ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi riuniti di legittimita' costituzionale degli artt. 12 e 16
 della legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del
 Concordato dell'11 febbraio 1929 tra la Santa Sede  e  l'Italia,  nella
 parte relativa al matrimonio) promossi con le seguenti ordinanze:
     1)  ordinanza  emessa  il  28  febbraio  1977  dal  tribunale per i
 minorenni di Roma sull'istanza proposta da Marella Laura,  iscritta  al
 n.  353  del  registro  ordinanze  1977  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 272 del 5 ottobre 1977;
     2) ordinanza emessa il 16 marzo 1978 dal tribunale di  Treviso  nel
 procedimento  civile  vertente  tra  il Procuratore della Repubblica di
 Treviso e Moro Lorella ed  altro,  iscritta  al  n.  278  del  registro
 ordinanze  1978  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 250 del 6 settembre 1978;
     3) ordinanza emessa il 13 giugno 1978 dal tribunale di Chiavari nel
 procedimento  civile vertente tra Gianelli Caterina e Di Tullio Cesare,
 iscritta al n. 465 del  registro  ordinanze  1978  e  pubblicata  nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 3 gennaio 1979.
     Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
     udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1981 il Giudice relatore
 Antonino De Stefano;
     udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti,  per  il  Presidente
 del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     1. - Con ordinanza 28 febbraio 1977 il tribunale per i minorenni di
 Roma  ha sottoposto al giudizio di questa Corte gli artt. 12 e 16 della
 legge 27 maggio 1929, n. 847 (recante disposizioni  per  l'applicazione
 del  Concordato  dell'11  febbraio  1929  fra la Santa Sede e l'Italia,
 nella parte relativa al matrimonio; c.d.  legge  matrimoniale):  l'art.
 12, nella parte in cui consente che il matrimonio canonico celebrato da
 un  minorenne,  secondo la legge dello Stato incapace di scegliere tale
 rito, per difetto di eta' (perche' al di sotto dei sedici anni)  o  per
 difetto  di  autorizzazione  (se  ultrasedicenne), venga trascritto nei
 registri dello stato civile e consegua quindi effetti civili; e  l'art.
 16,   nella   parte  in  cui  non  consente  che  in  tali  ipotesi  la
 trascrizione, se eseguita, possa venire impugnata.
     La questione e' stata sollevata, in riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione,  nel  corso  di  un procedimento promosso, con istanza 25
 novembre 1976, da Marella  Laura,  minore  ultrasedicenne  residente  a
 Cisterna.  Costei aveva chiesto al tribunale di essere ammessa, benche'
 non ancora maggiorenne, ai  sensi  dell'art.  84,  secondo  comma,  del
 codice  civile,  a  contrarre  matrimonio.  Nessuno  degli  interessati
 essendo comparso alle prime due udienze fissate per la loro  audizione,
 alla terza (20 gennaio 1977) la ricorrente annunciava che il matrimonio
 era   gia'  stato  celebrato  in  chiesa,  il  26  dicembre,  e  quindi
 regolarmente trascritto. Faceva tuttavia presente che se, per qualunque
 ragione, l'avvenuta trascrizione si fosse dovuta considerare invalida o
 comunque impugnabile, ella era pronta a riprendere dinanzi al tribunale
 la procedura intrapresa.
     Prodotto dalla Marella un certificato  dell'avvenuta  trascrizione,
 l'ufficiale  di  stato  civile di Cisterna, su richiesta del tribunale,
 attestava che la trascrizione era stata  eseguita  in  ottemperanza  di
 direttive  impartite  dalla  competente  Procura  della  Repubblica  di
 Latina, in base ad una interpretazione degli artt. 12 e 13 della  legge
 matrimoniale,  secondo  cui  i  matrimoni celebrati da minorenni con il
 rito cattolico, dopo eseguiti gli  accertamenti  (gli  unici  richiesti
 espressamente  dall'art.  12)  riguardo  allo  stato  libero e alla non
 interdizione per infermita' di mente, andavano senz'altro trascritti.
     Cio' premesso in fatto, il tribunale, ai fini della  non  manifesta
 infondatezza    della    eccezione    sollevata,   osserva   che   tale
 interpretazione delle disposizioni impugnate, gia' accolta  in  passato
 dalla  giurisprudenza  e  in  parte anche dalla dottrina, nonche' dalla
 prassi amministrativa in materia di pubblicazioni (quando sia la  legge
 dello  Stato  sia  il  codice  di diritto canonico fissavano egualmente
 l'eta'  minima  per  il  matrimonio  a  sedici  anni  per  l'uomo  e  a
 quattordici  per  la  donna,  e  non  si contestava la competenza della
 Chiesa per la  eventuale  "dispensa"  per  coloro  che  tale  eta'  non
 avessero ancora raggiunto), poteva trovare conforto nella lettera delle
 norme  contestate.  Ma  dopo la sentenza n. 32 del 1971 di questa Corte
 (con la quale fu dichiarata la illegittimita' dell'art. 16 della  legge
 matrimoniale,  per  contrasto con l'art.   3 della Costituzione, "nella
 parte in cui stabilisce che la trascrizione del matrimonio puo'  essere
 impugnata solo per una delle cause menzionate nell'art. 12, e non anche
 perche'  uno  degli  sposi fosse, al momento in cui si e' determinato a
 contrarre matrimonio in forma concordataria, in  stato  di  incapacita'
 naturale") la cennata interpretazione ha perduto ogni attendibilita'. A
 maggior  ragione  poi  cio'  va detto, se si considerano le innovazioni
 introdotte in  materia,  nel  1975,  con  la  riforma  del  diritto  di
 famiglia. Mentre infatti - si osserva ancora nell'ordinanza - con la su
 citata  sentenza  la  Corte ha rivendicato esclusivamente allo Stato la
 disciplina della capacita' dei nubenti a scegliere il  rito,  l'art.  4
 della  legge  n.  151  del  1975  (riforma  del  diritto  di famiglia),
 modificando l'art. 84 del codice civile, ha ristretto la  capacita'  al
 matrimonio,  ancorandola  rigorosamente,  per  entrambi i nubenti, alla
 maggiore eta' (diciotto anni) o, nel caso di ultrasedicenni, al  previo
 accertamento  giudiziale  della  maturita'  psico-fisica  (unicamente a
 quello della esistenza di gravi motivi).
     Dopo aver ricordato il parere del Ministero di grazia e  giustizia,
 pubblicato  anche  su  riviste  giuridiche  nel  1976, secondo il quale
 l'ufficiale di stato civile avrebbe  dovuto  rifiutarsi,  nei  casi  in
 questione,   di  procedere  alle  pubblicazioni  matrimoniali,  e  alla
 trascrizione del matrimonio celebrato davanti  un  ministro  del  culto
 cattolico,  il  giudice  a  quo osserva che, come anche si e' precisato
 nella sentenza n. 32 del 1971, la scelta, da  parte  dei  nubenti,  del
 rito  del  matrimonio  (religioso anziche' civile), avendo un'autonomia
 concettuale e temporale  rispetto  al  rito  stesso,  non  puo'  essere
 regolata  che  dall'ordinamento  statale,  non  da quello canonico, cui
 l'ordinamento statale fa  bensi'  rinvio  (con  l'art.  5  della  legge
 matrimoniale  e  l'art.  82  del  codice  civile),  ma  solo per quanto
 riguarda l'atto di matrimonio, non la fase della scelta del  rito,  che
 necessariamente lo precede.
     Anche  se  enunciati,  nella sentenza n. 32 del 1971, per l'ipotesi
 della incapacita' naturale, tali principi, data la evidente analogia di
 situazione giuridica, sicuramente  si  attagliano  anche  al  caso  dei
 nubenti  minorenni. Percio' - conclude l'ordinanza - la efficacia della
 trascrizione e la  inoppugnabilita'  di  quest'ultima,  desumibili  dal
 letterale  disposto  dei  suddetti  artt. 12 e 16, oltre a violare, per
 motivi di religione, il principio di eguaglianza in tema  di  capacita'
 giuridica  dei  cittadini,  darebbero  vita a conseguenze aberranti e a
 situazioni irragionevoli; inoltre, appaiono in contrasto con  il  nuovo
 principio  di  ordine  pubblico costituito dalla maturita' psico-fisica
 presunta dalla legge al compimento della maggiore eta' ovvero accertata
 dal giudice caso per caso solo dopo il compimento del  sedicesimo  anno
 (minimo di eta' invalicabile).
     Quanto alla rilevanza della questione nel giudizio a quo, ad avviso
 del  tribunale  basterebbe  osservare  che  ove,  accolta  dalla  Corte
 costituzionale la eccezione di illegittimita'  costituzionale,  dovesse
 considerarsi    requisito    di    trascrivibilita'    (o   di   valida
 trascrivibilita') del matrimonio concordatario di  un  minore  di  eta'
 (come  nel  caso  di  specie  ultrasedicenne)  la preventiva ammissione
 giudiziaria al matrimonio ex art. 84 codice civile, la Marella dovrebbe
 proseguire la procedura per ottenere il relativo decreto, in  tal  modo
 premunendosi  anche  contro  una eventuale impugnativa (possibile senza
 preclusione temporale da parte del coniuge ex art. 117  codice  civile)
 della trascrizione.
     Adempiute  le  formalita' di rito per le notifiche, comunicazioni e
 pubblicazione dell'ordinanza di  rinvio,  con  atto  depositato  il  25
 ottobre  1977  e'  intervenuta  in  giudizio,  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri, l'Avvocatura  dello  Stato,  chiedendo  che  la
 Corte  dichiari  la  questione  sollevata inammissibile, per difetto di
 rilevanza.
     Secondo l'Avvocatura,  infatti,  il  giudice  a  quo  non  avrebbe,
 riguardo  alla  rilevanza,  espresso  alcun  giudizio  ne'  dato alcuna
 motivazione, limitandosi solo ad affermarla  apoditticamente.  A  parte
 cio'  -  si  sostiene - e' innegabile che una eventuale declaratoria di
 incostituzionalita' delle disposizioni impugnate non potrebbe  comunque
 avere  alcun  effetto sul procedimento in corso. Oggetto del giudizio a
 quo e' infatti l'autorizzazione del matrimonio  di  un  minore  che  ha
 compiuto  sedici  anni e non si vede quindi come, tanto nell'ipotesi in
 cui il tribunale autorizzi il  matrimonio,  quanto  in  quella  in  cui
 l'autorizzazione   non  venga  accordata,  il  diverso  problema  della
 trascrivibilita' del matrimonio o della impugnazione della trascrizione
 - su cui verte la eccezione di illegittimita'  costituzionale  -  possa
 incidere sui motivi che giustificano l'autorizzazione.
     Prioritaria,    peraltro,    secondo   l'Avvocatura,   sarebbe   la
 considerazione  che,  nel  caso  di  specie,  il  matrimonio  e'  stato
 celebrato  e  trascritto  mentre  la procedura innanzi al tribunale era
 ancora in corso. Il giudice a quo, percio', avrebbe dovuto limitarsi  a
 prenderne  atto,  dichiarando  caducato  il  ricorso ed esaurito il suo
 compito, la richiesta  autorizzazione  non  avendo  ormai  piu'  ragion
 d'essere.
     2.  - Con riferimento all'art. 3 della Costituzione, e in relazione
 all'art. 84 del codice civile, gli artt. 12 e 16 della legge n. 847 del
 1929, il primo  in  quanto  consente  la  trascrizione  del  matrimonio
 religioso  contratto  da  un  minorenne,  e  il  secondo  in quanto non
 consente la impugnazione della trascrizione di  tale  matrimonio,  sono
 stati impugnati dinanzi a questa Corte anche con una ordinanza, in data
 16 marzo 1978, del tribunale di Treviso.
     La  questione  e'  stata  sollevata,  d'ufficio,  nel  corso  di un
 giudizio promosso dal pubblico ministero presso  lo  stesso  tribunale,
 con  citazione 30 luglio 1977, per l'annullamento della trascrizione di
 un matrimonio contratto con il rito concordatario  da  Moro  Lorella  e
 Filomeno  Luigi,  il  1 maggio 1977, quando la Moro, nata il 27 ottobre
 1960, era ancora minorenne. L'atto di trascrizione veniva  impugnato  a
 norma dell'articolo 16 della legge n. 847 del 1929. Secondo il pubblico
 ministero,  la  trascrizione  doveva  infatti  ritenersi  invalida  per
 difetto nella sposa del requisito dell'eta' minima fissato dall'art. 84
 del codice civile (come modificato dall'art. 4 della legge n.  151  del
 1975).  Ritualmente  costituitisi,  i  convenuti  chiedevano il rigetto
 della  domanda.    Passata  la  causa,  senza  alcuna  istruttoria,  in
 decisione,  il  tribunale, sospeso il processo, disponeva la rimessione
 degli atti a questa Corte.
     Nella motivazione dell'ordinanza di rinvio, per quanto attiene alla
 non  manifesta  infondatezza,  si  fa  richiamo,  essenzialmente,  alla
 sentenza  n.  32 del 1971 di questa Corte e ai motivi ampiamente svolti
 nella surriferita ordinanza del tribunale per i minorenni di Roma.  Con
 l'entrata  in  vigore  del  nuovo  diritto  di  famiglia  -  osserva il
 tribunale di Treviso - la capacita' a contrarre  matrimonio  e'  stata,
 infatti,  ancorata rigorosamente e imparzialmente alla maggiore eta' o,
 nel caso di minori ultrasedicenni,  all'accertamento  giudiziale  della
 loro  maturita' psico-fisica. Quanto alla rilevanza della questione nel
 giudizio a  quo  il  tribunale  afferma  che  essa  sarebbe  "piu'  che
 evidente".
     Adempiute le prescritte formalita' per l'instaurazione del giudizio
 di   legittimita'  costituzionale,  con  atto  depositato  in  data  26
 settembre 1978 e' intervenuta innanzi alla Corte, per il Presidente del
 Consiglio dei ministri, l'Avvocatura  dello  Stato,  chiedendo  che  la
 questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
     Ad   avviso   dell'Avvocatura,  infatti,  in  punto  di  rilevanza,
 l'ordinanza di rinvio sarebbe  assolutamente  carente  di  motivazione.
 Inoltre,  dato che la minore, al momento del matrimonio, aveva compiuto
 i sedici anni, e che nel giudizio  promosso  per  l'annullamento  della
 trascrizione  aveva  chiesto  il  rigetto  della  domanda  del pubblico
 ministero, e posto altresi' che l'art. 84 del codice  civile,  in  casi
 del  genere,  prevede  che  il  tribunale  possa ammettere il minore al
 matrimonio dopo aver accertato, oltre  alla  fondatezza  delle  ragioni
 addotte,  la  sua maturita' psico-fisica, in proposito avrebbero dovuto
 essere  compiuti  degli  specifici  accertamenti,  che,   invece,   non
 risultano  per nulla effettuati.  Ad impedire, nel caso, l'annullamento
 della trascrizione, anche nell'ipotesi di una pronuncia  di  fondatezza
 della   Corte   costituzionale  sulla  questione  sollevata,  starebbe,
 comunque, l'art. 117, secondo comma, del codice  civile,  a  norma  del
 quale  il  matrimonio  del  minore,  anche  se contratto con violazione
 dell'art. 84 codice civile, va riconosciuto valido  se,  al  compimento
 della  maggiore  eta'  del  minore,  sia  accertata  la sua volonta' di
 mantenere in vita il vincolo matrimoniale: circostanze, queste, di  cui
 la  seconda gia' risulta dal comportamento processuale della convenuta,
 mentre la prima si sarebbe dovuta  ritenere  di  sicura  realizzazione,
 allorche',   conclusosi   il   giudizio   incidentale  di  legittimita'
 costituzionale,  gli  atti  del  processo  a  quo  fossero  tornati  al
 tribunale  di  Treviso. Giacche' e' da escludere - prevede l'Avvocatura
 che cio' si verifichi prima della data del  compimento  della  maggiore
 eta'  da  parte  della Marella, ossia il 27 ottobre 1978. L'irrilevanza
 della questione, sotto questo  profilo,  sarebbe  dovuta  ad  un  fatto
 sopravvenuto nelle more del giudizio di legittimita' costituzionale, ma
 non  e'  affatto  escluso  -  si  afferma - che in relazione ad esso il
 giudice a quo non debba procedere a nuova valutazione  della  rilevanza
 alla luce dei fatti successivamente intervenuti.
     Nel  merito  l'Avvocatura sostiene che comunque il tribunale, senza
 sottoporre la questione alla Corte costituzionale,  avrebbe  potuto,  e
 quindi  dovuto,  interpretare  l'art.  12  della legge matrimoniale nel
 senso che esso, di per se', non permette la trascrizione del matrimonio
 contratto da minorenni. Oltre al  parere  espresso  in  tal  senso  dal
 Ministero  di grazia e giustizia (di cui si fa cenno nella su ricordata
 ordinanza del tribunale per i  minorenni  di  Roma),  anche  le  chiare
 opinioni  espresse  al  riguardo  in  una intervista, nel settembre del
 1975, dal Ministro guardasigilli dell'epoca, e gli orientamenti di  una
 parte  della dottrina, avrebbero portato a questa soluzione. Non avendo
 il giudice  a  quo  ritenuto  di  adottarla,  puo'  tuttavia  la  Corte
 affermarla, pronunciando una sentenza interpretativa di rigetto.
     Sotto  il  profilo  della  legittimita'  costituzionale,  comunque,
 l'Avvocatura  rileva  che  l'eccezione  sottoposta   alla   Corte   non
 troverebbe  nella  sentenza  n.  32  del 1971 quel fondamento che si e'
 creduto  di  attribuirle.   L'ipotesi   della   incapacita'   naturale,
 considerata  in  quella  sentenza, dovrebbe infatti tenersi distinta da
 quella  della  minore  eta',  come   si   sarebbe   rilevato   sia   in
 giurisprudenza  che  in  dottrina  riguardo alle questioni sorte, prima
 della riforma del diritto di famiglia, circa  la  trascrivibilita'  del
 matrimonio  concordatario  del  minore,  celebrato, in contrasto con il
 disposto dell'art. 84 codice civile (nel testo precedente alla  riforma
 del  diritto  di  famiglia),  senza  l'assenso  del genitore.   Sarebbe
 chiaro, comunque, che agl'inevitabili punti di frizione derivanti dalla
 diversa disciplina di diritto canonico  e  di  diritto  statuale  circa
 l'eta'  necessaria  per  contrarre  matrimonio, debba e possa ovviarsi,
 dalle parti contraenti, in sede di revisione del Concordato, e comunque
 dal legislatore ordinario.
     3.  -  Analoga  eccezione  di  illegittimita'  costituzionale,  nei
 confronti  degli  artt.  12  e  16  della  legge  matrimoniale,  ma  in
 riferimento all'ipotesi della trascrizione del matrimonio concordatario
 di minori al di sotto non solo di diciotto,  ma  dei  sedici  anni,  e'
 stata sollevata, anche questa volta d'ufficio, con una ordinanza del 13
 giugno 1978 dal tribunale di Chiavari.
     La questione e' sorta nel corso di un giudizio promosso da Gianelli
 Caterina, per l'annullamento della trascrizione del matrimonio, da essa
 contratto,  con  il  rito  cattolico,  il  12  luglio  1976, quando per
 l'appunto, essendo nata l'11 ottobre  1960,  non  aveva  ancora  sedici
 anni.  Il  coniuge  convenuto,  Di  Tullio  Cesare,  non si era opposto
 all'istanza.
     Richiamati i motivi svolti nella precedente ordinanza di rinvio del
 tribunale per i minorenni di Roma, e la sentenza  n.  32  del  1971  di
 questa  Corte,  il  giudice a quo osserva che quanto si afferma in tale
 sentenza, con riguardo  agli  orientamenti  della  giurisdizione  e  al
 cosiddetto  diritto  vivente,  circa  la  tassativita' delle ipotesi di
 divieto  della  trascrizione  del  matrimonio  concordatario   previste
 dall'art.   12 della legge matrimoniale (e fra esse quella della minore
 eta' non e' compresa) non consente  di  risolvere  la  questione  (come
 l'attrice  aveva  chiesto)  in  via  puramente interpretativa, ma rende
 necessario sottoporla - per la sua evidente  rilevanza  ai  fini  della
 decisione - al vaglio di questa Corte.
     In  proposito,  considerato che nella sentenza n. 32 del 1971 si e'
 affermato, fra l'altro, che "i requisiti di capacita' da richiedere per
 la validita' della scelta del rito sono da valutare  alla  stregua  del
 diritto dello Stato", e ritenuto che se ai fini dell'impugnazione della
 trascrizione  si  e' riconosciuta rilevanza all'incapacita' (legale) di
 agire (art. 12 n. 3, della legge n. 847 del 1929) ed  alla  incapacita'
 naturale  (sentenza  n.  32  del  1971), sul presupposto che il nubente
 comunque abbia gia' la cosiddetta capacita' giuridica speciale (e cioe'
 l'eta' minima dalla legge prevista per poter contrarre matrimonio),  il
 giudice  a quo osserva che a fortiori non puo' non rilevare la mancanza
 addirittura di quest'ultima, dal legislatore attribuita non  prima  del
 compimento  del  sedicesimo anno di eta' e nel codice civile (art. 117)
 richiesta sotto pena di nullita' quale requisito  per  poter  contrarre
 matrimonio.
     Notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza di rinvio, con atto
 depositato  in  data 23 gennaio 1979 e' intervenuta innanzi alla Corte,
 per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato,
 chiedendo che la questione  sia  dichiarata  inammissibile  o  comunque
 infondata.
     Anche  in  questo  giudizio,  secondo l'Avvocatura, infatti, per la
 fattispecie   sottoposta   all'esame   del   tribunale,   non   sarebbe
 configurabile  una  questione  di legittimita' costituzionale, ma ci si
 troverebbe di fronte ad un problema interpretativo. Se ritenute esatte,
 le argomentazioni esposte nell'ordinanza di rinvio dovrebbero,  quindi,
 portare  ad  una sentenza interpretativa di rigetto. Proprio i principi
 affermati, con cosi' ampia  formulazione,  dalla  Corte  costituzionale
 nella  "storica decisione" pronunciata con la sentenza n. 32 del 1971 -
 sostiene l'Avvocatura - e la cancellazione, allora operata  in  base  a
 tali   principi,  di  parte  dell'art.  16  della  legge  matrimoniale,
 indurrebbero a questa conclusione.
     4. - Alla pubblica udienza del 9 dicembre 1981 il giudice  Antonino
 De  Stefano  ha  svolto  la  relazione e l'avvocato dello Stato Giorgio
 Azzariti ha insistito nelle gia' formulate conclusioni.
                         Considerato in diritto:
     1. - L'art.  12  della  legge  27  maggio  1929,  n.  847  (recante
 disposizioni  per  l'applicazione  del  Concordato  fra la Santa Sede e
 l'Italia nella parte relativa al matrimonio: c.d.  legge  matrimoniale)
 dispone  che,  quando  la  celebrazione del matrimonio canonico non sia
 stata preceduta dal  rilascio,  da  parte  dell'ufficiale  dello  stato
 civile,  del  certificato  di nullaosta di cui al precedente art. 7, si
 faccia egualmente luogo  alla  trascrizione  dell'atto  di  matrimonio,
 tranne nei casi seguenti:
     1)  se  anche  una  sola  delle persone unite in matrimonio risulti
 legata da altro matrimonio valido agli  effetti  civili,  in  qualunque
 forma celebrato;
     2)  se  le persone unite in matrimonio risultino gia' legate tra di
 loro da matrimonio  valido  agli  effetti  civili  in  qualunque  forma
 celebrato;
     3)  se  il  matrimonio  sia  stato  contratto  da un interdetto per
 infermita' di mente.
     L'art.  16  della  stessa  legge  matrimoniale   prevede   che   la
 trascrizione  del  matrimonio  canonico  possa essere impugnata per una
 delle cause menzionate nel citato art. 12.  Con la sentenza n.  32  del
 1971  questa  Corte  ha  dichiarato l'illegittimita' costituzionale del
 suddetto art. 16 "nella parte in cui stabilisce che la trascrizione del
 matrimonio puo' essere impugnata solo per una  delle  cause  menzionate
 nell'art.  12, e non anche perche' uno degli sposi fosse, al momento in
 cui si e' determinato a contrarre il matrimonio in forma concordataria,
 in stato di incapacita' naturale".
     Le ordinanze di rinvio del tribunale per i minorenni di Roma e  dei
 tribunali   di  Treviso  e  di  Chiavari  sollevano,  come  esposto  in
 narrativa, questione di  legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
 all'art.  3  della  Costituzione  ed  in  relazione all'articolo 84 del
 codice civile (nel testo sostituito con l'art. 4 della legge 19  maggio
 1975, n. 151, per la riforma del diritto di famiglia),
     a)  del  menzionato  art.  12,  nella  parte in cui non include fra
 gl'impedimenti alla trascrizione  le  ipotesi  di  matrimonio  canonico
 celebrato da minore di eta' infrasedicenne (cui fanno riferimento tutte
 e  tre le ordinanze), o da minore che abbia compiuto gli anni sedici ma
 non  sia  stato  ammesso al matrimonio ai sensi dell'art. 84 del codice
 civile  (cui  fanno  riferimento  le  ordinanze  del  tribunale  per  i
 minorenni di Roma e del tribunale di Treviso);
     b)  del  menzionato  art.  16,  nella parte in cui non consente che
 nelle  cennate  ipotesi  la  trascrizione,  se  eseguita,  possa  venir
 impugnata.
     2.  -  Le  ordinanze  di  rimessione sottopongono a questa Corte la
 stessa questione di legittimita' costituzionale;  pertanto  i  relativi
 giudizi vengono riuniti per essere decisi con unica sentenza.
     3.  -  L'Avvocatura  dello Stato, intervenuta per il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri  nel  giudizio  relativo   all'ordinanza   del
 tribunale  per  i  minorenni  di Roma, ha chiesto che la Corte dichiari
 inammissibile la dedotta questione, per difetto di rilevanza.
     La richiesta va accolta. La questione, come esposto  in  narrativa,
 e'  stata  sollevata  dal  giudice  a  quo nel corso di un procedimento
 instaurato da minore  ultrasedicenne  per  ottenere  la  ammissione  al
 matrimonio  ai  sensi del secondo comma dell'art. 84 del codice civile.
 In pendenza di tale giudizio la minore aveva pero' celebrato matrimonio
 canonico, che a seguito della  trascrizione  aveva  conseguito  effetti
 civili.  Il  giudice  a  quo ha nondimeno ipotizzato un interesse della
 minore a proseguire il giudizio onde ottenere egualmente il decreto  di
 ammissione  al  matrimonio "e conseguentemente la regolarizzazione, per
 l'ordinamento civile italiano, del nuovo status acquisito, premunendosi
 anche contro un'eventuale impugnativa della trascrizione  a  suo  tempo
 effettuata";  ed  in  siffatta  prospettiva  ha di ufficio ritenuto non
 manifestamente infondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 degli  artt.  12  e  16  della  legge  matrimoniale,  nei  sensi dianzi
 indicati. Ma nella configurata ipotesi, essendo stato  gia'  trascritto
 il matrimonio, per compiere gli accertamenti prescritti dal citato art.
 84  e  rendere  cosi' la pronuncia di sua competenza, egli non dovrebbe
 certo applicare le norme della cui legittimita' costituzionale  dubita:
 di  cio' potrebbe, se mai, essere investito il giudice della "eventuale
 impugnativa della trascrizione", che, peraltro, non sarebbe  lo  stesso
 tribunale per i minorenni, ma il tribunale ordinario. Nei cui panni, in
 buona  sostanza,  il  giudice  a  quo  si  mette  allorche'  solleva la
 questione di legittimita' costituzionale, subordinando la pronuncia  di
 propria   competenza  alla  possibilita'  o  meno  (in  relazione  alla
 conseguente decisione di  questa  Corte)  che  da  quel  giudice  venga
 accolta  la  eventuale impugnativa. Del resto, nella sentenza di questa
 Corte n.  7  del  1972  e'  stato  gia'  affermato  che  "il  controllo
 incidentale  di  legittimita'  costituzionale di una norma giuridica e'
 ammissibile se ed in quanto il giudice del merito  ritiene  di  doverla
 (egli)  applicare in concreto", e che nella valutazione della rilevanza
 della questione ai fini della pronuncia che deve emettere, il giudice a
 quo "non puo' fondarsi su previsioni,  su  ipotesi  o  congetture".  La
 Corte  ritiene  percio'  che non sussista la asserita pregiudizialita',
 imprescindibile  ai  fini  del  giudizio  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale, della sollevata questione, e ne dichiara in conseguenza
 la inammissibilita'.
     4.  -  In  ordine  poi  alla  questione rimessa con l'ordinanza del
 tribunale di  Treviso,  l'Avvocatura  dello  Stato  ha  preliminarmente
 eccepito  l'assoluta  carenza di motivazione circa la sua rilevanza; ma
 l'eccezione va disattesa, in quanto la Corte ritiene che la pur concisa
 affermazione   sul   punto   da   parte   del   giudice  a  quo,  resti
 sufficientemente suffragata dai puntuali riferimenti  alla  fattispecie
 contenuti nella stessa ordinanza.
     Ne' maggior pregio riveste il rilievo mosso dalla stessa Avvocatura
 al  giudice  a  quo,  di non aver cioe' esperito, prima di sollevare la
 questione, alcun accertamento circa  la  maturita'  psico-fisica  della
 minore  ultrasedicenne e circa la fondatezza delle ragioni poste a base
 del matrimonio canonico da essa  celebrato,  la  cui  trascrizione  era
 stata   impugnata  dal  pubblico  ministero  per  difetto  nella  sposa
 dell'eta'  richiesta  dall'art.  84  del  codice  civile.  A   siffatti
 accertamenti  - dai quali, nell'assunto dell'Avvocatura, avrebbe potuto
 scaturire una sopravvenuta  ammissione  al  matrimonio,  ai  sensi  del
 secondo comma dello stesso art. 84, che avrebbe comportato la reiezione
 dell'impugnativa  indipendentemente  dalla  risoluzione della sollevata
 questione - non poteva invero procedere il  giudice  a  quo  (tribunale
 ordinario),  essendo  gli  stessi,  secondo  il prescritto dell'art. 38
 delle disposizioni per l'attuazione del codice  civile,  di  competenza
 del tribunale per i minorenni, cui, peraltro, l'interessata non risulta
 si fosse rivolta.
     Osserva,  infine, l'Avvocatura che se l'impugnativa e' proposta dal
 pubblico ministero in relazione al  difetto  dell'eta'  prescritta  per
 contrarre matrimonio, la sua domanda - giusta quanto dispone il secondo
 comma dell'art. 117 del codice civile - deve essere respinta ove, anche
 in  pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto la maggiore eta' e
 sia  accertata  la  sua  volonta'  di  mantenere  in  vita  il  vincolo
 matrimoniale.  Poiche',  nella fattispecie, la minore, tale nel momento
 in cui la questione veniva deferita  alla  Corte,  ha  successivamente,
 nelle  more  del  procedimento,  attinto  la  maggiore  eta',  gli atti
 dovrebbero - conclude l'Avvocatura - venir restituiti al giudice a  quo
 perche'  proceda  ad  una  nuova  valutazione della rilevanza alla luce
 della sopravvenuta circostanza di fatto: invero, qualora l'interessata,
 in quella sede, confermasse la richiesta di rigetto della  impugnativa,
 richiesta gia' avanzata, unitamente al coniuge, nel costituirsi innanzi
 al   tribunale,   il  giudizio  a  quo  ben  potrebbe  essere  definito
 indipendentemente dalla risoluzione della  prospettata  questione,  che
 perderebbe  percio' il suo necessario carattere di pregiudizialita'. Ma
 il riesame, che la Corte  suole  richiedere  al  giudice  a  quo  nella
 ipotesi  di  jus  superveniens che possa incidere sulla vigenza o sulla
 interpretazione della denunciata normativa, non puo'  estendersi  anche
 alla diversa ipotesi di circostanze di fatto sopravvenute nelle vicende
 del  processo  da  cui  abbia tratto origine il giudizio incidentale di
 legittimita' costituzionale; il quale - come affermato  dalla  sentenza
 di  questa Corte n. 135 del 1963 svolgendosi non nell'interesse privato
 ma pubblico, una volta che sia validamente instaurato a norma dell'art.
 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, acquisisce un'autonomia (a parte i
 casi in cui si  verteva  sulle  leggi-provvedimento  considerate  nelle
 ordinanze  di  questa Corte n. 55 del 1960, 117 del 1966, 16 del 1967),
 che lo pone al riparo  dall'ulteriore  atteggiarsi  della  fattispecie,
 financo  "nel caso in cui, per qualsiasi causa, sia venuto a cessare il
 giudizio rimasto sospeso"  (art.  22  delle  Norme  integrative  per  i
 giudizi davanti alla Corte costituzionale).
     La Corte passa, pertanto, all'esame del merito.
     5.  -  La  questione,  cosi'  come  proposta  dalle  ordinanze  dei
 tribunali di Treviso e di Chiavari, e' fondata.
     Giova in proposito ricordare che per l'art. 55 del  codice  civile,
 approvato  con  r.d.  25  giugno  1865, n. 2358, non potevano contrarre
 matrimonio "l'uomo prima che abbia compiuto gli anni 18, la donna prima
 che abbia compiuto gli anni 15". Il successivo  art.  68  dello  stesso
 codice  prevedeva  si  potesse  accordare  dispensa  per  gravi motivi,
 ammettendo al matrimonio l'uomo che avesse compiuto gli anni  14  e  la
 donna che avesse compiuto gli anni 12.
     Sopravvenuto  l'11  febbraio 1929 il Concordato fra la Santa Sede e
 l'Italia, l'art. 1 della citata legge matrimoniale  n.  847  del  1929,
 riduceva  "l'eta'  per  contrarre matrimonio, indicata nell'art. 55 del
 codice civile, ... a 16 anni compiuti per l'uomo e a 14 compiuti per la
 donna". Rimaneva  ferma  la  possibilita'  della  dispensa  nei  limiti
 indicati dal menzionato art. 68.
     Le  modifiche  apportate dal capo I (articoli da 1 a 4) della legge
 matrimoniale al titolo V del libro I del codice civile allora  vigente,
 erano  ispirate  -  come  si legge nella relazione del Guardasigilli al
 disegno di legge - all'intento "di ravvicinare  il  piu'  possibile  la
 disciplina del matrimonio civile a quella del matrimonio religioso, per
 modo  da  evitare....  una  sostanziale  diversita' di legislazione, la
 quale possa indurre i cittadini a prescegliere la celebrazione del rito
 religioso o civile in considerazione di condizioni diverse imposte  dal
 diritto  canonico  e rispettivamente dal diritto civile, per coloro che
 vogliono contrarre matrimonio".  Per  quanto  in  particolare  concerne
 l'abbassamento   del  limite  di  eta'  per  contrarre  matrimonio,  si
 precisava che, essendo nel codice di diritto canonico fissata l'eta' di
 16 anni per l'uomo e di 14 per la donna  (can.    1067,  par.  1),  era
 opportuno stabilire "i medesimi limiti di eta'... nel codice civile, in
 modo,  cioe',  che  coloro  i  quali  abbiano  raggiunta tale eta', non
 debbano richiedere speciale dispensa per contrarre matrimonio".
     Il Libro Primo del nuovo codice civile,  approvato  con  r.d.    12
 dicembre  1938, n. 1852, riproduceva, all'art. 82, quanto gia' disposto
 dall'art. 55 del codice civile  del  1865,  nel  testo  modificato  con
 l'art.  1  della  legge  matrimoniale,  in  tema  di eta' per contrarre
 matrimonio, e dall'art. 68  dello  stesso  codice,  circa  la  relativa
 dispensa.  E  l'art. 82 diveniva l'art. 84 del nuovo codice, nel testo,
 previa riunione e coordinamento dei singoli libri pubblicati, approvato
 con r.d. 16 marzo 1942, n. 262.
     6. - Gia' in sede di lavori preparatori del nuovo codice civile non
 erano mancate voci,  peraltro  non  ascoltate,  contrarie  ai  suddetti
 limiti  di  eta'  perche' ritenuti oltremodo bassi. Autorevole dottrina
 considerava fin d'allora come essi non solo fossero  da  censurare  per
 ragioni  fisiologiche  ed  eugenetiche,  ma si ponessero soprattutto in
 contrasto  con  la  primaria  esigenza  che  i  nubenti  abbiano  piena
 consapevolezza  dei  complessi  obblighi  che il matrimonio comporta, e
 degl'impegni che ad esso conseguono nell'ambito della famiglia  che  ne
 trae origine, soprattutto nei confronti dei figli.
     La   opportunita'   dell'innalzamento   dell'eta'   per   contrarre
 matrimonio e' stata in prosieguo  sempre  maggiormente  avvertita,  nel
 piu'  ampio  quadro  dell'adeguamento  della  disciplina  dei  rapporti
 familiari  ai  principi   dettati   dalla   Costituzione,   adeguamento
 sollecitato  dalla  giurisprudenza di questa Corte e perseguito in sede
 parlamentare da numerosi  progetti  di  riforma  poi  confluiti  in  un
 progetto unificato.
     La  citata  legge  n.  151  del 1975, per la riforma del diritto di
 famiglia, ha per tali motivi sostituito (art. 4) il testo dell'art.  84
 del  codice  civile,  stabilendo  che  "i  minori  d'eta'  non  possono
 contrarre matrimonio". Con cio' la capacita' di contrarre matrimonio e'
 stata fatta coincidere con quella generale capacita' di compiere  tutti
 gli  atti,  per  i  quali  non  sia  stabilita  un'eta' diversa, che si
 acquista (a norma dell'art.  2 del codice civile, nel testo  sostituito
 con  l'art.  1  della  legge 8 marzo 1975, n. 39) con la maggiore eta',
 fissata al compimento del diciottesimo anno.
     Lo stesso nuovo testo dell'art. 84 ha altresi' previsto,  in  luogo
 della  possibilita'  di accordar dispensa, contemplata dalla precedente
 disposizione, che il minore, avendo compiuto almeno 16 anni, possa  per
 gravi  motivi venir ammesso al matrimonio. A cio' provvede il tribunale
 per  i  minorenni,  su  istanza  dell'interessato,  accertando  la  sua
 maturita'  psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentendo
 il pubblico ministero, i genitori  o  il  tutore,  e  pronunciando  con
 decreto  emesso  in  camera  di consiglio, avverso il quale puo' essere
 proposto reclamo alla sezione di corte d'appello per i minorenni.
     Le ragioni che hanno indotto  il  legislatore  ad  elevare  l'aetas
 nubilis,   sono   diffusamente   lumeggiate  nei  lavori  parlamentari,
 attraverso i quali si e' svolto e compiuto il lungo  e  complesso  iter
 della  legge  per  la  riforma del diritto di famiglia. In quella sede,
 infatti, si e' riconosciuto che "l'importanza del vincolo  matrimoniale
 reclama  una  maggiore  maturita'  e  capacita'  di  consapevolezza dei
 nubenti"; e si e' sottolineata l'attribuzione al consenso  matrimoniale
 da  parte  della  giurisprudenza  di "un significato che va ben oltre i
 suoi aspetti  formali  dichiarativi",  postulando  "una  partecipazione
 totale della personalita' che non puo' prescindere dalla consapevolezza
 precisa  e  profonda di tutta la ricca tematica dei doveri che lo stato
 matrimoniale  comporta".  In  siffatto  quadro,  "l'accertamento  della
 completa  maturita',  che e' piena consapevolezza della vita e dei suoi
 valori,  e  presuppone  l'accettazione  delle  conseguenze  previste  e
 prevedibili  di  un comportamento, si presenta di primaria importanza".
 Sono state cosi' individuate  "almeno  tre...  ragioni  specifiche  che
 consigliano  di  elevare l'eta' necessaria per il matrimonio".  Innanzi
 tutto, "la fine della famiglia patriarcale, che porta i  nuovi  coniugi
 ad una maggiore autonomia di vita nel contesto del tessuto sociale". In
 secondo  luogo,  "la  necessita'  di una formazione scolare piu' lunga,
 qualunque  sia  il  campo  operativo  verso  il  quale  l'individuo  e'
 diretto".  Infine, "l'avvertita esigenza che la vita matrimoniale venga
 affrontata   con   maggior  preparazione  e  soprattutto  con  maggiore
 maturita',  e  che  il  matrimonio  non  sia  soltanto   un   passaggio
 cronologico di fasi di vita, ma anche una maggiore responsabilizzazione
 dell'individuo".  Si  e'  altresi'  considerato  che l'abbassamento dei
 limiti di eta', operato  nel  1929,  "e'  risultato  nefasto  nei  suoi
 riflessi  concreti:  e'  certo,  infatti,  che i matrimoni contratti da
 giovanissimi  hanno   un'esistenza   precaria,   come   e'   dimostrato
 dall'altissimo  numero  di  separazioni".  Si' che, conclusivamente, e'
 apparso "veramente contrario alla rilevanza giuridica e morale  che  la
 Costituzione  da'  al  matrimonio,  il mantenimento agli attuali limiti
 dell'eta'  necessaria  per  compiere  un  atto  di   tanta   importanza
 individuale e sociale".
     7.  -  Con  l'ancorare  la  capacita'  di  contrarre  matrimonio di
 entrambi i  nubenti  alla  maggiore  eta',  e  con  il  subordinare  la
 possibile  ammissione  al  matrimonio di minore che abbia compiuto i 16
 anni, non soltanto alla sussistenza di  gravi  motivi,  ma  anche  allo
 specifico accertamento della sua maturita' psico-fisica, la riforma del
 diritto  di  famiglia  ha  introdotto  una  sostanziale  divergenza tra
 ordinamento statuale e ordinamento  canonico  per  quanto  concerne  la
 disciplina  dell'aetas  nubilis.  Per  cui  ben puo' verificarsi - come
 appunto e' avvenuto nei casi che formano oggetto dei giudizi a quibus -
 che minore non  ammesso  a  contrarre  matrimonio  civile  per  carenza
 dell'eta'   prescritta   dalla   legge   dello   Stato  (o,  se  minore
 ultrasedicenne, per non  aver  chiesto  ed  ottenuto  l'ammissione  dal
 tribunale per i minorenni), venga, invece, dall'autorita' ecclesiastica
 ammesso, per avere attinto i piu' bassi limiti di eta' fissati dal can.
 1067  del  codex iuris canonici (e malgrado la raccomandazione, rivolta
 nel 2 dello stesso canone ai pastores animarum,  di  far  rispettare  i
 limiti  di  eta'  in  uso  nei  diversi  luoghi) a contrarre matrimonio
 canonico e, attraverso la trascrizione del  relativo  atto,  acquisisca
 quella  condizione  giuridica  di  coniuge  che  non  gli e' consentito
 conseguire attraverso il matrimonio civile.
     Ne' in tale ipotesi si versa  in  quella  "semplice  differenza  di
 regime  riscontrabile tra matrimonio civile e matrimonio concordatario"
 che - secondo quanto affermato da questa Corte con la  sentenza  n.  31
 del   1971   -   ove   non   importi  violazione  di  principi  supremi
 dell'ordinamento  costituzionale,  "non  integra   di   per   se'   una
 illegittima   disparita'   di  trattamento"  in  quanto  "la  normativa
 concernente il matrimonio  concordatario  ha  una  sua  giustificazione
 nell'ambito  del  disposto dell'art. 7 della Costituzione", che riserva
 ad essa una "copertura costituzionale" (sentenza n.  1  del  1977).  La
 questione  di  legittimita' costituzionale, sulla quale la Corte e' ora
 chiamata a pronunciarsi, e' stata infatti  radicata,  dai  giudici  che
 l'hanno   sollevata,   nel  ravvisato  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione  delle  norme  impugnate  (artt.  12  e  16  della   legge
 matrimoniale),  in  quanto  esse  consentono  che un minore "subisca le
 conseguenze di una scelta non liberamente e coscientemente  adottata  e
 sia assoggettato ad una disciplina che trova giustificazione solo nella
 libera  opzione  fra  matrimonio  religioso  trascrivibile e matrimonio
 civile".
     Sotto il dedotto profilo, la questione si  dimostra  fondata,  alla
 luce  dei  principi  affermati da questa Corte nella sentenza n. 32 del
 1971, cui fanno  puntuale  richiamo  le  ordinanze  di  rimessione.  In
 quell'occasione, appunto, la Corte ha esaminato la questione che le era
 stata  deferita (legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3
 della Costituzione, dell'art. 16 della legge matrimoniale, nella  parte
 in  cui, in relazione all'art. 12 della stessa legge, non consentiva la
 impugnazione della trascrizione di  matrimonio  canonico  celebrato  da
 nubente   che,  pur  non  interdetto,  versava  tuttavia  in  stato  di
 incapacita'  naturale)  "con  riferimento  non  gia'  alla  fase  della
 celebrazione,  bensi'  a  quella dell'opzione effettuata in ordine alla
 forma del rito matrimoniale". E  nel  riconoscere  che  l'art.  34  del
 Concordato e la legge matrimoniale di attuazione, impegnando lo Stato a
 conferire   effetti   civili  ai  matrimoni  disciplinati  dal  diritto
 canonico,  hanno  introdotto  "una  differenziazione   di   trattamento
 giuridico  per  motivi  di  religione",  nel  che  si concreterebbe una
 "eccezione al principio di eguaglianza", la Corte ha tuttavia  ritenuto
 che  tale  discriminazione  non  configuri una violazione del principio
 medesimo   perche'   "espressamente   consentita   da    altra    norma
 costituzionale,  e  cioe'  dall'art.  7,  comma secondo". Peraltro - ha
 statuito la Corte  -  condizione  necessaria  per  poter  affermare  la
 validita'  della  rilevata  eccezione  al principio di eguaglianza deve
 considerarsi "il possesso della piena capacita' da parte di chi procede
 alla scelta del  rito".  Superando  percio'  l'obiezione  dell'asserita
 impossibilita'  di  attribuire autonomia a tale scelta, la Corte, nella
 richiamata sentenza, ha affermato che "l'atto di scelta del rito assume
 un'autonomia non solo concettuale ma anche temporale ed  obiettivamente
 accertabile in quanto si concreta in propri atti o comportamenti" e che
 esso  riveste  anche  "uno  specifico  rilievo  giuridico  allorche'  i
 requisiti di capacita' richiesti per tali atti e comportamenti appaiono
 regolati secondo criteri propri di un dato ordinamento,  divergenti  da
 quelli   invocabili   per  la  validita'  del  negozio  successivamente
 stipulato". Infine, circa i criteri in base ai  quali  deve  accertarsi
 "il  possesso della piena capacita' da parte di chi procede alla scelta
 del rito",  la  Corte  ha  affermato  che  essi,  "secondo  i  principi
 consacrati  nell'art.  17  delle preleggi", devono essere desunti dalla
 legge dello Stato.
     Alla stregua di quanto precede, non puo' dubitarsi che se,  per  il
 compimento  dell'atto  di  scelta, e' richiesto il possesso della piena
 capacita', come disciplinata dalla legge dello Stato, questa  capacita'
 non  possa  essere  riconosciuta  -  in mancanza di specifica norma che
 stabilisca un'eta' diversa - se non  a  chi  abbia  acquistato  con  la
 maggiore  eta' la capacita' di agire (art. 2 del codice civile). Invero
 precipuo e fondamentale fatto costitutivo della capacita' di  agire  e'
 proprio  l'eta',  con la quale soltanto si acquista maturita' e percio'
 consapevolezza delle proprie azioni. Tanto  piu'  allorche'  si  tratta
 della  capacita'  richiesta  per compiere una scelta fra due negozi che
 nascono in distinti ordinamenti  e  con  distinta  disciplina,  ma  che
 entrambi,   sia   pure  per  vie  diverse,  conducono  all'instaurarsi,
 nell'ambito statuale, del vincolo matrimoniale. Di quel vincolo, cioe',
 la cui spiccata importanza individuale e sociale - come si  desume  dai
 richiamati  lavori parlamentari - ha indotto il legislatore, in sede di
 riforma del diritto  di  famiglia,  a  riconoscere  il  possesso  della
 necessaria    consapevolezza   dei   poteri,   dei   doveri   e   delle
 responsabilita' che  esso  comporta,  solo  nei  soggetti  che  con  la
 maggiore  eta'  si  presume  abbiano  acquisito, attraverso un adeguato
 progressivo sviluppo non solo fisico-sessuale ma  ben  anche  psichico,
 una  completa  maturita'. Qualora, poi, tale maturita' psico-fisica sia
 specificamente accertata  sussistere  anche  in  un  minore  che  abbia
 compiuto  i  16  anni, e sia contestualmente riconosciuta la fondatezza
 dei gravi motivi che lo inducono a  contrarre  precoce  matrimonio,  la
 stessa  capacita'  matrimoniale  in  tal caso acquisita per effetto del
 provvedimento emanato  dall'organo  giudiziale  competente  in  materia
 secondo  la  legge  dello  Stato, abilita il minore anche a compiere la
 previa scelta tra i due possibili negozi matrimoniali. Scelta che,  pur
 nella  sua  autonoma  priorita'  logica, temporale, giuridica, posta in
 luce nella sentenza n. 32 del 1971, e'  nella  successiva  celebrazione
 del  matrimonio secondo il rito prescelto che trova pur sempre compiuta
 e definitiva espressione. Non puo' e non deve pertanto procedersi  alla
 trascrizione,  con  la  conseguente  attribuzione di effetti civili, di
 matrimonio canonico celebrato da persona  che,  per  difetto  dell'eta'
 prescritta  dalla  legge  dello  Stato,  non  aveva  la imprescindibile
 capacita' di procedere alla libera scelta tra il  negozio  matrimoniale
 disciplinato   dall'ordinamento   della   Chiesa  e  quello  parallelo,
 disciplinato dall'ordinamento dello Stato. Il denunciato art. 12  della
 legge  matrimoniale  -  la  cui  "tassativita'" nella elencazione delle
 ipotesi per le quali non puo' farsi luogo a trascrizione, affermata  in
 giurisprudenza  e  in  dottrina,  e'  stata gia' riconosciuta da questa
 Corte nella piu' volte citata sentenza n. 32  del  1971  -  non  vieta,
 invece,  la  trascrizione  del  matrimonio canonico contratto da minore
 infrasedicenne, come tale assolutamente non ammissibile al  matrimonio,
 o  da  minore  che  abbia  compiuto  gli  anni sedici, ma non sia stato
 ammesso al matrimonio ai sensi  dell'art.  84  del  codice  civile;  da
 soggetti,   cioe',  carenti,  nell'un  caso  e  nell'altro,  di  quella
 capacita' che sola avrebbe potuto  consentire  ad  essi  di  esercitare
 liberamente   e  consapevolmente  l'opzione  per  la  celebrazione  del
 matrimonio  medesimo.  Ne  va,  dunque,  dichiarata  in  parte  qua  la
 illegittimita'  costituzionale,  per  contrasto  con  il  principio  di
 eguaglianza, la  deroga  al  quale  non  puo'  in  tal  caso  ritenersi
 giustificata  per  effetto  dell'art.   7 della Costituzione, mancando,
 giusta quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 32 del 1971,
 "il possesso della piena capacita' da parte di chi procede alla  scelta
 del rito".
     8.  -  Quanto  poi all'art. 16 della legge matrimoniale, egualmente
 denunciato dai giudici a quibus, non occorre che ne sia dichiarata, per
 le  stesse  ragioni,  la   illegittimita'   costituzionale,   rimanendo
 assorbita  la  relativa questione.   L'art. 16, invero, dispone, al suo
 primo comma, che "la trascrizione del matrimonio puo' essere  impugnata
 per  una  delle cause menzionate nell'art. 12 della presente legge". Ma
 una volta aggiunto nell'art. 12, per effetto di  questa  pronuncia,  il
 caso  della  intrascrivibilita'  del  matrimonio  canonico contratto da
 minore, nei sensi di  cui  sopra,  diviene  conseguenzialmente  ammessa
 dall'articolo 16, per effetto del cennato rinvio alle "cause menzionate
 nell'art.  12",  anche  l'impugnativa della trascrizione del matrimonio
 suddetto.
     9. - La Corte ritiene, infine, di dover far applicazione  dell'art.
 27  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  in ordine all'ultimo comma
 dell'art. 7 della stessa legge matrimoniale.  Tale articolo come  noto,
 disciplina,  insieme  con  il  precedente  articolo 6, la pubblicazione
 civile ordinaria precedente la celebrazione  del  matrimonio  canonico:
 trattasi  di  quel  procedimento  che,  quando non sia stata notificata
 all'ufficiale dello stato civile alcuna opposizione e nulla gli  consti
 ostare al matrimonio, si conclude con il rilascio di un certificato, in
 cui lo stesso ufficiale "dichiara che non risulta l'esistenza di cause,
 le  quali  si  oppongano alla celebrazione di un matrimonio valido agli
 effetti civili". Se, invece,  gli  sia  stata  notificata  opposizione,
 nelle  forme  di cui all'art.  103 del codice civile, l'ufficiale dello
 stato civile, a mente del secondo comma dello stesso art. 7, "non  puo'
 rilasciare il certificato e deve comunicare al parroco la opposizione".
 Sull'opposizione  l'autorita'  giudiziaria  decide - prescrive l'ultimo
 comma dell'art. 7 - soltanto quando questa sia fondata su alcuna  delle
 cause  indicate  negli artt. 85, comma primo, e 86 del codice civile; e
 cioe', soltanto  nei  casi  in  cui  l'opposizione  sia  fondata  sulla
 circostanza   che  uno  o  entrambi  i  nubenti  siano  interdetti  per
 infermita' di mente o vincolati da precedente matrimonio. In ogni altro
 caso  il  tribunale  "pronuncia  sentenza  di  non luogo a deliberare".
 L'ultimo  comma  dell'art.  7  indica,  percio',  le  sole  ipotesi  di
 accoglimento  dell'opposizione;  ed  esse  corrispondono puntualmente a
 quelle indicate dall'art. 12 per la intrascrivibilita'  del  matrimonio
 canonico  che  sia  stato celebrato senza essere preceduto dal rilascio
 del certificato, e per le quali soltanto  puo'  farsi  opposizione,  in
 sede  di  pubblicazione  post  nuptias disciplinata dal successivo art.
 13.  Senonche',  in  conseguenza  della  illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  12 in parte qua, dichiarata con la presente decisione, viene
 ad  aggiungersi  nello  stesso  art.  12  una  ulteriore   ipotesi   di
 intrascrivibilita',  per  il  caso  di matrimonio canonico celebrato da
 minore infrasedicenne, o da minore che abbia compiuto gli anni  sedici,
 ma non sia stato ammesso al matrimonio ai sensi dell'art. 84 del codice
 civile.  Mentre,  pero',  l'opposizione  in  sede di pubblicazione post
 nuptias potra', a  seguito  della  presente  pronuncia  e  per  effetto
 dell'esplicito rinvio all'art. 12 operato dal terzo comma dell'articolo
 13,  fondarsi  anche  su  quest'ultima  causa,  altrettanto non sarebbe
 consentito,  stante  il  disposto  dell'ultimo   comma   dell'art.   7,
 all'opposizione  in  sede  di pubblicazione ante nuptias. Ad evitare la
 palese irrazionalita' della diversa disciplina che  cosi'  verrebbe  ad
 instaurarsi  in  subiecta  materia, provvede in applicazione del citato
 art.  27  della  legge  n.  87  del  1953,   la   dichiarazione   della
 illegittimita'  costituzionale,  conseguenziale  alla  decisione che si
 adotta per  l'art.  12,  dell'ultimo  comma  dell'art.  7  della  legge
 matrimoniale,   nella   parte   in  cui  non  dispone  che  l'autorita'
 giudiziaria decida sull'opposizione anche  quando  questa  sia  fondata
 sulla causa indicata nell'art.  84 del codice civile.