ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 650, primo
 comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il
 15 ottobre 1973 dal pretore di Civitella Roveto nel procedimento civile
 vertente tra Minieri Natale e Di Girolamo Mario, iscritta al n. 55  del
 registro  ordinanze  1974  e  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 69 del 13 marzo 1974.
     Udito nella camera di consiglio del  29  gennaio  1976  il  Giudice
 relatore Vincenzo Michele Trimarchi.
                           Ritenuto in fatto:
     1. - Avverso l'ingiunzione di pagamento notificata il 2 aprile 1973
 ad istanza di Mario Di Girolamo, Natale Minieri ha proposto opposizione
 in data 22 maggio 1973 davanti al pretore di Civitella Roveto.
     L'opponente  ha  assunto  di non aver potuto notificare nei termini
 l'atto di opposizione a causa dello sciopero degli uffici postali ed in
 cio' ha ravvisato una causa di forza maggiore o di caso fortuito.
     Ha eccepito,  in  riferimento  all'art.  24  della    Costituzione,
 l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 650, comma primo, del codice
 di procedura civile, che esclude  la  possibilita'  per  l'intimato  di
 proporre  l'opposizione  tardiva  nonostante  l'impedimento  a proporre
 opposizione nei termini.
     Il  pretore,  in  accoglimento  dell'eccezione,  ha  sollevato,  in
 riferimento   all'art.   24,  comma  secondo,  della  Costituzione,  la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  650,  comma  primo,
 del  codice  di  procedura  civile  "nella parte in cui non consente la
 tardiva opposizione all'intimato che, pur avendo avuto conoscenza della
 ingiunzione, non abbia potuto proporre opposizione nel termine  fissato
 nel decreto per caso fortuito o forza maggiore".
     La  questione  sarebbe  rilevante  ai  fini  della  risoluzione del
 giudizio e non manifestamente infondata.
     Il giudizio non  potrebbe  essere  deciso  indipendentemente  dalla
 risoluzione della questione.
     E   la   norma   violerebbe   gravemente   il   diritto  di  difesa
 costituzionalmente garantito.
     Nei procedimenti speciali, infatti, qualora si voglia assicurare il
 rapido conseguimento di un determinato scopo, questo  non  puo'  e  non
 deve  essere  raggiunto  con il sacrificio del diritto di difesa di chi
 abbia un legittimo motivo di opposizione.
     Secondo un principio generale del nostro  ordinamento  processuale,
 poi,   non   possono   gravare   sulla   parte   (che  si  sia  trovata
 nell'impossibilita' di compiere un atto per motivi di forza maggiore  o
 di  caso fortuito) le conseguenze del suo impedimento come se le stesse
 fossero effetto della volonta' o della negligenza della parte stessa.
     Per cui il legittimo esercizio del diritto di difesa  dell'intimato
 deve trovare applicazione anche nell'ipotesi de qua.
     Del  resto  la  fattispecie  in  esame  ha  stretta analogia con la
 normativa che disciplina il procedimento per convalida  di  sfratto,  e
 l'art.  668,  comma  primo,  del  codice  di  procedura  civile, con la
 sentenza  n.  89  del  1972,  e'  stato  dichiarato  costituzionalmente
 illegittimo  nella  parte  in  cui  non consente la tardiva opposizione
 all'intimato che, pur avendo avuto conoscenza della citazione, non  sia
 potuto comparire all'udienza per caso fortuito o forza maggiore.
     2.  -  A  seguito  della  regolare  comunicazione,  notificazione e
 pubblicazione dell'ordinanza, non si e' costituita alcuna delle  parti,
 e non ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
                         Considerato in diritto:
     1.  -  Il  pretore di Civitella Roveto, con l'ordinanza indicata in
 epigrafe, solleva, in riferimento  all'art.  24,  comma  secondo  della
 Costituzione,  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art.
 650, comma primo del codice di procedura civile, "nella  parte  in  cui
 non  consente la tardiva opposizione all'intimato che, pur avendo avuto
 conoscenza dell'ingiunzione, non abbia potuto proporre opposizione  nel
 termine fissato nel decreto per caso fortuito o forza maggiore".
     2.  - In punto di rilevanza il giudice a quo si limita ad affermare
 che e' evidente che il giudizio di  opposizione  a  decreto  ingiuntivo
 davanti  a lui promosso non possa essere deciso indipendentemente dalla
 risoluzione della sollevata questione.
     Di fronte all'assunto dell'intimato di non aver  potuto  notificare
 nel  termine  l'atto di opposizione a causa dello sciopero degli uffici
 postali, il detto giudice fa espressamente salva  la  dimostrazione  in
 sede  di merito della fondatezza in concreto del denunciato impedimento
 e nel contempo implicitamente ammette che lo sciopero  postale  integri
 un'ipotesi  di  caso  fortuito  o di forza maggiore. In tal modo, posta
 come vera la premessa, il  dubbio'  circa  la  costituzionalita'  della
 norma non e' avanzato in relazione ad una semplice eventualita'.
     E per tanto ricorre il necessario requisito della pregiudizialita'.
     3. - La questione e' fondata.
     Sul  terreno  del  processo  civile  in generale e dei procedimenti
 speciali in particolare, l'esistenza del caso fortuito  o  della  forza
 maggiore e' ipotizzata in varie norme. Cosi', e tra l'altro, nel codice
 di  procedura  civile l'art. 294, commi primo e secondo, ammette che il
 contumace dimostri  che  la  sua  costituzione  in  giudizio  e'  stata
 impedita  da  causa  a  lui  non  imputabile e il giudice provveda alla
 riammissione in termini delle parti; l'art. 668, comma primo  (dopo  la
 sentenza  n.  89  del  1972  di  questa Corte) dispone che e' possibile
 l'opposizione dopo la convalida da parte dell'intimato che provi di non
 aver avuto tempestiva  conoscenza  dell'intimazione  di  licenza  o  di
 sfratto o di non essere potuto comparire all'udienza, per caso fortuito
 o  forza  maggiore;  e  lo  stesso art. 650, comma primo stabilisce che
 l'intimato puo' fare opposizione tardiva a decreto ingiuntivo se  provi
 di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto per caso fortuito o
 forza  maggiore.    Ma  manca  una norma o un principio che consacri in
 generale la rilevanza del caso fortuito o  della  forza  maggiore  come
 causa  impeditiva  della  decadenza  per mancato rispetto di un termine
 perentorio. Ed anzi dall'art. 153 dello stesso codice e'  dato  dedurre
 l'improrogabilita'  dei  termini  perentori;  e  codesta norma e' stata
 indirettamente  (a  proposito  del  successivo  art.  244)   presa   in
 considerazione da questa Corte con la sentenza n. 106 del 1973.
     La  questione  in oggetto presenta innegabili punti di contatto con
 quella gia' esaminata da questa Corte, a proposito dell'art. 668, comma
 primo del codice di procedura civile, e  decisa  positivamente  con  la
 ricordata  sentenza  n. 89 del 1972.  Allora in riferimento all'art. 24
 della Costituzione era stata  denunciata  la  norma  (art.  668,  comma
 primo)  che  non  consentiva  l'opposizione  tardiva  alla convalida di
 licenza o  di  sfratto,  all'intimato  che  non  era  potuto  comparire
 all'udienza  per  caso fortuito o forza maggiore; ed ora lo e' la norma
 dell'art.   650, comma primo che  non  consente  l'opposizione  tardiva
 all'ingiunzione, all'intimato che non abbia potuto fare opposizione nel
 termine per caso fortuito o forza maggiore.
     Nell'ipotesi prospettata nell'ordinanza di rimessione, come gia' in
 quella   indicata   di   cui  all'art.  668,  comma  primo,  la  tutela
 giurisdizionale non risulta adeguatamente ed effettivamente assicurata.
     Anche se nella procedura speciale di cui  trattasi  il  termine  e'
 piu'   lungo  di  quello  previsto  per  la  comparizione  in  giudizio
 dell'intimato nel procedimento per convalida di sfratto, il soggetto  a
 cui  sia  stato regolarmente notificato il decreto ingiuntivo, puo' far
 decorrere   inutilmente   il   termine   per   proporre    opposizione,
 volontariamente o colposamente ovvero per causa a lui non imputabile.
     Ora  nel secondo di questi due casi, a differenza che nel primo, il
 soggetto  interessato,  per  circostanze  non  dipendenti   dalla   sua
 volonta', si viene a trovare nella materiale impossibilita' di agire in
 giudizio per la tutela dei suoi diritti e di difendersi.
     Ne    consegue    che    la   norma   denunciata   e'   illegittima
 costituzionalmente in parte qua.