ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei giudizi riuniti di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  40
 della  legge  6  dicembre  1971,  n.  1034  (Istituzione  dei tribunali
 amministrativi regionali), promossi con ordinanze emesse l'11 e  il  26
 aprile  1974  dal  tribunale  amministrativo  regionale per la Sicilia,
 rispettivamente sui ricorsi di  Aiazzi  Clelia  contro  la  Commissione
 provinciale  di  controllo  di  Agrigento  e  di Terrani Santi ed altri
 contro la Commissione provinciale di controllo di Messina, iscritte  ai
 nn.  261  e 338 del registro ordinanze 1974 e pubblicate nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 231 del 4 settembre 1974 e n. 265 del  10
 ottobre 1974.
     Visti  gli  atti  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
     udito nell'udienza pubblica del 22 gennaio 1975 il Giudice relatore
 Giulio Gionfrida;
     udito  il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese,
 per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     A  seguito  di  ricorso  proposto  da  Clelia  Aiazzi  avverso   un
 provvedimento  della Commissione provinciale di controllo di Agrigento,
 l'adito T.A.R.  della  Sicilia  -  ritenuto  che  l'atto  nella  specie
 impugnato   rientrava  nella  competenza  del  Consiglio  di  giustizia
 amministrativa per la Regione siciliana, ex art. 5 del  d.l.  6  maggio
 1948,  n.  654, in quanto "provvedimento definitivo di autorita' avente
 sede nella Regione" - con ordinanza 11 aprile 1974, in accoglimento  di
 eccezione  della ricorrente, ha sollevato questione di legittimita', in
 riferimento agli art. 125, comma secondo, 3,  comma  primo,  24,  commi
 primo  e  secondo, e 113, comma primo, della Costituzione, dell'art. 40
 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034,  nella  parte,  appunto,  in  cui
 limita la competenza del T.A.R. per la Regione siciliana.
     Identica  questione  di  costituzionalita' dell'art. 40 della legge
 1971 n. 1034 citata e' stata riproposta dal T.A.R. per la Sicilia,  con
 successiva  ordinanza  26  aprile  1974,  emessa  sul  ricorso di Santi
 Terrani ed altri contro atto della Commissione provinciale di controllo
 di Messina.
     Innanzi a questa Corte, e' intervenuto in  entrambi  i  giudizi  il
 Presidente  del  Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura
 dello  Stato,  che  ha  concluso  nel  senso  di  una  declaratoria  di
 infondatezza della sollevata questione.
                         Considerato in diritto:
     1.  -  Con  la  legge  6  dicembre  1971,  n.  1034, istitutiva dei
 tribunali amministrativi regionali, il legislatore  ha  sopperito  alla
 situazione    determinatasi    a   seguito   della   dichiarazione   di
 incostituzionalita' della G.P.A. e dei Consigli comunali e  provinciali
 quali  organi  del  contenzioso elettorale, e, in pari tempo, ha inteso
 dare  attuazione  al  precetto  dell'art.  125,  comma  secondo,  della
 Costituzione,  il  quale,  appunto, prevede che siano costituiti, nella
 Regione, "organi di giustizia amministrativa di primo grado".
     Per quanto, in particolare, riguarda la Sicilia, dispone  tuttavia,
 l'art.  40  della  legge succitata che "fino a quando non si procedera'
 alla revisione dell'attuale sistema di giustizia  amministrativa  nella
 Regione  siciliana  la  competenza del T.A.R.   istituito in Sicilia e'
 limitata aIle materie indicate nell'art. 2, lett.   a,  e  nell'art.  6
 della  presente  legge"  e,  cioe',  ai soli ricorsi gia' di competenza
 delle G.P.A. ed a quelli relativi al contenzioso elettorale.
     La legittimita' di tale disposizione e'  appunto  posta  in  dubbio
 nelle ordinanze di rimessione.
     2.  -  La  norma  violerebbe, innanzitutto, gli artt. 3 e 125 della
 Costituzione,  giacche'  verrebbe  a  creare   una   "disarmonia"   tra
 l'ordinamento  della  giustizia  amministrativa in Sicilia e quello del
 restante territorio nazionale.
     In quest'ultimo, infatti, i T.A.R. sono  previsti  come  organi  di
 giustizia   amministrativa   decentrati  con  competenza  di  carattere
 generale - aventi, per di piu', giurisdizione esclusiva in  materia  di
 concessioni  di  beni  o servizi pubblici (ex art. 5 legge 1971 cit.) -
 mentre in Sicilia la competenza del locale tribunale amministrativo  e'
 - come detto - limitata alle sole materie del contenzioso elettorale ed
 a  quelle  gia'  di  competenza  delle  G.P.A.; poiche' permane, per il
 resto,  la  giurisdizione del Consiglio di giustizia amministrativa per
 la Sicilia, istituito con d.l. 6 maggio 1948, n. 654.
     Per di  piu',  relativamente  ai  "provvedimenti  definitivi  delle
 amministrazioni  regionali  e  delle  altre autorita' aventi sede nella
 Regione" - per i quali non e' ammesso l'appello  all'Adunanza  plenaria
 del  Consiglio  di  Stato (previsto dall'art. 5, comma terzo, d.l. 1948
 cit.   contro   le   sole   decisioni   su   ricorsi    avverso    atti
 dell'Amministrazione  statale)  -  la competenza del C.G.A. e' di unico
 grado.  E  cio'  comporterebbe  una  ulteriore  ragione  di  violazione
 dell'art. 125 della Costituzione, sotto il profilo del contrasto con il
 principio di tutela del doppio grado.
     Risulterebbero, inoltre - sempre secondo il giudice a quo - violati
 gli  artt.  24  e  113  della Costituzione, in quanto, nelle materie di
 competenza del Consiglio di giustizia  amministrativa  per  la  Regione
 siciliana,   le   parti  sarebbero  tenute  ad  avvalersi  di  avvocati
 cassazionisti, con aggravio di  spese  e  conseguente  limitazione  del
 diritto di difesa.
     Infine,  altro  motivo  di violazione degli artt. 24 e 113, nonche'
 dell'art. 3 della Costituzione, sarebbe rappresentato  dal  fatto  che,
 rispetto  alla giurisdizione del C.G.A., la definitivita' costituirebbe
 tuttora  presupposto  per  l'impugnabilita'  dell'atto  amministrativo,
 laddove,  per  la  giurisdizione  dei  T.A.R.  cio'  non  sarebbe  piu'
 richiesto ex art. 20 legge 1034 del 1971 citata.
     3. - Appare preliminare  la  questione  concernente  la  violazione
 degli artt. 3 e 125 della Costituzione.
     Senza   dubbio,   una  volta  che  il  legislatore  ha  deciso,  in
 conformita' del precetto dell'art.125  Cost.,  istituendo  i  tribunali
 regionali  quali  organi di giurisdizione di primo grado, di attuare un
 sistema di giustizia amministrativa che si articola in un doppio  grado
 di   giurisdizione,   un  diverso  sistema  nell'ambito  della  Regione
 siciliana non potrebbe ritenersi legittimo, a meno che cio'  non  fosse
 reso necessario dal rispetto di altre norme di rango costituzionale.
     Quest'ultima e', appunto, la tesi dell'Avvocatura. La quale ravvisa
 l'ostacolo costituzionale anzidetto nell'art. 23 dello Statuto speciale
 siciliano (approvato con legge costituzionale 1948, n. 5) - secondo cui
 "gli  organi  giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive
 sezioni per gli affari concernenti la  Regione"  -  in  attuazione  del
 quale  e'  stato,  con  il  menzionato  d.l.  1948,  n.  654, creato il
 Consiglio di giustizia amministrativa  per  la  Sicilia,  come  sezione
 giurisdizionale del Consiglio di Stato.
     La  conseguente  insopprimibilita'  del C.G.A. ed immodificabilita'
 delle sue  competenze  ad  opera  del  legislatore  ordinario  avrebbe,
 appunto,  posto  il  problema  della  coesistenza,  in Sicilia, di tale
 organo con l'istituendo T.A.R. e necessitato la sua soluzione nel senso
 di  attribuizione  al  T.A.R.  siciliano  delle  sole   competenze   in
 precedenza attribuite ad organi diversi dal C.G.A.
     La  norma  denunziata,  sancendo  tale  soluzione, si sottrarrebbe,
 percio', ai formulati rilievi di incostituzionalita'.
     4. - Siffatte argomentazioni non hanno consistenza.
     La  istituzione  del  T.A.R.   in   Sicilia   con   la   competenza
 generalizzata  propria  degli altri T.A.R. non contrasta con lo Statuto
 siciliano, le cui norme aventi carattere speciale  prevarrebbero,  alla
 stregua  dell'art.  116 Cost., in caso di contrasto, sulle disposizioni
 contenute nel titolo V della stessa Costituzione.
     L'art.  23  dello  Statuto  attiene soltanto al decentramento degli
 organi giurisdizionali centrali per gli affari concernenti la  Regione,
 al   che   non   contrasta   la  istituzione  di  organi  di  giustizia
 amministrativa di primo grado con competenza generalizzata.
     Ne' vale  rilevare  che,  se  al  T.A.R.  della  Sicilia  si  fosse
 attribuita  una sfera di competenza corrispondente a quella degli altri
 tribunali  amministrativi  regionali,   cio'   avrebbe   inciso   sulla
 competenza del Consiglio di giustizia amministrativa quale prevista dal
 d.l.   6   maggio   1948,   n.  654,  in  quanto,  riguardo  agli  atti
 amministrativi  contemplati   nell'art.   6   di   tale   provvedimento
 legislativo,   il  C.G.A.  da  giudice  di  primo  od  unico  grado  si
 trasformerebbe in giudice di seconda o ultima istanza.
     A parte che il predetto decreto  legislativo  ha  valore  di  legge
 ordinaria, basta considerare che l'art. 5, comma primo, nel determinare
 la  suaccennata competenza del Consiglio di giustizia amministrativa si
 riferisce  a  quelle  stesse  "attribuzioni  devolute  dalla  legge  al
 Consiglio  di  Stato"  ed  e' pienamente rispondente allo spirito della
 norma, anche in correlazione al disposto  dell'art.  23  dello  Statuto
 siciliano  (il quale e' appunto richiamato nell'art. 1 cpv. del decreto
 legislativo), che, nei limiti in cui si verifichi la trasformazione del
 Consiglio  di  Stato  in  giudice  di  appello,  questa   si   rifletta
 corrispondentemente   sulla   competenza  del  Consiglio  di  giustizia
 amministrativa, cosi' come per altro previsto nel secondo  comma  dello
 stesso  art.  5, con riguardo alle funzioni in grado di appello avverso
 le decisioni delle Giunte provinciali amministrative "o degli organi di
 giustizia amministrativa di primo grado che  eventualmente  saranno  ad
 esse sostituite".
     La questione e' pertanto fondata.
     5.  -  La dichiarazione di parziale illegittimita', nei sensi sopra
 esposti, della norma denunciata vale di per se' ad eliminare  anche  le
 disarmonie  prospettate  dalle  ordinanze di rimessione sotto gli altri
 profili concernenti la giurisdizione in materia di concessioni di  beni
 o  servizi pubblici, la difesa tecnica delle parti e la definitivita' o
 meno   dell'atto   amministrativo   quale   presupposto    della    sua
 impugnabilita': profili, il cui esame resta, pertanto, assorbito.
     E'  ovvio che questa pronuncia della Corte, mentre per il resto non
 tocca  la  disciplina   dettata   per   il   Consiglio   di   giustizia
 amministrativa  dal  d.l. 6 maggio 1948, n. 654, deve intendersi di per
 se' sufficiente a restringere la portata dell'ultimo inciso del secondo
 comma dell'art. 40 della legge n. 1034 del 1971.