IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha  pronunciato  la  presente  sentenza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  1174  del  2012,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da: 
        «SISAL MATCH POINT S.p.a.»,  in  persona  del  rappresentante
legale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Modugno
e Annalisa Lauteri ed elettivamente domiciliata presso lo studio  dei
suindicati difensori in Roma, via Panama, n. 58, contro: 
        Ministero dell'economa  e  delle  finanze  -  Amministrazione
autonoma dei Monopoli di Stato, in persona del rappresentante  legale
pro tempore, rappresentata e  difesa  dal'Avvocatura  generale  dello
Stato, presso la cui  sede  domicilia  per  legge  in  Roma  via  dei
Portoghesi n. 12.; 
        Ministero delle politiche agricole e forestali e A.S.S.I., in
persona  dei  rispettivi  rappresentanti  legali  pro  tempore,   non
costituiti in giudizio; 
    Per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia: 
        quanto al  ricorso  introduttivo:  delle  note  dell'A.A.M.S.
prot. 2011/5160/Giochi/SCO relative a 91 concessioni  ippiche,  tutte
facenti capo alla societa' ricorrente, contraddistinte dai numeri  83
(Agenzia di  Crema),  212  (Agenzia  di  Bolzano),  263  (Agenzia  di
Milano), 336 (Agenzia di Torino), 361 (Agenzia di Rho), 370  (Agenzia
di Merano), 377 (Agenzia di Bergamo), 381  (Agenzia  di  Momfalcone),
393 (Agenzia di L'Aquila), 397 (Agenzia di Torino), 413  (Agenzia  di
Gallarate), 441 (Agenzia di Trento), 457 (Agenzia  di  Milano),  1011
(Agenzia di Casale Monferrato), 1023 (Agenzia di Montegiorgio),  1024
(Agenzia di Porto San Giorgio), 1030 (Agenzia di Bari), 1031 (Agenzia
di Bari), 1032 (Agenzia di Bari),  1036  (Agenzia  di  Andria),  1040
(Agenzia di Barletta), 1053 (Agenzia di Monopoli), 1085  (Agenzia  di
Bolzano), 1087 (Agenzia di Bressanone), 1096 (Agenzia di Darfo Boario
Terme), 1138 (Agenzia di Mondragone), 1160  (Agenzia  di  Catanzaro),
1178 (Agenzia di Cremona), 1196 (Agenzia  di  Campi  Bisenzio),  1197
(Agenzia  di  Figline  Valdarno),  1198  (Agenzia  di  Foggia),  1212
(Agenzia di Genova), 1223 (Agenzia di  Grosseto),  1226  (Agenzia  di
Sulmona), 1237 (Agenzia di Lecce), 1243 (Agenzia di Gallipoli),  1244
(Agenzia di Maglie), 1249 (Agenzia  di  Livorno),  1260  (Agenzia  di
Civitanova Marche), 1271  (Agenzia  di  Messina),  1277  (Agenzia  di
Milazzo), 1279 (Agenzia di Milano), 1280 (Agenzia  di  Milano),  1283
(Agenzia di Milano), 1290  (Agenzia  di  Garbagnate  Milanese),  1297
(Agenzia di  Cesano  Boscone),  1332  (Agenzia  di  Vimercate)1  1356
(Agenzia di Torre del Greco), 1358 (Agenzia di Acerra), 1375  Agenzia
di Ischia), 1377 (Agenzia di Marigliano), 1383 (Agenzia di  Portici),
1334 (Agenzia di Pozzuoli), 1386 (Agenzia di Quarto),  1396  (Agenzia
di Arona); 1425 (Agenzia di Misilmeri), 1434 (Agenzia di  Stradella),
1435 (Agenzia di Perugia), 1444 (Agenzia di Pesaro), 1452 (Agenzia di
Piacenza), 1458 (Agenzia di Pistoia), 1463 (Agenzia di  Prato),  1468
(Agenzia di Modica), 1473 (Agenzia  di  Ravenna),  1474  (Agenzia  di
Reggio Calabria), 1486 (Agenzia di Reggio Emilia), 1565  (Agenzia  di
Taranto) 1626 (Agenzia di Trieste), 1630 (Agenzia di Busto  Arsizio),
1635 (Agenzia di Somma Lombardo), 1640  (Agenzia  di  Venezia),  1672
(Agenzia di Torino), 1674  (Agenzia  di  Milano),  1675  (Agenzia  di
Milano), 1676 (Agenzia di Milano)  1677  (Agenzia  di  Milano),  1678
(Agenzia di Milano), 1679  (Agenzia  di  Milano),  1680  (Agenzia  di
Monza), 1681 (Agenzia di Varese), 1684  (Agenzia  di  Bologna),  1686
(Agenzia di Bologna), 1687 (Agenzia  di  Cesena),  1692  (Agenzia  di
Firenze), 1694 (Agenzia  di  Roma),  1696  (Agenzia  di  Roma),  1698
(Agenzia di Roma), 1700 (Agenzia di Napoli), 1084, gia' BBET  S.r.l.,
oggi Sisal Match Point (Agenzia di San Lazzaro di Savena); 1448  gia'
BBET S.r.l., oggi Sisal Match Point (Agenzia di Rimini), con le quali
l'Amministrazione ha richiesto  di  provvedere  all'integrazione  dei
minimi garantiti sospesi per gli anni 2006, 2007, 2008 e 2009; 
        quanto al ricorso per motivi aggiunti: delle successive  note
di A.A.M.S. prot. 2012/27171/Giochi/SCO del 15  giugno  2012  con  le
quali l'Amministrazione ha ricalcolato  gli  importi  dovuti  per  le
suddette concessioni; 
        nonche' per la condanna al risarcimento del danno,  anche  ai
sensi dell'art. 2-bis della legge 7  agosto  1990  n.  241  subito  e
subendo da dimostrare in corso di causa. 
    Visto il ricorso originale e quello recante motivi aggiunti con i
relativi allegati; 
    Vista la costituzione in giudizio  dell'A.A.M.S.  e  i  documenti
depositati; 
    Viste le ordinanze 22 marzo 2012 n. 1029  e  4  ottobre  2012  n.
3572; 
    Visti gli atti tutti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  5  dicembre  2012  il
dott.  Stefano  Toschei  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Visto l'art. 36, comma 2, c.p.a.; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                           Atto e diritto 
 
    1.  -  La  societa'  ricorrente,  titolare  di  concessioni  c.d.
storiche (vale a dire le concessioni rilasciate ai sensi  del  D.P.R.
n. 169 del  1998)  per  la  raccolta  di  scommesse  ippiche  (meglio
indicate in epigrafe), ha  impugnato  i  provvedimenti,  adottati  da
A.A.M.S. e riferiti alle concessioni delle quali e' titolare,  aventi
ad oggetto le ingiunzioni  di  pagamento  di  integrazione  dei  c.d.
minimi garantiti nonche' i successivi provvedimenti con  i  quali  le
somme dovute sono state ricalcolate. 
    La vicenda e' nota e puo' sintetizzarsi nei seguenti termini: 
        A) a partire  dall'anno  2005  «il  mercato  delle  scommesse
ippiche ha subito un costante e drastico calo dei volumi di  raccolta
su  base  nazionale,  a  causa   del   rilevante   incremento   delle
possibilita' e modalita' di gioco  introdotte  da  A.A.M.S.  sia  nel
campo dell'ippica sia in quello degli altri sport  e  dei  giochi  in
genere» (cosi', testualmente, a pag. 10  del  ricorso  introduttivo).
Come  e'  noto,  nell'anno  2006  il  mercato  del  gioco  e'   stato
rivoluzionato dall'apertura del canale della  raccolta  del  gioco  a
distanza, sia  per  le  scommesse  su  base  ippica  che  per  quelle
sportive, perche' in forza del decreto legge n. 223/2006,  convertito
dalla legge n. 248/2006, sono stati indetti bandi di gara (c.d. «gare
Bersani») per l'assegnazione di nuove  concessioni,  con  conseguente
aumento esponenziale dei concessionari della raccolta del gioco; 
        B) la  nuova  disciplina  ha  significativamente  inciso  sul
mercato, determinando una notevole diminuzione delle  entrate  per  i
concessionari storici, pur permanendo invariate le condizioni di  cui
alla convenzione di concessione dagli stessi sottoscritta; 
        C) tale situazione ha  indotto  il  legislatore  a  prevedere
l'adozione delle c.d. misure di  salvaguardia  di  cui  all'art.  38,
comma 4, lett. l), del decreto-legge n. 223 del 2006; 
        D) la mancata adozione di  tali  misure  di  salvaguardia  ha
inizialmente indotto l'Amministrazione dei monopoli  (d'ora  in  poi,
per  brevita'  A.A.M.S.)  a  sospendere  il  versamento  delle  somme
relative all'integrazione dei minimi garantiti per gli anni dal  2006
al 2009, perche' il  giudice  amministrativo  (cfr.,  tra  le  tante,
T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 28 luglio 2009, n. 7641 e 9  luglio  2009
n. 6521) ha ribadito, in piu' di un'occasione che i provvedimenti  di
riscossione delle somme dovute  a  titolo  di  minimi  garantiti  non
possono essere adottati  prima  della  definizione  delle  misure  di
salvaguardia; 
        E)  sebbene  il  quadro  normativo  sia  rimasto   invariato,
A.A.M.S., con le determinazioni dirigenziali impugnate con il ricorso
principale, ha nuovamente ingiunto il versamento dei minimi garantiti
dovuti per gli anni dal 2006 al 2010, motivando tale richiesta con la
considerazione che «non e' possibile individuare, allo stato,  misure
di salvaguardia ulteriori rispetto a quelle gia' individuate  secondo
i criteri delle procedure selettive indette nel corso del  2006»;  Di
tali provvedimenti l'odierna societa' ricorrente  ha  quindi  chiesto
l'annullamento, deducendo: 
          la violazione dell'art. 38, comma 4,  del  decreto-legge  4
luglio 2006 n. 233, convertito con modificazioni nella legge 4 agosto
2006 n. 248; la violazione dei principi  di  correttezza  e  di  buon
andamento dell'azione amministrativa; 
          in particolare, la violazione degli artt. 1 e 2 della legge
7 agosto 1990 n. 241 per non avere mai  l'amministrazione  portato  a
termine, pur avendolo avviato, il procedimento per  l'adozione  delle
c.d. misure di salvaguardia; 
          la  violazione  delle  stesse  prescrizioni   del   decreto
interdirigenzialedel 10 ottobre 2003 (che fissa le modalita'  per  il
calcolo dei minimi garantiti), per non  avere  mai  l'amministrazione
provveduto  a   pubblicare   (secondo   quanto   previsto   in   tale
provvedimento) le tabelle annuali delle variazioni  dei  prelievi  su
base regionale relativamente alla annualita' in contestazione. 
    Questa sezione, con l'ordinanza 22 marzo 2012 n. 1029, ha accolto
la  domanda  cautelare  proposta,  evidenziando  in  motivazione   il
permanente inadempimento dell'amministrazione in  ordine  all'obbligo
di adottare le c.d. misure di salvaguardia. 
    2. - Orbene, nelle more della definizione del giudizio, e' quindi
accaduto che: 
        A) la legge 26 aprile 2012 n. 44, ha  convertito  il  decreto
legge 2 marzo 2012 n. 16, il quale  all'art.  10,  comma  5,  dispone
testualmente che, «al  fine  di  perseguire  maggiore  efficienza  ed
economicita' dell'azione nei  settori  di  competenza,  il  Ministero
dell'economia e delle finanze -Amministrazione autonoma dei  Monopoli
di  Stato,  il  Ministero  delle  politiche  agricole  alimentari   e
forestali e l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico -  A.S.S.I.,
procedono alla definizione,  anche  in  via  transattiva,  sentiti  i
competenti organi, con abbandono di ogni  controversia  pendente,  di
tutti i rapporti controversi nelle  correlate  materie  e  secondo  i
criteri di seguito indicati:  ...  b)  relativamente  alle  quote  di
prelievo  di  cui  all'art.  12  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 aprile 1998,  n.  169  ed  alle  relative  integrazioni,
definizione, in via equitativa, di una riduzione non superiore  al  5
per cento delle somme ancora  dovute  dai  concessionari  di  cui  al
citato decreto del Presidente della Repubblica n. 169  del  1998  con
individuazione delle modalita' di versamento delle relative  somme  e
adeguamento delle garanzie fideiussorie.  Conseguentemente,  all'art.
38, comma 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, la  lettera  l)  e'
soppressa»; 
        B) sulla scorta del  mutato  quadro  normativo,  A.A.M.S.  ha
notificato alla societa' ricorrente ulteriori determinazioni (recanti
tutte la data del  15  giugno  2012),  con  le  quali  ha  nuovamente
richiesto il versamento dei minimi garantiti  dovuti,  applicando  la
riduzione equitativa prevista dall'art. 10, comma 5, decreto-legge n.
16 del 2012 ed evidenziando in motivazione che tale riduzione, da  un
lato,   deve   essere   intesa   come   attuativa   dell'obbligo   di
individuazione delle misure di salvaguardia e, dall'altro,  che  essa
ha comportato l'abrogazione  espressa  dell'art.  38,  comma  4,  del
decreto-legge n. 223 del 2006. 
    La ricorrente, ha quindi impugnato  (con  motivi  aggiunti)  tali
ulteriori determinazioni, in particolare evidenziando: 
        perplessita' e contraddittorieta' dell'azione amministrativa,
con riferimento alle modalita' stabilite per i concessionari al  fine
di aderire alla rateazione ovvero alla compensazione; 
        illegittimita'  costituzionale   dell'art.   10,   comma   5,
decreto-legge n. 16/2012, conv. in legge n.  44/2012,  per  contrasto
con gli  arrt.  3,  24,  97,  102,  104  e  108  della  Costituzione;
irragionevolezza manifesta, nonche', ancora, con gli artt. 11, 111  e
117 della Costituzione, per violazione dell'art.  6  della  Cedu;  in
particolare: 
          la   norma   sarebbe   esclusivamente   finalizzata    alla
sottrazione dell'oggetto del sindacato giurisdizionale  (rispetto  al
contenzioso tuttora pendente) e, comunque ad eludere  le  indicazioni
conformative ricavabili dalle sentenze,  passate  in  giudicato,  del
T.A.R.; 
          non  terrebbe  in  alcun  conto  il  profondo  e   radicale
mutamento  della  situazione  di  mercato,  si   da   rafforzare   la
discriminazione dei vecchi concessionari  rispetto  ai  concessionari
c.d. «Bersani»; 
          si porrebbe in contrasto con  l'art.  6  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali che afferma il  diritto  al  «giusto  processo»  (avente
rango costituzionale per effetto del rinvio  operato  dall'art.  117,
comma 1, Cost.); 
          sarebbero comunque insussistenti quelle «ragioni imperative
di interesse generale» che consentono di derogare a  tale  principio.
Con ordinanza n. 3572 del 4 ottobre 2012,e' stata  accolta  l'istanza
cautelare proposta con il ricorso recante motivi aggiunti. 
    3. - La difesa erariale ha rilevato che la disposizione dell'art.
10, comma 5, del decreto-legge n.  16  del  2012  non  e'  lesiva  di
interessi   delle   ricorrenti,   ne'   limitativa    della    tutela
giurisdizionale, perche'  definisce  la  problematica  in  questione,
stabilendo una misura economica delle  somme  dovute  e  non  versate
(che, in base alla giurisprudenza  del  giudice  amministrativo,  non
potevano essere  richieste  prima  della  individuazione  delle  c.d.
misure di salvaguardia) e  abrogando  disposizione  fonte  delle  cd.
misure di salvaguardia, in  linea  con  i  principi  enunciati  nella
sentenza della Corte di giustizia del 16 febbraio 2012 medio  tempore
depositata. 
    In particolare la difesa dell'A.A.M.S. richiama il punto 57 della
predetta sentenza della Corte di giustizia, ove  si  afferma  che  il
principio di parita' di trattamento impone che  «tutti  i  potenziali
offerenti dispongano di uguali opportunita', ed  implica  dunque  che
costoro siano assoggettati alle  medesime  condizioni.  Cio'  vale  a
maggior  ragione  in  una  situazione  quale  quella  in  esame   nei
procedimenti  principali,  in  cui   una   violazione   del   diritto
dell'Unione da parte  dell'autorita'  aggiudicatrice  interessata  ha
gia' avuto come conseguenza una disparita' di trattamento in danno di
alcuni operatori», ed il punto 59 della  medesima  sentenza,  ove  si
afferma che  il  principio  di  parita'  di  trattamento  impone  che
«ragioni di natura economica - come  l'obiettivo  di  garantire  agli
operatori aggiudicatari di concessioni  dopo  la  gara  del  1999  la
continuita', la stabilita' finanziaria  o  una  giusta  remunerazione
degli investimenti realizzati - non possono essere riconosciute quali
- motivi imperativi di interesse generale idonei a  giustificare  una
restrizione di  una  liberta'  fondamentale  garantita  dal  Trattato
(sentenza Commissione/Italia, cit., punto 35 e la giurisprudenza  ivi
citata,  nonche'  sentenza  dell'11  marzo  2010,  Attanasio   Group,
C-384/08, Racc. pag. 1-2055, punti 53-56)». 
    4. - Il ricorso principale e quello recante motivi aggiunti  sono
stati trattenuti in decisione alla pubblica udienza  del  5  dicembre
2012. 
    5. - In via preliminare,  il  Collegio  ritiene  che  il  ricorso
principale, debba essere dichiarato improcedibile,  per  sopravvenuta
carenza di interesse, alla luce delle seguenti considerazioni: 
        A) la presente  controversia  rientra  tra  le  «controversie
pendenti» alle quali si riferisce la disposizione dell'art. 10, comma
5, del decreto-legge n. 16 del 2012; 
        B)  in  disparte  da  ogni  considerazione  in  merito   alla
legittimita' costituzionale di tale disposizione,  si  deve  ritenere
che la stessa abbia imposto alle amministrazioni interessate un  vero
e proprio  obbligo  di  procedere  alla  definizione,  anche  in  via
transattiva, delle controversie relative  all'integrazione  dei  c.d.
minimi garantiti, attraverso la «definizione, in via  equitativa,  di
una riduzione non superiore al 5 per cento delle somme ancora  dovute
dai  concessionari  ...  con  individuazione   delle   modalita'   di
versamento  delle  relative  somme  e  adeguamento   delle   garanzie
fideiussorie»; 
        C) stante quanto  precede,  si  deve  ritenere  altresi'  che
l'insorgenza di tale obbligo abbia  determinato  l'inefficacia  delle
precedenti richieste di pagamento delle  somme  dovute  a  titolo  di
integrazione dei minimi garantiti, perche' la riduzione non superiore
al 5 per cento delle somme ancora dovute dai concessionari storici e'
evidentemente prevista  in  connessione  con  l'abrogazione  espressa
della  disposizione  dell'art.  38,  comma  4,  la  lettera  1),  del
decreto-legge n. 223 del 2006, che prevedeva l'obbligo di individuare
misure di salvaguardia per i predetti concessionari, ma  che  non  ha
mai avuto attuazione da parte delle Amministrazione interessati (come
si evince dal verbale della conferenza di  servizi  del  30  novembre
2011). 
    In forza di quanto sopra il ricorso principale  viene  dichiarato
improcedibile. 
    6. - Passando ad esaminare il ricorso  recante  motivi  aggiunti,
aventi ad oggetto le determinazioni dirigenziali in  data  15  giugno
2012 con le quali A.A.M.S. ha richiesto alla ricorrente il  pagamento
delle  somme  dovute  a  titolo  di  integrazione  dei  minimi  annui
garantiti ricalcolate  con  una  riduzione  del  5%  ai  sensi  della
predetta disposizione dell'art. 10, comma  5,  del  decreto-legge  n.
16/2012, il collegio osserva, in primo  luogo,  che  i  provvedimenti
impugnati, diversamente da quanto  opinato  in  sede  cautelare,  non
costituiscono una mera proposta transattiva, bensi' sono  chiaramente
preordinati e finalizzati, in sostituzione di  quelli  in  precedenza
adottati e sospesi dalla sezione,  al  recupero  delle  somme  ancora
dovute dai concessionari. Posta tale premessa, e' necessario altresi'
evidenziare che la riduzione equitativa prevista dell'art. 10,  comma
5, del decreto-legge n. 16 del 2012, da un lato, deve  essere  intesa
come  attuativi  dell'obbligo  di  individuazione  delle  misure   di
salvaguardia e,  dall'altro,  ha  comportato  l'abrogazione  espressa
dell'art. 35, comma 4, la lettera l), del decreto-legge  n.  223  del
2006. In altri termini, il Collegio condivide  la  tesi  (su  cui  si
fondano le nuove  richieste  di  pagamento  formulata  da  A.A.M.S.),
secondo la quale  -  a  fronte  (Sella  mancata  definizione  in  via
amministrativa delle misure di salvaguardia  previste  dall'art.  38,
comma 4, a lettera l) del decreto-legge  n.  223  del  2006  e  delle
numerose controversie insorte a seguito delle richieste di  pagamento
dei minimi  garantiti  formulate  da  A.A.M.S.  all'inizio  del  2012
nonostante  la  mancata  definizione  in  via  amministrativa   delle
predette misure di salvaguardia - il legislatore intervenuto con  una
legge-provvedimento (art. 10, comma 5, del decreto-legge  n.  16  del
2012) destinata ad incidere sulle controversie pendenti, abrogando il
meccanismo di salvaguarda previsto dall'art. 38, comma 4, la  lettera
del decreto-legge n. 223 del 2006 e sostituendo tale  meccanismo  con
un diverso meccanismo, costituito essenzialmente  da  una  riduzione,
predeterminata per legge in misura non  superiore  al  5  per  cento,
delle somme ancora  dovute  dai  concessionari  a  titolo  di  minimi
garantiti. 
    Orbene, sebbene il legislatore abbia manifestato la  volonta'  di
tener conto  della  peculiare  posizione  dei  concessionari  storici
introducendo il diverso meccanismo  costituito  dalla  riduzione,  in
misura non superiore al 5 per cento, delle somme ancora dovute titolo
di minimi garantiti, appare rilevante e non manifestamente  infondata
la  questione  di  legittimita'  costituzionale  della   disposizione
dell'art. 10, comma 5, decreto-legge n. 16 del 2012 che  il  Collegio
intende sollevare, d'ufficio, nei termini di seguito indicati. 
    7. - Anzitutto, in punto di rilevanza  della  questione,  occorre
ribadire che l'art. 10, comma 5, del decreto legge n. 16 del 2012, ha
abrogato la disposizione dell'art. 38, comma 4, del decreto-legge  n.
223 del 2006, che aveva introdotto  -  in  favore  dei  concessionari
storici (ivi compresa l'odierna parte ricorrente), in  quanto  tenute
al pagamento dei minimi garantiti -  l'obbligo  di  definire  in  via
amministrativa misure di salvaguardia volte a garantire  l'equilibrio
economico di tali  soggetti  ed  ha  previsto  a  tutela  di  costoro
soltanto la possibilita' di  ottenere  una  riduzione,  peraltro  non
superiore al 5 per cento, delle  somme  ancora  dovute  a  titolo  di
minimi garantiti. 
    Infatti questa stessa sezione nella sentenza 7 novembre  2011  n.
8520 ha ribadito che «la disposizione dell'art. 38, comma 4,  lettera
l), della legge n. 223 del 2006 e' stata introdotta  a  garanzia  dei
concessionari storici, essendo l'obbligo di definire le modalita'  di
salvaguardia  di  tali  soggetti   finalizzato   «a   consentire   il
riequilibrio delle obbligazioni consacrate nelle concessioni  per  la
raccolta di scommesse ippiche gia' rilasciate, in ragione del  mutato
assetto del mercato delle scommesse ippiche e della  riconfigurazione
dell'assetto distributivo territoriale dell'offerta  di  gioco,  come
ridisegnati dalla riforma introdotta dall'art. 38  del  decreto-legge
"Bersani", che ha  determinato  l'apertura  del  mercato  dei  giochi
pubblici e l'attivazione di nuove concessioni secondo una  diffusione
capillare  sul  territorio  e  con  piu'  favorevoli  condizioni   di
esercizio e di reddivita'», ed ha  evidenziato,  nel  contempo,  come
l'introduzione   dell'obbligo   di   definire   tali   modalita'   di
salvaguardia  rendesse  «inapplicabile  il  contenuto   del   decreto
interministeriale del 10 ottobre 2003 che aveva stabilito,  sotto  la
vigenza  della  precedente  normativa,  il  metodo  di  calcolo   per
individuare il c.d. minimo garantito». 
    Risulta, quindi, evidente che, per effetto dell'abrogazione della
disposizione dell'art. 38, comma 4,  del  decreto-legge  n.  223  del
2006, la ricorrente non possa piu'  beneficiare  delle  modalita'  di
salvaguardia previste da tale disposizione. 
    8. - Passando ora al profilo  della  non  manifesta  infondatezza
della questione,  il  Collegio  preliminarmente  rammenta  che  (come
rilevato da questa stessa sezione nella recente ordinanza  26  luglio
2012 n. 685) la questione della compatibilita'  costituzionale  delle
c.d.  leggi-provvedimento  (e  cioe'  di  quegli   atti   formalmente
legislativi che tengono luogo  di  provvedimenti  amministrativi,  in
quanto dispongono, in concreto, su  casi  e  rapporti  specifici)  e'
ormai  definitivamente  risolta  dalla  giurisprudenza  della   Corte
costituzionale e dei Giudici  amministrativi  con  l'affermazione  di
principi ormai consolidati. In particolare: 
        A) la Consulta ha riconosciuto l'ammissibilita' di tali  atti
normativi in base al rilievo dell'insussistenza di  una  «riserva  di
amministrazione»,  ossia  evidenziando  che   la   Costituzione   non
garantisce  ai  pubblici  poteri  l'esclusivita'   delle   pertinenti
attribuzioni gestorie e  non  configura  per  il  legislatore  limiti
diversi da  quelli  (formali)  dell'osservanza  del  procedimento  di
formazione  delle  leggi,  omettendo  di  prescrivere  il   contenuto
sostanziale ed i caratteri essenziali dei  precetti  legislativi  (ex
multis, sentenza n. 347 del 1995); 
        B)  una  volta  ammessa  la  compatibilita'  delle  leggi  in
sostituzione di provvedimento con il vigente assetto  costituzionale,
la prevalente giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV,
9  marzo   2012   n.   1349)   ritiene   che,   a   fronte   di   una
legge-provvedimento, i  diritti  di  difesa  del  soggetto  leso  non
vengano   ablati,   ma   si   trasferiscano    dalla    giurisdizione
amministrativa alla giustizia costituzionale. Il corollario  di  tale
ricostruzione dogmatica dell'assetto  della  tutela  delle  posizioni
incise dalla legge-provvedimento e', dunque, la valorizzazione  della
pregnanza del sindacato costituzionale di ragionevolezza della legge,
sino  a  renderlo  anche  piu'  incisivo  di  quello  giurisdizionale
sull'eccesso di potere, e cio' in modo  da  riconoscere  al  privato,
seppur nella forma indiretta della rimessione  della  questione  alla
Consulta da parte del giudice amministrativo, una forma di protezione
ed un'occasione  di  difesa  pari  a  quella  offerta  dal  sindacato
giurisdizionale sugli atti amministrativi; 
        C)  con  particolare   riferimento   al   rapporto   tra   la
legge-provvedimento   di    approvazione    di    un    provvedimento
amministrativo  gia'  adottato  e  la  pendenza  di  un  procedimento
giurisdizionale avente  ad  oggetto  tale  provvedimento,  merita  di
essere condivisa la tesi (T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 19 aprile  2006
n. 1362) secondo la quale: a) la mera  pendenza  di  un  ricorso  non
impedisce  l'approvazione  della  legge-provvedimento,   in   quanto,
diversamente opinando, si finirebbe con l'ammettere un  vulnus  delle
prerogative delle assemblee legislative, mediante  l'introduzione  di
un inammissibile nuovo limite, non  codificato,  all'esercizio  della
relativa  funzione;  b)  solo  la  formazione  del   giudicato   puo'
paralizzare un intervento  legislativo  contrastante  con  il  dictum
giurisdizionale, in modo da evitare (in coerenza  con  l'assetto  dei
poteri delineato dalla Costituzione) l'irrimediabile sacrificio delle
garanzie di tutela giurisdizione; c) la pendenza di un ricorso avente
ad oggetto proprio il provvedimento amministrativo da  approvare  con
la legge non si rivela, comunque, del tutto indifferente ai fini  del
corretto  esercizio  della  funzione  legislativa,  proprio   perche'
l'eventuale e comprovata esclusiva finalizzazione  della  legge  alla
sottrazione  dell'oggetto  del  sindacato  giurisdizionale  (ed  alla
conseguente  privazione   della   stessa   possibilita'   di   tutela
giurisdizionale   per   l'interessato)   costituirebbe   un    indice
sintomatico dell'irragionevolezza della legge-provvedimento. 
    9. - Tenuto conto di quanto precede,  nonche'  del  fatto  che  -
secondo quanto affermato non solo da questa stessa sezione nella gia'
richiamata sentenza  7  novembre  2011  n.  8520  e  nelle  ulteriori
sentenze 28 luglio 2009 n. 7632 e 7 luglio 2009  n.  6520,  ma  anche
dalla quarta sezione del Consiglio  di  Stato  (ordinanza  31  agosto
2011, n. 3849) - i provvedimenti  di  riscossione  a'  somme  per  il
raggiungimento  dei   minimi   garantiti   richiedevano   la   previa
definizione delle c.d. misure di salvaguardia  di  cui  all'art.  38,
comma 4, lettera l), del decreto-legge n. 223 del 2006,  il  collegio
ritiene non manifestamente infondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10, comma 5, del  decreto-legge  n.  16  del
2012 per contrasto  con  il  generale  principio  di  ragionevolezza,
desumibile dall'art. 3 della  Costituzione  (cfr.  ex  multis,  Corte
cost. 9 marzo 2012 n. 53),  con  i  principi  in  materia  di  tutela
giurisdizionale avverso i provvedimenti dell'amministrazione, sanciti
dagli articoli 24, comma 1, 103, comma 1, e 113  della  Costituzione,
con il principio di buon andamento dell'azione  amministrativa  (art.
97), nonche', infine, con il principio del giusto processo (art.  111
e art. 6 della CEDU, in rapporto all'art. 117, comma 1, Cost.) - alla
luce delle seguenti considerazioni: 
        A) la disposizione dell'art. 10, comma 5,  del  decreto-legge
n. 16 del 2012 appare illogica ed irrazionale, perche' il legislatore
- nel sostituire ad un meccanismo flessibile,  come  quello  indicato
dall'art. 38, comma 4, lettera l), del decreto-legge n. 223 del  2006
(che affidava alla stessa amministrazione il compito  di  individuare
le concrete misure di salvaguardia per i concessionari storici, senza
fissare  tetti  massimi,  ma  dando  per   scontata   l'esigenza   di
parametrare le misure all'andamento del mercato delle  scommesse,  in
modo da impedire che il pagamento dei minimi garantiti,  in  presenza
di una maggiore concorrenza nel mercato, dovuta all'ingresso di nuovi
concessionari,  potesse  pregiudicare  l'equilibrio   economico   dei
concessionari storici)  con  un  meccanismo  che  consente  solo  una
riduzione  forfettaria,  fino  ad  un  massimo  del  5%,  dei  minimi
garantiti dovuti in base al «vecchio» decreto  interministeriale  del
10 ottobre 2003  -  ha  agito  al  (dichiarato)  fine  di  perseguire
maggiore  efficienza  ed  economicita'   dell'azione   amministrativa
mediante la definizione stragiudiziale di ogni controversia pendente,
ma non ha considerato  che  la  predetta  riduzione  forfettaria  non
appare   adeguata   per   garantire   l'equilibrio   economico    dei
concessionari storici.  E'  ad  esempio  innegabile  che  al  «mutato
assetto del mercato delle scommesse ippiche e della  riconfigurazione
dell'assetto distributivo territoriale dell'offerta  di  gioco,  come
ridisegnati dalla riforma introdotta dall'art. 38 del  decreto  legge
«Bersani» che  ha  determinato  l'apertura  del  mercato  dei  giochi
pubblici e l'attivazione di nuove concessioni secondo una  diffusione
capillare  sul  territorio  e  con  piu'  favorevoli  condizioni   di
esercizio  e  di  reddivita'»  (evidenziato  nella  gia'   richiamata
sentenza 7 novembre 2011 n. 8520), si siano; nel tempo, aggiunti  gli
effetti del «mercato  parallelo»  gestito  dai  c.d.  C.T.D.  (centri
trasmissione dati), ossia gli  effetti  della  presenza  nel  mercato
italiano delle sommesse di operatori economici di altri stati  membri
che agiscono attraverso i predetti C.T.D., in assenza di concessione,
nell'esercizio delle  liberta'  di  stabilimento  e  prestazione  dei
servizi transfrontalieri, garantite dagli articoli 49 e ss.  e  29  e
ss. TFUE (si veda al riguardo la sentenza della  Corte  di  Giustizia
Costa-Cifone del 16 febbraio 2012, emessa nelle cause riunite C-72/10
e  C-77/10).  La  misura  stabilita  direttamente  dal   legislatore,
pertanto, appare del tutto slegata dalla realta' fattuale, tanto  che
nemmeno dagli atti parlamentari e' possibile  capire  quale  tipo  di
istruttoria sia stata compiuta. E cio', anche volendo considerare  la
necessita' per lo Stato italiano (richiamata dalla  difesa  erariale)
di adeguarsi ai principi di parita' di trattamento e di tutela  della
concorrenza,  sanciti,  in  materia,   dalla   Corte   di   giustizia
dell'Unione europea. Si  tratta,  infatti,  di  principi,  almeno  in
astratto, pienamente compatibili con la riduzione  ad  equita'  delle
condizioni  delle  convenzioni  accessive   alla   concessioni   c.d.
storiche. Di talche' e' evidente che l'individuazione  del  punto  di
equilibrio tra un'eventuale vantaggio competitivo goduto  in  passato
dai  titolari  di  siffatte  concessioni,  e  l'attuale  assetto  del
mercato, doveva essere il frutto, quantomeno, di una compiuta analisi
di cui pero', nel caso di specie, non vi e' traccia; 
        B) la disposizione dell'art. 10, comma 5, del  decreto  legge
n. 16 del 2012 appare quindi effettivamente finalizzata al solo scopo
di sottrarre i provvedimenti gia' impugnati con il ricorso principale
al sindacato giurisdizionale (e, quindi, a vanificare il diritto alla
tutela giurisdizionale delle parti ricorrenti), perche' - a fronte di
quanto affermato non solo da questa stessa sezione,  ma  anche  dalla
Quarta sezione del Consiglio di Stato nelle pronunce innanzi citate -
il legislatore e' intervenuto introducendo una nuova  disciplina  che
non consente oramai alcuna forma di sindacato  giurisdizionale  sulla
mancata adozione, da  parte  dell'Amministrazione  competente,  delle
misure di salvaguardia previste dall'art. 38, comma  4,  lettera  1),
del decreto legge n. 223  del  2006.  Ne  consegue  che  la  predetta
disposizione vanifica il diritto dei concessionari storici  di  agire
in giudizio per tutelare il proprio equilibrio economico a fronte del
mutato assetto del mercato delle scommesse ed integra,  altresi',  la
violazione del diritto al giusto processo, quale consacrato nell'art.
111 delle Costituzione e nell'art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(avente pur esso rango costituzionale per  effetto  del  rinvio  agli
obblighi internazionali pattizi di cui all'art. 117. comma 1,  Cost.;
cfr. Corte costituzionale, sentenze nn. 348 e 349 del 2007). 
    10. - Quanto appena  argomentato  giustifica  la  valutazione  di
rilevanza  e  non   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale, in relazione in relazione agli  articoli
3, 24, comma 1, 97, 103, comma 1, 111, 113  e  117,  comma  1,  della
Costituzione. 
    Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del  giudizio
e la rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale  affinche'  si
pronunci sulla questione.