e  l'art.
17, commi 6 e  12,  del  d.l.  n.  95/2012  convertito  dalla  l.  n.
135/2012. 
    La Regione e' legittimata a proporre la presente impugnativa  per
la lesione diretta subita dalle norme  contestate  ma  anche  per  la
lesione delle prerogative costituzionali degli enti locali. 
    Piu' volte si e' pronunciata Codesta Ecc.ma Corte  (sentenze  nn.
417/2005,  196/2004,  95/2007,  169/2007,  289/2009)  nel  senso   di
ammettere le censure d'altronde e' la stessa l. n. 131/2003,  recante
disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla
legge  costituzionale  n.  3/2001,  che  all'art.   9   prevede   che
l'illegittimita'  costituzionale  di  norme  statali   possa   essere
sollevata «anche su proposta del Consiglio delle Autonomie Locali». 
Art. 16, comma 7 e 8, violazione degli artt. 5, 117 commi 2 lett.  p)
4 e 6, 118 e 119 nonche' del principio della leale collaborazione. 
    Il comma 7 dispone la riduzione delle  risorse  per  le  province
gia' a partire dal 2012 «Il fondo sperimentale di riequilibrio,  come
determinato ai sensi dell'art. 21 del decreto  legislativo  6  maggio
2011 n. 68, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'art.
23  del  medesimo  decreto  legislativo  n.  68  del   2011,   ed   i
trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e
della Regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di euro per l'anno
2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e
1.050 milioni di euro a decorrere dall'anno  2015.  Le  riduzioni  da
imputare a ciascuna provincia sono determinate, tenendo  conto  anche
delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di
cui all'art. 2 del decreto-legge 7 maggio 2012 n. 52 convertito,  con
modificazioni, dalla legge 6 luglio  2012  n.  94,  dalla  Conferenza
Stato-citta' ed autonomie locali e recepite con decreto del Ministero
dell'interno  entro  il  30  settembre  2012.  In  caso  di   mancata
deliberazione della Conferenza Stato-citta' ed autonomie  locali,  il
decreto del Ministero dell'interno e comunque  emanato  entro  il  15
ottobre 2012, ripartendo  le  riduzioni  in  proporzione  alle  spese
sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal  SIOPE.
In caso di incapienza, sulla base dei dati comunicati  dal  Ministero
dell'interno, l'Agenzia delle  entrate  provvede  al  recupero  delle
predette somme nei confronti delle Province interessate a valere  sui
versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilita'
civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore,  esclusi  i
ciclomotori, di cui all'art. 60 del decreto legislativo  15  dicembre
1997 n. 446, riscossa tramite modello F 24, all'atto del riversamento
del relativo gettito alle province  medesime.  Qualora  le  somme  da
riversare alle province  a  titolo  di  imposta  sulle  assicurazioni
contro la responsabilita' civile  derivante  dalla  circolazione  dei
veicoli a motore, esclusi i  ciclomotori,  di  cui  all'art.  60  del
decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446 risultino incapienti  per
l'effettuazione del recupero di cui al quarto  periodo  del  presente
comma,  il  versamento  al  bilancio  dello  Stato  della  parte  non
recuperata e' effettuato a valere sulle disponibilita' presenti sulla
contabilita' speciale n. 1778  -  Agenzia  delle  entrate,  Fondi  di
Bilancio  -  che  e'  reintegrata   con   i   successivi   versamenti
dell'imposta sulle assicurazioni  contro  la  responsabilita'  civile
derivante  dalla  circolazione  dei  veicoli,  a  motore,  esclusi  i
ciclomotori». 
Quanto all'art. 5 della Costituzione. 
    Ivi si riconosce un rilievo costituzionale alle autonomie locali,
al  principio  del  piu'  ampio   decentramento   amministrativo   ed
all'adeguamento   della   legislazione    statale    alle    esigenze
dell'autonomia e del decentramento. 
    E' evidente l'inversione del parametro costituzionale nella norma
impugnata, con conseguente grave compromissione anche  dall'autonomia
regionale e dell'assetto ordinamentale ed istituzionale. 
    Il   suddetto   taglio   dei   trasferimenti   interviene   nella
programmazione del bilancio  in  corso,  con  impossibilita'  di  far
fronte alle spese programmate e conseguente sforamento del  patto  di
stabilita' interno, senza tenere conto delle differenziazioni che  si
verificano nelle varie regioni relativamente  all'attribuzione  delle
funzioni delle province. Anche il Servizio  Bilancio  del  Senato  ha
formulato dubbi sulla coerenza di  tagli  lineari  cosi'  pesanti  ed
indiscriminanti che incidono  sull'esistenza  stessa  delle  Province
tutte. 
    Il Fondo sperimentale di riequilibrio  appena  istituito  con  il
d.lgs. n. 68/2011  (art.  21),  ed  il  fondo  perequativo  (art.  13
medesimo d.lgs.) sono cosi' neutralizzati  proprio  nelle  specifiche
modalita' di riparto e di determinazione. 
Quanto all'art. 117 commi 2 lett. P), 4 e 6 e agli artt.  118  e  119
Cost. 
    L'art. 117, secondo comma, lett. p) della Cost. attribuisce  allo
Stato legislazione esclusiva in materia elettorale, organi di governo
e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane. I
tagli lineari decisi dal Governo proprio sul  fondo  sperimentale  di
riequilibrio, e  sul  fondo  perequativo,  per  idi  piu'  «in  corso
d'opera»,  non   consento   proprio   quell'esercizio   di   funzioni
fondamentali garantito e imposto dalla Costituzione. 
    Cosi'  facendo  il  Governo  viola  le  competenze  residuali   e
concorrenti delle Regioni e  la  stessa  potesta'  regolamentare,  in
considerazione delle attivita' trasferite e  delegate  dalle  Regioni
alle Province di conseguenza incise dalla norma impugnata. 
    L'art. 119 della Cost. assegna autonomia finanziaria  di  entrata
di spesa a Comuni, Province,  Citta'  metropolitane  e  Regioni,  con
assegnazione di compartecipazione  al  gettito  di  tributi  erariali
riferibili al  loro  territorio  e  con  l'istituzione  di  un  fondo
perequativo per i territori con minore capacita' fiscale. 
    E' intervenuta la legge  n.  42/2009  di  delega  al  Governo  in
materia di federalismo fiscale  in  attuazione  dell'art.  119  della
Cost. in attuazione della quale sono stati emanati i d.lgs. n.  68  e
23/2011 («disposizioni in  materia  di  autonomia  di  entrata  delle
regioni  a  statuto  ordinario   e   delle   province,   nonche'   di
determinazione dei  costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel  settore
sanitario»  e  «disposizioni  in  materia  di   federalismo   fiscale
municipale»). 
    Il  Governo  non  poteva,  come  invece  ha  fatto,  emanare   un
decreto-legge che procede tout-court a dei  tagli  lineari  ai  fondi
appena istituiti in attuazione della legge delega. 
Violazione del principio di leale collaborazione. 
    Il fondo perequativo di cui all'art. 13 d.lgs. n. 23/2011 prevede
l'intesa sancita in sede  di  Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie
locali. 
    Altrettanto dicasi per il fondo di riequilibrio di  cui  all'art.
21 d.lgs. n. 68/2011 che parla di «previo accordo». 
    Le riduzioni di detti fondi  effetuate  con  la  norma  impugnata
coinvolgeva la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali solo in un
momento successivo (quello delle riduzioni  da  imputare  a  ciascuna
provincia) e, per di piu',  con  la  piu'  che  generica  espressione
«tenuto conto anche delle  analisi  di  spesa  effettuate  ...  dalla
Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e  recepite  con  decreto
del Ministero dell'interno». Decreto comunque  emanato  entro  il  15
ottobre 2012. Piu' che adombrando  un  intervento  sostitutivo  dello
Stato fuori dai casi previsti dall'art. 8 della l. n. 131/2003 e  per
attraverso un mero decreto ministeriale. 
    Art. 16, comma 8: «Fermi restando i vincoli assunzionali  di  cui
all'art. 76 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con legge n.
133 del 2008, e successive modificazioni ed integrazioni, con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, da  emanare  entro  il  31
dicembre 2012  d'intesa  con  Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie
locali,  sono  stabiliti  i   parametri   di   virtuosita'   per   la
determinazione delle dotazioni organiche degli enti  locali,  tenendo
prioritariamente conto del  rapporto  tra  dipendenti  e  popolazione
residente. 
    A tal fine e' determinata la media  nazionale  del  personale  in
servizio presso gli enti, considerando anche le unita'  di  personale
in  servizio  presso  gli  enti,  considerando  anche  le  unita'  di
personale in servizio presso le societa' di cui all'art. 76, comma 7,
terzo periodo, del citato decreto-legge n. 112 del 2008. A  decorrere
dalla data di efficacia del decreto gli enti che risultino  collocati
ad un livello superiore del 20 per  cento  rispetto  alla  media  non
possono effettuare  assunzioni  a  qualsiasi  titolo;  gli  enti  che
risultino collocati ad un livello superiore del 40 per cento rispetto
alla media applicano le misure di gestione delle eventuali situazioni
di soprannumero di cui all'art. 2, comma 11, e seguenti». 
    Nonostante la prevista intesa con la Conferenza  Stato-Citta'  ed
autonomie locali, essa afferisce ad una fase meramente  esecutiva  di
disposizioni di  dettaglio  in  cui  sono  gia'  precisati,  in  modo
vincolante,  gli  stringenti  parametri   di   virtuosita'   per   la
determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali. 
    Adottando il criterio prioritario del rapporto tra  dipendenti  e
popolazione residente, si prescinde dalle funzioni e si penalizzano i
Comuni piu' piccoli, al di la' di ogni diversa  considerazione  sulla
efficienza e la «virtuosita'». 
    Ancora una volta si compromette anche l'autonomia regionale e  si
lede il principio del piu' ampio decentramento amministrativo (art. 5
cost.) e del buon andamento dell'amministrazione (art. 97 cost.). 
Art 17, comma 6, violazione degli artt. 5, 114, 117, commi 2 lett. p)
e 4 e 6, 118 e 119 della Costituzione nonche' del principio di  leale
collaborazione. 
    Il comma 6 dell'art. 7 (riordino delle province e loro funzioni),
interviene, richiamandone pero' il contenuto, sull'art. 23  del  d.l.
201/11 convertito nella l. 214/11 e cosi'  dispone:  «Fermo  restando
quanto disposto dal comma 10 del presente articolo, e fatte salve  le
funzioni di indirizzi e di coordinamento di cui  all'art.  23,  comma
14, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella legge
22  dicembre  2011,  n.  214,   nel   rispetto   del   principio   di
sussidiarieta' di cui all'art. 18, comma primo,  della  Costituzione,
ed in attuazione delle disposizioni di cui al  comma  18  del  citato
art. 23, come convertito, con modificazioni, dalla  citata  legge  n.
214 del 2011, sono trasferite ai comuni  le  funzioni  amministrative
conferite alla province con legge  dello  Stato  fino  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto e rientranti nelle materie  di
competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art.  117,
comma secondo, della Costituzione». 
    Tale comma, di difficile interpretazione in relazione ai commi 14
e 18 dell'art. 23 del d.l. 201/11,  viene  impugnato,  proprio  sotto
tale profilo qualora confermativo di dette statuizioni, per le stesse
ragioni di cui al ricorso pendente r.g. n. 18/2012. Ragioni  che  qui
si ripropongono insieme a specifici altri dubbi di  costituzionalita'
che la norma solleva, non intendendosi comunque e in  ogni  caso  del
tutto superati quelli gia' proposti. 
    Quanto all'art. 5 della Costituzione, ivi si riconosce un rilievo
costituzionale alle autonomie locali, al  principio  del  piu'  ampio
decentramento amministrativo ed  all'adeguamento  della  legislazione
statale alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. 
    E' evidente l'inversione del parametro costituzionale della norma
impugnata, con  conseguente  grave  compromissione,  come  meglio  si
specifichera',  anche   dell'autonomia   regionale   e   dell'assetto
ordinamentale ed istituzionale della stessa. 
    Quanto all'art. 114 della Costituzione. La Costituzione definisce
le Province, insieme  ai  Comuni,  alle  Citta'  metropolitane,  alle
Regioni ed allo Stato, enti costitutivi della  Repubblica  -  Comuni,
Province, Citta' metropolitane  e  Regioni  sono  enti  autonomi  con
propri statuti, poteri e  funzioni  secondo  principi  fissati  dalla
Costituzione. 
    L'eliminazione della  Provincia  nel  suo  organo  amministrativo
fondamentale, la riduzione del  Consiglio  Provinciale  non  piu'  ad
organo di governo ma di indirizzo e coordinamento della attivita' dei
Comuni, l'attribuzione delle  relative  funzioni  ai  Comuni  e  alle
Regioni, unitamente alle risorse umane,  finanziarie  e  strumentali,
viola apertamente l'art. 114 nella sostanza e nella forma, in  quanto
una  proposta  di  riordino  (che  non  equivale  necessariamente   a
soppressione) complessivo delle  istituzioni  territoriali  non  puo'
essere oggetto di  un  decreto-legge  volto  a  risanare  le  finanze
pubbliche (obiettivo peraltro non raggiunto con la norma impugnata) e
di fatto modificativo della Costituzione. 
    Nessuna autonomia opzionale e' lasciata  alle  Province  ed  alle
stesse Regioni in aperta violazione del secondo comma dell'art. 114. 
Quanto all'art. 117, commi e lett. p) 4 e 6, 118 e 119 cost. 
    L'art.  117,  secondo  comma,  lett.   p)   della   Costituzione,
attribuisce allo Stato legislazione esclusiva in materia  elettorale,
organi di governo e  funzioni  fondamentali  di  Comuni,  Province  e
Citta' metropolitane. L'intervento «demolitorio» attuato con la norma
impugnata, travalica la competenza statale il cui limite e' dato  dal
parametro costituzionale appena citato in  stretta  correlazione  con
gli artt. 5 e  114  della  Costituzione  istitutivi,  appunto,  delle
autonomie locali e, per quello che qui ci riguarda, delle Province. 
    La potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato  in  merito  alle
funzioni fondamentali di Comuni,  Province  e  Citta'  metropolitane,
puo' essere esercitata nel  rispetto  della  loro  «esistenza»  quale
«enti autonomi con poteri e funzioni secondo principi  fissati  dalla
Costituzione». Le norme impugnate, viceversa, aboliscono le  funzioni
(ed i relativi organi) fondamentali  affidando  alle  Province  «mere
funzioni di indirizzo e  coordinamento  delle  attivita'  dei  Comuni
nelle materie e nei limiti indicati con  legge  statale  o  regionale
secondo le rispettive competenze».  Posto  che  le  funzioni  o  sono
legislativa  e  regolamentari  (Regioni),  o  sono  regolamentari   e
amministrative (Province e Comuni), «l'indirizzo e il  coordimanento»
del tutto svuotato dalle funzioni proprie attribuite ad altri  e'  un
pallido «escamotage» incapace di nascondere  la  cancellazione  delle
Province ed il conseguente impatto anche sull'assetto  legislativo  e
regolamentare delle Regioni ledendone la stessa autonomia. 
    Il Governo viola le  competenze  residuali  e  concorrenti  della
Regioni, e la  stessa  potesta'  regolamentare  laddove  impone  alle
medesime di trasferire ai Comuni le  funzioni  delle  Province  e  di
tenere per se' quelle volte ad assicurare  l'esercizio  unitario.  Le
Regioni infatti, nell'ambito della  propria  potesta'  legislativa  e
regolamentare,  conferiscono  o  meno  funzioni  amministrative  alle
Province (ed ai Comuni), anche attraverso l'istituto della delega. Le
Province a loro volta sono titolari anche di funzioni  amministrative
proprie  e  di  potesta'  regolamentare  sull'organizzazione   e   lo
svolgimento delle funzioni loro attribuite (artt. 118 e 118, VI°  c.,
Cost.). 
    Eliminare tout-court dette funzioni  attribuendole  alle  Regioni
che, a loro volta, (per quanto di loro competenza), le  attribuiscono
ai Comuni o le tengono per se', mentre lo Stato tiene per se'  quelle
che ritiene non di competenza delle Regioni  per  attribuirle  a  sua
volta  ai  Comuni,  crea   un   totale   sovvertimento   dell'assetto
costituzionale del sistema della autonomie locali. L'esercizio  della
potesta' amministrativa regionale e' fortemente  inciso  dalle  norme
impugnate in quanto l'amministrazione regionale, che ha gia' delegato
o attribuito alle Province  funzioni  sue  proprie,  e'  costretta  a
riprendersele per attribuirle (coattivamente) ai Comuni e tenere  per
se' quelle necessitate dall'unitarieta' dell'esercizio. 
    Lasciare quattro funzioni di «area vasta»,  dimenticandone  altre
importantissime  (per   es.   mercato   del   lavoro   e   formazione
professionale,)  incide  negativamente  e  pesantemente   anche   sui
«percettori» di tali funzioni. 
Violazione dell'art. 77 cost. 
    Il decreto-legge n. 95  riguarda  «disposizioni  urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini, nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese
del settore bancario». 
    L'iniziativa di cui  all'art.  17  non  produce  alcun  risparmio
(vedasi la tabella elaborata dalla Ragioneria Generale  dello  Stato)
ma, anzi, lascia inalterate le fonti di finanziamento delle funzioni. 
Violazione del principio di leale collaborazione. 
    Al di la' dell'intesa con la Conferenza Stato-Citta' ed Autonomie
Locali prevista dai commi 7 e 8, manca una concertazione  tra  Stato,
Regioni ed enti locali  che  la  natura  e  l'oggetto  della  riforma
richiederebbe. 
Art. 17 comma 12, violazione degli artt. 5 e 114 della Costituzione. 
    Il comma 12, mantiene la disciplina di cui al comma 15  dell'art.
23 del d.l. 201/2011: «Resta fermo che gli organi  di  governo  della
Provincia  sono  esclusivamente  il  Consiglio   Provinciale   e   il
Presidente della Provincia, ai sensi  dell'art.  23,  comma  l5,  del
citato decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella  legge
22 dicembre 2011, n. 214». 
    Il Consiglio Provinciale e' dunque composto da non piu' di  dieci
componenti eletti dagli organi  elettivi  dei  Comuni  ricadenti  nel
territorio della Provincia e il Presidente delle Provincia e'  eletto
dal Consiglio Provinciale. 
    Nella Carta Costituzionale le  autonomie  locali  tutte,  Comuni,
Province, Citta' metropolitane e Regioni, sono considerate,  al  pari
dello  Stato,  parti  costituenti   della   Repubblica   e,   dunque,
rappresentativi  delle  popolazioni  locali  incidenti  sui  relativi
territori. 
    Una rappresentanza «associativa» dei Comuni,  oltretutto  con  un
numero di eletti (10) del tutto  sproporzionato  (e  con  la  riforma
dell'art. 17 ancora di piu') alla  popolazione  non  e'  nemmeno  una
«vera rappresentanza di secondo grado», come sottolinea il prof. avv.
nonche' emerito ex  Presidente  della  Corte  Costituzionale  Valerio
Onida. 
    Cio' anche in considerazione della «diminuzione» della  riduzione
delle funzioni provinciali.