ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nel giudizio di legittimita'  costituzionale  degli  artt.  l  105,
 quarto  comma,  e  1129, primo comma, del codice civile, 737 e seguenti
 delL codice di procedura civile, promosso con  ordinanza  emessa  il  9
 marzo  1972  dal tribunale di Verbania sul ricorso di Scacchetti Sergio
 ed altri, iscritta al n. 280 del registro ordinanza 1972  e  pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 6 settembre 1972.
     Visto   l'atto   d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
     udito nell'udienza pubblica del 23 ottobre 1974 il Giudice relatore
 Edoardo Volterra;
     udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio  Azzariti,
 per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     1.  -  Nel  corso  del  procedimento promosso da Sergio Scacchetti,
 Marisa  Gaggiotti,  Romano  Quittino,  Adriano   Marino,   Anna   Maria
 Antonietta  d'Alfonso  e Irma Fasani per ottenere la nomina d'autorita'
 di un amministratore di  condominio,  il  tribunale  di  Verbania,  con
 ordinanza  emessa  il 9 marzo 1972, sollevava questione di legittimita'
 costituzionale degli artt.1105,  quarto comma, 1129, primo  comma,  del
 codice  civile,  737   e seguenti del codice di procedura civile, nelle
 parti in cui non prevedono che il ricorso introduttivo del procedimento
 in questione debba essere notificato agli altri  condomini  o  comunque
 l'audizione obbligatoria dei condomini stessi.
     Il  tribunale  ha  ravvisato,  anzitutto,  il contrasto delle norme
 anzidette col principio stabilito dall'art. 24,  secondo  comma,  della
 Costituzione,   giacche'   il   cosiddetto  procedimento  camerale  non
 garantirebbe  agli  interessati   la   instaurazione   del   necessario
 contraddittorio  -  non  essendo  il  giudice  obbligato,  prima  della
 decisione, alla preventiva audizione di tutte le  parti  interessate  -
 ne', quindi, la possibilita' di un'efficace difesa dei di ritti e degli
 interessi dei singoli.
     Il  tribunale  ha,  anche,  ravvisato  la  lesione del principio di
 eguaglianza,  fissato  dall'art.  3  della  Costituzione,   attesa   la
 sussistenza,  nel  vigente  sistema  di  diritto positivo, di non poche
 disposizioni di contenuto sostanzialmente analogo a quello delle  norme
 impugnate,   le   quali,  tuttavia,  non  mancano  di  assicurare  agli
 interessati la  piu'  completa  tutela  giurisdizionale  delle  proprie
 ragioni:  ad es., l'art.  1003 del codice civile, in relazione all'art.
 59 delle disposizioni di attuazione allo stesso codice; l'art. 64 delle
 disposizioni di attuazione al codice civile, in relazione alla norma di
 cui all'art. 1129 del codice civile, nella parte riguardante la  revoca
 dell'amministrazione condominiale; ed altre ancora.
 2.    -  L'ordinanza  e'  stata  regolarmente  comunicata, notificata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.  E'  intervenuto  in  giudizio  il
 Presidente   del   Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura  dello  Stato,  per  chiedere  che  la  questione   sia
 dichiarata non fondata.
     Sul  primo  profilo  d'incostituzionalita',  si osserva che sarebbe
 principio ormai  saldamente  consolidato,  nella  giurisprudenza  della
 Corte  costituzionale,  che  le  garanzie  previste dal l'art. 24 della
 Costituzione vanno riferite unicamente ai procedi menti giurisdizionali
 che abbiano contenuto decisorio,  che  sia  no  cioe'  suscettibili  di
 pervenire alla formazione di un giudicato.
     Alla  luce  di siffatti insegnamenti, si nega che il provvedi mento
 di nomina dell'amministratore  della  cosa  comune  e  del  condominio,
 adottato  dall'autorita'  giudiziaria ai sensi degli artt. 1105, quarto
 comma, e 1129, primo comma, assuma carattere decisorio, richiamando, al
 riguardo, la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione, la quale
 appare  ormai  consolidata  nello  escludere  che,  a   proposito   dei
 provvedimenti  concernenti  la  nomina  dell'amministratore  della cosa
 comune o del condominio, ricorra l'indicato carattere di decisorieta' e
 che i provvedimenti  stessi  appaiono  idonei  a  produrre  effetti  di
 giudicato,  potendo  gli  interessati  sempre  ricorrere al giudice per
 chiedere l'emissione di  un  nuovo  provvedimento  difforme  da  quello
 precedentemente emanato.
     Sul  secondo profilo di incostituzionalita' (quello cioe' attinente
 alla rilevata lesione del principio di eguaglianza), si sottolinea  che
 le  disposizioni  in  esame non pregiudicano, in alcun modo, il diritto
 degli interessati a conseguire, in ogni momento e contro  chiunque,  la
 tutela,  anche  in  via  giurisdizionale,  delle rispettive ragioni. Si
 aggiunge che il raffronto  della  situazione  giuridica  qui  presa  in
 considerazione,  con  altre  obiettivamente diverse (anche se simili in
 via di largo accostamento di carattere generale), come quelle citate ad
 esempio nell'ordinanza di rinvio, non  puo'  ammettersi,  dato  che  il
 principio  di  eguaglianza  risulta  utilmente  invocabile  solo quando
 eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le  norme
 giuridiche si riferiscono.
                         Considerato in diritto:
     1.  -  Il  tribunale  di Verbania solleva questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 1105, comma quarto, 1129, comma  primo,  del
 codice  civile  e  degli  artt.  737 e seguenti del codice di procedura
 civile in riferimento all'art. 24 della Costituzione nelle parti in cui
 dette disposizioni, relative al procedimento in camera di consiglio per
 la  nomina  di  amministratore  condominiale,  non  prevedono  che   il
 condomino  ricorrente  debba notificare il ricorso agli altri condomini
 ovvero che questi ultimi debbano essere obbligatoriamente  sentiti  dal
 giudice che procede.
     Sempre  secondo  il giudice a quo, i medesimi articoli violerebbero
 anche  il  principio  dell'eguaglianza  sancito   nell'art.   3   della
 Costituzione  in  quanto  in altri casi di provvedimenti dell'autorita'
 giudiziaria  da  prendere  in  camera  di  consiglio  e'  espressamente
 previsto l'obbligo di sentire previamente gli interessati.
 2.    -  La questione e' infondata. Le norme denunziate 3.  tutelano il
 diritto, spettante a ciascun condomino in  quanto  tale  in  attuazione
 della sua facolta' di godimento, che la cosa comune venga amministrata,
 nonche'  il diritto, espressamente riconosciuto singolarmente a tutti i
 condomini dal  quarto  comma  dell'art.  1105  del  codice  civile,  di
 concorrere  all'amministrazione.  Per soddisfare a questa esigenza, che
 e' elemento essenziale dell'istituto del condominio, la legge riconosce
 a ciascun condomino, quando non viene attuata  l'amministrazione  della
 cosa comune, quando non vengono presi i provvedimenti necessari, quando
 non  si  forma  una  maggioranza o quando la deliberazione adottata non
 viene eseguita, il potere preventivamente irrinunciabile  di  ricorrere
 all'autorita'  giudiziaria,  la quale provvede in camera di consiglio e
 puo' anche nominare un amministratore.
     Il primo comma dell'art. 1129  applica  il  medesimo  principio  al
 condominio  di  edifici,  nei  quali vi siano piu' di quattro condomini
 quando non sia stato provveduto alla nomina,  che  lo  stesso  articolo
 tassativamente prescrive, reputandola necessaria, di un amministratore,
 caso   questo  che  rientra  nell'ipotesi  prevista  dal  quarto  comma
 dell'art.  1105.
     Se  l'assemblea  non  provvede  a  tale  nomina,  questa  e'  fatta
 dall'autorita' giudiziaria su ricorso di uno o piu' condomini.
     I  provvedimenti dell'autorita' giudiziaria previsti nei due citati
 articoli non sono diretti a difendere interessi di singoli condomini in
 contrasto con altri, ma hanno per oggetto la  tutela  di  un  interesse
 comune  a  tutti i condomini. Possono emanarsi nel solo caso che questa
 tutela non venga attuata dagli stessi ed hanno lo scopo di  ovviare  ai
 danni che incomberebbero su tutti i partecipanti alla comunione a causa
 di  tale  inerzia. Cio' e' tanto vero che, come insegna la dottrina, il
 di ritto al ricorso all'autorita' giudiziaria spetta anche al condomino
 il quale non sia stato dissenziente in sede di delibera.
     Col suo provvedimento in  camera  di  consiglio  il  tribunale,  su
 iniziativa  di  uno  o  piu'  condomini,  sopperisce alla deliberazione
 collegiale non presa e che  e'  reputata  dalla  legge  necessaria  per
 l'amministrazione  della  cosa  comune, o la attua qualora esista e non
 sia stata eseguita.
     I provvedimenti presi in ottemperanza ai repetuti  articoli  f  non
 sono  definitivi  ne'  idonei  a produrre effetti di giudicato, potendo
 sempre  essere  revocati  o   modificati   dalla   medesima   autorita'
 giudiziaria su istanza degli interessati.
     La  maggioranza  dei  condomini  puo' successivamente provvedere ai
 sensi del comma secondo dell'art.  1129  cod.    civ.  alla  nomina  di
 amministratore  diverso  da  quello nominato dall'autorita' giudiziaria
 senza ricorrere  a  questa,  revocando  cosi'  praticamente  lo  stesso
 provvedimento giudiziario.
     Non  si ravvisa quindi come gli articoli denunziati possano violare
 o limitare il diritto alla difesa proclamato dall'art. 24  della  Carta
 costituzionale.  Infatti,  e' costante nella giurisprudenza della Corte
 il principio che le garanzie di cui al citato art.  24  vanno  riferite
 esclusivamente  ai  procedimenti  giurisdizionali che abbiano contenuto
 decisorio, carattere questo che, per i motivi sopra esposti, non  hanno
 i   provvedimenti  di  nomina  dell'amministratore  di  un  condominio,
 previsti dagli articoli impugnati.
     3. -  Infondata  e'  anche  la  censura  di  costituzionalita'  dei
 medesimi  articoli  in  riferimento  all'art. 3 della Costituzione. Non
 solo le disposizioni denunciate non pregiudicano, come gia'  detto,  la
 tutela,  anche  giurisdizionale,  dei  diritti  e  degli  interessi dei
 condomini, ma non pongono alcuno di essi in  condizione  di  disparita'
 tra loro e in confronto degli altri cittadini.
     Ne'  e'  pertinente,  come  esattamente  rileva  l'Avvocatura dello
 Stato,  il  raffronto  fatto  nell'ordinanza  a  quo  della  situazione
 giuridica  presa  in considerazione con altre apparentemente simili, ma
 obbiettivamente diverse,  dato  che  il  principio  di  eguaglianza  e'
 invocabile  solo rispetto a identiche condizioni oggettive e soggettive
 alle quali si applicano diverse norme giuridiche.