IL TRIBUNALE 
 
     In  composizione  monocratica,  in  persona  del  giudice  dott.
Massimiliano  Signorini,  all'udienza  del   26   aprile   2012,   ha
pronunciato e pubblicato mediante lettura la seguente  ordinanza  nel
procedimento n. 2373/ 11 R.G.N.R. e n. 691/12 R.G. DIB. promosso  nei
confronti di S. M., nato ad Andria il 23 dicembre 1981, residente  ed
elettivamente domiciliato in Prato, via Alfredo Forti n. 49/B, difeso
di fiducia dagli Avv. Pier Nicola Badiani e Andrea Torri del. Foro di
Prato, imputato, per il reato p. e p. dall'articolo 186 commi 1  e  2
lett. c), 2-bis e 2-sexies, del decreto legislativo n. 285/92 perche'
circolava alla guida del veicolo  Citroen  C3  targato  in  stato  di
ebbrezza dovuto all'uso di bevande  alcoliche  presentando  un  tasso
alcolemico pari a 1,66 g/l. 
    Con l'aggravante di aver commesso il fatto dopo le ore 22 e prima
delle ore 7,00 e di aver provocato un incidente stradale. 
    In Prato in data 12 febbraio 2011. 
 
                               Osserva 
 
    S. M. e' stato tratto a giudizio  per  rispondere  del  reato  in
epigrafe specificato. 
    All'udienza del 12 aprile  2012,  prima  della  dichiarazione  di
apertura del dibattimento, l'imputato presentava, ex art. 444,  comma
1, c.p.p., richiesta di applicazione della pena finale di euro 31.600
di ammenda, sostituita ex art. 186, comma 9-bis, d.lgs. n.285/92, con
quella del lavoro di pubblica utilita'  (con  attivita'  da  prestare
presso la struttura il  Rifugio  di  Prato).  La  pena  veniva  cosi'
determinata: pena base, previa esclusione dell'aggravante  contestata
di cui al comma 2-bis dell'art. 186 C.d.S., mesi 6 di arresto ed euro
1.800 di ammenda, aumentata a mesi 6 di  arresto  ed  euro  2.400  di
ammenda  per  effetto  dell'aggravante  di  cui  al  comma   2-sexies
dell'art. 186, ridotta per il rito a mesi 4 di arresto ed euro  1.600
di ammenda, sostituita la pena detentiva, ex art. 53 legge n. 689/81,
con la pena pecuniaria di euro 30.000 di ammenda, sostituita la  pena
finale (euro 31.600 di ammenda) con quella  del  lavoro  di  pubblica
utilita' ai sensi del comma 9-bis dell'art. 186 predetto. 
    Il pubblico ministero non prestava il  consenso  all'applicazione
della pena, come  sopra  determinata,  ritenendo  che,  nel  caso  di
specie, non potesse escludersi l'aggravante contestata dell'avere  il
conducente, in stato di ebbrezza, provocato  un  incidente  stradale,
aggravante,  tra  l'altro,  ostativa  alla  sostituzione  della  pena
detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilita'. 
    Nella predetta  udienza,  le  parti,  dopo  la  dichiarazione  di
apertura del dibattimento, concordavano l'acquisizione  al  fascicolo
del dibattimento di tutti gli atti contenuti nel fascicolo  del  P.M.
Da tali atti e, in particolare, dalla  comunicazione  di  notizia  di
reato del 12 febbraio 2011, proveniente dalla Polizia Municipale  del
Comune di Prato, si desume che, in pari data, alle ore  00.30  circa,
una  pattuglia  della  Polizia  Municipale  veniva  inviata  in   Via
Pistoiese, nel territorio del Comune di  Prato,  in  seguito  ad  una
segnalazione di sinistro stradale con lesioni alle persone. 
    Giunti nel luogo indicato, gli  operatori  constatavano  che  due
veicoli erano rimasti coinvolti nell'incidente: l'autovettura Citroen
C3, targata ........, di proprieta' di L. L., convivente dell'odierno
imputato, autovettura che  aveva  riportato  danni  sia  nella  parte
laterale anteriore  destra,  all'altezza  della  ruota,  parzialmente
divelta dalla sua sede, sia nella parte laterale anteriore  sinistra,
e l'autovettura Ford Fiesta (targata  .......),  che  si  trovava  in
sosta sulla Via Pistoiese in corrispondenza  del  civico  590  e  che
presentava danni nella parte laterale posteriore sinistra. 
    Sul posto era intervenuta un'autoambulanza il cui  personale,  al
momento dell'arrivo degli operatori di PG, stava prestando soccorso a
persona successivamente  identificata  per  l'odierno  imputato,  che
risultava l'unico soggetto  ad  aver  riportato  lesioni  in  seguito
all'incidente stradale «de quo». 
    Gli operatori, in seguito  ai  rilievi  eseguiti  nel  luogo  del
fatto, alle sommarie informazioni rese da persone ivi  residenti  (L.
A,) e B. F.) e alle spontanee dichiarazioni  dello  stesso  imputato,
ricostruivano, in maniera attendibile e convincente, la dinamica  del
sinistro nei termini seguenti: l'odierno imputato S.  M.  si  trovava
alla guida del veicolo di proprieta' della sua convivente percorrendo
via  Pistoiese  quando,   improvvisamente,   perdeva   il   controllo
dell'autovettura e andava ad urtare lo  spigolo  posteriore  sinistro
del veicolo Ford Fiesta che si trovava in  sosta  nel  predetto  asse
stradale.  Il  S.  in  seguito  all'incidente,  veniva  condotto  con
autoambulanza presso il pronto soccorso dell'ospedale di Prato,  ove,
su richiesta dell'organo di polizia che aveva proceduto  ai  rilievi,
veniva sottoposto  ad  accertamento  del  tasso  alcolemico,  che  e'
risultato pari a 1,66 g/l, come si  evince  dalla  certificazione  in
atti. Dal referto di pronto soccorso del 12.02.2011 risulta, inoltre,
che all'imputato venne diagnosticato «trauma cranico» con «infrazione
delle ossa nasali», con prognosi di giorni 6 senza complicazioni. 
    Una volta acquisiti gli atti suindicati, le parti illustravano le
rispettive conclusioni, riportate nel verbale in atti.  Il  difensore
dell'imputato,  in  particolare,  chiedeva,  in  caso   di   condanna
dell'imputato, la sostituzione della pena da irrogare con quella  del
lavoro di pubblica utilita', secondo le modalita' espiatorie previste
dal comma 9-bis dell'art. 186 d.lgs. n. 285/92, riportandosi,  quanto
al   progetto   di   svolgimento   del   lavoro   sostitutivo,   alla
disponibilita' offerta dalla struttura  'Il  Rifugio'  di  Prato.  Il
pubblico ministero  chiedeva  un  breve  rinvio  per  repliche  e  il
processo veniva quindi rinviato all'odierna  udienza  dibattimentale,
nella quale il PM ribadiva le precedenti  conclusioni,  chiedendo  la
condanna dell'imputato alla pena di anni I di arresto ed  curo  3.000
di ammenda. Nel caso di specie non pare  ingiustificato  il  dissenso
espresso dal P.M. a fronte della richiesta di applicazione della pena
formulata dall'imputato prima della  dichiarazione  di  apertura  del
dibattimento. In particolare, non pare possa escludersi  l'aggravante
contestata prevista dal comma 2-bis dell'art. 186, d.lgs. n.  285/92,
in quanto non vi e' dubbio che l'imputato, che circolava  alla  guida
dell'autovettura di proprieta'  della  sua  convivente  in  stato  di
ebbrezza in conseguenza  dell'uso  di  bevande  alcoliche  con  tasso
alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (come accertato presso la
struttura  ospedaliera  di  Prato),  abbia  provocato  un   incidente
stradale, perdendo il controllo del  veicolo  ed  andando  ad  urtare
contro un'autovettura in sosta. Se cosi'  e',  in  caso  di  condanna
dell'imputato la pena detentiva e pecuniaria  da  irrogare  non  puo'
essere sostituita con quella del lavoro di pubblica utilita'  di  cui
all'art.  54  del  decreto  legislativo  n.  274/2000,  ostandovi  il
disposto del comma 9-bis dell'art. 186 d.lgs. n. 285/92, che  esclude
appunto tale possibilita' nei  casi  previsti  dal  comma  2-bis  del
medesimo articolo. Secondo l'assunto del difensore, che  ha  prodotto
sentenza emessa il 7 aprile 2011  dal  GIP  presso  il  Tribunale  di
Firenze,  che  offre   un'interessante   lettura   costituzionalmente
orientata delle disposizioni normative in materia,  sarebbe  comunque
possibile comminare la sanzione del lavoro di pubblica utilita' anche
nei casi di incidente, allo allorche' siano riconosciute,  in  favore
dell'imputato,  circostanze  attenuanti   e,   in   particolare,   le
attenuanti generiche, ritenute prevalenti rispetto all'aggravante  di
cui al comma 2-bis dell'art. 186. In tal caso, infatti,  l'aggravante
risulterebbe  tamquam  non  esset  e  non  potrebbero   prodursi   le
conseguenze ad essa  collegate  (ivi  compreso  l'effetto  preclusivo
dell'accesso  al  lavoro  di   pubblica   utilita').   Tale   opzione
ermeneutica, peraltro, in tanto puo'  essere  utilmente  invocata  in
quanto possa ritenersi che, nel caso concreto all'esame del  giudice,
ricorrano i presupposti per l'applicazione delle attenuanti generiche
che, in seguito a giudizio di bilanciamento con l'aggravante  di  cui
al comma 2-bis, risultino prevalenti. A tal fine,  peraltro,  non  e'
sufficiente l'assenza di precedenti condanne  per  altri  reati.  Nel
caso di specie, non pare che possano individuarsi indici concreti per
la concessione delle attenuanti generiche  (o  di  altre  circostanze
attenuanti) prevalenti e una tale soluzione, del resto, non e'  stata
neppure  prospettata  nella  richiesta  di  applicazione  della  pena
formulata dal Superbo ai sensi dell'art. 444 c.p.p.. 
    Resterebbe  dunque   preclusa,   per   l'odierno   imputato,   la
possibilita'  di  accedere  alla  sanzione  del  lavoro  di  pubblica
utilita'  in  sostituzione  della  pena  detentiva  e  pecuniaria  da
irrogare in caso di condanna. 
    Questo   giudicante,   tuttavia,   dubita   della    legittimita'
costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, C.d.S., nella parte in cui
preclude siffatta possibilita' in ogni caso di incidente stradale,  a
prescindere, dunque, dalla valutazione in concreto della gravita' del
danno derivante dal sinistro e del grado della colpa dell'imputato. 
    La rilevanza della questione nel  presente  procedimento  emerge,
con evidenza, da quanto e' stato sopra esposto: in  applicazione  del
dettato normativo,  in  caso  di  condanna  l'imputato  non  potrebbe
ottenere  la  sostituzione  della  pena  (detentiva   e   pecuniaria)
irroganda  con  quella  del  lavoro  di  pubblica  utilita'  con  gli
ulteriori  benefici  previsti  dalla  norma  in  esame  in  caso   di
svolgimento positivo  del  lavoro  medesimo  (estinzione  del  reato,
riduzione alla meta'  della  sanzione  accessoria  della  sospensione
della patente, revoca della confisca del veicolo sequestrato). 
    La non manifesta infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale   discende,   innanzitutto,   dalla   verifica   della
compatibilita' della predetta disposizione normativa con il parametro
rappresentato dall'articolo 3, comma 1, della  Costituzione,  da  cui
derivano un vincolo al contenuto della  legislazione  e,  quindi,  un
limite inderogabile alla discrezionalita' politica  del  legislatore.
La legge, ivi compresa (evidentemente) quella penale,  deve  trattare
in modo eguale le fattispecie eguali, o profondamente  affini,  e  in
modo (razionalmente) diverso quelle fra loro diverse. La disposizione
normativa in esame, come gia' detto, preclude l'accesso al lavoro  di
pubblica utilita' in ogni caso in  cui  il  conducente  in  stato  di
ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche abbia cagionato
un incidente stradale. In tal modo, tuttavia,  vengono  equiparate  e
trattate in modo eguale fattispecie affatto diverse, come  quella  in
cui la condotta imprudente del conducente abbia determinato un  lieve
tamponamento con danni alle cose o,  al  limite,  alla  sola  persona
dello stesso conducente in  stato  di  ebbrezza  (come  nel  caso  di
specie), e quella di un grave sinistro stradale con  esiti  letali  o
con danni arrecati alle persone. La scelta di inibire in ogni caso di
incidente stradale cagionato dal  conducente  in  stato  di  ebbrezza
l'accesso  al  lavoro  di  pubblica  utilita',  a  prescindere  dalla
valutazione in concreto, che solo il giudice puo'  effettuare,  della
gravita' del danno derivante dal sinistro e del grado della colpa del
soggetto, non pare dunque rispettare il canone  della  ragionevolezza
(inteso nel senso sopra specificato) imposto (anche)  al  legislatore
dall'art. 3 della Costituzione. 
    In materia di reati concernenti la produzione, il traffico  e  la
detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o  psicotrope,  previsti
dall'art. 73 d.P.R. n.  309/90,  il  legislatore  ha  contemplato  la
possibilita' per il giudice di applicare, su richiesta  dell'imputato
e sentito  il  pubblico  ministero,  anziche'  le  pene  detentive  e
pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilita', limitatamente  ai
fatti commessi da persona tossicodipendente o da  mero  assuntore  di
sostanze stupefacenti, nell'ipotesi di 'lieve entita' di cui al comma
5 dell'art. 73. In tal caso, e' rimessa al prudente apprezzamento del
giudice la valutazione della lieve ointita'  del  fatto,  valutazione
che egli dovra' effettuare  sulla  base  degli  indici  indicati  dal
legislatore (mezzi, modalita', circostanze  dell'azione,  qualita'  e
quantita' delle sostanze) e di cui dovra' dar conto nella motivazione
della sentenza. 
    In materia di guida - in stato di  ebbrezza,  invece,  in  cui  i
reati  sono  configurati  come  contravvenzionali,  la   scelta   del
legislatore e' stata quella di  precludere  l'accesso  al  lavoro  di
pubblica utilita', sanzione altrimenti  applicabile  in  luogo  della
pena detentiva e pecuniaria,  in  ogni  caso  di  incidente  stradale
provocato dal conducente in stato di ebbrezza, senza  consentire  una
valutazione in concreto del livello di  gravita'  dell'incidente,  da
effettuare anche in relazione all'entita' e alla tipologia del  danno
prodotto, prevedendo, sotto tale profilo, un identico trattamento per
fattispecie affatto diverse. 
    Oltre  a  quanto  ora  esposto,  si  ritiene  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale della norma  in
esame anche per possibile contrasto con l'art. 27, terzo comma, della
Costituzione. Il  lavoro  di  pubblica  utilita',  consistente  nella
prestazione  di  un'attivita'   non   retribuita   a   favore   della
collettivita' da  svolgere,  in  via  prioritaria,  nel  campo  della
sicurezza e dell'educazione stradale, applicabile, nella  materia  in
esame, per una sola volta in  sostituzione  della  pena  detentiva  e
pecuniaria da irrogare in caso di condanna e suscettibile  di  revoca
in caso di violazione degli obblighi connessi  allo  svolgimento  del
lavoro di pubblica utilita', e' sanzione che ha un elevato  contenuto
risocializzante e rieducativo. Per incentivare il ricorso a  siffatta
modalita' espiatoria della pena (ovvero per disincentivare  possibili
opposizioni da  parte  dell'imputato),  il  legislatore  ha  previsto
benefici, conseguenti al corretto svolgimento del lavoro di  pubblica
utilita', quali l'estinzione del reato, la riduzione alla meta' della
sanzione della sospensione della patente di guida e la  revoca  della
confisca del veicolo sequestrato. Viceversa, come gia' detto, in caso
di violazione degli obblighi, il  giudice,  anche  d'ufficio,  potra'
disporre la revoca della pena sostitutiva con  ripristino  di  quella
sostituita e delle sanzioni  accessorie  'tenuto  conto  dei  motivi,
della entita'  e  delle  circostanze  della  violazione'.  Precludere
l'accesso a siffatta modalita' di' espiazione della  pena  anche  nei
casi in cui il conducente in stato di  ebbrezza  abbia  provocato  un
incidente stradale di modesta entita' non appare dunque  conforme  al
principio del finalismo rieducativo della pena, oltre che  al  canone
di ragionevolezza delle leggi. Si inibisce ogni valutazione in merito
alla  personalita'  del  soggetto,  al  grado   della   colpa,   alle
circostanze dell'azione, alla  possibilita'  di  emenda  mediante  la
condotta 'riparatoria' del lavoro di pubblica utilita'. 
    In conclusione, per le considerazioni sopra  svolte,  si  ritiene
rilevante  ai  fini  della  decisione  da   assumere   nel   presente
procedimento  e  non  manifestamente  infondata   la   questione   di
legittimita' costituzionale del comma 9-bis dell'art. 186  del d.lgs.
n. 285/92,  nella  parte  in  cui,  in  caso  di  incidente  stradale
cagionato dal conducente in stato di ebbrezza  a  causa  dell'uso  di
bevande alcoliche, preclude l'applicazione della pena sostitutiva del
lavoro di pubblica utilita', con ogni conseguente statuizione in caso
di svolgimento positivo del  lavoro  medesimo,  a  prescindere  dalla
valutazione  in  concreto  della  gravita'  del  sinistro  provocato,
dell'entita' e della tipologia del danno  che  ne  e'  derivato,  del
grado  della  colpa  del  soggetto  responsabile  e  di  ogni   altra
circostanza dell'azione, per contrasto con l'art. 3, comma 1,  e  con
l'art. 27, comma 3, della Costituzione. 
    Il procedimento deve, pertanto, essere sospeso e gli atti inviati
alla Corte costituzionale.