ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 110, comma
quinto,   del  regio  decreto  30 gennaio  1941,  n. 12  (Ordinamento
giudiziario), promosso con ordinanza del 30 giugno 2003 dal Tribunale
di  Milano  nel  procedimento  penale  a carico di Silvio Berlusconi,
iscritta  al  n. 633  del  registro ordinanze 2003 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 36,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2003.
    Visti gli atti di costituzione di Silvio Berlusconi e della CIR -
Compagnie  Industriali  Riunite  S.p.a., nonche' l'atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9 dicembre  2003  il  giudice
relatore Annibale Marini;
    Uditi  gli  avvocati  Gaetano  Pecorella  e  Niccolo' Ghedini per
Silvio  Berlusconi,  Giuliano  Pisapia,  Alessandro  Pace  e  Roberto
Mastroianni  per la CIR S.p.a. e l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  depositata  il 30 giugno 2003, il
Tribunale  di  Milano  - nel corso di un procedimento penale a carico
dell'on.  Silvio  Berlusconi - ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 1   della  legge  20  giugno 2003,  n. 140
(Disposizioni  per  l'attuazione  dell'articolo 68 della Costituzione
nonche'  in  materia  di  processi  penali  nei  confronti delle alte
cariche  dello  Stato),  nonche',  in riferimento agli artt. 97 e 111
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 110, comma quinto, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12
(Ordinamento  giudiziario),  nella  parte  in  cui  non  prevede  «la
sospensione  o comunque la proroga della applicazione nel caso in cui
la  medesima  attenga  ad  un  dibattimento  sospeso ex lege e per la
durata della sospensione medesima»;
        che,  riguardo  a tale seconda questione, premette il giudice
rimettente,  in  punto  di  rilevanza,  che  uno  dei  componenti del
collegio, il dott. Brambilla, trasferito al Tribunale di sorveglianza
di  Milano dopo l'inizio del dibattimento, con decreto del Presidente
della  Corte  di  appello  di Milano in data 10 gennaio 2002 e' stato
applicato  a  tempo  pieno  alla  prima  sezione penale del Tribunale
ordinario per la necessita' imprescindibile di continuare a far parte
del  suddetto  collegio,  proprio  in quanto titolare del processo in
corso  a carico dell'on. Berlusconi ed altri, e che l'applicazione in
questione,  disposta  ai  sensi dell'art. 110 del regio decreto n. 12
del  1941  per  il  periodo  di  un  anno,  e'  stata successivamente
prorogata  per un altro anno - termine massimo di durata previsto dal
citato  art. 110,  quinto  comma  - ed e' percio' destinata a scadere
improrogabilmente il 9 gennaio 2004;
        che  la necessaria sospensione del processo, conseguente alla
proposizione   della   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 1  della  legge  n. 140  del  2003,  verrebbe  tuttavia  ad
incidere  considerevolmente - ad avviso del rimettente - sulla durata
dell'applicazione, con il rischio di rendere sostanzialmente priva di
effetti,  nel giudizio a quo, l'eventuale pronuncia di illegittimita'
costituzionale   della   norma  suddetta,  stante  la  necessita'  di
rinnovazione  dell'attivita'  dibattimentale  che  conseguirebbe alla
scadenza  dell'applicazione prima della pronuncia della sentenza e la
concreta  possibilita' che in tal modo intervenga la prescrizione del
reato;
        che  la  norma denunciata, non prevedendo la sospensione o la
proroga   dell'applicazione  in  caso  di  sospensione  ex  lege  del
dibattimento, non assicurerebbe dunque il buon andamento dell'ufficio
e  -  trattandosi  di norma di amministrazione - si porrebbe per tale
motivo in contrasto con l'art. 97 della Costituzione;
        che  determinando,  inoltre,  una  irragionevole  durata  del
dibattimento  -  per la necessita' della rinnovazione degli atti - la
norma stessa sarebbe lesiva anche del principio di ragionevole durata
del processo, sancito dall'art. 111 della Costituzione;
        che  l'on.  Silvio  Berlusconi,  costituitosi in giudizio, ha
concluso per l'inammissibilita' e l'infondatezza della questione;
        che, ad avviso della parte, la questione sarebbe innanzitutto
priva  di  attuale rilevanza, in quanto fondata sulla mera previsione
che   i   tempi   di   decisione   della  questione  di  legittimita'
costituzionale  relativa all'art. 1 della legge n. 140 del 2003 siano
tali  da  non  consentire al dott. Brambilla di condurre a termine il
processo;
        che,  nel  merito,  la  stessa  parte  osserva che i problemi
legati alla composizione del collegio erano noti sin dal 30 settembre
2001  -  data  di  pubblicazione  del Bollettino ufficiale recante il
trasferimento  del  dott.  Brambilla al Tribunale di sorveglianza - e
che   ad   essi  si  sarebbe  potuto  facilmente  ovviare  procedendo
all'immediata sostituzione del giudice ed alla rinnovazione dei pochi
atti di istruzione dibattimentale sino a quel momento compiuti;
        che  non sussisterebbe, in ogni caso, il paventato rischio di
prescrizione  dei  reati  contestati,  non  maturandosi  il  relativo
termine  prima della fine del 2006, ne' l'attivita' sin qui compiuta,
in caso di mutamento del collegio, sarebbe posta nel nulla, in quanto
i  relativi  verbali  entrerebbero comunque a far parte del fascicolo
del dibattimento;
        che,  in  definitiva, il giudice rimettente - ad avviso della
medesima  parte  - vorrebbe in sostanza «la creazione di una norma ad
hoc  cui consegua la conservazione di un collegio anch'esso ad hoc in
violazione delle norme di ordinamento giudiziario nonche' dei criteri
tabellari»;
        che   una  simile  pronuncia,  oltre  ad  invadere  un  campo
riservato alla discrezionalita' legislativa, si porrebbe in contrasto
tanto  con  il  principio  di  precostituzione del giudice quanto con
quello del giusto processo;
        che,  in  ogni  caso,  inconferente sarebbe il riferimento al
parametro  di  cui  all'art. 97  della  Costituzione, essendo, quella
denunciata, norma attinente - secondo la parte - alla giurisdizione e
non all'amministrazione;
        che  si e' altresi' costituita la CIR - Compagnie Industriali
Riunite  S.p.a.,  parte  civile  nel  giudizio a quo, concludendo per
l'accoglimento   della   questione   di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 110 del regio decreto n. 12 del 1941;
        che,  ad  avviso  della  parte  suddetta, la sostituzione del
dott.   Brambilla   a   seguito   della   scadenza  dell'applicazione
comporterebbe  una  duplicazione  del  lavoro in capo ad appartenenti
all'ordine  giudiziario,  in  evidente  contrasto  «con  la razionale
distribuzione  degli  incarichi»  e  dunque  con il principio di buon
andamento dei pubblici uffici;
        che  l'allungamento  dei tempi del processo, conseguente alla
celebrazione  di  un nuovo dibattimento, si risolverebbe, sotto altro
aspetto,  in  una palese violazione del diritto di difesa nonche' del
principio,  «posto  a  tutela  dell'imputato, della persona offesa e,
piu'  in  generale,  della  Giustizia,  della  ragionevole durata del
processo di cui all'art. 111 Cost.»;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  generale dello Stato,
concludendo  per  la  declaratoria di inammissibilita' o infondatezza
della questione;
        che,  ad  avviso dell'Avvocatura, la questione sarebbe, «allo
stato  degli  atti»,  priva di rilevanza in quanto fondata sulla mera
ipotesi  che  la  sospensione  del  processo  si  protragga fino alla
scadenza  del  periodo  di  applicazione del dott. Brambilla e che il
tempo  necessario  alla  rinnovazione  del  dibattimento determini la
prescrizione dei reati contestati;
        che,   in   ogni   caso,   l'eventuale  decorso  del  termine
prescrizionale   non  sarebbe  direttamente  ascrivibile  alla  norma
impugnata,  in  quanto  «l'eventuale,  ipotetico  decorso del termine
prescrizionale  e'  conseguenza  del  tempo  trascorso dall'epoca dei
fatti  e  la prescrizione e' un istituto che sancisce il disinteresse
dell'ordinamento  giuridico all'applicazione della pena dopo un lasso
di tempo proporzionato all'entita' del fatto»;
        che l'istituto dell'applicazione avrebbe d'altro canto natura
eccezionale  e  non  potrebbe percio' che avere carattere temporaneo,
pena  la  violazione  del  principio  del  giudice  naturale, sancito
dall'art. 25 della Costituzione;
        che  sarebbe  infine inconferente - secondo l'Avvocatura - il
riferimento all'art. 97 della Costituzione, in quanto il principio di
buon  andamento  dell'amministrazione  imporrebbe  piuttosto  che  il
giudice  di  cui  si  tratta  vada  ad occupare il posto assegnatogli
presso il Tribunale di sorveglianza di Milano;
        che,  nell'imminenza  dell'udienza  pubblica, la CIR S.p.a ha
depositato  una  memoria illustrativa, insistendo per la declaratoria
di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 110,  quinto comma, del
regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nella parte in cui non consente
ulteriori  proroghe per l'applicazione di magistrati ad altri uffici,
ancorche'    tuttora   sussista   la   necessita'   dell'ufficio   di
destinazione,   o,   in   via   subordinata,   nella  parte  in  cui,
relativamente   ai  processi  previsti  e  disciplinati  dall'art. 1,
comma 2,  della  legge  n. 140  del  2003, non prevede la sospensione
della  decorrenza  del  termine  di  durata  dell'applicazione  per i
medesimi  fini  presi  in  considerazione dall'art. 1, comma 3, della
stessa legge, con riferimento al termine di prescrizione del reato.
    Considerato  che  il giudice rimettente si duole del fatto che la
norma  impugnata  non preveda la proroga o la sospensione del termine
di  durata  dell'applicazione,  pur  quando  le  esigenze di servizio
dell'ufficio  di destinazione siano rappresentate dalla necessita' di
ultimare un determinato processo e questo sia sospeso ex lege;
        che  il potere del giudice di sollevare questione incidentale
di legittimita' costituzionale e' limitato a quelle norme delle quali
il giudice stesso deve fare applicazione nel giudizio a quo;
        che, nella specie, il Tribunale rimettente non e' chiamato ad
assumere   alcuna  decisione  che  comporti  applicazione  (sia  pure
indiretta) della norma impugnata;
        che, pertanto, non venendo tale norma in considerazione, alla
stregua  dell'art. 23  della  legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione  e  sul  funzionamento  della Corte costituzionale), nel
momento  in cui la questione e' stata sollevata, questa risulta priva
della  necessaria  rilevanza  e  va percio' dichiarata manifestamente
inammissibile.