Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   (c.f.
80188230587),   rappresentato   e   difeso   in   virtu'   di   legge
dall'Avvocatura   Generale   dello   Stato   (fax   06/96514000   PEC
ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it),   presso   i   cui   uffici   e'
legalmente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, contro
la Regione Veneto, in persona del suo Presidente pro-tempore  per  la
declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge
regionale del Veneto n. 31 del 10 agosto 2012,  pubblicata  nel  B.U.
Veneto 17 agosto 2012 n. 67 per contrasto con gli artt. 117,  secondo
comma, lettera s, e 117, primo  e  terzo  comma,  della  Costituzione
(delibera del Consiglio dei ministri del 9 ottobre 2012). 
 
                                Fatto 
 
    Sul Bollettino della Regione Veneto n. 67 del 17 agosto  2012  e'
stata pubblicata la  legge  regionale  n.  31  del  10  agosto  2012,
intitolata «Norme regionali  in  materia  di  benessere  dei  giovani
cani», che disciplina le attivita' di movimento di cani giovani e gli
insegnamenti  comportamentali  da  impartire  ad  essi  al  fine   di
favorirne il benessere. 
    In particolare, l'art. 2 di detta  legge,  rubricato  «Disciplina
della attivita' di movimento dei giovani cani», stabilisce: 
        «1. La Giunta regionale,  sentito  l'Ente  nazionale  per  la
cinofilia italiana (ENCI), stabilisce il limite di eta' entro  cui  i
cani  di  ogni   razza   sono   definiti   giovani   cani   ai   fini
dell'applicazione della presente legge. 
        2. Le attivita' di movimento possono riguardare solo  giovani
cani iscritti alla anagrafe canina ed identificati ai sensi dell'art.
4 della legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60 "Tutela degli animali
d'affezione e  prevenzione  del  randagismo"  e  non  puo'  svolgersi
contemporaneamente nei confronti di piu' di due soggetti. 
        3. Le attivita' di movimento di giovani  cani,  ivi  compresi
quelli  da  destinare  all'esercizio  di  attivita'  venatoria,  sono
consentite, con insegnamenti  comportamentali  secondo  lo  stile  di
razza, dall'alba al tramonto su tutto  il  territorio  regionale,  ad
esclusione: 
          a) delle zone di  protezione  della  fauna  previste  dalla
legge 6 dicembre 1991, n. 394 "Legge quadro sulle  aree  protette"  e
dalla normativa regionale attuativa; 
          b) delle zone di  protezione  della  fauna  previste  dalla
legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione  della  fauna
selvatica omeoterma e  per  il  prelievo  venatorio"  e  dalla  legge
regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme per la protezione della fauna
selvatica e per il prelievo venatorio»  e  dalla  legge  regionale  5
gennaio 2007,  n.  1  «Piano  faunistico-venatorio  regionale  (2007-
2012)"  e  successive  modificazioni,   ivi   comprese   le   aziende
faunistico-venatorie. 
        4. Ai fini dell'esercizio delle attivita' di movimento di cui
al comma 2, il conduttore di giovani cani e' tenuto: 
          a) ad acquisire il consenso scritto del proprietario o  del
possessore o titolare  di  altro  diritto  reale  sul  fondo  in  cui
esercita l'attivita' di movimento; 
          b) a stipulare polizza di assicurazione di  responsabilita'
civile per i danni causati a terzi. 
        5. La Giunta regionale,  sentita  la  commissione  consiliare
competente, detta disposizioni esecutive e di attuazione  di  cui  al
presente articolo volte  a  definire  ulteriori  modalita'  e  limiti
all'esercizio delle attivita' di movimento di giovani  cani,  secondo
le  specificita'  delle  razze   e   le   peculiarita'   agronomiche,
faunistiche e orografiche del territorio». 
    Detta  norma  presenta  i  seguenti  profili  di   illegittimita'
costituzionale. 
 
                               Diritto 
 
    1. L'art. 2, comma 2 e comma 3, lett. a) e b), prevedono  che  le
attivita' di movimento dei  giovani  cani,  ivi  compresi  quelli  da
destinare all'esercizio dell'attivita' venatoria,  possono  svolgersi
solo nei confronti di due soggetti contemporaneamente  (comma  2),  e
«sono consentite con insegnamenti comportamentali secondo lo stile di
razza, dall'alba al tramonto su tutto  il  territorio  regionale,  ad
esclusione: a) delle zone di protezione della  fauna  previste  dalla
legge 11 dicembre 1991, n. 394 "Legge quadro sulle aree  protette"  e
della normativa regionale attuativa;  b)  delle  zone  di  protezione
della fauna previste dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme  per
la protezione della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  periodo
venatorio" e dalla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme  per
la protezione della fauna selvatica e per il  prelievo  venatorio"  e
dalla   legge   regionale   5   gennaio    2007,    n.    1    "Piano
faunistico-venatorio    regionale    (2007/2012)"    e     successive
modificazioni, ivi comprese le aziende faunistiche venatorie»  (comma
3). L'art. 3 prevede inoltre che  ulteriori  limitazioni  ai  luoghi,
agli orari e al periodo di esercizio delle attivita' di movimento dei
giovani cani possono essere disposti  dalla  Province,  in  relazione
alla specificita' dei rispettivi territori o per motivi connessi alla
tutela della fauna selvatica, allo stato di emergenza sanitaria  e  a
calamita' naturali. 
    Tali disposizioni, che  consentono  che  due  cani  di  qualsiasi
razza, ivi compresi quelli  da  addestrare  all'attivita'  venatoria,
possano contemporaneamente vagare liberi,  privi  di  guinzaglio,  ed
essere addestrati «secondo lo stile di razza» su tutto il  territorio
regionale limitatamente alle zone  nelle  quali  non  e'  vietata  la
caccia, senza tuttavia porre alcun limite  temporale  a  tale  libero
movimento e addestramento,  eccedono  dalle  competenze  regionali  e
violano la competenza esclusiva dello  Stato  in  materia  di  tutela
dell'ambiente, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera  s,  della
Costituzione. 
    Le disposizioni regionali in esame, infatti, consentono il libero
movimento  e  l'addestramento  dei  cani,  ivi  compresi  quelli   da
addestrare all'attivita' venatoria, anche  nel  delicato  periodo  di
nidificazione e dipendenza della fauna selvatica, con la possibilita'
che siano arrecati danni o che siano effettuate  catture  accidentali
di fauna nidificante o  ancora  dipendente  dai  genitori  e  che  si
possano creare altre situazioni di disturbo. Infatti  i  cani,  e  in
particolare i  cani  da  addestrare  all'attivita'  venatoria,  anche
indipendentemente dal loro  addestramento  (peraltro  previsto  dalle
disposizioni in esame), sono per natura portati a  «caricare»  e,  in
alcuni  casi,  a  prelevare  la  fauna  selvatica  durante  le   fasi
dell'allenamento o movimento.  Cosi  disponendo  pertanto  le  citate
norme regionali contrastano con l'art. 117 citato. 
    Inoltre, si deve rilevare un contrasto con l'art.  10,  comma  8,
lettera e),  della  legge  n.  157  del  1992,  che,  ai  fini  della
regolamentazione   del    prelievo    venatorio,    stabilisce    che
l'addestramento dei cani puo' essere consentito senza limiti di tempo
solo  nelle  zone   di   addestramento   all'uopo   istituite   dalle
Amministrazioni. Tale norma statale infatti prevede  che  le  regioni
predispongono i piani faunistico-venatori, finalizzati a garantire la
conservazione delle specie mediante la riqualificazione delle risorse
ambientali e la regolamentazione del prelievo  venatorio,  e  dispone
che gli stessi indichino «le zone e i  periodi  per  l'addestramento,
l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica  naturale.»,
proprio per evitare che detta fauna selvatica sia disturbata  durante
i periodi nei quali l'esercizio venatorio e' vietato. 
    La riconducibilita'  dell'attivita'  di  addestramento  dei  cani
all'attivita' venatoria e' stata affermata dalla Corte costituzionale
con la sentenza n. 350 del 1991, secondo la quale «nessun dubbio puo'
sussistere in ordine al fatto che "addestramento dei cani", in quanto
attivita' strumentale all'esercizio venatorio, debba ricondursi  alla
materia della "caccia".». 
    Al riguardo l'ISPRA (Istituto Superiore per la  Protezione  e  la
Ricerca Ambientale) - organismo che, ai sensi dell'art. 7 della legge
quadro nazionale sulla caccia n. 157/1992 ha il compito di censire il
patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica, di  studiarne
lo  stato,  l'evoluzione  ed  i  rapporti  con  le  altre  componenti
ambientali,  nonche'  di  controllare  e  valutare   gli   interventi
faunistici  operati  dalle  regioni  e   dalle   province   autonome,
formulando i pareri tecnico-scientifici richiesti dallo Stato,  dalle
regioni e dalle province autonome -  ha  avuto  modo  di  esprimersi,
affermando che consentire l'addestramento e  l'allenamento  dei  cani
durante  il  periodo  riproduttivo  degli  uccelli  e  dei  mammiferi
selvatici  determina  un  evidente  ed  indesiderabile   fattore   di
disturbo, in grado di comportare in maniera diretta od indiretta  una
mortalita' aggiuntiva per  le  popolazioni  faunistiche  interessate,
precisando inoltre che questa attivita'  dovrebbe  essere  consentita
solo nel  periodo  che  precede  l'apertura  della  caccia  in  forma
vagante, in ogni caso mai prima dei primi di settembre ed  escludendo
quindi i mesi che vanno da febbraio ad agosto. 
    Nel medesimo parere, I'ISPRA  dichiara  di  avere  espresso  tali
indicazioni nei propri pareri indirizzati alle regioni in merito alle
proposte di calendario venatorio. 
    Pertanto le disposizioni in esame che consentono il  movimento  e
l'addestramento  dei  cani,  ivi  compresi  i  cani   da   addestrare
all'attivita' venatoria, sull'intero territorio regionale ove non  e'
vietata la caccia, senza limiti di tempo, anche durante i periodi  in
cui l'esercizio  venatorio  e'  vietato,  senza  circoscrivere  detta
attivita'  alle  zone  di  addestramento  all'uopo  istituite   dalle
Amministrazioni ai sensi del citato art. 10,  comma  8,  lettera  e),
della legge n.  157  del  1992,  e  senza  rispettare  il  calendario
venatorio, si pongono in netto contrasto con la  citata  disposizione
statale, che, dettando norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio, stabilisce standard  minimi  e
uniformi di tutela della fauna in tutto il territorio  nazionale.  Si
evidenzia pertanto la violazione  della  competenza  esclusiva  dello
Stato in materia  di  tutela  dell'ambiente,  di  cui  all'art.  117,
secondo comma lettera s della Costituzione. 
2) L'art. 2, comma 2, e' inoltre censurabile sotto un altro aspetto. 
    Tale  disposizione  infatti,  precisando  che  «le  attivita'  di
movimento possono riguardare solo giovani cani iscritti alla anagrafe
canina ed identificati ai sensi dell'art. 4 della legge regionale  28
dicembre 1993, n. 60», fa riferimento ad un tipo di  identificazione,
effettuata (ai sensi del richiamato art. 4) mediante  tatuaggio,  che
contrasta sia con la normativa comunitaria, in  violazione  dell'art.
117, primo comma,  Cost.,  sia  con  i  principi  fondamentali  della
legislazione statale in materia di tutela della  salute,  riguardanti
le  metodologie  per  l'identificazione  dei  cani,   in   violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    L'art.  4,  primo  comma,  del  Regolamento  (CE)   n.   998/2003
(Regolamento del parlamento europeo e del  consiglio  del  26  maggio
2003, relativo alle condizioni di Polizia  sanitaria  applicabili  ai
movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia  e  che
modifica la  direttiva  92/65/CEE  del  Consiglio,  pubblicato  nella
G.U.U.E. 13 giugno 2003, n. L 146, e entrato in vigore  il  3  luglio
2003), prevede infatti che, dopo  un  periodo  transitorio  (di  otto
anni)  nel  corso  del  quale  sono   consentiti   quali   mezzi   di
identificazione dei cani sia il tatuaggio sia il sistema  elettronico
di identificazione (c.d. trasponditore), a  decorrere  dal  3  luglio
2012 i cani si considerano identificati solo se  dotati  del  sistema
elettronico di identificazione (trasponditore). Per espresso disposto
della normativa comunitaria, pertanto, dopo  il  periodo  transitorio
l'unico  mezzo  di  identificazione  ammissibile  e'  costituito  dal
sistema elettronico di identificazione, cioe' dal microchip. 
    La  disposizione  regionale  in  esame  contrasta   inoltre   con
l'ordinanza ministeriale del 6 agosto 2008  («Ordinanza  contingibile
ed  urgente   concernente   misure   per   l'identificazione   e   la
registrazione della popolazione canina») - la cui efficacia e'  stata
da ultimo prorogata (con ordinanza ministeriale del 19  luglio  2012)
fino al febbraio 2013 - che, dopo aver stabilito, all'art.  1,  primo
comma,  l'obbligo   di   provvedere   all'identificazione   ed   alla
registrazione dei cani, in  conformita'  alle  disposizioni  adottate
dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, dispone,
all'art. 1, secondo comma, che il proprietario o il detentore  di  un
cane deve provvedere a far identificare e registrare  l'animale,  nel
secondo mese di vita, mediante l'applicazione del microchip. 
    La   normativa    statale    citata    prevede    pertanto    che
l'identificazione e la registrazione dei cani debba avvenire mediante
applicazione di apposito microchip, ribadendo, peraltro, quanto  gia'
stabilito  dall'accordo  6  febbraio  2012  stipulato  in   sede   di
conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e Bolzano (Accordo tra il Ministro  della
salute, le regioni e le province autonome di Trento e di  Bolzano  in
materia di benessere degli animali da compagnia e  pet-therapy),  che
sancisce, all'art. 4, primo comma,  l'impegno  ad  introdurre  misure
dirette a ridurre il fenomeno del randagismo, in particolare mediante
«l'introduzione  del  microchip,  come  unico  sistema  ufficiale  di
identificazione dei cani,  a  decorrere  dal  1°  gennaio  2005».  La
disposizione regionale in esame, pertanto, contrasta sia  con  l'art.
117, primo comma, della Costituzione, in quanto difforme  dal  citato
regolamento comunitario, sia  con  l'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, in quanto difforme dai principi  fondamentali,  di  cui
alla legislazione statale richiamata,  in  materia  di  tutela  della
salute.   Come   precisato   dall'ordinanza   citata,   infatti,   le
disposizioni  ivi  dettate  si  giustificano  in  considerazione  dei
«rilevanti  problemi  di  salute  pubblica  derivanti  dal   predetto
randagismo dei cani,  quali  il  possibile  diffondersi  di  malattie
infettive,  l'incremento  degli  incidenti  stradali,   i   casi   di
aggressione dei cani  rinselvatichiti  e  l'incremento  dello  stesso
randagismo».  Cio'  determina,  infatti,  la   necessita'   di   «far
effettuare   in   maniera   contestuale   l'identificazione   e    la
registrazione di tutta la popolazione canina presente sul  territorio
nazionale, utilizzando strumenti e modalita' uniformi  per  tutte  le
regioni e province autonome, allo  scopo  di  anagrafare  il  maggior
numero  possibile  degli  animali  in  questione  e  consentirne   un
controllo ed una gestione adeguati». 
    Pertanto  la  disposizione  in  esame  risulta  illegittima   per
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s, e  117,  primo  e
terzo comma della Costituzione.