ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del d.l. 30 gennaio 1979, n. 26 (Provvedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), conv. in legge 3 aprile 1979, n. 95 promosso con ordinanza emessa i''8 marzo 1982 dal Tribunale di Torino sul ricorso proposto da Drago Bianca ed altri contro il fallimento della s.a.s. SICMU, iscritta al n. 339 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 269 del 29 settembre 1982. Visti l'atto di costituzione di Drago Bianca e del fallimento Sicmu e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 1 dicembre 1982 il Giudice relatore Virgilio Andrioli; uditi l'avv. Antonio Sansone per Drago Bianca, l'avv. Alberto Jorio per il fallimento SICMU e l'avvocato dello Stato Dante Corti per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto: 1. - Con sentenza, pronunciata a seguito delle istanze presentate da diciannove creditori (Micromeccanica Irpinia s.n.c., Pinato Bruno, F.I.S. s.p.a., R.D.N. Lodiflex s.r.l., Chiara Giuseppe, Cernotto s.n.c., Rasfer s.r.l., Empis s.r.l.. FIM Legno s.n.c., Leoni Luigi, C.L.N. Coils Lamiere e Nastri s.p.a., Maxnovo Italia s.p.a., TAV s.r.l., La Bello e Feira Costruzioni Edili s.n.c., Torre dei Corsari s.r.l., Banco di S. Spirito, Friulgraf s.n.c., ICO s.p.a. di Pujardi Prata, Eurovini s.r.l.) nonche' a seguito di rapporto 2 novembre 1981 del Pretore di Torino, e depositata il 10 dicembre 1981 (sentenza di cui non e' agli atti copia), il Tribunale di Torino dichiaro' i fallimenti della SICMU s.a.s. di Gianfranco Maiocco e C. e di Gianfranco Maiocco socio illimitatamente responsabile della s.a.s. 2.1. - Con ricorso 10 novembre 1981, cui la Drago si riferiva nel successivo ricorso depositato il 6 febbraio 1982, era stato chiesto, ai fini dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese, che il Tribunale di Torino dichiarasse l'insolvenza della Centrofin s.p.a. e della SICMU deducendo, con specifico riferimento a quest'ultima, che la SICMU possedeva in proprio tutti i requisiti richiesti dall'art. 1 l. 3 aprile 1979, n. 95 e che tra le due societa' sussistevano i criteri di collegamento previsti dall'art. 3 a), b), c) della menzionata legge a motivo del rapporto di controllo corrente tra le due societa' e per la sussistenza di un rapporto di direzione unitaria. 2.2. - Il decreto 10 dicembre 1981, con cui il Tribunale ebbe a respingere il ricorso 10 novembre 1981, per quanto concerneva le domande di ammissione alla procedura di a.s. delle due societa' e a dichiararlo inammissibile per quanto concerne l'ammissione della SICMU ai sensi dell'art. 3 l. 95/1979 sul riflesso che tale ammissione potesse avvenire solo a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale che disponeva l'a.s. di societa' collegate a sensi dell'art. 1 l. 95/1979, su reclamo della s.p.a. Centrofin, veniva parzialmente riformato dalla locale Corte d'appello con decreto 10 gennaio 1982 con cui restitui' gli atti al Tribunale per la dichiarazione d'insolvenza della s.p.a. Centrofin. 3. - Il Tribunale di Torino, con sentenza pronunciata il 13 gennaio 1982 a seguito di rimessione degli atti disposta dalla Corte d'appello di Torino con il decreto 12 gennaio 1982 (supra 2.2.), dichiaro' lo stato di insolvenza ai fini dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria della s.p.a. Centrofin; sentenza cui segui' il decreto 4 febbraio 1982 (G. U. n. 37 dell'8 febbraio 1982), con il quale il Ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, di concerto con il Ministro del Tesoro, visti il d.l. 26/1979 conv. in l. 95/1979 e la l. 13 agosto 1980 n. 445 concernente l'interpretazione autentica del d.l. e ritenuta la sussistenza dei requisiti e dei motivi di pubblico interesse, pose in amministrazione straordinaria la s.p.a. Centrofin e dispose la continuazione dell'esercizio dell'impresa per due anni nominando commissario il dott. Roberto Elefante. 4. - Con atti, notificati il 24 dicembre 1981 al curatore dei fallimenti SICMU s.a.s. e Maiocco Gianfranco in proprio e ai 19 creditori istanti, i due falliti spiegarono opposizione alla sentenza 19 dicembre 1981 (supra 1.) e chiesero revocarsi le dichiarazioni di fallimento assumendo che la SICMU, per essere impresa ad un tempo industriale e commerciale, doveva essere assoggettata alla procedura di amministrazione straordinaria alla quale erano comunque soggette anche le imprese commerciali, e che di tale procedura sussistevano i presupposti obiettivi. Si costituirono la curatela e le creditrici Maxnovo Italia s.p.a. e FIM Legno s.n.c. instando per il rigetto della opposizione, mentre la Micromeccanica Irpinia s.n.c. dichiaro' non opporsi allo stato degli atti alla richiesta di assoggettamento alla procedura di amministrazione straordinaria avanzata dalla debitrice societa'. Alla prima udienza tenutasi il 10 marzo 1982, si costituirono i creditori Empis s.r.l. e Basfer s.r.l., venne dichiarata la contumacia dei non comparsi e rinviata la causa alla udienza del 21 aprile 1982 per la precisazione delle conclusioni. 5.1. - Con ricorso depositato il 6 febbraio 1982, Bianca Drago in Maiocco, socia accomodante della s.a.s. SICMU, chiese che, previa convocazione in camera di consiglio del legale rappresentante, fosse disposta la conversione del fallimento della societa' in procedura di amministrazione straordinaria. Richiesta cui si associo' spiegando intervento Gianfranco Maiocco soggiungendo che fosse di conseguenza dichiarato il venir meno dei presupposti del suo fallimento in proprio. 5.2. - Il Tribunale provvide a convocare per l'audizione in camera di consiglio la Drago, Gianfranco Maiocco che, per essere detenuto, dichiarava nelle forme di legge di non voler presenziare, il curatore del fallimento della SICMU e il commissario della s.p.a. Centrofin in amministrazione straordinaria; intervenne il Pubblico Ministero. 5.3. - Con ordinanza emessa l'8 marzo 1982, notificata il successivo 29 e comunicata il 22 aprile 1982, pubblicata nella G. U. n. 269 del 29 settembre 1982 e iscritta al n. 339 R.O. 1982, ha giudicato rilevante e, in riferimento all'art. 24, non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 d.l. 30 gennaio 1979, n. 26, conv. in l. 3 aprile 1979, n. 95, nella parte in cui non prevede che nel giudizio per la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria vengano sentiti dal tribunale in camera di consiglio i creditori gia' istanti per la dichiarazione di fallimento. Ha il Tribunale argomentato che a) mentre il fallimento e' procedura liquidatoria preordinata alla soddisfazione dei creditori in cui l'autorizzazione alla continuazione dell'esercizio dell'impresa rappresenta una mera eventualita', la procedura di amministrazione straordinaria persegue finalita' essenzialmente conservative, b) mentre nel fallimento l'interesse dei creditori e' salvaguardato dalla spettanza, al comitato dei creditori, del parere vincolante se contrario all'esercizio provvisorio, e, per il periodo anteriore alla esecutivita' dello stato passivo, dalla limitazione della continuazione ai soli casi in cui "dall'interruzione improvvisa puo' derivare un danno grave e irreparabile" (art. 90 l. fall.), nella procedura di amministrazione straordinaria il comitato di sorveglianza (peraltro sol in parte necessariamente composto da creditori) e' abilitato unicamente a proporre la revoca della continuazione, che spetta al solo ministro competente disporre, c) il comma secondo dell'art. 2 d.l. 26/1979, cosi' come sostituito nella l. 95/1979 di conversione, con prevedere che la continuazione e' disposta "tenendo anche conto dell'interesse dei creditori", mostra chiaramente che interessi diversi (come quello occupazionale o quelli piu' generali dell'economia nazionale) possono essere in linea priore considerati anche a costo che la continuazione dell'impresa, con i debiti per essa contratti, si risolva nell'assorbimento anche totale dell'attivo e nella conseguente frustrazione delle aspettative dei creditori concorrenti, d) mentre l'art. 110 l. fall. fa obbligo al curatore di presentare ogni due anni, a far tempo dall'approvazione dello stato passivo, un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle spese, per l'amministrazione straordinaria il richiamo all'art. 212 l. fall., operato dal quarto comma del menzionato art. 2, riguarda la distribuzione di acconti come una facolta', e) anche ad interpretare l'art. 2 comma quarto nel senso che contempli una deroga soltanto temporale all'ordine dei crediti stabilito dall'art. 111 l. fall., lavoratori dipendenti e imprese artigiane e industriali con non piu' di cento dipendenti finiscono con ricevere un trattamento differenziato rispetto ai lavoratori autonomi e alle imprese commerciali e industriali con piu' di cento dipendenti, f) mentre nel fallimento l'accertamento del passivo, pur nella prima fase di natura sommaria, e' affidato ad un organo giurisdizionale quale il giudice delegato, l'art. 109 l. fall., richiamato dall'art. 1 d.l. 26/1979, demanda al commissario l'accertamento del passivo senza fissazione di un termine perentorio e, dunque, con possibilita' di sospensione a tempo indeterminato (donde la questione di legittimita' costituzionale sollevata, in riferimento all'art. 24 Cost., dal Pretore di Bologna con ordinanza 24 maggio 1980). Cio' premesso, il Tribunale ha considerato che il creditore istante per la dichiarazione di fallimento e' titolare di una posizione giuridica subiettiva, che - quale che ne sia la definizione teorica - e' oggetto di tutela nella procedura fallimentare e che, pertanto, la mancata audizione dei creditori in sede di procedura di conversione del fallimento, su loro istanza dichiarato, si risolve in lesione del loro diritto di difesa, che l'art. 24 Cost. garantisce "in ogni stato e grado del procedimento" (posizione dei creditori che - sempre a giudizio del Tribunale - non sarebbe tutelata mediante l'audizione del curatore in camera di consiglio perche' da un lato tale audizione non parrebbe implicare l'assunzione della qualita' di parte, dall'altro lato l'art. 18 l. fall., riconoscendo al creditore istante la qualita' di litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, indurrebbe a spogliare il curatore della veste di rappresentante generale dei creditori), a nulla infine rilevando che l'art. 4, richiamando l'art. 195 l. fall., attribuisca ai creditori istanti la legittimazione ad opporsi alla pronuncia di conversione, dappodiche' il diritto di difesa vuole dall'art. 24 essere garantito in ogni stato e grado del giudizio e tale ampiezza tanto piu' va assicurata a causa della esecutivita' della pronuncia pur opposta che riduce l'effettivita' dei risultati conseguibili. In tal guisa motivata la non manifesta infondatezza della proposta questione, il Tribunale ne ha desunto la rilevanza da cio' che, ove fosse dichiarato illegittimo l'art. 4 nella parte in cui non prevede l'audizione dei creditori, non potrebbe pronunciarsi sull'istanza di conversione senza aver previamente sentito i soggetti che avevano richiesto la dichiarazione di fallimento della SICMU il cui interesse a contraddire, lungi dall'essere posto in dubbio dal loro mancato intervento nella procedura di conversione della quale, allo stato della legislazione, non viene ai medesimi data notizia non essendo prevista la loro partecipazione, e' invece rivelato dall'atteggiamento da alcuni di essi assunto e dalle conclusioni prese nel giudizio di opposizione promosso dalla SICMU e dal Maiocco contro la sentenza dichiarativa di fallimento. 6.1. - Avanti la Corte si sono costituiti 1) nell'interesse di Bianca Drago gli avv.ti Angelo Bonsignori, Vincenzo Fanelli, Enzo Gaito, Gilberto Lozzi, Mario Mustilli e Augusto Treves giusta procura in calce alla memoria depositata il 12 maggio 1982 nella quale hanno concluso per la manifesta infondatezza della proposta questione di costituzionalita' argomentando da cio' che a) la conversione e' una fase interna al sistema dei procedimenti concorsuali e, di conseguenza, i creditori vi sono unitariamente rappresentati dal curatore, b) il fallimento ha una struttura variabile soltanto nella fase iniziale e nell'accertamento del passivo, c) la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, lungi dal recare pregiudizio ai creditori concorsuali, "serve per effettuare un pagamento, tendenzialmente al 100%, a seguito del risanamento dell'impresa insolvente, mentre i nuovi indebitamenti non incidono affatto sui vecchi creditori, perche' per questi v'e' la garanzia dello Stato", e Il) nell'interesse della curatela del fallimento della s.a.s. SICMU gli avv.ti Alberto Jorio e Gustavo Romanelli giusta delega in margine alla memoria depositata il 19 ottobre 1982, nella quale han concluso per l'accoglimento della proposta questione di legittimita' costituzionale facendo proprie le argomentazioni del Tribunale di Torino. Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri mediante atto depositato il 19 ottobre 1982, nel quale l'Avvocatura generale dello Stato ha concluso per la infondatezza della proposta questione ravvisando incongruenza della ordinanza di rimessione in cio' che del pregiudizio, provocato dalla conversione a tutti i creditori, finirebbe con tenersi conto nei confronti dei soli creditori istanti e, pertanto, o si ritiene che l'amministrazione straordinaria incida sugli interessi del ceto creditorio, genericamente considerato, ed allora non si comprenderebbe - sempre ad avviso della difesa erariale - perche' l'audizione si limiterebbe ai soli creditori che videro accolte le istanze di dichiarazione di fallimento, o, per conferire specificita' all'interesse (e quindi giustificare la legittimazione) dei creditori istanti, occorrerebbe configurare un vero e proprio rapporto oppositivo (di contraddizione-incompatibilita') fra il dichiarato fallimento e l'ipotizzata sussistenza degli estremi dell'amministrazione straordinaria, ma cio' - sempre ad avviso dell'Avvocatura generale - e' contrario a realta' perche' l'esigenza di convertire nasce da fatti sopravvenuti (assoggettamento di altra impresa all'amministrazione straordinaria e rilevazione di un collegamento fra tale impresa e quella fallita), che si innestano su precedenti senza contraddirli ma al contrario assumendoli come presupposto. 6.2. - Nella memoria depositata il 18 novembre 1982 la difesa di Bianca Drago ha, in linea preliminare, eccepito il difetto di rilevanza della questione in quanto il sospetto d'incostituzionalita', evidenziato dal giudice a quo, non atterrebbe all'oggetto dell'accertamento demandato al tribunale stesso con il ricorso per conversione, nel merito ha osservato che la rapidita' del procedimento camerale giustificherebbe il temporaneo affievolimento del diritto di difesa dei creditori, che peraltro si riespanderebbe in sede di conversione, e che la possibilita' di emanazione di provvedimenti adottati inaudita altera parte, con successiva possibilita' di opposizione, e' ben nota all'ordinamento processuale civile (artt. 633 ss. c.p.c.) e penale (artt. 506 ss. c.p.p.). Dal suo canto, la difesa della curatela del fallimento s.a.s. SICMU ha ribadito l'incidenza negativa sui creditori concorsuali della procedura straordinaria e l'inidoneita' della legittimazione all'opposizione a ripianare il difetto di contraddittorio nella fase camerale a motivo della esecutorieta' della sentenza di conversione; ha obiettato all'argomentazione del Presidente del Consiglio, intesa a negare rilevante contrasto giuridico fra l'accertamento finalizzato alla conversione e quello gia' effettuato ai fini della dichiarazione di fallimento, che nello svolgerla non si terrebbe conto del fatto che la conversione non e' una "vicenda neutra" per i creditori anteriori e che, d'altra parte, i creditori hanno interesse a far sentire la loro voce su circostanze "nuove e diverse", che non vi e' alcuna contraddizione tra la rilevanza dell'interesse dei creditori in quanto tali e la ipotizzata partecipazione dei soli creditori istanti alla preventiva audizione perche' in tanto ai creditori e' riconosciuto un diritto alla difesa in quanto siansi essi attivati per la dichiarazione di fallimento; ha replicato alla difesa di Bianca Drago che non sarebbe corretto riguardare la conversione come una vicenda interna alla procedura fallimentare perche' trattasi non gia' di gestire interessi nell'ambito della procedura per la quale la nomina del curatore e' avvenuta, bensi' di decidere se sussistano le premesse per il passaggio ad un'altra procedura impostata su di un diverso assetto d'interessi e che la conversione non e' provvedimento automatico implicando nella specie l'accertamento del requisito della c.d. direzione unitaria tra la s.a.s. SICMU e la s.p.a. Centrofin, che e' ipotesi da verificare e sulla quale i creditori potranno apportare un non indifferente contributo. 7. - Alla pubblica udienza del 1 dicembre 1982, nella quale il giudice Andrioli ha svolto la relazione, gli avv.ti Alberto Jorio per la curatela del fallimento della s.a.s. SICMU e Antonino Sansone, costituitosi mediante procura con firma autenticata il 18 novembre 1982 per not. Vicario di Torino (rep. n. 131747), per la Drago e l'avv.to dello Stato Dante Corti per l'interveniente Presidente del Consiglio dei ministri hanno ampiamente illustrato le argomentazioni svolte negli scritti. Considerato in diritto: 8. - La questione, pur essendo - nei limiti in cui il Tribunale se l'e' prospettata - rilevante, e' da giudicare infondata. Che l'amministrazione straordinaria dell'impresa produca rispetto ai creditori concorrenti dell'imprenditore gia' dichiarato fallito effetti diversi da quelli consecutivi alla dichiarazione di fallimento, non puo' disconoscersi, sebbene non poco discors sia la concordia degli scrittori sugli effetti dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, e sebbene sulla posizione sistematica di questa l'ufficio giudiziario, cui e' riservato il compito della nomofilachia, sia stato chiamato soltanto una volta a statuire sulla relazione corrente tra l'autorita' giudiziaria e il ministro competente a disporre la collocazione in amministrazione straordinaria della grande impresa in crisi. Senonche' - e' stato avvertito dalla accomandante della s.a.s. SICMU e dalla difesa del Presidente del Consiglio dei ministri - diversi sono gli obietti, da un lato, degli accertamenti, che il tribunale, chiamato a constatare i presupposti della dichiarazione di fallimento (qualita' d'imprenditore commerciale non piccolo, inadempimenti o altri fatti esteriori i quali dimostrino che il debitore piu' non e' in grado di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni) e' tenuto ad effettuare, e, dall'altro lato, degli accertamenti, che il tribunale chiamato a provvedere sulla conversione del fallimento in amministrazione straordinaria e' tenuto ad effettuare (situazioni descritte nell'art. 3 d.l. 26/1979 alcune attinenti alla individualita' della societa' od impresa ed altre alla entita' e qualita' delle obbligazioni assunte). Inoltre, diversi sono per un verso i presupposti dell'acquisizione della legittimazione a provocare la dichiarazione di fallimento e la conversione del fallimento dichiarato e a resistere a siffatte iniziative nei successivi giudizi di opposizione all'una e all'altra sentenza dichiarativa e per altro verso i presupposti della acquisizione della qualita' di creditore concorrente sia nella procedura fallimentare sia nella procedura di amministrazione straordinaria, che' la veste di creditore concorsuale non puo' identificarsi con la qualita' di creditore concorrente. Mentre la diversa oggettivita' degli accertamenti che il tribunale, a seconda che sia chiamato ad applicare l'art. 5 l. fall. ovvero l'art. 4 d.l. 26/1979, e' chiamato ad effettuare, non ha bisogno di commento per risultare dalla lettera delle due disposizioni, la diversa soggettivita' per un verso di coloro che possono assumere la qualita' di parte nelle due procedure camerali e nei due consecutivi processi di opposizione e per altro verso dei creditori destinatari degli effetti delle due sentenze dichiarative una volta rese in camera di consiglio, emerge dagli artt. 6 l. fall. e 4 d.l. 26/1979 e dalle normative che nell'una e nell'altra procedura (fallimento e amministrazione straordinaria) attribuiscono la qualita' di creditori concorrenti. Invero, gli artt. 6 e 4 hanno in comune la iniziativa ufficiosa, ma, mentre l'art. 6 le affianca la richiesta del debitore, il ricorso di uno o piu' creditori e l'istanza del pubblico ministero, l'art. 4 fa verbo di "qualunque interessato"; correlativamente, mentre l'art. 18 l. fall. attribuisce al debitore e a qualsiasi interessato la legittimazione attiva all'opposizione alla sentenza di fallimento e la legittimazione passiva a resistere alla proposta opposizione al curatore e al creditore richiedente, l'art. 195 comma quarto l. fall., richiamato dall'art. 4, riserva la legittimazione attiva a qualunque interessato e la legittimazione passiva al solo commissario liquidatore o straordinario. Orbene la ragione della specifica considerazione dei creditori nel quadro della iniziativa intesa alla dichiarazione di fallimento e non anche dell'iniziativa diretta alla conversione del gia' dichiarato fallimento in procedura di amministrazione straordinaria e del creditore che presento' istanza dichiarativa di fallimento poi accolta, quale passivamente legittimato a resistere alla opposizione alla sentenza di fallimento, e non anche di quel creditore, che, emergendo dalla anonima folla degli interessati, presento' la istanza di conversione, e' da ricercare in cio' che ne' l'art. 4 d.l. 26/1979 ne' l'art. 195 l. fall. richiamano l'art. 21 comma terzo l. fall. che pone le spese della procedura e il compenso del curatore, nell'ipotesi di revoca della sentenza di fallimento, a carico del creditore istante condannato ai danni per aver chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa. 9. - V'e' di piu': se e' da reputare, come in effetti e', elementare la distinzione tra creditore concorsuale e creditore concorrente, e' sin troppo palese che la maggiore pericolosita' della procedura di amministrazione straordinaria rispetto al fallimento per la soddisfazione delle ragioni dei creditori, studiosamente evidenziata nella ordinanza di rimessione - dato e non concesso che rivesta carattere di assoluta generalita' - coinvolge i creditori concorrenti (e cioe' ammessi al passivo) e non quei creditori concorsuali che, per assumere l'iniziativa della dichiarazione di fallimento del debitore ovvero della conversione del fallimento gia' dichiarato, non sono illico et immediate ammessi al passivo ne' quindi indossano le vesti di creditori concorrenti. Ne' a contraria conclusione conduce la rubrica dell'art. 4 perche' il vocabolo "conversione" non vi e' utilizzato nel senso, che gli e' proprio negli artt. 607, 1424 e 2701 c.c. e nella dottrina amministrativistica, di operazione intesa ad utilizzare, in virtu' del principio di conservazione, requisiti che, sufficienti a dar vita ad un atto, sono inidonei a conferire validita' ad altro atto di cui difettano in concreto gli altri requisiti (il testamento olografo rispetto al testamento segreto, la scrittura privata rispetto all'atto pubblico, ecc.); difettano invero, nella relazione tra fallimento e amministrazione straordinaria, la parziale identita' di elementi e, soprattutto, il minor numero di requisiti nella procedura di amministrazione straordinaria rispetto al fallimento che consentano di ravvisare nella prima il contenuto e nel secondo il contenente. 10. - In sintesi, le diverse obiettivita' e subiettivita' degli elementi propri del fallimento e della conversione non consentono di fonderli in un unico giudizio e di ravvisarvi stati e, in ancor minore misura, gradi di questo, e pertanto manca la base di razionale applicabilita' dell'art. 24 comma secondo Cost., per il quale "la difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento". La veste di creditori istanti nella procedura dichiarativa di fallimento non giustifica una sorta di perpetuatio legitimationis nella fase consiliare della procedura di conversione del gia' dichiarato fallimento in amministrazione straordinaria e, pertanto, non costituisce utile precedente la sent. 141/1970 della Corte.