ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei giudizi riuniti di legittimita' costituzionale  dell'art.    l,
 ultimo  comma,  del  r.d.  8  gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle
 norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con
 quelle  sul  trattamento  giuridico-economico   del   personale   delle
 ferrovie,  tranvie  e linee di navigazione interna - lacuale e lagunare
 -, filovie ed autolinee in regime di concessione); degli artt. 26 e  27
 dell'annesso  regolamento  all.  A;  e  degli artt. 15 e 16 del r.d. 30
 settembre  1920,  n.    1538  (Regolamento  speciale   riguardante   la
 previdenza  del  personale  addetto  ai  pubblici  servizi di trasporto
 concesso all'industria privata, province e  comuni),  promossi  con  le
 seguenti ordinanze:
     1)  ordinanza emessa il 25 ottobre 1972 dal tribunale di Torino nel
 procedimento civile  vertente  tra  Stecca  Lino  e  l'Azienda  tranvie
 municipali  di  Torino, iscritta al n. 17 del registro ordinanze 1973 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  55  del  28
 febbraio 1973;
     2)  ordinanza  emessa  il  19  dicembre 1973 dalla Corte suprema di
 cassazione - sezione lavoro -  nel  procedimento  civile  vertente  tra
 l'Azienda  trasporti  municipali  di  Milano  e  Brega  Mario ed altri,
 iscritta al n.   79 del registro  ordinanze  1974  e  pubblicata  nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 82 del 27 marzo 1974;
     3)  ordinanza  emessa  il 12 gennaio 1974 dal pretore di Genova nel
 procedimento civile vertente tra Monteverde Anna e  la  societa'  SALTA
 Fiumana  Bella,  iscritta  al  n.    95  del  registro ordinanze 1974 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  119  dell'8
 maggio 1974;
     4)  ordinanza  emessa  il 22 novembre 1973 dalla Corte d'appello di
 Torino  nel  procedimento  civile  vertente  tra  la  Azienda   tranvie
 municipali  di  Torino  e  Friziero  Luciano,  iscritta  al  n. 108 del
 registro ordinanze 1974 e pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 126 del 15 maggio 1974;
     5)  ordinanza  emessa  il 31 gennaio 1974 dalla Corte di appello di
 Torino  nel  procedimento  civile  vertente   tra   l'Azienda   tranvie
 municipali  di  Torino  e  Labbate  Salvatore,  iscritta  al n. 113 del
 registro ordinanze 1974 e pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n.  133 del 22 maggio 1974;
     6) ordinanza emessa il 19 dicembre 1973 dal tribunale di Torino nel
 procedimento  civile  vertente  tra La Manna Elena e la societa' SATTI,
 iscritta al n. 171 del  registro  ordinanze  1974  e  pubblicata  nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 153 del 12 giugno 1974;
     7)  ordinanza  emessa  il  30  gennaio  1974 dalla Corte suprema di
 cassazione - sezione lavoro -  nel  procedimento  civile  vertente  tra
 Delucchi  Sebastiano  ed altri e l'Azienda municipalizzata trasporti di
 Genova, iscritta al n. 202 del registro  ordinanze  1974  e  pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 167 del 26 giugno 1974;
     8)  ordinanza  emessa  il  13 dicembre 1973 dal pretore di Bari nel
 procedimento civile vertente tra Schinco Michele ed altro e la Gestione
 commissariale governativa delle ferrovie calabro-lucane, iscritta al n.
 220 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 167 del 26 giugno 1974;
     9)  ordinanza  emessa  il  1.  aprile 1974 dalla Corte d'appello di
 Catania nel procedimento civile vertente tra Vaccaro Giuseppe ed  altri
 e  l'Azienda  municipale  trasporti  di Catania, iscritta al n. 233 del
 registro ordinanze 1974 e pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 180 del 10 luglio 1974;
     10)  ordinanza emessa il 17 aprile 1974 dal pretore di Cagliari nel
 procedimento civile vertente tra Atzeni  Maria  e  la  societa'  SATAS,
 iscritta  al  n.  275  del  registro  ordinanze 1974 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974;
     11) ordinanza emessa il 22 aprile 1974 dal pretore  di  Napoli  nel
 procedimento  civile vertente tra Isoldo Salvatore ed altri e l'Azienda
 tranvie  autofilovie  di  Napoli,  iscritta  al  n.  330  del  registro
 ordinanze  1974  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n.  277 del 23 ottobre 1974.
     Visti gli atti di costituzione di Brega Mario ed altri, di Friziero
 Luciano,  di  Labbate  Salvatore,  di  Delucchi Sebastiano ed altri, di
 Atzeni Maria, della Gestione commissariale governativa  delle  ferrovie
 calabro-lucane,  di Correale Luigi ed altri, e delle aziende tranviarie
 di Torino, di Milano, di Genova, di Catania, di Cagliari e di Napoli;
     udito nell'udienza pubblica del 5 febbraio 1975 il Giudice relatore
 Enzo Capalozza;
     uditi gli avvocati  Luciano  Ventura,  Gustavo  Romanelli  e  Luigi
 Esposito,  per  gli  autoferrotranvieri, il sostituto avvocato generale
 dello Stato Renato Carafa, per la  Gestione  commissariale  governativa
 delle  ferrovie  calabro-lucane,  e  gli  avvocati Achille De Geronimo,
 Ennio Trani, Ubaldo  Prosperetti,  Francesco  Santoro  Passarelli,  Ugo
 Biondolillo, Massimo Medina, Paolo Lombardo Indelicato, per le aziende.
                           Ritenuto in fatto:
     1.  -  Nel  procedimento  civile  promosso  da  Lino  Stecca contro
 l'Azienda  tranvie  municipali  di  Torino  (ATM),  per  ottenere   che
 l'indennita'  spettantegli  a seguito della cessazione del suo rapporto
 di lavoro fosse liquidata calcolando anche le competenze accessorie  ed
 i  ratei  della  tredicesima  e  della  quattordicesima  mensilita', il
 tribunale di  Torino,  con  ordinanza  25  ottobre  1972,  ha  ritenuto
 rilevante  e  non  manifestamente  infondato  il dubbio di legittimita'
 costituzionale dell'art. 26, quinto comma, del regolamento, allegato  A
 al  r.d.  8  gennaio  1931,  n.  148,  che  pone  a  base  del  computo
 dell'indennita' di buonuscita soltanto l'ultimo "stipendio o  paga",  a
 differenza  di  quanto  statuito  dal codice civile per l'indennita' di
 anzianita' degli altri lavoratori.
     Il criterio adottato dalla norma denunziata, oltre a non  adeguarsi
 alla  quantita'  e  alla qualita' del lavoro prestato, darebbe luogo ad
 una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento,   "purche'   -   reca
 l'ordinanza  -  la  disciplina  del  citato  art.  26  si  riferisca al
 personale che non abbia maturato il diritto a pensione e  che,  quindi,
 indipendentemente  dalla  specialita'  del rapporto di lavoro, si trova
 precisamente nella identica posizione dei lavoratori subordinati cui si
 applicano gli artt. 2120 e 2121 cod. civ."; tutto  cio'  anche  per  la
 comune  natura retributiva delle due indennita', riconosciuta da questa
 Corte con sentenza n. 140 del 1971.
     Altra questione di legittimita' costituzionale dello stesso art. 26
 e' stata sollevata, nei medesimi  termini,  dalla  Corte  d'appello  di
 Torino in due distinti procedimenti civili iniziati nei confronti della
 stessa  Azienda  da  Luciano  Friziero  e  da  Salvatore  Labbate,  con
 ordinanze 22 novembre 1973 e 31 gennaio 1974.
     Dinanzi a questa Corte si sono costituiti, per  i  tre  giudizi,  l
 'ATM  e,  per  il  giudizio  che lo riguarda, il Labbate. La difesa del
 quale, richiamando la sentenza  n.  140  del  1971,  chiede  che  siano
 dichiarati illegittimi i commi quinto e sesto dell'art. 26, nella parte
 in  cui  limitano  il  computo  dell'indennita'  di  buonuscita al solo
 stipendio.
     La difesa dell'ATM, per cui la questione e' infondata, richiama,  a
 sua  volta, le sentenze n. 39 del 1969 e n. 140 e n. 146 del 1971 sulla
 disciplina del rapporto di lavoro degli  autoferrotranvieri,  assumendo
 che  il  trattamento,  sia globale sia di fine lavoro, tenuto conto dei
 criteri  adottati  e  non  solo  degli  elementi  retributivi,  sarebbe
 superiore a quello degli altri lavoratori.
     2. - La Corte di cassazione, con ordinanza 19 dicembre 1973, emessa
 nel  ricorso  di  Mario  Brega  ed  altri  contro  l'Azienda  trasporti
 municipali di Milano, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,  35  e
 36  Cost.,  questione  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 26,
 quinto e sesto comma, e 27, quarto comma, dello stesso regolamento, che
 escludono dall'indennita'  di  buonuscita  coloro  che  hanno  maturato
 diritto a pensione e, per coloro che non l'hanno maturato, ragguagliano
 tale  indennita'  allo  "stipendio  o  paga ultimi raggiunti", anziche'
 all'intiera retribuzione.
     Sulla  rilevanza  della  questione,  la  Cassazione  premette   che
 l'indennita'  di  buonuscita per i dipendenti con diritto a pensione e'
 ora prevista, sempre  con  l'esclusione  del  computo  delle  quote  di
 indennita'  annuali,  dall'art.  12  dell'accordo nazionale 19 febbraio
 1948, stipulato alla stregua dell'art. 1 cpv. del citato  r.d.  n.  148
 del 1931; ed afferma che la dichiarazione di illegittimita' delle norme
 denunziate  consentirebbe  di  superare  i  criteri  restrittivi cui si
 informa il suindicato accordo nazionale.
     Nel merito, sottolinea la funzione retributiva  dell'indennita'  di
 buonuscita e ricorda le sentenze n. 140 del 1971 e n. 72 del 1973.
     Dinanzi  a  questa Corte si sono costituite le parti del giudizio a
 quo.
     La  difesa  dei  lavoratori  fa,  tra  l'altro,  presente  che,   a
 differenza  della pensione, l'indennita' di buonuscita dovrebbe gravare
 sul datore di lavoro ed il suo mancato  pagamento  si  risolverebbe  in
 un'ingiusta locupletazione.
     Il    patrocinio   dell'Azienda   obietta   che   nessun   precetto
 costituzionale impone il computo di una indennita' con rigorosi criteri
 di  riferimento  alla  retribuzione.  Al  riguardo,  anche  per  quanto
 concerne  la  funzione  dell'autonomia  collettiva  in materia, cita la
 sentenza n. 18 del 1974 di questa Corte, nonche' gli artt. 2120, ultimo
 comma, e 2123 cod. civ. sulle  forme  equivalenti  e  convenzionali  di
 previdenza.
     3.  -  Questioni  di  legittimita'  analoghe  a quelle promosse con
 l'ordinanza della cassazione, per contrasto  con  i  medesimi  precetti
 costituzionali,  e  relative  alle  stesse disposizioni, ma riguardanti
 anche la misura dell'indennita' di buonuscita  non  proporzionata  alla
 durata  del  servizio (sempre per il personale con diritto a pensione),
 sono state sollevate:
     - dalla Corte d'appello di Catania, con ordinanza 1.  aprile  1974,
 nei  procedimenti  riuniti,  vertenti  tra  Giuseppe Vaccaro ed altri e
 quell'Azienda municipale trasporti;
     - dal  pretore  di  Napoli,  con  ordinanza  22  aprile  1974,  nel
 procedimento  iniziato  da  Salvatore  Isoldo ed altri contro la locale
 Azienda tranvie autofilovie (ATAN);
     - dal pretore di  Cagliari,  con  ordinanza  17  aprile  1974,  nel
 procedimento vertente tra Maria Atzeni e la societa' SATAS.
     Dinanzi a questa Corte si sono costituiti le Aziende di Catania, di
 Napoli  e  quella  regionale  sarda  trasporti  (ARST),  succeduta alla
 societa'  SATAS,  nonche'  l'Atzeni  ed   alcuni   degli   attori   nel
 procedimento promosso davanti al pretore di Napoli.
     Le  Aziende  concludono per l'infondatezza delle questioni, ponendo
 in  rilievo  la   funzione   sostitutiva,   rispetto   al   trattamento
 pensionistico,  dell'indennita'  di  buonuscita  ed il suo carattere di
 corrispettivo  "forfettario".  Le  aziende  di  Catania  e  di   Napoli
 prospettano  altresi'  l'inammissibilta'  delle  stesse  questioni, sul
 riflesso    che    l'oggetto    dei   giudizi   a   quibus   verterebbe
 sull'applicazione  delle  norme  contrattuali,   di   cui   all'accordo
 nazionale del 1948, e non sulle disposizioni legislative censurate.
     Le  difese  dei lavoratori costituiti insistono invece sulla natura
 retributiva dell'indennita' di buonuscita.
     4. - Nel procedimento iniziato da Michele Schinco ed  altro  contro
 la  Gestione  commissariale governativa delle ferrovie calabro-lucane e
 diretto  ad  ottenere  il  pagamento  dell'indennita'   di   buonuscita
 comprensiva  delle  quote delle indennita' annuali, il pretore di Bari,
 con ordinanza 13 dicembre 1973, ha sollevato questione di  legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., degli artt. 26,
 quinto  comma,  e  27,  quarto  comma,  del citato regolamento all. A e
 dell'art. 1, cpv., del r.d. n. 148 del 1931.
     Nel giudizio dinanzi a  questa  Corte  si  e'  costituito,  per  la
 Gestione  commissariale,  il  Ministro  dei  trasporti e dell'aviazione
 civile, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 che  ha  chiesto  che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o
 infondata.
     L'Avvocatura deduce che, a seguito  del  riscatto  da  parte  dello
 Stato,  delle  ferrovie  calabro-lucane,  i relativi rapporti di lavoro
 divenuti di pubblico impiego, sono sottratti  al  giudice  ordinario  e
 devoluti   a   quello   amministrativo;   fa,  inoltre,  presente  che,
 trattandosi nella specie di agenti con  diritto  a  pensione,  la  loro
 indennita'  di  buonuscita  sarebbe prevista dall'accordo nazionale del
 1948, su cui non spetterebbe alla Corte il  controllo  di  legittimita'
 costituzionale.
     Nel  merito prospetta la specialita' del trattamento previdenziale,
 che assume piu' favorevole, per il personale addetto  ai  trasporti  in
 concessione.
     5.  -  Nel  corso  di un procedimento civile iniziato nei confronti
 della societa' SALTA Fiumana Bella da Anna  Monteverde,  vedova  di  un
 dipendente  della  societa',  il  pretore  di  Genova, con ordinanza 12
 gennaio 1974, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in
 riferimento all'art. 36 Cost., dell'inciso "qualora non abbia diritto a
 pensione", contenuto nell'art. 27, ultimo comma,  dell'allegato  A  del
 piu' volte citato r.d. del 1931.
     Dinanzi a questa Corte nessuno si e' costituito.
     6.  -  Nel  procedimento  vertente  tra  l'Azienda  municipalizzata
 trasporti di Genova e i coniugi  Sebastiano  e  Bice  Rosa  Delucchi  e
 Francesco  Delucchi,  rispettivamente  genitori e fratello di un agente
 deceduto, al fine di ottenere, quali eredi, il pagamento in loro favore
 dell'indennita' di buonuscita spettante a  quest'ultimo,  la  Corte  di
 cassazione,  con  ordinanza  30 gennaio 1974, ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3  e  36  Cost.,
 degli  artt. 27, ultimo comma, del regolamento, allegato A, del r.d. n.
 148 del 1931, e 15 e 16 del regolamento approvato con r.d. 30 settembre
 1920, n. 1538, in quanto  escludono,  in  mancanza  o  decadenza  della
 vedova   ed  in  mancanza  di  figli  minorenni  dell'agente  deceduto,
 l'attribuzione dell'indennita' di buonuscita  agli  eredi  legittimi  o
 testamentari.
     Il  patrocinio  dell'Azienda chiede che la questione sia dichiarata
 non fondata. Al riguardo  sostiene  che  retributiva  sarebbe  soltanto
 l'indennita'  di  buonuscita  contrattualmente  stabilita  dall'accordo
 nazionale del 1948, e non quella prevista dall'allegato  A  del  regio-
 decreto del 1931, che avrebbe carattere alternativo della pensione, sia
 diretta  sia  di riversibilita', analogamente all'indennita' una tantum
 nel pubblico impiego. Fa, infine, presente la specialita' del  rapporto
 di  lavoro  degli  autoferrotranvieri ed assume che la proporzionalita'
 della  retribuzione  al  lavoro  prestato  sarebbe   costituzionalmente
 garantita solo al lavoratore, e non anche ai suoi eredi.
     7.   -   Analoga   questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
 riferimento all'art. 3 Cost., delle stesse disposizioni,  limitatamente
 alla  parte in cui escludono che l'agente possa disporre per testamento
 dell'indennita' di buonuscita, e'  stata  promossa,  con  ordinanza  19
 dicembre  1973,  dal tribunale di Torino nel procedimento iniziato, nei
 confronti della societa' SATTI, da un erede testamentario di un  agente
 deceduto.
     Nessuno si e' costituito in questa sede.
     8. - L'Azienda trasporti municipali di Milano e l'Azienda regionale
 sarda  trasporti  hanno  depositato memorie illustrative fuori termine.
 L'Avvocatura generale  non  le  ha  presentate.  Le  parti  costituite,
 all'infuori  dei  Delucchi, le hanno ritualmente depositate, insistendo
 nelle rispettive conclusioni, con vari ulteriori argomenti.
                         Considerato in diritto:
     1. - Le questioni  sollevate  dinanzi  alla  Corte  attengono  alla
 legittimita'   costituzionale   di   alcune  norme  sull'indennita'  di
 buonuscita degli autoferrotranvieri.  Trattandosi della stessa  materia
 (sia  pure  in  vari  suoi aspetti), i giudizi possono essere riuniti e
 definiti con unica sentenza.
     2. - Tali questioni riguardano:
     a) l'art. 26 del regolamento allegato A al r.d. 8 gennaio 1931,  n.
 148, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della
 Costituzione (ord. 25 ottobre 1972 del tribunale di Torino, 22 novembre
 1973  e 31 gennaio 1974 della Corte d'appello di Torino): indennita' di
 buonuscita agli  autoferrotranvieri  non  aventi  diritto  a  pensione;
 esclusione, dal computo, di competenze accessorie e quota di indennita'
 aggiuntiva annuale dell'importo dall'ultimo "stipendio o paga";
     b)  l'art.  26,  quinto,  sesto  e settimo comma, e l'art. 27 dello
 stesso regolamento allegato A,  in  riferimento  agli  artt.  3,  primo
 comma,  35, primo comma, e 36, primo comma, Cost. (ord. 12 gennaio 1974
 del pretore di Genova): esclusione dall'indennita' di  buonuscita  agli
 autoferrotranvieri  (e  superstiti  di  essi)  con  diritto a pensione;
 omissione dalla buonuscita sia del computo delle competenze  accessorie
 e  delle  quote di indennita' aggiuntiva annuale (ord. 19 dicembre 1973
 della Corte di cassazione), sia  della  durata  del  servizio  (ord.  1
 aprile  1974  della  Corte  d'appello  di  Catania,  17 aprile 1974 del
 pretore di Cagliari e 22 aprile 1974 del pretore di Napoli);
     c) l'art. 1 cpv. del citato r.d. n. 148 del  1931,  in  riferimento
 agli  artt.  3, primo comma, e 36, primo comma, Cost. (ord. 13 dicembre
 1972 del pretore di Bari): omissione,  dal  computo,  della  buonuscita
 delle quote di indennita' ed emolumenti annuali;
     d)  gli  artt. 27, ultimo comma, del regolamento allegato A al r.d.
 del 1931 e 15 e 16 del regolamento  approvato  con  r.d.  30  settembre
 1920,  n.  1538,  in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 36, primo
 comma, Cost. (ord. 19 dicembre  1973  del  tribunale  di  Torino  e  30
 gennaio  1974  della  Corte  di cassazione): esclusione degli eredi del
 dipendente deceduto senza aver  maturato  la  pensione  dal  diritto  a
 conseguire jure successionis l'indennita' di buonuscita.
     3.    -   Sono   state   sollevate   le   seguenti   eccezioni   di
 inammissibilita':
     a) dalle Aziende di Catania e di Napoli, oltre che  dall'Avvocatura
 generale   dello   Stato,   perche'   all'esame   della  Corte  sarebbe
 sostanzialmente sottoposta una norma della  contrattazione  collettiva,
 cioe'  l'accordo  nazionale del 19 febbraio 1948 (ord. 13 novembre 1973
 del pretore di Bari, 1. aprile 1974 della Corte d'appello di Catania  e
 22 aprile 1974 del pretore di Napoli);
     b) dall'Avvocatura generale dello Stato, perche' la giurisdizione a
 conoscere  di un rapporto di lavoro con le Ferrovie Calabro-Lucane, che
 sono a  gestione  commissariale  governativa,  spetterebbe  al  giudice
 amministrativo  e  non  al giudice ordinario (ord. 13 dicembre 1973 del
 pretore di Bari).
     4. - Non e' accoglibile la  prima  eccezione  di  inammissibilita',
 perche'  oggetto  dei  giudizi sono norme di legge ordinaria, mentre la
 contrattazione collettiva  e'  stata  richiamata  solo  ai  fini  della
 rilevanza  delle  questioni,  cioe'  per  le conseguenze che potrebbero
 derivarne  qualora  fosse  rimossa  la  normativa  di  cui  si   assume
 l'illegittimita'.
     5.  - Quanto alla seconda eccezione, e' da precisare che il giudice
 a quo, essendosi posto espressamente il problema  della  giurisdizione,
 l'ha  risolto  in  senso  affermativo,  sicche'  tale  eccezione  e' da
 disattendere,  conformemente  alla  giurisprudenza  di   questa   Corte
 (sentenze n. 65 del 1962, n. 111 del 1963 e n. 1 del 1969).
     6.  -  Nell'esaminare  il contenuto delle norme denunziate, si deve
 tenere presente che l'art. 1 cpv. del r.d.  8  gennaio  1931,  n.  148,
 rimette alla contrattazione collettiva la determinazione e la misura de
 "gli  stipendi,  le  paghe,  le  competenze  accessorie  ed  ogni altra
 indennita'  fissa  o  temporanea  di  qualsiasi  natura  spettanti   al
 personale":   e  la  sentenza  n.  18  del  1974  di  questa  Corte  ha
 riconosciuto immune da censure di costituzionalita' (artt. 3 e  36)  il
 rinvio che sia fatto a tale contrattazione.
     E'  pur  vero che il diritto alle indennita' di fine lavoro ed alla
 pensione non puo' venir meno a causa dei motivi che hanno portato  alla
 risoluzione  del  rapporto  (vedasi  la sentenza n. 72 del 1973). Cio',
 tuttavia, non impedisce al legislatore di  considerare  globalmente  il
 trattamento  di quiescenza, cioe' di comprendervi le indennita' di fine
 lavoro e la pensione,  e  di  privilegiare  l'uno  o  l'altro  dei  due
 elementi in base a scelte discrezionali.
     Alla  stregua  di  tali  scelte  ben  puo',  dunque, il legislatore
 prevedere  che  una  determinata  categoria  goda  di  un   trattamento
 pensionistico   particolare   e   che,  per  i  lavoratori  che  questo
 trattamento  abbiano  conseguito,  ogni   statuizione   inerente   alle
 indennita' di fine lavoro sia rimessa alla contrattazione collettiva.
     In  una  previsione  siffatta  non  si  possono ravvisare motivi di
 contrasto ne' con l'art. 3 ne' con l'art. 36 della Costituzione.
     Va conseguentemente dichiarata non fondata la questione dell'art. 1
 cpv. sopra citato, che fa rinvio alla fonte negoziale.
     Mette conto ricordare che, con sentenza n. 67 del  1965  di  questa
 Corte, si e' statuito che un contratto collettivo non acquista forza di
 legge  neppure  se  esplicitamente  richiamato da una legge: a fortiori
 tale principio vale nel caso in esame, ove si  ha  un  generico  rinvio
 alla   contrattazione  collettiva,  senza  menzione  di  uno  specifico
 contratto.
     Analoga   soluzione  si  impone  per  tutte  le  censure  mosse  al
 regolamento  allegato  A  al  r.d.  n.  148  del  1931  e   prospettate
 limitatamente  agli  autoferrotranvieri  con diritto a pensione, il cui
 trattamento e' appunto devoluto alla contrattazione collettiva. Cadono,
 quindi, in questa sede, i dubbi di costituzionalita' mossi  agli  artt.
 26,  quinto,  sesto  e  settimo  comma, e 27 dell'anzidetto regolamento
 allegato A, in riferimento agli artt. 3, 35 e 36 Cost., con riguardo ai
 dipendenti (e loro superstiti) con diritto a pensione.
     7.  -  Per  quanto  concerne  lo  stesso  art.  26,  quinto  comma,
 sull'indennita'  di  buonuscita  ai dipendenti che cessano dal servizio
 senza diritto a pensione, le ordinanze  del  tribunale  e  della  Corte
 d'appello  di  Torino  (25  ottobre 1972, 22 novembre 1973 e 31 gennaio
 1974) ne denunziano l'illegittimita' costituzionale nella parte in cui,
 disponendo che sia corrisposta  "una  indennita'  di  buonuscita  nella
 misura  di  un mese di stipendio o paga ultimi raggiunti", escluderebbe
 il computo della tredicesima e quattordicesima mensilita' e degli altri
 emolumenti accessori.
     Assumono le ordinanze che il contrasto con gli artt. 3 e  36  Cost.
 consisterebbe  nel  fatto che, adottando un criterio difforme da quello
 previsto  dall'art.  2121  del  codice  civile,  la   norma   impugnata
 computerebbe  l'indennita'  di  buonuscita  sull'importo  di una parte,
 anziche' dell'intera retribuzione.
     Gli e', invece, che la dizione "stipendio o paga ultimi  raggiunti"
 ivi  adottata  giusta  la  terminologia  dell'epoca, deve essere intesa
 nell'attuale senso di "retribuzione ultima raggiunta".
     Insomma, la dizione normativa va interpretata  secondo  gli  stessi
 criteri  che  in  tema  di  indennita'  di  anzianita' sono fissati nel
 combinato disposto dell'art. 2120, terzo comma, e dell'art. 2121, primo
 comma, cod. civ.: il primo fa richiamo all'"ultima retribuzione"  e  il
 secondo  comprende nella retribuzione "ogni altro compenso di carattere
 continuativo" (vedasi la sentenza n. 140 del 1971 di questa Corte,  che
 ha puntualizzato l'analogia tra gli elementi essenziali dell'indennita'
 di anzianita' e quelli dell'indennita' di buonuscita).
     Da un lato, le aggiunte alla retribuzione fanno parte integrante di
 essa  e  maturano  gradualmente,  per  cui,  in  caso di cessazione del
 rapporto nel corso dell'anno, i dipendenti hanno diritto ad un'aliquota
 proporzionale alla durata effettiva, nell'anno, delle loro prestazioni;
 dall'altro, non poteva, nel 1931, esplicitamente prevedersi e statuirsi
 che la tredicesima e la quattordicesima mensilita' e gli altri compensi
 accessori facessero parte dello stipendio o paga, perche' introdotti  -
 con regolamentazione legislativa o negoziale - solo in epoca successiva
 (vedasi,  per  esempio,  il  contratto collettivo 5 agosto 1937 per gli
 impiegati dell'industria) .
     Del resto, a prescindere dalla incerta (e ambivalente)  natura  del
 rapporto  di  lavoro de quo, e' da ricordare che gia' l'art. 10, ultimo
 comma, del r.d. 13 novembre 1924, n. 1825, convertito  nella  legge  18
 marzo  1926,  n.  562, nel determinare le componenti dell'indennita' di
 licenziamento dell'impiegato privato, precisava che sono  equiparate  a
 stipendio  e  vanno  computate  tutte  "le indennita' continuative e di
 ammontare determinato", tra le quali non possono non essere ricompresi,
 per il loro carattere di continuita' e di determinatezza,  quando  tali
 caratteri sussistono, gli attuali emolumenti accessori.
     Pertanto,  a  condizione  che si interpreti la norma denunziata nel
 senso ora indicato - nel rispetto degli artt.   3, primo comma,  e  36,
 primo  comma,  della  Costituzione  -  ,  la  relativa  questione e' da
 ritenere non fondata.
     Nella specialita' e nella complessita' del rapporto di  prestazione
 d'opera  degli  autoferrotranvieri,  l'indennita' di buonuscita dei non
 aventi diritto a pensione e', nella ratio legis delle norme  denunziate
 (artt.  27, ultimo comma, del regolamento allegato A e 15 e 16 del r.d.
 30 settembre 1920, n. 1538), sostitutiva della pensione e  compensativa
 del   mancato   pensionamento,   sicche'   ha   la   stessa  natura  di
 intrasmissibilita' ereditaria propria della pensione.
     Ne consegue l'infondatezza della relativa questione.