LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha emesso la secuente ordinanza, sul ricorso n. 257/01 depositato
il 9 gennaio 2001, avverso avviso di rettifica n. 611930/01 - I.V.A.,
95, contro Agenzia entrate I.V.A. di Catania.
    Proposto  da: Ragusa Carmelo residente a Catania in via L. Rizzo,
21,  difeso  da dott. Falsone Giovanni residente a Catania in via Aci
Castello, 23.
    Sentito il relatore nella persona del dott. Giuseppe Palermo;
    Ritenuto in

                              F a t t o

    Ragusa  Carmelo,  tramite  la  difesa  del  commercialista  dott.
Giovanni  Falsone, con ricorso 9 gennaio 2001 ha proposto opposizione
avverso  l'avviso  di  rettifica  n. 611930  2000 prot. 1601-00, anno
1995,  col  quale si era accertato a suo carico un maggior reddito ai
fini  I.V.A.  di  L.  18.836.000  e, dunque, una maggiore imposta per
L. 2.935.000  infliggendosi  una  sanzione di L. 1.485.000, avviso di
rettifica  redatto  dall'Ufficio  provinciale I.V.A. di Catania sulla
base dell'accertamento predisposto dall'ufficio II.DD. di Catania che
vi  aveva  provveduto  in  forza  dei parametri di cui al d.P.C.m. 29
gennaio  1996  emanati in forza dell'art. 3 comma 181/189 della legge
28 dicembre 1995 n. 549.
    Sosteneva  ed eccepiva il ricorrente che l'accertamento elaborato
sulla  base dei parametri di cui all'art. 3 commi 181/189 della legge
28  dicembre 1995 n. 549 ed emanati con d.P.C.m. 29 gennaio 1996 e 27
marzo  1997  era  da  considerare  e  ritenere  privo  di  fondamento
giuridico perche' incostituzionale.
    Precisava,  al  riguardo,  che  il  Presidente  del Consiglio dei
ministri  non  aveva  alcun potere giuridico di stabilire e fissare i
parametri  in  dipendenza  dei  quali gli uffici competenti avrebbero
potuto  richiedere  il  pagamento  di imposta e, dunque, tali decreti
venivano a cozzare con gli artt. 23, 24 e 53 primo comma Cost.
    Nel merito contestava un modus procedendi dell'Ufficio I.V.A. che
non  aveva  tenuto  conto  dei  criteri  variabili da una fattispecie
all'altra.
    Concludeva  chiedendo,  in  via  preliminare,  ritenersi  la  non
manifesta   infondatezza   delle   eccezioni  di  incostituzionalita'
dell'art. 3  legge  28  dicembre  1995  n. 546;  in via principale la
disapplicazione  del d.P.C.m. 29 gennaio 1996 e dell'art. 3 comma 181
della  legge 549/1995 e, in via subordinata, l'annullamento dell'atto
perche'  illegittimo  e,  in  particolare,  per  violazione di legge,
eccesso   di   potere   e   carenza   di   motivazione  e,  comunque,
l'infondatezza nel merito.
    Reclamava spese e compensi.
    L'Ufficio  I.V.A.  costituitosi  il  13  aprile  2001 ribadiva la
legittimita' dell'atto emesso respingendo ogni eccezione sollevata ex
adverso  e  che  lo  stesso aveva operato basandosi sull'accertamento
dell'ufficio  II.DD.  emesso  nel  rispetto dell'art. 3 comma 179/189
legge 549/1995 utilizzando i parametri di cui al comma 184 del citato
art. 3 legge 549/1995.
    Concludeva chiedendo rigettarsi il ricorso.

                            D i r i t t o

    Questa   Commissione   ritiene  che  la  sollevata  eccezione  di
incostituzionalita'   del   d.P.C.m.   29  gennaio  1996  emanato  in
dipendenza dell'art. 3 legge 28 dicembre 1995 n. 549 non puo' dirsi e
ritenersi manifestamente infondata.
    Si  rileva,  al riguardo, che l'art. 23 Costituzione cosi' recita
"Nessuna  prestazione personale o patrimoniale puo' essere imposta se
non in base alla legge".
    Orbene,  posto che l'accertamento, oggetto del presente giudizio,
risulta  scaturire dai parametri fissati nel d.P.C.m. 29 gennaio 1996
e  che  lo  stesso  indubitabilmente comporta esborso di "prestazione
personale e patrimoniale" non puo' sorgere alcun dubbio che l'operato
dell'ufficio  I.V.A.  e' viziato alla base perche' fondato sul citato
decreto  che  non  puo'  considerarsi  assolutamente  norma  di legge
avendo, piuttosto, natura amministrativa.
    Cio'  puntualizzato  risulta di tutta evidenza che l'art. 3 commi
181/189  della  legge  28  dicembre  1995  n. 549  che  contengono il
conferimento  di  un  siffatto  potere  a  favore  del Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ad  emanare  uno o piu' decreti integrativi
della norma stessa si deve ritenere assolutamente incostituzionale.
    Difatti,  l'imposizione  tributaria personale o patrimoniale puo'
avvenire  in  forza  di legge che si ritiene debba contenere, in ogni
sua   parte,   gli   elementi   che  fanno  scaturire  l'obbligazione
tributaria.
    Consegue,  da quanto si viene di dire, che l'art. 3 commi 181/189
legge  28  dicembre  1995  n. 549  e' da considerare incostituzionale
nella  parte  in  cui  ha  facilitato il Presidente del Consiglio dei
ministri  di  emanare  norme  comportanti  il sorgere di obbligazioni
personali e patrimoniali a carico di chicchessia.
    Non  puo'  non rilevarsi, al riguardo, che il citato art. 3 commi
181/189 legge 28 dicembre 1995 n. 49 viene ad urtare con il principio
di  eguaglianza  sancito  dall'art. 3 della Cost. dal momento che per
alcune  categorie  di  soggetti l'obbligazione tributaria personale e
patrimoniale  non  scaturirebbe  da  una norma di legge, bensi' da un
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
    Si  rileva,  infine,  che  ogni  soggetto, sia persona fisica che
persona  giuridica,  ha il diritto di aver usata dall'amministrazione
finanziaria  un trattamento identico, ossia normativamente previsto e
non gia' rimesso al Presidente del Consiglio dei ministri.
    Questa  Commissione non puo' non rilevare, da ultimo, che nessuna
norma   presente   nel  vigente  ordinamento  giuridico  consente  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  l'emanazione  di  norme in
materia fiscale.