ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  421,  quarto
 comma,  cod.proc.civ.,  modificato  dalla legge 11 agosto 1973, n. 533,
 promosso con ordinanza, emessa  il  20  gennaio  1976  dal  Pretore  di
 Torino,  nel procedimento civile vertente tra Marmo Dante ed altri e la
 Soc.p.az.  Michelin Italiana, iscritta al n. 179 del registro ordinanze
 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  99  del
 14 aprile 1976.
     Visto  l'atto  di  costituzione  della Soc.p.az. Michelin Italiana,
 nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
     udito  nell'udienza  pubblica  del  13  febbraio  1980  il  Giudice
 relatore Virgilio Andrioli;
     uditi  l'avv. Cristoforo Barberio Corsetti per la societa' Michelin
 Italiana e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti  per  il  Presidente
 del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     1.  -  Con  ricorso  depositato  nella cancelleria della Pretura di
 Torino il 10 giugno  1975,  Marmo  Dante,  dipendente  della  Soc.p.az.
 Michelin  Italiana  in qualita' di pompiere, premesso che prestava tale
 attivita' lavorando 24 ore su 24 un giorno si' e un giorno  no,  espose
 di  non  essere  retribuito  in  base  al  numero  di  ore esplicate in
 relazione ai vigenti  accordi  sindacali  e,  in  particolare,  di  non
 ricevere la maggiorazione retributiva per i turni diurni e notturni, di
 cui  all'art. 9 del C.C.N.L. per i dipendenti delle aziende produttrici
 di gomma e plastica 18  marzo  1974,  e  di  non  percepire  altro  che
 seicento  lire  a  notte  per  l'intero turno notturno, e chiese che la
 convenuta venisse condannata al pagamento della differenza retributiva.
     A sostegno della domanda avanzo' istanza  di  assunzione  di  prova
 testimoniale  su  quattro  capitoli  relativi alle modalita' del lavoro
 prestato, indicando a testi Vigna Cesare e Gallo Mario.
     La convenuta, costituitasi mediante memoria 1 agosto  1975,  chiese
 in  via  preliminare  disporsi  la  riunione,  ai  sensi  dell'art. 151
 disp.att.cod.proc.civ.,  al  ricorso  de  quo  di  ricorsi   di   altri
 dipendenti, fissati per la stessa udienza del 1 settembre 1975, per dar
 vita  ad  identiche  questioni,  e, nel merito, concluse per il rigetto
 della domanda attrice.
     Alla istanza preliminare della convenuta fece  diritto  il  Pretore
 designato  all'udienza  di  discussione, sebbene il difensore di alcuni
 attori  osservasse  che  la  commistione  nella  persona  dello  stesso
 lavoratore  delle  qualita'  di attore e di teste indotto, provocandone
 l'incapacita' a testimoniare, poteva risolversi in una menomazione  del
 diritto  di  difesa  di  altro  lavoratore,  che l'avesse indotto quale
 teste.
     All'udienza  del  2  settembre  1975,  fallito  il   tentativo   di
 conciliazione, si procede' all'interrogatorio libero degli attori Marmo
 Dante  e  Trolton  Giulio; alle udienze del 4 e del 9 settembre 1975 fu
 esperito l'interrogatorio libero di altri attori;  all'udienza  del  13
 novembre  1975 il Pretore dispose la riunione di cause gia' riunite con
 cinque   cause   promosse   da   altri   dipendenti   della   Michelin;
 l'interrogatorio  libero di altri attori venne proseguito nelle udienze
 del 20 novembre, del 7 e del 18 dicembre 1975 e dell'8 gennaio 1976, ed
 esaurito alla udienza del 20 gennaio 1976, nel  corso  della  quale  il
 difensore  di  alcuni  attori insiste' nell'istanza di ammissione della
 prova orale inducendo quali testi alcuni degli  attori.    2.  -  Sulla
 opposizione  della  convenuta  il  Pretore, con ordinanza di pari data,
 debitamente  comunicata  e  notificata  e  pubblicata  nella   Gazzetta
 Ufficiale  n.    99  del  14  aprile  1976 (n. 179 reg.ord.   1976), ha
 dichiarato rilevante e non manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita',  in  riferimento agli artt.  3 e 24 Cost., dell'art. 421,
 comma quarto, c.p.c., a tenor del quale "il  giudice,  ove  lo  ritenga
 necessario, puo' ordinare la comparizione, per interrogarle liberamente
 sui  fatti  di  causa,  anche  di  quelle persone che siano incapaci di
 testimoniare a norma  dell'art.  246  o  a  cui  sia  vietato  a  norma
 dell'art.  247"  (art.  247, dichiarato illegittimo da questa Corte con
 sentenza n. 248/1974, con la quale si e' invece ritenuta  infondata  la
 questione di costituzionalita' dell'articolo 246).
     3. - Avanti la Corte e' intervenuta la Presidenza del Consiglio dei
 ministri  con  atto,  depositato  il 4 maggio 1976, in cui l'Avvocatura
 generale  dello  Stato  ravvisa  nell'art.  151  disp.att.cod.proc.civ.
 l'assorbimento,  nel  campo  delle  controversie individuali di lavoro,
 delle azioni di massa o di serie facilitato sia dalla legge  20  maggio
 1970, n. 300, sia dalla maggiore coscienza, nei lavoratori in fabbrica,
 degli  interessi  collettivi;  su di un piano piu' strettamente tecnico
 poi, osserva che non ogni interesse alla vittoria di  una  delle  parti
 determina  l'incapacita'  a  testimoniare  dell'interessato,  ne', piu'
 specificamente, la provoca  l'interesse  alla  soluzione  di  questioni
 insorte tra altre parti la cui soluzione potra' giovare all'interessato
 in  successiva  causa,  a  proporre  la  quale  e'  legittimato  in via
 principale. D'altro canto - insiste l'Avvocatura - la riunione di cause
 connesse non le rende inscindibili ne'  imprime  al  convincimento  del
 giudice il sigillo della unitarieta' talche' ben puo' la consistenza di
 un  fatto  essere  accertata  in  una e negata in altra di dette cause.
 Donde la conclusione che  ben  puo'  l'attore  di  una  causa  connessa
 rendere  testimonianza  sotto  vincolo  di  giuramento  in  altra causa
 connessa e, quindi, la infondatezza delle proposte  questioni,  di  cui
 difetterebbe  l'interesse.  Che',  se - chiosa da ultimo l'Avvocatura -
 fosse  l'attore  in  controversia  di  lavoro   connessa   incapace   a
 testimoniare  in  altra  controversia  riunita perche' connessa sol per
 identita' di questioni, ben potrebbe il giudice del lavoro esercitare i
 poteri istruttori  attribuitigli  dall'articolo  421  cod.proc.civ.  e,
 comunque, disporre la separazione delle cause riunite onde consentire a
 ciascuno dei lavoratori di giovarsi delle deposizioni rese dai compagni
 sotto vincolo di giuramento.
     Delle  parti  private si e' costituita la sola Michelin Italiana la
 quale, nelle deduzioni depositate il 4 maggio  1976,  conclude  per  la
 irrilevanza  e,  in  ipotesi,  per  la  infondatezza della questione di
 legittimita': irrilevanza derivante da cio' che non tutti i  lavoratori
 erano  ad  un  tempo  attori  e  indotti  in  qualita'  di testi, che i
 lavoratori indotti quali testi avrebbero assistito, in ispreto all'art.
 251 c.p.c., all'interrogatorio  non  formale  dei  compagni  di  lavoro
 attori, e, pertanto, non potrebbero deporre in qualita' di testi, e che
 il   Pretore,   in   attesa   della   definizione   dell'incidente   di
 costituzionalita', avrebbe potuto disporre la separazione  delle  cause
 in   un   primo   tempo  riunite;  infondatezza,  basata  su  cio'  che
 l'incapacita' a testimoniare di parti di cause riunite deriva non tanto
 dall'art. 246 c.p.c.  quanto dalla incompatibilita' tra le qualita'  di
 parte  e  di  teste.  Nella memoria, depositata il 10 novembre 1979, la
 Michelin Italiana nega fondamento alla denunciata violazione  dell'art.
 3  Cost.  perche'  il  rito  speciale  del lavoro e' giustificato dalla
 particolare natura  dei  rapporti  di  lavoro,  che  si  differenziano,
 soprattutto  sotto  il profilo sociale, dagli altri rapporti litigiosi.
 Ne' maggiore credibilita' riveste,  sempre  ad  avviso  della  Michelin
 Italiana,  la  denuncia  di  violazione  del l'art. 24 Cost. perche' la
 combinata applicazione degli articoli 421, quarto comma, c.p.c.  e  151
 disp.att.  cod.proc.civ. determina non gia' una limitazione della prova
 per  testi, sibbene la impossibilita' di sentire come testi persone che
 abbiano assunto la qualita' di  parti.  A  questo  punto,  si  pone  la
 convenuta  datrice  di lavoro in contrasto con l'Avvocatura dello Stato
 perche' "il pompiere, interrogato come teste sulle domande di colleghi,
 influisce, con le proprie risposte, anche sulla  decisione  che  verra'
 presa sulla sua domanda: egli mantiene, quindi, nel rispondere la veste
 e  gli  interessi  di  parte  che sono incompatibili con la qualita' di
 teste".  Insomma - ribadisce la Michelin Italiana - "questa, che e'  la
 vera  ragione  per  cui, riuniti i procedimenti, gli attori non possono
 assumere la veste di testi, non si pone affatto  in  conflitto  con  il
 precetto dell'art. 24 della Costituzione".
     4.  -  All'udienza pubblica del 13 febbraio 1980, in cui il Giudice
 Andrioli ha svolto la relazione, la Presidenza e la  Michelin  Italiana
 hanno illustrato le gia' prese conclusioni.
                         Considerato in diritto:
      1.   -  Secondo  il  Pretore  di  Torino  non  solo  "il  concreto
 esperimento  dell'interrogatorio  libero  non   ha   fornito   elementi
 sufficienti per una decisione", ne' il giuramento suppletorio era nella
 specie  utilizzabile,  ma  "i  ricorrenti non possono contare che sulle
 deposizioni dei compagni  di  lavoro.  Poiche'  quelli  che  non  hanno
 sottoscritto  i ricorsi, si sono fatti firmatari di una dichiarazione a
 sostegno dell'azienda convenuta, ne  consegue  che  l'esclusione  dalle
 liste  testimoniali  di  coloro  che  sono parti nelle cause connesse e
 riunite, comporta necessariamente il venir meno di ogni possibilita' di
 provare i fatti a fondamento delle domande. Ne' la situazione  muta  in
 relazione  al  fatto  che  2 dei 32 testi di parte attrice non siano in
 causa  ed  uno abbia rinunciato alla domanda. L'esiguita' del numero e'
 tale da non modificare sostanzialmente la posizione difensiva  nel  suo
 complesso".
     Sebbene   non   tutte   le   argomentazioni,   di  cui  e'  tessuto
 l'apprezzamento  di  rilevanza   condotto   dal   Pretore,   siano   da
 condividersi,  il  giudizio, preso nel suo complesso, e' sufficiente ad
 aprire  la  via  alla  valutazione  sulla  fondatezza  della   proposta
 questione.
     Il  giudice a quo accusa i conditores del testo novellato dell'art.
 421, comma quarto, c.p.c. di aver trascurato la eventualita',  divenuta
 attuale  a seguito della novellazione dell'articolo 151 disp. att. cod.
 proc. civ., di escutere sotto giuramento quei  terzi  che  per  effetto
 della  riunione  dei  giudizi  -  facoltativa nel rito ordinario - sono
 divenuti parti, ma che non per questo hanno cessato di essere  titolari
 di  un  mero interesse di fatto alla definizione dei processi paralleli
 riuniti. Pertanto, oggetto della censura e' non  l'art.  151  disp.att.
 cod.  proc.civ., il quale non provoca la riunione di cause connesse per
 identita' di questioni sol quando la riunione renda  troppo  gravoso  o
 comunque  ritardi  eccessivamente  il  processo,  ma  l'art. 421, comma
 quarto, il quale, in ossequio alla direttiva intesa dal legislatore del
 1973 ad arricchire le fonti del  prudente  apprezzamento  del  giudice,
 consente di interrogare liberamente persone pur incapaci a testimoniare
 a sensi dell'articolo 246.
     Senonche' l'interpretazione dell'art.  421, comma quarto, posta dal
 Pretore,   in  combinazione  con  l'art.  246,  a  base  della  censura
 d'incostituzionalita' della prima delle or menzionate norme,  contrasta
 con  il  significato  attribuitole  dalla  giurisprudenza ordinaria con
 riferimento a pretese, azionate in controversie di lavoro connesse  sol
 per  identita'  di questioni (e non di petitum o di causa petendi), che
 non attribuisce la qualita' di parte in  senso  sostanziale  e  non  ne
 inferisce  la  incapacita' a testimoniare a persone titolari di pretese
 in tal guisa connesse.
     La Corte fa proprio siffatto orientamento e, pertanto, ritiene  non
 fondata  la  questione  di  legittimita'  dell'art.  421, comma quarto,
 interpretato nel senso che la riunione di controversie  in  materia  di
 lavoro (e di previdenza e di assistenza) connesse disposta soltanto per
 identita'  delle  questioni  non  priva  le  persone,  che rivestano la
 qualita' di parte in alcuna di esse e siano ad un  tempo  indotte  come
 testi  in  altre,  della  capacita'  a  testimoniare  sotto  vincolo di
 giuramento.
     Non rientra nel magistero di questa Corte scrutinare in  qual  modo
 il  prudente  apprezzamento  del  giudice  del  lavoro si applichi alle
 deposizioni sotto vincolo di  giuramento  di  coloro  che  siano  stati
 sottoposti  all'interrogatorio libero di parte, previsto nell'art. 420,
 comma primo.