ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi riuniti di legittimita' costituzionale dell'art. 1284 cod.civ. promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 23 marzo 1977 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Galimberti Martino e Varesi Ferruccio, iscritta al n. 309 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 193 del 15 luglio 1977; 2) ordinanza emessa il 14 marzo 1978 dal pretore di Piombino nel procedimento civile vertente tra Maiolini Silvano e Tozzi Iole, iscritta al n. 298 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 6 settembre 1978. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 13 febbraio 1980 il Giudice relatore Guido Astuti; udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto: 1. - Con ordinanza emessa il 23 marzo 1977 nel corso del giudizio civile vertente tra Galimberti Martino e Varesi Ferruccio ed avente ad oggetto la richiesta di risarcimento di danni conseguenti ad incidente stradale, il pretore di Milano ha sollevato, d'ufficio, questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 1284, primo comma, del codice civile perche', ove le risultanze processuali avessero suffragato la domanda dell'attore, avrebbe dovuto condannare il convenuto al risarcimento dei danni provocati, con gli interessi legali sulla somma liquidata, e cioe' al saggio del cinque per cento annuo. Ma la determinazione, in misura rigida e precostituita del saggio degli interessi legali porterebbe, secondo il giudice a quo, ad un ingiustificato diverso trattamento di colui il cui diritto viene accertato giudizialmente, rispetto al quivis che non sia costretto a ricorrere alla tutela giudiziale e che, pertanto, sulle somme a lui dovute puo' pretendere ed ottenere interessi commisurati al saggio ufficiale di sconto determinato dall'istituto di emissione. Davanti a questa Corte non si sono costituite le parti private, mentre ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, eccependo la non rilevanza della questione, avendo l'attore chiesto la condanna del convenuto al risarcimento dei danni "con gli interessi legali sulla somma liquidata" e non potendo il giudice, in presenza di una eventuale sentenza di accoglimento della Corte, pronunciare, in violazione dell'art. 112 c.p.c., oltre i limiti della domanda dell'attore. La questione sarebbe comunque infondata perche' la norma impugnata lascia libere le parti di pattuire gli interessi sulle somme dovute, con il solo limite costituito dal divieto di interessi usurari, e solo in mancanza di pattuizioni al riguardo stabilisce in quale misura siano dovuti gli interessi; quando tale pattuizione non e' possibile, come in materia di obbligazioni extracontrattuali, allora il principio contenuto nell'art. 1284 prende vigore con carattere di generalita' per tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni. La circostanza, infine, che il legislatore abbia fatto riferimento al tasso di interesse legale, piuttosto che a quello praticato nel libero mercato, costituisce scelta discrezionale, razionalmente giustificabile con la naturale e storica diffidenza verso i tassi superiori e con la tutela del debitore. 2. - Con ordinanza emessa il 14 marzo 1978 nel giudizio civile vertente tra Maiolini Silvano e Tozzi Iole e avente ad oggetto il pagamento di una somma, il pretore di Piombino ha sollevato - su eccezione dell'attore - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1284 c.c. in riferimento agli artt. 3 e 47 Cost. perche', stabilendo detta norma il tasso di interesse nella misura del cinque per cento annuo, e cioe' al di sotto del tasso di svalutazione della moneta: a) viola il principio di uguaglianza comportando una irragionevole diversita' di trattamento, lesiva per il creditore e favorevole al debitore (in contrasto pertanto con ogni principio di giustizia distributiva), in quanto il debitore trarrebbe maggiore interesse a procrastinare l'adempimento della dovuta obbligazione ovvero anche a vedersi convenuto in giudizio, dal momento che, a titolo di interessi legali, deve corrispondere molto meno di quanto puo' percepire impiegando le somme oggetto dell'obbligazione nei modi senz'altro piu' remunerativi che il sistema economico consente; b) "vanifica e scoraggia la tutela del risparmio in tutte le sue forme", posto che la norma stessa ha indubbiamente finalita' remunerativa del capitale e che tale finalita' "e' venuta meno ove si consideri che da circa un decennio il tasso di svalutazione della moneta ha non solo vanificato la remunerazione, ma anche eroso il capitale". Non si e' costituita alcuna delle parti private. Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, ha chiesto che la questione venga dichiarata non fondata. L'art. 1284 c.c., infatti, e' norma pienamente derogabile dalla volonta' delle parti, che sono libere di pattuire la misura del saggio degli interessi sulle somme dovute e che ben possono, pertanto, premunirsi contro gli effetti della svalutazione. D'altra parte la legge (art. 1284 c.c.) pone al principio generale, secondo cui il danno da inadempimento deve essere provato dal creditore che pretende il risarcimento, una deroga nel caso in cui oggetto della obbligazione sia una somma di denaro, con la previsione di una liquidazione legale del danno che si fonda sulla presunzione di produttivita' del denaro e che esime il creditore dall'obbligo di provare il danno, sicche' gli interessi sono dovuti "anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno". Lo stesso articolo prevede poi espressamente che "al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento", e nel maggior danno ben puo' essere ricompreso, appunto, quello conseguente alla svalutazione della moneta. Considerato in diritto: 1. - L'ordinanza del pretore di Milano, resa in un giudizio di responsabilita' civile in cui veniva chiesto il risarcimento dei danni da sinistro stradale, "con gli interessi legali", solleva, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimita' costituzionale della disposizione dell'art. 1284, primo comma, del codice civile, per cui "il saggio degli interessi legali e' del cinque per cento in ragione di anno"; l'ordinanza del pretore di Piombino, in un giudizio diretto ad ottenere il pagamento del prezzo di merci vendute, "con gli interessi legali... per entita' non inferiori al tasso di svalutazione monetaria", solleva la stessa questione, in riferimento agli artt. 3 e 47 Cost. La disposizione denunciata, determinando l'interesse legale in misura fissa ed inferiore all'attuale tasso di svalutazione della moneta, sarebbe fonte di ingiustificate disparita' di trattamento, prospettate sotto due diversi profili. Secondo la prima ordinanza, tale disparita' si verificherebbe tra coloro che, essendo costretti a chiedere l'accertamento giudiziale del proprio diritto di credito, possono ottenere la conseguente attribuzione degli interessi solo nella misura legale, e gli altri soggetti che hanno di regola la possibilita' di pattuire la corresponsione di interessi nella maggior misura consentita dalle normali condizioni di mercato. Nella seconda ordinanza e' invece rilevata la disparita' di trattamento tra creditori e debitori, in quanto la misura legale degli interessi non offrirebbe ai primi un'equa rimunerazione dei loro capitali, e indurrebbe i secondi a procrastinare l'adempimento delle obbligazioni pecuniarie per conseguirne ingiusto vantaggio. La insufficiente misura del saggio legale degli interessi confliggerebbe altresi' con il principio sancito dall'articolo 47 della Costituzione, perche' per effetto di essa sarebbe "vanificata e scoraggiata la tutela del risparmio in tutte le sue forme". 2. - Data la identita' della questione, i due giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. Nel primo giudizio l'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito il difetto di rilevanza della questione di costituzionalita' ai fini della decisione di merito, in quanto, avendo l'attore chiesto la condanna del convenuto al risarcimento dei danni "con gli interessi legali", la cessazione di efficacia della norma impugnata, conseguente all'eventuale sentenza di accoglimento di questa Corte, "non abiliterebbe il giudice a pronunciare, in violazione dell'art. 112 c.p.c., oltre i limiti della domanda". L'eccezione va disattesa. L'ordinanza di rimessione ha ritenuto la rilevanza della questione, osservando che una pronuncia di incostituzionalita' "avrebbe effetto nel giudizio, in cui la statuizione sulla misura degli interessi e' conseguenziale a quella dell'eventuale condanna del convenuto al risarcimento del danno". Al riguardo, appare decisivo il rilievo che la domanda relativa agli interessi legali non puo' essere rigidamente limitata alla misura del cinque per cento, fissata dalla legge di cui il giudice pone in dubbio la legittimita' costituzionale, ma va logicamente intesa come diretta ad ottenere gli interessi nella misura (massima) stabilita dalla norma applicabile al momento della decisione della causa. 3. - Nel merito, la questione non e' fondata. Sarebbe fuori luogo, ai fini del giudizio di costituzionalita' della norma denunciata. approfondire qui la natura e funzione, controversa in dottrina come in giurisprudenza, degli interessi legali, richiesti con domanda accessoria a pretese giudiziali aventi ad oggetto crediti di valore o rispettivamente di valuta, come quelle formulate nelle due liti a cui si riferiscono le ordinanze di rimessione; gli interessi richiesti in entrambe le ipotesi, qualificabili come interessi moratori o come danni - interessi (senza che occorra qui indagare sul loro carattere compensativo o risarcitorio), sono puntualmente regolati dalla disposizione dell'art. 1224, primo comma, del codice civile, per cui nelle obbligazioni pecuniarie (sempreche' non siano stati convenuti interessi in misura superiore. applicabile anche in caso di mora), essi sono comunque dovuti nella misura legale stabilita dall'art. 1284, anche se il creditore non provi di aver sofferto alcun danno; mentre al creditore che dimostri di aver subito un danno maggiore compete, a norma dello stesso art. 1224, secondo comma, "l'ulteriore risarcimento". E sono ben noti gli sviluppi interpretativi in base ai quali la recente giurisprudenza della Corte di cassazione ha ammesso criteri presuntivi in ordine alla prova della sussistenza del danno, con riguardo alle normali possibilita' di impiego e rimunerazione del denaro offerte dal mercato. Per quanto concerne, d'altra parte, le obbligazioni di risarcimento del danno da fatto illecito, occorre ricordare che anche il ritardo della riparazione si ricollega causalmente all'evento dannoso, e rientra quindi nel danno risarcibile ai sensi dell'art. 2056 c.c.; nel qual caso gli interessi moratori possono essere riconosciuti solo per il periodo successivo alla valutazione e liquidazione giudiziale del danno. Tale essendo la disciplina legislativa in materia di interessi di mora e di risarcibilita' dell'eventuale maggior danno prodotto dal ritardo nell'adempimento, imputabile al debitore, appare evidente la infondatezza delle considerazioni svolte nelle ordinanze di rimessione circa la incostituzionalita' del disposto dell'art. 1284,. primo comma, c.c., per la disparita' di trattamento che sarebbe determinata dal divario tra il saggio degli interessi legali e il piu' elevato livello raggiunto, nelle attuali contingenze, dagli interessi convenzionali. L'ordinanza del pretore di Milano reputa ingiustificato il trattamento di chi puo' richiedere solo l'interesse legale, rispetto a quanti possono convenzionalmente ottenere interessi commisurati al saggio ufficiale di sconto, o anche piu' elevati. Ma non e' ammissibile il raffronto tra situazioni diverse, come quelle di chi, nel difetto di altro titolo giuridico, ha tuttavia diritto ad ottenere gli interessi legali, e chi avvalendosi dell'autonomia negoziale pattuisce la corresponsione di interessi in misura superiore al saggio stabilito dalla legge comune con norma meramente dispositiva, salvo il requisito della determinazione per iscritto e il limite del divieto degli interessi usurari. Nemmeno possono accogliersi i rilievi dell'ordinanza del pretore di Piombino, circa la disparita' di trattamento che si verificherebbe tra creditori e debitori per il fatto che il saggio legale degli interessi e' inferiore al tasso di svalutazione annuale della moneta. E' incontestabile ed universalmente noto che il deprezzamento della moneta incide sul valore reale dei rapporti di credito - debito in valuta: ma gli effetti della svalutazione monetaria rispetto alle obbligazioni pecuniarie (specie se a medio o lungo termine) potranno eventualmente richiedere misure della piu' varia natura, non necessariamente l'aumento del saggio degli interessi legali. A prescindere da ogni possibile riserva sul valore della tradizionale distinzione tra interessi moratori e interessi corrispettivi, in rapporto alla identita' o diversita' della rispettiva funzione, sembra certo che l'interesse legale, nel vigente regime normativo, puo' avere carattere corrispettivo o risarcitorio, ma non ha di regola funzione reintegrativa del valore delle somme di denaro oggetto della prestazione principale, erose dalla inflazione. 4. - Privo di fondamento e' anche il richiamo al parametro offerto dall'art. 47 della Costituzione, con l'enunciazione di principio che la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme. Come questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare (sentenza n. 29 del 1975), la norma costituzionale segna un indirizzo generale, rispetto al quale non puo' dirsi che la disposizione sul saggio degli interessi legali costituisca puntuale ostacolo, per le considerazioni dianzi svolte, alla tutela del risparmio. 5. - Per vero, la svalutazione monetaria ha, in relazione alla disciplina del saggio degli interessi legali, influenza solo indiretta o mediata, ben diversa da quella che esercita sulle obbligazioni pecuniarie in genere, determinando squilibri di varia intensita' tra le posizioni creditorie e debitorie. E' innegabile che in presenza di accentuati processi inflazionistici la misura degli interessi convenzionali e' soggetta a rilevanti lievitazioni, sia per effetto della politica di aumento del tasso ufficiale di sconto, normalmente adottata a scopo di restrizione creditizia, sia anche per il conseguente incremento della domanda sul mercato dei capitali. Ma questa constatazione non consente illazioni in ordine alla sospettata incostituzionalita' della misura del saggio legale degli interessi. E' ben noto a questa Corte che in altri Paesi della Comunita' economica europea il saggio degli interessi legali e' stato elevato con recenti provvedimenti, anche in relazione alla misura del tasso ufficiale di sconto. Ma par superfluo osservare che altro e' la politica del tasso di sconto praticata dall'istituto di emissione ed altro la disciplina degli interessi legali secondo la legge civile, disciplina che comunque solo al legislatore spetta eventualmente di modificare con scelte di carattere discrezionale. Di fronte al graduale deprezzamento della moneta, specie qualora esso assuma dimensioni patologiche, ben possono essere adottati provvedimenti diretti a contenere determinati effetti, diretti o indiretti, della svalutazione: peraltro, siffatti interventi - come gia' si e' avvertito - "sono sempre frutto di scelte politiche, riservate alla discrezionalita' del potere legislativo, al quale compete di provvedere in si' delicata materia, sulla base di valutazioni di ordine politico, sociale, economico, finanziario, che sfuggono di massima al sindacato di legittimita' affidato a questa Corte" (sentenza n. 126 del 1979).