Ricorso nell'interesse del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore (cod. fiscale della Presidenza del Consiglio dei Ministri 80188230587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, cod. fiscale 80224030587, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato, numero fax 06.96.51.40.00, indirizzo PEC, ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it; Nei confronti della Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, in relazione alla delibera n. 179 dell'11 febbraio 2013, pubblicata sul B.U.R. Veneto n. 20 del 26 febbraio 2013, con la quale sono state approvate le «Procedure operative per la gestione delle terre e rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni, come definiti dall'art. 266, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i.»; In virtu' della deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 24 aprile 2013. 1. - La Giunta Regionale del Veneto ha emanato la delibera n. 179 dell'11 febbraio 2013, pubblicata sul B.U.R. Veneto n. 20 del 26 febbraio 2013, con la quale sono state approvate le «Procedure operative per la gestione delle terre e rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni, come definiti dall'art. 266, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i.». Le procedure in questione sono contenute nell'allegato A della delibera suddetta. Giova premettere che il provvedimento in esame, suppure avente apparente natura meramente provvedimentale (vengono infatti approvate le richiamate «procedure operative», contenute nell'unico allegato alla deliberazione, a propria volta corredato da modelli di dichiarazione da rendersi dai soggetti interessati che accedono alle suddette procedure), risulta avere sostanziale contenuto regolamentare, in quanto pongono regole valevoli in linea generale ed astratta per i destinatari delle stesse. Ed e' appena il caso di rimarcare come proprio l'incipit del documento allegato alla delibera reciti nei seguenti termini: «Le presenti procedure operative si applicano per la gestione delle terre e rocce da scavo prodotte fino ad un quantitativo massimo di seimila metri cubi per singolo cantiere: sono suddivise in ragione delle diverse tipologie di intervento ed in funzione del processo produttivo di origine. Contengono inoltre le modalita' per lo svolgimento dell'indagine ambientale, le indicazioni metodologiche di campionamento, analisi chimiche del terreno e test di cessione, le tabelle di riferimento-siti di possibile destinazione in riferimento ai limiti di concentrazione degli inquinanti ed infine la modulistica da adottarsi». Ferma tale premessa inquadrativa del provvedimento che si impugna, l'anzidetto provvedimento risulta invasivo delle competenze costituzionali statali per svariati riguardi. 2. - Anzitutto, esso risulta violativo della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, per l'appunto attribuita al legislatore statale dall'articolo 117, comma secondo, lett. s), Cost. Va in proposito rilevato come il legislatore statale abbia, nell'esercizio della suddetta competenza, gia' disciplinato le procedure operative per la gestione delle suindicate terre e rocce da scavo, con il decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare n. 161 in data 10 agosto 2012, recante la «disciplina dell'utilizzazione delle terre e voce da scaro», ed adottato ai sensi dell'articolo 184-bis del d.lgs. n. 152/2006. In particolare, l'articolo 8, comma 1, del citato D.M. Ambiente n. 161/2012, ne disciplina il campo di applicazione, prevedendo che "il presente regolamento si applica alla gestione dei materiali da scavo": appare pertanto evidente come l'ambito di applicazione del citato D.M. comprenda l'intera gestione delle terre e rocce da scavo, senza prevedere alcuna distinzione tra quantitativi di terra e rocce superiori o inferiori (e quindi di piccole quantita') ai seimila metri cubi di volume di scavo per singolo cantiere (questo e' infatti il limite dimensionale individuato all'articolo 266, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006, ed a cui fa riferimento la deliberazione di che vertesi). Da quanto premesso emerge con chiarezza, ed in maniera indiscutibile, la lesione, da parte del provvedimento regionale impugnato, della suindicata competenza statale, la quale comprende la disciplina dei rifiuti, come confermato da consolidata giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 249 in data 24 luglio 2009), per la quale «il carattere trasversale della materia della tutela dell'ambiente, se da un lato legittima la possibilita' delle Regioni di provvedere attraverso la propria legislazione esclusiva o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi sulla materia ambientale, dall'altro non costituisce limite alla competenza esclusiva dello Stato a stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per procedimenti e competenze che attengono alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio». La richiamata giurisprudenza costituzionale sottolinea, inoltre, che «la disciplina dei rifiuti si colloca nell'ambito della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costitione, anche se interferisce con altri interessi e competenze», e pertanto, poiche' rientra «in una materia che, per la molteplicita' dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasivita' rispetto anche alle attribuzioni regionali». E' indiscutibile che il provvedimento regionale in questione - anche per quanto sopra evidenziato quanto al suo contenuto - impinga una materia (la gestione quali rifiuti delle terre e rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni) pacificamente rientrante nell'ambito attrattivo della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» di cui all'art. 117, comma 2, lett. s), Cost.: ed e' appena il caso di rimarcare che, anche di recente, codesta Corte costituzionale abbia rimarcato come la propria costante giurisprudenza abbia ascritto la disciplina relativa alla gestione dei rifiuti alla materia «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» (cfr. sentenza n. 159 del 27 giugno 2012). Il provvedimento in contestazione, quindi, ponendo regole e procedure di gestione di quei rifiuti, valevoli territorialmente solo per il territorio della Regione Veneto, eccede manifestamente dalla competenza legislativa e regolamentare (piu' in generale normativa) spettante all'Amministrazione Regionale secondo i limiti fissati dallo Statuto Regionale e dalla Costituzione al riguardo. 3. - Per le medesime ragioni, il provvedimento risulta anche compendiare una lesione dell'articolo 118, primo comma, Cost., in quanto impingente funzione che - in virtu' di quanto previsto dal d.lgs. n. 159/2006 - la legge riserva espressamente allo Stato, in relazione alla necessita' che tale materia abbia disciplina unitaria ed omogenea sul territorio nazionale. Ed e' d'altronde necessario rimarcare, a definitiva conferma della fondatezza del presente ricorso, come proprio l'articolo 266, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006 (menzionato nella intestazione del provvedimento regionale de quo), disponga che "con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attivita' produttive e della salute, e' dettala la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia. La norma del Codice dell'ambiente ora richiamata, appunta dunque esclusivamente alla competenza del Ministero dell'ambiente (con la procedura ivi delineata) la possibilita' di fornire una disciplina semplificativa con riguardo alle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni e la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale, prevedendosi dunque che, ove siffatta semplificazione avesse inteso disciplinarsi, essa l'avrebbe dovuta assumere lo Stato con le procedure indicate, nonche' con modalita' e termini valevoli per l'intero territorio nazionale. In tale ottica, non pare davvero fondatamente denegabile - alla luce dei riferimenti normativi costituzionali ed ordinari dianzi diffusamente richiamati - che il provvedimento abbia inciso su ambito materiale di stretta ed inderogabile competenza statale.