ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei giudizi riuniti di legittimita' costituzionale dell'art.    11,
 sesto  comma,  allegato T all'art. 39 della legge 8 agosto 1895, n. 486
 (Legge  sui  provvedimenti  di  finanza  e  di  tesoro),  promossi  con
 ordinanze  emesse  il  15  aprile  1982  dalla Corte di cassazione, sui
 ricorsi proposti da Pristera' Franco c/Banco di Napoli, Porreca Armando
 c/Banco di Napoli ed altri, Banco di  Napoli  c/Guidotti  Salvatore  ed
 altri,  Banco  di  Napoli  c/Poto  Domenico  e Poto Domenico c/Banco di
 Napoli, iscritte ai nn. 823, 824, 825 e 826 del registro ordinanze 1982
 e pubblicate rispettivamente nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica
 nn. 108, 94 e 121 dell'anno 1983.
     Visti  l'atto  di  costituzione  del  Banco  di  Napoli, di Porreca
 Armando, dell'Unione  Pensionati  del  Banco  di  Napoli,  di  Guidotti
 Salvatore ed altri;
     udito  nell'udienza  pubblica  del  15  novembre  1983  il  Giudice
 relatore Livio Paladin;
     uditi gli avvocati Gaetano Rizzo e Renato Scognamiglio per il Banco
 di Napoli, Filippo Satta per Porreca Armando, Riccardo  Capobianco  per
 Guidotti Salvatore ed altri.
                           Ritenuto in fatto:
     1.  -  Con  ordinanza  emessa  il  15  aprile  1982 (reg. ord.   n.
 823/1982),  la  Corte  di  cassazione  a  sezioni  unite  ha  sollevato
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art.  11 all. T all'art.
 39 della legge 8 agosto 1895, n. 486, la' dove  si  stabilisce  -  come
 precisa  il  dispositivo  - che "le controversie in materia di pensioni
 degli impiegati del Banco di Napoli, nonche' di  quelli  del  Banco  di
 Sicilia,  sono  escluse  dalla giurisdizione dell'autorita' giudiziaria
 ordinaria ed attribuite alla giurisdizione della Corte  dei  conti";  e
 cio',   per   dedotta   violazione   del  principio  costituzionale  di
 eguaglianza.
     La  Corte  regolatrice  motiva  sulla  rilevanza  della   questione
 medesima,  osservando  che  - nella specie - era stato proposto ricorso
 per regolamento preventivo  di  giurisdizione.  chiedendosi  che  fosse
 "affermato il difetto di giurisdizione della Corte dei conti sulla lite
 attinente  al  trattamento pensionistico "di un ex dipendente del Banco
 di Napoli.
     Circa la non manifesta infondatezza, il giudice a quo premette  che
 da oltre cinquant'anni sarebbe venuto meno il "presupposto" della norma
 impugnata,  "cioe'  la funzione di Istituto di Emissione esercitata sia
 dal Banco di Napoli che da quello di Sicilia". Attualmente, per contro,
 i predetti istituti avrebbero  natura  di  "enti  pubblici  economici",
 donde  "la  ormai  completa privatizzazione" del rapporto di lavoro dei
 loro dipendenti, "con la conseguente devoluzione alla giurisdizione del
 giudice ordinario delle relative  controversie".  Ne'  "la  persistente
 vigenza  della  norma  attributiva  delle  controversie  in  materia di
 pensioni di tali dipendenti alla giurisdizione della Corte dei  conti",
 diversamente  da  cio'  che  si  verifica  per i dipendenti degli altri
 istituti bancari (compresi  quelli  di  diritto  pubblico),  troverebbe
 sufficiente giustificazione nella norma - assai raramente applicabile -
 per  cui  i  servizi  statali sono tuttora ricongiungibili, ai fini del
 trattamento  di  quiescenza,  con  il  servizio  reso  in  qualita'  di
 impiegato del Banco di Napoli o del Banco di Sicilia.
     La denunciata disparita' di trattamento sarebbe invece illegittima,
 anzitutto  perche' i dipendenti in esame "sono costretti a rivolgersi a
 due giudici distinti, rispettivamente, per quel che concerne la  tutela
 delle  posizioni  che attengono al rapporto di impiego in generale, ivi
 comprese quelle che derivino dalla cessazione del rapporto, e per  quel
 che  concerne  la  tutela  dei diritto alla pensione, laddove gli altri
 dipendenti della medesima categoria trovano dinanzi  all'unico  giudice
 ordinario,  quale  giudice  del lavoro, la tutela di tutte le posizioni
 giuridiche  attinenti  alla  situazione  di  quiescenza".  Al  che   si
 aggiungerebbe,  pur senza implicare un'immediata lesione del diritto di
 difesa,  la  circostanza  che,  rispetto  al  giudizio  ordinario,  "il
 giudizio  dinanzi  alla Corte dei conti si svolge in unico grado" e da'
 luogo a pronunce che sono assoggettate al  sindacato  della  Cassazione
 per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
     2.  -  Identica  questione  e' stata riproposta dalle sezioni unite
 della Cassazione, con altre  tre  ordinanze  contemporanee  alla  prima
 (reg. ord. nn. 824 - 826/1982), emesse nel corso di giudizi concernenti
 l'adeguamento delle pensioni ai miglioramenti retributivi nel frattempo
 conseguiti  dai  dipendenti  in servizio (sulla base dell'art.  108 del
 regolamento per  il  personale  del  Banco  di  Napoli).  In  punto  di
 rilevanza,  le  ordinanze  osservano  che tali controversie, al pari di
 quelle aventi ad oggetto la liquidazione delle pensioni, rientrerebbero
 nella giurisdizione della  Corte  dei  conti,  specificamente  prevista
 dalla norma impugnata.
     3.  -  In  tutti  i  giudizi  si  e' costituito il Banco di Napoli,
 concludendo nel senso dell'infondatezza e poi motivando questo  assunto
 mediante una memoria depositata in vista della pubblica udienza.
     La  difesa  dell'istituto  esclude, anzitutto, che la giurisdizione
 spettante in materia alla Corte dei conti fosse fondata sulla "facolta'
 di emettere biglietti", gia' propria dei Banchi di Napoli e di Sicilia:
 sia perche' tale facolta' risaliva al 1874, ben prima  dell'entrata  in
 vigore  della  norma  impugnata,  sia perche' i dipendenti in questione
 "usufruivano  gia'  da  tempo  di  un  trattamento  di  pensione,   con
 caratteristiche  derivate  da  quello  dei  dipendenti dello Stato". La
 "ragione immediata" della norma in esame consisterebbe, percio',  nella
 disposizione  -  contenuta nella stessa legge n. 486 del 1895 - per cui
 le pensioni di tali dipendenti sono regolate dalla  disciplina  vigente
 per  gli  impiegati  statali.  E ne darebbe conferma la possibilita' di
 ricongiungere i rispettivi servizi,  in  ordine  alla  quale  il  Banco
 assume  -  contraddicendo  la  tesi della Cassazione - che essa sarebbe
 "tuttora di non infrequente esercizio".
     La ricordata memoria fa inoltre richiamo al secondo comma dell'art.
 103 ed alla  VI  disp.  trans.  Cost.,  per  dedurne  che  "la  vigente
 costituzione ha riconosciuto le competenze tradizionali della Corte dei
 conti,   confermandone  l'integrale  presenza  nel  nuovo  ordinamento"
 secondo l'"interpretazione c. d.  conservativa", che anche questa Corte
 avrebbe accolto, con la sentenza n. 135 del 1975.
     Infine, "la mera circostanza  che  i  dipendenti  di  due  Istituti
 bancari  di diritto pubblico siano costretti a rivolgersi per la tutela
 di posizioni giuridiche diverse a Giudici distinti"  non  implicherebbe
 "una menomazione del principio di parita' di trattamento".
     Occorrerebbe,  infatti,  tenere presente la "necessaria distinzione
 tra  il  rapporto  di   lavoro   ed   il   rapporto   previdenziale   -
 pensionistico". E, su quest'ultimo piano, sarebbe determinante il fatto
 che  i  dipendenti  stessi "fruiscano di un sistema di erogazione delle
 pensioni direttamente da parte degli Istituti  datori  di  lavoro",  in
 linea  con  le disposizioni relative ai dipendenti dello Stato; sicche'
 il criterio della "professionalita' specifica del  Giudice"  opererebbe
 in  tal  caso  a  sostegno  della  giurisdizione della Corte dei conti,
 anziche' di quella del giudice ordinario.
     4. - Nel secondo dei quattro giudizi (reg. ord. n.  824/1982) si e'
 costituito altresi il ricorrente Porreca, che invece condivide le  tesi
 del giudice a quo. In particolare, la difesa del ricorrente richiama la
 giurisprudenza  "ormai  consolidata"  della stessa Corte dei conti, nel
 senso che il  regime  pensionistico  in  vigore  nel  Banco  di  Napoli
 risulterebbe  "da  tempo  sganciato  da  quello  statale e disciplinato
 esclusivamente dalla normativa regolamentare interna", recettiva a  sua
 volta  degli  accordi  sindacali:  con  la  conseguenza  che  al  Banco
 spetterebbe "regolamentare il  trattamento  di  quiescenza  dei  propri
 dipendenti  senza  effettuare  commistione con la normativa riguardante
 gli statali".
     Nel  medesimo  giudizio  ha  poi  ritenuto  di  essere  ammessa   a
 costituirsi,  deducendo  il  suo  "specifico  interesse al procedimento
 costituzionale promosso dalle  sezioni  unite  civili  della  Corte  di
 cassazione", l'Unione nazionale fra i pensionati del Banco di Napoli.
     5.  -  Relativamente al terzo giudizio (reg. ord. n.  825/1982), si
 sono costituite le parti resistenti al ricorso del Banco di Napoli,  le
 quali  sostengono - in via principale - che la norma impugnata (al pari
 dell'intera legge n. 486 del 1895)  sarebbe  stata  abrogata,  sia  per
 l'espresso  disposto  dell'art.  101  della legge bancaria del 1936 sia
 perche', in quella sede, l'intera materia degli istituti di credito  di
 diritto  pubblico  sarebbe  stata  disciplinata  ex  novo,  in  termini
 incompatibili  con  la  disciplina  preesistente.  D'altra  parte,  non
 sarebbe   comunque   fondato   l'assunto   della  Cassazione,  per  cui
 l'adeguamento delle pensioni alla dinamica salariale  -  oggetto  della
 controversia   in  corso  nel  giudizio  a  quo  -  determinerebbe  una
 riliquidazione  delle  pensioni  medesime,  ricadendo   percio'   nella
 giurisdizione a suo tempo attribuita alla Corte dei conti.
     In  via subordinata, pero', la norma in esame dovrebbe in ogni caso
 venir dichiarata illegittima, non  solo  perche'  contrastante  con  il
 principio  generale  d'eguaglianza, ma perche' nella specie mancherebbe
 il necessario presupposto "del controllo della  finanza  pubblica",  su
 cui  l'art.  103 Cost. baserebbe l'intera giurisdizione della Corte dei
 conti. E risulterebbero  inoltre  violati  gli  artt.  24  e  25  della
 Costituzione,  relativamente  al  diritto di difesa ed al principio del
 giudice naturale.
     Sostanzialmente conformi alle deduzioni delle parti resistenti sono
 infine le "note difensive" che l'Unione nazionale fra i pensionati  del
 Banco di Napoli ha depositato anche in vista di questo giudizio.
                         Considerato in diritto:
     1.  -  Le  quattro  ordinanze  in  esame propongono alla Corte, con
 motivazioni identiche od analoghe, una sola e comune  impugnativa.  Nei
 dispositivi  di  tutte  le  ordinanze  si legge, cioe', che la Corte di
 cassazione,  a  sezioni  unite  civili   "ritiene   rilevante   e   non
 manifestamente  infondata  la  questione di legittimita' costituzionale
 della norma contenuta nell'art. 11 all. T all'art.  39  della  legge  8
 agosto  1895,  n. 486, in relazione all'art. 3 della Costituzione della
 Repubblica, secondo cui le controversie in materia  di  pensioni  degli
 impiegati  del Banco di Napoli, nonche' di quelli del Banco di Sicilia,
 sono escluse dalla giurisdizione dell'autorita' ordinaria ed attribuite
 alla giurisdizione della Corte dei conti":  con  implicito  ma  univoco
 riguardo al sesto comma dell'art. 11 dell'allegato T.
     Va  pero'  immediatamente  precisato  che,  in  realta' della norma
 impugnata  non  rileva  nei  giudizi  a  quibus  altro  che  la   parte
 concernente "le controversie in materia di pensioni degli impiegati del
 Banco  di  Napoli"  (mentre  nessuno  dei  giudizi  stessi coinvolge le
 corrispondenti controversie  relative  al  Banco  di  Sicilia);  ed  e'
 unicamente  per  il  Banco  di Napoli che gli atti di causa forniscono,
 d'altronde,  tutti  gli  elementi  di  giudizio,  utili  alla  presente
 decisione  della  Corte,  ivi  compresi  i regolamenti che negli ultimi
 decenni hanno riguardato o riguardano il  Banco  medesimo.  Tali  sono,
 pertanto, i limiti della questione sulla quale la Corte e' ora chiamata
 a  pronunciarsi; ed in questi termini i quattro giudizi vanno riuniti e
 congiuntamente decisi.
     2.  -  Secondo  la costante giurisprudenza della Corte (nell'ambito
 della quale la sentenza n. 20 del 1982 funge da eccezione che  conferma
 la  regola),  non  possono  costituirsi  nel  giudizio  incidentale  di
 legittimita' costituzionale soggetti che non avessero  la  qualita'  di
 parte  nel  giudizio  a  quo.  Pertanto, va dichiarata inammissibile la
 costituzione dell'Unione  nazionale  fra  i  pensionati  del  Banco  di
 Napoli,  relativamente al giudizio instaurato dall'ordinanza n. 824 del
 1982.
     3. - Sempre in via preliminare, devono poi prendersi  in  esame  le
 eccezioni d'inammissibilita', prospettate nell'atto di costituzione dei
 controricorrenti,  relativamente  al terzo dei giudizi pendenti dinanzi
 alla Corte di cassazione (reg. ord. n. 825/1982). La difesa  di  quelle
 parti  sostiene infatti, in primo luogo, che la norma impugnata sarebbe
 gia' stata abrogata dall'art.  101  (rectius:  art.  100)  della  legge
 bancaria  del  1936 e risulterebbe comunque incompatibile "con le leggi
 successive  che  hanno  specificamente  regolato  la  intera  materia";
 sicche'  la  norma  stessa non potrebbe ricevere alcuna applicazione da
 parte del giudice a quo, indipendentemente dall'esito del  giudizio  di
 questa Corte.  In via subordinata, per altro, si eccepisce che comunque
 non  sussisterebbe  la giurisdizione della Corte dei conti "nel caso di
 adeguamento di pensioni con aggancio automatico alle  variazioni  delle
 retribuzioni",  che  appunto in quella specie (come pure nei giudizi di
 cui alle ordinanze n. 824 e n. 826 del 1982) formava e forma  l'oggetto
 della controversia.
     Ne'  il  primo  ne' il secondo assunto vanno pero' condivisi. Da un
 lato, ad esimere la Corte  da  ogni  altro  sindacato  circa  l'attuale
 vigenza  della norma impugnata, vale il rilievo che nel diritto vivente
 si considera pacifica la vigenza stessa. Sia la Corte dei conti sia  la
 Corte  di  cassazione  procedono  tuttora  in  maniera  costante  (come
 dimostrano le stesse ordinanze in esame) dalla premessa che  l'art.  11
 dell'allegato  T  dell'art.  39 della legge n. 486 del 1895 continui ad
 essere operante, tanto nella  parte  che  assoggetta  le  pensioni  del
 personale  in  questione  alle  "disposizioni vigenti per gli impiegati
 dello Stato", quanto nella parte che attribuisce alla Corte  dei  conti
 la giurisdizione sulle "controversie tra gli impiegati dei due Banchi e
 le   rispettive  amministrazioni  in  ordine  alla  liquidazione  delle
 pensioni": norma, quest'ultima, che la Cassazione non ritiene  abrogata
 neanche  per  effetto  dell'attuale  art.  409  n.  4  cod. proc. civ.,
 sull'applicazione della disciplina per le  controversie  di  lavoro  ai
 "rapporti  di  lavoro  dei  dipendenti  di  enti  pubblici che svolgono
 esclusivamente o prevalentemente attivita' economica".  Ed anche l'art.
 102 del regolamento per il personale del Banco di Napoli, approvato con
 delibera del 28 aprile 1975, richiama coerentemente l'art. 11  primo  e
 sesto  comma,  dell'allegato T per quanto riguarda il "regime normativo
 del trattamento di pensione".
     D'altro lato, la seconda eccezione (che comunque non  coinvolge  il
 giudizio  instaurato mediante l'ordinanza n.  823 del 1982, dal momento
 che la Cassazione e' chiamata in quel caso a pronunciarsi  in  tema  di
 riconoscimento   delle  pensioni  privilegiate)  dev'essere  egualmente
 respinta. Se infatti questa Corte esercitasse cosi' a fondo il  proprio
 sindacato   sull'ammissibilita'   della   proposta   impugnativa,  essa
 finirebbe per sovrapporre le proprie valutazioni a quelle riservate  al
 giudice a quo, cioe' risponderebbe - sia pure su altro piano e ad altro
 effetto  -  allo  stesso quesito che forma l'oggetto del regolamento di
 giurisdizione per il quale e' stata adita la Corte suprema.
     4. - Nel merito, va escluso anzitutto che  la  presente  questione,
 sollevata  in  riferimento  al  principio generale d'eguaglianza, possa
 considerarsi  gia'  risolta  dall'art.  103,   secondo   comma,   della
 Costituzione: come invece vorrebbero - ma con prospettive opposte - sia
 la  difesa  del  Banco  di  Napoli  sia quella dei controricorrenti nel
 giudizio instaurato dall'ordinanza n. 825 del 1982.
     Per un primo verso, non e'  sostenibile  che  l'art.  103,  secondo
 comma, abbia inteso conservare incondizionatamente alla Corte dei conti
 l'intera  giurisdizione  che  le  spettava  nel momento dell'entrata in
 vigore della Carta costituzionale: al contrario, e'  significativo  che
 quella  disposizione  faccia puntuale riferimento alle sole "materie di
 contabilita' pubblica", limitandosi a menzionare genericamente le altre
 materie "specificate dalla legge". Ne' giova appellarsi  alla  sentenza
 n.  135 del 1975, con cui questa Corte ha bensi' dichiarato non fondata
 un'impugnativa concernente la cosiddetta giurisdizione domestica  della
 Corte  dei  conti,  ma ha in pari tempo avvertito come la giurisdizione
 stessa non "sia - di per se' - in contrasto con la  Costituzione",  pur
 non potendo ritenersi "costituzionalizzata".
     Per  il  secondo  verso,  le  considerazioni  gia'  svolte  tolgono
 fondamento alla tesi che la norma  istitutiva  della  giurisdizione  in
 esame  risulti  illegittima,  solo perche' estranea al "controllo della
 finanza pubblica ", cui la  Costituzione  avrebbe  collegato  tutte  le
 funzioni  giurisdizionali  suscettibili  di essere assegnate alla Corte
 dei conti. Il problema va  invece  posto  su  tutt'altro  piano,  cioe'
 domandandosi  se la giurisdizione attinente al regime pensionistico dei
 dipendenti del Banco di Napoli faccia  parte  integrante  di  una  piu'
 ampia "materia", ovvero si risolva in una attribuzione isolata e per se
 stante,  avulsa  dagli  altri  compiti della Corte stessa. Ma e' chiaro
 che, sotto quest'ultimo aspetto, il quesito finisce per confondersi con
 quello prospettato dalla Corte di cassazione:  ossia  comporta  appunto
 che  si  verifichi  se  la  norma  impugnata  sia  tuttora  sorretta da
 un'adeguata  ragione  giustificativa,  tale  da  renderla  conforme  al
 principio  generale  d'eguaglianza,  riferito  al  riparto fra le varie
 giurisdizioni.
     5. - Essenzialmente, che l'originario  fondamento  della  norma  in
 questione  sia  venuto  meno  da  gran  tempo, e' stato affermato dalla
 Cassazione mediante due distinti ordini di  argomentazioni.  Anzitutto,
 la norma stessa avrebbe perduto la propria giustificazione, riducendosi
 ad  un "dogma tralaticio", sin dal momento nel quale al Banco di Napoli
 e' stata sottratta la potesta' di emettere i "biglietti a  vista  e  al
 portatore",  di  cui all'art. 3 n. 1 dell'allegato T: vale a dire, gia'
 per  effetto  dell'art.  1  del  R.D.L.  6   maggio   1926,   n.   812,
 sull'"unificazione del servizio dell'emissione dei biglietti di banca".
     Secondariamente,  nel medesimo senso varrebbe la circostanza che il
 Banco di Napoli deve comunque venire inquadrato - al pari  delle  altre
 aziende  di  credito  -  fra  gli  enti  pubblici economici considerati
 dall'art. 2093 cod.   civ.; per cui sarebbe  incongrua  la  persistenza
 d'una  giurisdizione  pensionistica come quella propria della Corte dei
 conti, la' dove il rapporto di lavoro dei  dipendenti  del  Banco  s'e'
 ormai privatizzato del tutto.
     Ma  la  Corte e' dell'avviso che la proposta questione debba essere
 affrontata assumendo la seconda anziche' la prima delle due prospettive
 indicate.  Fra  la  potesta'  di  emettere  biglietti  di  banca  e  la
 giurisdizione  in  esame  non  puo'  infatti  stabilirsi  quel rapporto
 causale  che  le  ordinanze  di  rimessione  ipotizzano:  sia   perche'
 l'emissione  di  "biglietti  di  Banco,  od  altri  titoli equivalenti,
 pagabili al portatore ed a vista", veniva gia' regolata - in particolar
 modo - dall'art. 1 della legge 30 aprile 1874, n. 1920, ben  prima  che
 fosse  attribuita  alla  Corte dei conti la funzione di cui si discute;
 sia  perche'  la  funzione  medesima  non  e'  stata  mai  estesa  alle
 corrispondenti controversie fra gli impiegati e l'amministrazione della
 Banca  d'Italia (gia' istituita dalla legge 10 agosto 1893, n. 449, cui
 fa espresso richiamo l'art. 39 della  legge  n.  486  del  1895);  sia,
 soprattutto, perche' le speciali attribuzioni allora spettanti al Banco
 di  Napoli  avrebbero  se  mai  dovuto  incidere sul rapporto di lavoro
 piuttosto che sul solo regime pensionistico, mentre invece nel primo di
 tali settori la giurisdizione ordinaria non ha  subito  limitazioni  di
 sorta.
     Giustamente,  al  contrario,  la difesa del Banco di Napoli osserva
 che, in origine, la vera giustificazione della norma  in  esame  andava
 ricercata all'interno dell'art.  11 dell'allegato T: cioe' ricollegando
 al  sesto  comma,  concernente  la particolare giurisdizione attribuita
 alla Corte dei conti, il primo comma dello stesso articolo, per cui  "a
 cominciare   dal   1   gennaio   1896   le  pensioni,  gli  assegni  di
 disponibilita' e di aspettativa  e  le  indennita'  di  missione  e  di
 trasferta degli impiegati dei due Banchi di Napoli e di Sicilia saranno
 regolati  dalle  disposizioni  vigenti  per gli impiegati dello Stato".
 Entrambe le previsioni, in combinato disposto, formavano  e  formano  -
 come  verra'  subito chiarito - un vero e proprio diritto singolare dei
 pensionati del Banco di Napoli, al confronto con  la  disciplina  degli
 analoghi  rapporti  pertinenti  agli  altri  istituti  di  credito, non
 soltanto privati ma anche  pubblici;  sicche'  risulta  palese  che  fu
 appunto  l'aggancio  fra  il  regime  pensionistico  presso il Banco di
 Napoli ed il trattamento di quiescenza dei  dipendenti  statali  a  far
 considerare  la  Corte  dei  conti  come  il  giudice  piu'  idoneo  ad
 affrontare controversie che si presentavano omogenee rispetto a  quelle
 ricadenti  nella fondamentale giurisdizione gia' esercitata dalla Corte
 stessa in tema di pensioni.
     Ma  tali  precisazioni  consentono  solo  d'impostare  in   maniera
 corretta  e  non  di  risolvere il presente problema.  Resta infatti da
 chiarire se quell'iniziale fondamento continui a  sussistere,  malgrado
 le profonde innovazioni riscontrabili nel trattamento del personale del
 Banco  in  senso  divergente  dalle  disposizioni  del 1895. E la Corte
 ritiene che al quesito occorra dare una risposta negativa.
     6. - Circa la natura giuridica del Banco di Napoli la Cassazione si
 e' ripetutamente pronunciata negli ultimi decenni, affermando che  tale
 istituto  assume appunto la veste di ente pubblico economico, sicche' i
 suoi rapporti  con  i  rispettivi  dipendenti  in  servizio  esorbitano
 dall'area del pubblico impiego e sfuggono alla cognizione dei TAR e del
 Consiglio   di   Stato:   donde  la  singolarita'  della  giurisdizione
 esercitata dalla  Corte  dei  conti  quanto  ai  pensionati  del  Banco
 medesimo,  cui  non  fa  riscontro  -  come  avviene  di  regola  -  la
 giurisdizione  amministrativa  bensi'  quella  ordinaria.   Ne   segue,
 d'altronde, che il trattamento economico dei dipendenti del Banco viene
 integralmente  definito dai regolamenti aziendali per il personale, che
 in  larga  misura  recepiscono  gli  accordi  sindacali  relativi  agli
 istituti di credito:  il  che  determina  una  serie  di  ripercussioni
 inevitabili  sullo  stesso  regime  pensionistico, malgrado il richiamo
 delle "norme generali che disciplinano  la  materia  per  il  personale
 civile  dello  Stato",  tuttora  contenuto  nell'art.  102  del  citato
 regolamento del 1975.
     In effetti, il punto di  riferimento  gia'  fissato  dall'art.  11,
 primo  comma,  dell'allegato  T  e'  stato  ridimensionato  in  un modo
 radicale. Presentemente, quel disposto continua a trovare applicazione,
 sia nel senso di precludere il  cumulo  dei  benefici  previsti  per  i
 dipendenti  dello  Stato  con  certi  benefici equipollenti, propri dei
 dipendenti dalla generalita' degli istituti di credito, sia  nel  senso
 di dare sostegno a determinate pretese dei dipendenti del Banco che non
 potrebbero  venire soddisfatte in base al diritto comune (come nel caso
 delle rendite pensionistiche privilegiate, in questione nel  primo  dei
 giudizi  a  quibus),  sia  ancora  nel  senso  di offrire lo spunto per
 l'approvazione  di  ulteriori  previsioni  legislative,  a  favore  dei
 dipendenti  medesimi (si pensi all'art. 116, primo comma, del D.P.R. 29
 dicembre  1973,  n.  1092,   per   cui   "i   servizi   statali"   sono
 ricongiungibili, ai fini del trattamento di quiescenza, con il servizio
 reso  in  qualita'  di  impiegato  del  Banco  di Napoli o del Banco di
 Sicilia"). Ma la  Corte  dei  conti  ha  avvertito  che  le  norme  sul
 trattamento  di  quiescenza degli statali non si estendono al personale
 del Banco di Napoli, altro  che  per  integrare  l'apposita  disciplina
 regolamentare  interna:  sicche', non soltanto l'entita' delle pensioni
 puo' ben risultare piu' elevata di quella spettante ai dipendenti dello
 Stato, ma la stessa base pensionabile ne viene modificata, comprendendo
 voci che non trovano  corrispondenti  nelle  disposizioni  cui  rimanda
 l'art. 11 primo comma, dell'allegato T.
     Non   a   caso,   l'art.   102   del   regolamento   del   1975  fa
 incondizionatamente  salve  "le  disposizioni  particolari  dettate  da
 successivi  articoli  di  questo  Capo  o  contenute  in altri Capi del
 presente Regolamento" (il che spiega  che  nell'allegato  F  si  faccia
 rientrare  nella  "base  di  liquidazione della pensione" il "premio di
 rendimento", accanto ad un vasto ed eterogeneo  complesso  di  speciali
 indennita').  Piu' specificamente l'ultimo comma dell'art.  104 dispone
 che "l'assegno annuo di pensione e'  corrisposto  in  quattordici  rate
 mensili";  l'art.  105  prevede  il  contemporaneo  riconoscimento  dei
 servizi statali  di  cui  al  ricordato  D.P.R.  n.  1092  del  1973  e
 dell'"intero servizio presso la Banca d'Italia, gli Istituti di Credito
 di  Diritto  Pubblico e le altre Aziende di Credito"; l'art. 109, primo
 comma, stabilisce che ai dipendenti con almeno cinque anni di servizio,
 i quali cessino dal servizio stesso, sia  liquidato,  "in  luogo  della
 indennita'  per  una  volta  tanto, un assegno speciale di pensione, al
 quale si applicano le disposizioni  relative  alle  pensioni  ordinarie
 anche  per quanto riguarda l'istituto della riversibilita'"; l'art. 110
 configura a sua volta una " indennita' aggiuntiva  di  cessazione",  di
 cui  nel  quarto  comma  si  consente  la  liquidazione "in misura piu'
 elevata  di   quella   normale",   allorche'   ricorrano   "eccezionali
 benemerenze   di  servizio";  mentre  l'art.  108,  che  stabiliva  "il
 principio  di  rispondenza  costante"  fra  gli  assegni  di   pensione
 liquidati  in  ogni  tempo, e' stato bensi' abrogato, ma per effetto di
 un'autonoma delibera del Consiglio di amministrazione del Banco. Ed  e'
 appunto   al  Consiglio  di  amministrazione  che  l'art.  111  affida,
 coerentemente,  "le  variazioni  di  struttura,  di  composizione  o di
 entita' del trattamento di quiescenza".
     In breve, oltre a garantire che  la  disciplina  pensionistica  dei
 dipendenti  del  Banco  non  possa  mai  risultare  peggiore  di quella
 applicabile ai dipendenti dello Stato, il rinvio  in  questione  sembra
 assolvere   fondamentalmente   -  in  concomitanza  con  i  regolamenti
 aziendali - alla funzione di un moltiplicatore, sia rispetto al  regime
 degli ex - dipendenti statali, sia nei riguardi degli stessi pensionati
 degli altri istituti di credito. Ed e' significativo che, nel corso del
 procedimento  di  conversione  del  decreto - legge n. 162 del 1979, il
 Governo sia stato impegnato - con un ordine del giorno del Senato -  ad
 eliminare  "trattamenti  anomali", ritenuti carenti di giustificazione,
 come quelli in atto per le pensioni dei dipendenti dei Banchi di Napoli
 e di Sicilia.
     Ai particolari fini dell'attuale giudizio, cio'  basta  comunque  a
 far  concludere  che  nell'ordinamento  vigente non e' piu' ravvisabile
 quel grado di omogeneita' fra  le  pensioni  in  esame  e  le  pensioni
 statali,   che   rappresentava   il   presupposto  della  giurisdizione
 attribuita alla Corte dei conti dalla norma impugnata. Pertanto, l'aver
 derogato alla regola della  giurisdizione  ordinaria  si  rivela  ormai
 privo  di un'adeguata ragione giustificativa e risulta in contrasto con
 l'art. 3 della Costituzione.