ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei  giudizi  promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei
 ministri, notificati il 18 febbraio 1977, il  12  agosto  1977,  il  24
 ottobre  1977, il 23 marzo 1978 (n. 2 confl.), il 27 maggio 1978, il 19
 febbraio 1979, il 7 giugno 1979, il 28  giugno  1979,  il  20  dicembre
 1979,  il  29  luglio  1980  (n.  2  confl.), l'11 ottobre 1980 e il 15
 gennaio 1981, depositati in cancelleria il 2 marzo 1977, il  27  agosto
 1977,  il  7  novembre  1977, il 3 aprile 1978, il 4 aprile 1978, il 15
 giugno 1978, il 3 marzo 1979, l'8 giugno 1979, il 10 luglio 1979, il  9
 gennaio  1980, il 4 agosto 1980, il 5 agosto 1980, il 28 ottobre 1980 e
 il 27 gennaio 1981, ed iscritti ai nn. 5, 18 e 20  del  registro  1977;
 nn.  10,  11  e 15 del registro 1978; nn. 6, 17 e 19 del registro 1979;
 nn. 2, 21, 22 e 31 del registro 1980;  n.  3  del  registro  1981,  per
 conflitti  di  attribuzione  sorti a seguito dei decreti dei Presidenti
 delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Puglia, Lombardia e  della
 Provincia autonoma di Bolzano, concernenti varianti a piani regolatori.
     Visti gli atti di costituzione delle Regioni Friuli-Venezia Giulia,
 Veneto, Lombardia e della Provincia autonoma di Bolzano;
     udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 1985 il Giudice relatore
 dott. Francesco Saja;
     uditi l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del
 Consiglio  dei ministri e gli avvocati Sergio Panunzio per la Provincia
 autonoma di Bolzano, Giulio Cevolotto per la Regione Veneto  e  Umberto
 Pototschnig per la Regione Lombardia.
                           Ritenuto in fatto:
     1.  -  Con  decreto  n.  02031/Pres.  207  del  30 novembre 1976 il
 Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia  Giulia  approvava
 il  regolamento edilizio ed il programma di fabbricazione del Comune di
 Trasaghis, nel quale  un'area  edificata,  appartenente  al  patrimonio
 indisponibile   dell'Amministrazione   militare   dello  Stato,  veniva
 destinata a "zona di rispetto stradale e cimiteriale, inedificabile".
     Contro  il  decreto  la  Presidenza  del  Consiglio  dei   ministri
 sollevava  un conflitto di attribuzione, chiedendone l'annullamento con
 ricorso notificato il 18 febbraio 1977 (reg. ric. n. 5 del 1977).
     Quanto all'ammissibilita', la ricorrente osservava di proporre  una
 questione   non   gia'   attinente   all'opportunita'  del  vincolo  di
 destinazione    urbanistica    bensi'    relativa    all'individuazione
 dell'autorita'  competente  a  disporre  in materia: questione, dunque,
 appartenente  alla  giurisdizione  costituzionale  e   non   a   quella
 amministrativa.
     Nel  merito  la ricorrente sosteneva che la sottrazione di beni del
 demanio e del patrimonio indisponibile statale alla  loro  destinazione
 doveva  avvenire  nei  modi stabiliti dalla legge (artt. 828 e 829 cod.
 civ.), e quindi non certo con atto unilaterale delle regioni.
     2. - Con successivi ricorsi di analogo contenuto la Presidenza  del
 Consiglio dei ministri impugnava i seguenti atti:
     -  decreto n. 01163 del 17 maggio 1977, con cui il Presidente della
 Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia aveva approvato una variante
 al piano regolatore generale  del  Comune  di  Tarvisio,  statuente  la
 destinazione  a  "zona  stradale"  dell'area occupata da alcuni alloggi
 militari (ricorso notificato il 12 agosto 1977, reg.  ric.  n.  18  del
 1977);
     -  deliberazione  n.  1221  del 23 marzo 1977 (in B.U. n. 27 del 27
 giugno 1977) con cui la Giunta regionale del Veneto aveva approvato una
 variante al piano  regolatore  generale  del  Comune  di  Venezia,  che
 destinava  a  verde pubblico alcuni beni del demanio marittimo (ricorso
 notif. il 24 ottobre 1977, reg. ric. n. 20 del 1977);
     - deliberazione n. 3356 del 26 luglio 1976 (in B.U.  n.  4  del  23
 gennaio  1978), con cui la suddetta Giunta aveva approvato una variante
 del piano  regolatore  generale  di  Venezia,  che  destinava  a  verde
 pubblico  alcuni  beni  del  demanio  ferroviario (ricorso notif. il 23
 marzo 1978, reg.  ric. n. 10 del 1978);
     - deliberazione n. 5109 del 15 novembre 1977 (in B.U.  n. 4 del  23
 gennaio  1978), con cui la suddetta Giunta aveva approvato una variante
 del piano  regolatore  generale  di  Venezia,  che  destinava  a  verde
 pubblico  ed  a  parcheggio  automobilistico  alcune  aree  del demanio
 marittimo, prevedendo anche la demolizione di alcuni immobili demaniali
 e la costruzione di edifici pregiudicanti la manutenzione delle  difese
 a mare (ricorso notif. il 23 marzo 1978, reg. ric. n. 11 del 1978);
     -  decreto  n. 2619 del 31 ottobre 1977 (in B.U. n. 86 del 29 marzo
 1978), con cui il Presidente della Giunta regionale della Puglia  aveva
 approvato  il  piano  particolareggiato  per  il  restauro della citta'
 vecchia di Taranto, piano che destinava ad  attrezzature  pubbliche  di
 interesse  generale  e  ad  autosilos  alcuni  beni  del  demanio e del
 patrimonio indisponibile statale (ricorso notif.  il  27  maggio  1978,
 reg. ric. n. 15 del 1978);
     -  deliberazione n. 7162 del 23 ottobre 1978 (in B.U. n.  67 del 27
 dicembre  1978),  con  cui  la  Giunta  provinciale  di  Bolzano  aveva
 approvato  una  variante  al  piano  urbanistico del Comune di Campo di
 Trens, statuente la destinazione di una area del demanio ferroviario  a
 zona agricola e ad insediamenti produttivi di interesse provinciale. La
 ricorrente  osservava  che  la  potesta' amministrativa della Provincia
 autonoma di Bolzano, stabilita dall'art. 16 dello Statuto della Regione
 Trentino-Alto  Adige  in  correlazione  con  la  potesta'   legislativa
 attribuita  dal  precedente art. 8 n.  5, non escludeva il potere dello
 Stato  di  decidere  autonomamente  la  destinazione  dei  propri  beni
 demaniali  (ricorso  notif.  il  19  febbraio  1979, reg. ric. n. 6 del
 1979);
     - deliberazione n. 2931 del 13 giugno 1978 (in B.U.  n. 18  del  17
 aprile  1979) con cui la Giunta regionale del Veneto aveva approvato il
 piano particolareggiato del Comune di Venezia - zona Santa  Marta,  che
 mutava  la destinazione di alcune aree del demanio ferroviario (ricorso
 notif. il 7 giugno 1979, reg. ric. n. 17 del 1979);
     -  deliberazione  n.  1711  del 12 marzo 1979 (in B.U. n. 22 del 12
 maggio 1979), con cui la Giunta provinciale di Bolzano aveva  approvato
 una variante al piano urbanistico del Comune di Sluderno, che destinava
 a parcheggio pubblico un'area del demanio ferroviario (ricorso Min. dei
 trasporti notif. il 28 giugno 1979, reg. ric. n. 19 del 1979);
     -  deliberazione  n. 6100 del 21 settembre 1979 (in B.U. n.  53 del
 23  ottobre  1979),  con  cui  la  suddetta  Giunta  provinciale  aveva
 approvato  una variante al piano urbanistico del Comune di San Candido,
 che destinava un'area del demanio militare  a  "zona  per  attrezzature
 collettive"  (ricorso  notif.  il  20 dicembre 1979, reg. ric. n. 2 del
 1980);
     - deliberazione n. 2726 del 12 maggio 1980 (in B.U.  n. 29  del  30
 maggio 1980), con cui la suddetta Giunta provinciale aveva approvato il
 "piano  urbanistico  rielaborato"  del Comune di Bolzano, che mutava la
 destinazione di un'area del demanio militare (ricorso  notif.    il  29
 luglio  1980,  reg.  ric.  n. 21 del 1980); nonche' di diversi beni del
 demanio e del patrimonio ferroviario (ricorso notif. il 29 luglio  1980
 reg. ric. n. 22 del 1980);
     -  deliberazione  n. 29471 del 26 febbraio 1980 (in B.U.  n. 22 del
 28 maggio 1980) con cui  la  Giunta  regionale  della  Lombardia  aveva
 approvato  una  variante  del  piano  regolatore generale del Comune di
 Milano che mutava la destinazione di alcuni  beni  del  demanio  e  del
 patrimonio   ferroviario,   ovvero   imponeva   su   di   essi  vincoli
 incompatibili con la loro attuale destinazione (ricorso  notif.    l'11
 ottobre 1980, reg. ric. n. 31 del 1980);
     -  deliberazione n. 6324 del 17 ottobre 1980 (in B.U.  n. 57 del 18
 novembre  1980),  con  cui  la  Giunta  provinciale  di  Bolzano  aveva
 approvato  una variante del piano urbanistico del Comune di Bressanone,
 che destinava un'area del demanio militare ad attrezzature  sportive  e
 verde  pubblico (ricorso notif. il 15 gennaio 1981, reg. ric. n.  3 del
 1981).
     3. - Si costituivano i rappresentanti delle Regioni  interessate  e
 della Provincia autonoma di Bolzano.
     Risultavano fuori termine, ossia effettuati dopo venti giorni dalla
 notifica  del  ricorso  (artt.  41 e 25 l. n. 87 del 1953), gli atti di
 costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia (n. 18/1977) e  Veneto
 (n.  20/1977,  10 e 11/1978), nonche' della Provincia di Bolzano (n. 2,
 21 e 22/1980).
     4. - La Regione Friuli-Venezia Giulia, nella causa n. 5  del  1977,
 contestava  l'ammissibilita'  dei  ricorsi,  riferiti, a suo dire, alla
 legislazione ordinaria sui beni  pubblici  statali  e  non  riguardanti
 percio'   alcuna   norma   della  Costituzione  ovvero  integrativa  di
 quest'ultima.
     Per di piu' il piano regolatore doveva ritenersi,  in  quanto  mero
 programma,   privo  di  efficacia  idonea  alla  lesione  immediata  di
 qualsiasi posizione giuridica soggettiva.
     Nel  merito  la  Regione  osservava  che  il  piano  stesso  doveva
 riguardare  l'intero  territorio comunale (art. 7 l. n.  1150 del 1942,
 modif. dall'art. 1 l. n.  1187  del  1968),  e  quindi  anche  le  aree
 demaniali,  soggette  al potere di pianificazione degli enti locali per
 espresso disposto dell'art. 31 l. n. 1150 del 1942.
     A questi  argomenti  aderiva  sostanzialmente  la  Regione  Veneto,
 costituitasi nella causa n. 17 del 1979.
     La  Provincia  di  Bolzano  (cause  n. 6 e 19 del 1979, 3 del 1981)
 escludeva anch'essa l'ammissibilita' dei ricorsi, sostenendo  anzitutto
 che  lo Stato attraverso di essi esercitava una semplice vindicatio rei
 e  aggiungendo  che  le  questioni  sollevate  concernevano  non   gia'
 l'astratta  sussistenza  della  propria  potesta'  amministrativa nella
 materia  urbanistica,  bensi'  il  modo   del   suo   esercizio:   esse
 appartenevano quindi alla giurisdizione amministrativa.
     La  Provincia  deduceva ancora che oggetto delle impugnazioni dello
 Stato erano semplici provvedimenti comunali,  ossia  gli  strumenti  di
 pianificazione   urbanistica   rispetto  ai  quali  l'intervento  delle
 autorita' regionali o provinciali aveva una mera funzione di controllo:
 essi pertanto non erano idonei a dar luogo ai conflitti di attribuzione
 previsti dall'art. 134 Cost.
     Che  poi  nelle  proprie  potesta'  amministrative,  aggiungeva  la
 resistente,   rientrasse   il  controllo  di  tutta  la  pianificazione
 provinciale, risultava dal d.P.G.P. 23 giugno 1970 n. 20 e succ.  mod.,
 emanato nell'esercizio della potesta' legislativa primaria.
     Nella  causa  n.  17  del  1979  si  costituiva  anche il Comune di
 Venezia.
     5. - In data 24 giugno 1985 il Ministero dei  trasporti  depositava
 un  atto  di  rinuncia  al ricorso n. 19 del 1979, accettato l'8 luglio
 successivo dalla controparte.
     6. - In prossimita' dell'udienza le parti hanno  presentato  alcune
 memorie.
     La  Regione Friuli-Venezia Giulia (causa n. 5 del 1977) sostiene la
 legittimita' costituzionale delle previsioni urbanistiche del Comune di
 Trasaghis.  Infatti  nel  momento   di   formazione   degli   strumenti
 urbanistici,   contenenti   norme  meramente  indicative,  non  sarebbe
 possibile, per le ragioni gia' dette nell'atto di  costituzione,  alcun
 conflitto  attuale  e  concreto  tra autorita' statali e poteri locali,
 onde risulterebbe inutile, inopportuna ed inattuabile un'intesa.
     La Provincia di Bolzano, nella causa n. 6 del 1979,  insiste  sulla
 gia' dedotta inammissibilita' dei ricorsi, non concernenti - a suo dire
 - conflitti di attribuzione.
     Nel  merito  la  Provincia  esclude  essere,  di regola, necessaria
 un'intesa con lo Stato nella formazione dei piani regolatori comunali.
     Nella causa n. 3 del 1981, essa  afferma  infine  che  l'art.    81
 d.P.R.  n. 616 del 1977, applicabile estensivamente anche nelle regioni
 a statuto speciale, prevede una competenza esclusiva dello  Stato  solo
 per quanto riguarda la realizzazione di opere di difesa nazionale e non
 concerne dunque la fattispecie per cui e' causa, in cui si tratta di un
 immobile  non  destinabile  ad  un  diretto  impiego bellico e comunque
 inutilizzato e percio' appartenente  ormai  al  patrimonio  disponibile
 dello Stato.
                         Considerato in diritto:
     1.  -  I quattordici ricorsi per conflitto di attribuzione promossi
 dallo Stato contro le Regioni Lombardia, Veneto, Puglia, Friuli-Venezia
 Giulia e la Provincia autonoma di  Bolzano  hanno  fondamentalmente  il
 medesimo  oggetto,  poiche' riguardano la competenza dello Stato ovvero
 delle  Regioni  e  delle  Province  autonome  nella  formazione   degli
 strumenti  urbanistici,  quanto  al  mutamento di destinazione dei beni
 pubblici statali (demaniali e patrimoniali indisponibili).  I  relativi
 giudizi vanno percio' riuniti per essere decisi con unica sentenza.
     2.  -  Dei ricorsi suindicati va anzitutto dichiarato inammissibile
 quello proposto contro la Regione Lombardia (reg. ric. n. 31 del  1980)
 e  concernente  la deliberazione della Giunta regionale n. 29471 del 26
 febbraio 1980, con  cui  e'  stata  approvata  una  variante  al  piano
 regolatore di Milano.
     Infatti   il  provvedimento  e'  stato  pubblicato  sul  Bollettino
 ufficiale della Regione n. 22 del 28 maggio 1980, data dalla quale,  in
 base  all'art.  39, secondo comma, l. 11 marzo 1953 n. 87, ha inizio il
 decorso del termine perentorio di sessanta giorni, mentre il  conflitto
 e' stato nella specie proposto con atto dell'11 ottobre 1980 e pertanto
 oltre il termine suddetto.
     3.  -  Deve  poi  essere dichiarato estinto il giudizio relativo al
 ricorso n. 19 del  1979,  proposto  contro  la  Provincia  autonoma  di
 Bolzano,  in  quanto  lo  Stato vi ha rinunziato con atto del 24 giugno
 1985 ed e' intervenuta  l'accettazione  della  controparte  in  data  8
 luglio successivo.
     4.  -  Si rileva ancora che in alcuni giudizi la costituzione delle
 Regioni e della Provincia di Bolzano e' avvenuta oltre  il  termine  di
 venti giorni fissato dal combinato disposto degli artt. 25 e 41 cit. l.
 11  marzo  1953 n. 87, termine che ha carattere perentorio, come questa
 Corte ha costantemente ribadito; si  tratta  dei  giudizi  relativi  ai
 ricorsi  n.  18/1977  contro  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  nn.
 20/1977, 10 e 11/1978 contro la Regione Veneto e nn. 2,  21  e  22/1980
 contro  la  Provincia  di Bolzano. Pertanto la Corte non puo' esaminare
 gli scritti difensivi delle parti resistenti,  relativi  ai  suindicati
 giudizi,  ma  deve  tener  conto  soltanto  di  quelli  presentati  nei
 procedimenti in cui la costituzione e' avvenuta tempestivamente,  ossia
 in   quelli   concernenti   i  ricorsi  n.  5/1977  contro  la  Regione
 Friuli-Venezia Giulia, n.   17/1979 contro  la  Regione  Veneto  e  nn.
 6/1979  e  3/1981 contro la Provincia di Bolzano (la Regione Puglia non
 si e' costituita).
     Va, infine, dichiarata inammissibile la  costituzione  in  giudizio
 del  Comune di Venezia (cui era stato notificato il ricorso n. 17/1979)
 per un duplice ordine di ragioni: sia perche' essa e'  avvenuta  al  di
 la'  del  richiamato termine di venti giorni, sia perche', com'e' noto,
 non e' consentito l'intervento dei comuni nei  conflitti  tra  Stato  e
 Regioni  (o  Province autonome), essendo il contraddittorio limitato ai
 soggetti espressamente legittimati dagli artt. 134 Cost., 20 e 39 l. n.
 87 del 1953 a promuovere il conflitto ovvero a resistervi (cfr. ord. 23
 aprile 1975, 3 giugno 1976, 25 febbraio 1977).
     5. - Cio' posto, rileva la Corte che con  i  ricorsi  in  esame  lo
 Stato,  secondo quanto inequivocabilmente si evince dal loro contenuto,
 si duole che le  Regioni  e  la  Provincia  autonoma  suddetta  abbiano
 approvato  strumenti  urbanistici comunali, attraverso i quali e' stata
 mutata la destinazione di beni pubblici statali senza il concorso della
 sua volonta'.
     Le Regioni e la Provincia  resistenti  contestano  l'ammissibilita'
 dei  ricorsi  predetti  con  varie  eccezioni,  che  non sembrano pero'
 fondate.
     Inaccettabile, anzitutto, e'  l'assunto  della  Provincia,  che  si
 traduce  peraltro  in  una  mera  affermazione,  secondo  cui  lo Stato
 eserciterebbe una rei vindicatio, inidonea  a  formare  oggetto  di  un
 giudizio   per   conflitto  di  attribuzione,  essendo  per  contro  in
 discussione, come e'  stato  gia'  accennato,  il  potere  dello  Stato
 medesimo in ordine alla destinazione dei suoi beni pubblici.
     Non  regge  poi  l'altra  deduzione  della Provincia, secondo cui i
 ricorsi riguarderebbero non questioni di competenza, ma, eventualmente,
 un esercizio  non  corretto  del  potere  ad  essa  spettante,  che  si
 risolverebbe  in  un  vizio  deducibile  soltanto  davanti  al  giudice
 amministrativo.  E'  vero,  infatti,  che,  come  sara'   chiarito   in
 prosieguo,  il  potere reclamato dallo Stato in subiecta materia non e'
 assoluto ed esclusivo ma  va  coordinato  con  quello  appartenente  in
 materia  urbanistica  agli enti di governo locale (regione, o provincia
 autonoma, e comune): cio' pero' non  esclude  la  configurabilita'  del
 conflitto  di  attribuzione,  il  quale  e' ammissibile non soltanto se
 ricorra invasione di competenza ma anche  quando,  come  nella  specie,
 l'ordinamento  richieda  la collaborazione di una pluralita' di enti e,
 per contro, uno di essi provveda autonomamente, senza tener conto della
 potesta' altrui (da ultimo cfr. sent. n.  206 del 1985).
     E' stato inoltre eccepito che i ricorsi non concernono una norma di
 grado costituzionale o strettamente integrativa, bensi'  la  disciplina
 ordinaria  di  beni  pubblici statali. In contrario, va pero' osservato
 che  le  impugnazioni  si  riferiscono  all'art.  117  Cost.   e   alle
 correlative  norme  degli statuti speciali delle Regioni Friuli-Venezia
 Giulia e Trentino-Alto Adige (artt. 4 n. 12 e  8  stat.  Friuli-Venezia
 Giulia,  8 n. 5 e 16 stat. Trentino-Alto Adige) nella parte in cui esse
 trasferiscono  alle  regioni  e  alle  province  autonome  la   materia
 dell'urbanistica:  appunto  sulle dette norme costituzionali si fondano
 le resistenti  per  affermare  il  loro  potere  di  comprendere  negli
 strumenti  urbanistici  i beni dello Stato, prevedendo per essi nuove e
 diverse funzioni.
     Occorre pertanto stabilire se detta attribuzione della  materia  di
 cui  si  tratta  escluda  ogni  potesta'  dello  Stato  in  ordine alla
 destinazione dei  propri  immobili,  sicche'  i  suddetti  soggetti  di
 governo  locale  possano  operarne da soli il mutamento, ovvero se essa
 determini  in  subiecta  materia  un  concorso  di  poteri,  onde  ogni
 determinazione  locale  resti  pur  sempre condizionata dall'intervento
 della volonta' statale.
     6.  -  Deduce  ancora  la   Provincia,   al   fine   di   sostenere
 l'inammissibilita'  dei  ricorsi,  che  essi  investono  atti  di  sola
 approvazione ossia, a suo dire, meri  atti  di  controllo,  mentre  gli
 effetti   di   cui  lo  Stato  si  duole  debbono  essere  imputati  ai
 provvedimenti comunali con cui e' adottato  lo  strumento  urbanistico:
 provvedimenti  che  non  possono  formare  oggetto  di  un giudizio per
 regolamento di competenza perche' non promanano da uno dei soggetti del
 conflitto.
     Rileva pero' in contrario la Corte che l'intervento delle Regioni o
 delle Province autonome in materia di piani regolatori e  programmi  di
 fabbricazione  non  ha  soltanto  una  efficacia  di  controllo,  ma si
 inserisce, quale elemento costitutivo, in una fattispecie a  formazione
 progressiva,  potendosi  con  esso apportare modificazioni, variazioni,
 soppressioni e aggiunte alle previsioni formulate dal Comune.
     E' vero che sin dal momento dell'adozione  da  parte  degli  organi
 comunali  lo  strumento  urbanistico produce alcuni effetti prodromici,
 sia pur limitati, i quali trovano la loro giustificazione nell'esigenza
 che medio tempore non  sia  pregiudicata  l'attuazione  di  esso.  Tale
 efficacia  anticipata  non  rileva  pero' sulla serie procedimentale di
 formazione del medesimo, serie  che  da'  vita  ad  un  atto  complesso
 riferibile  non  soltanto  agli  enti minori (comuni) ma anche a quelli
 (regioni, province autonome) che provvedono all'approvazione.
     Si  ripete qui pertanto, pur nella diversita' del caso concreto, la
 medesima situazione gia' oggetto della sent. n.  175 del 1976, con  cui
 questa  Corte ha ritenuto ammissibile (ed anche fondato) il ricorso per
 conflitto di attribuzione da parte dello Stato contro la Regione Lazio:
 questa, senza alcuna intesa con il  competente  organo  statale,  aveva
 approvato  il piano regolatore del Comune di Latina, comprendente anche
 il parco del Circeo, sebbene la materia dei parchi nazionali non  fosse
 stata trasferita alle Regioni, ma fosse rimasta di competenza statale.
     7.  -  Osserva  ancora  la  Corte  che  vanamente, a sostegno della
 dedotta inammissibilita', la Provincia di  Bolzano  invoca  la  propria
 legislazione  locale,  la quale non puo' avere alcun rilievo, una volta
 che, come sopra e' stato  chiarito,  il  giudizio  concerne  una  norma
 costituzionale  attributiva  di  competenza.  La legislazione predetta,
 invero, ha la funzione di disciplinare la materia trasferita, ma non e'
 certo idonea ad operare essa stessa un trasferimento.
     Ne', infine, puo' trovare accoglimento l'eccezione  proposta  dalla
 Regione  Friuli-Venezia  Giulia  (e fatta propria dalla Regione Veneto)
 secondo cui il proposto conflitto e' inammissibile, in  quanto,  a  suo
 dire,  il  piano  regolatore  e'  privo  di  una  sua  forza  cogente e
 costituisce un mero programma, inidoneo a produrre lesione di posizioni
 giuridiche.
     Invero, anche se cosi' fosse, l'atto sarebbe tuttavia capace di dar
 luogo a conflitto, in quanto integrerebbe pur sempre una manifestazione
 di volonta' diretta all'affermazione di  una  competenza  in  contrasto
 (vero  o  presunto)  con  quella  di  altro  ente,  il  che, secondo la
 giurisprudenza di questa Corte, e' sufficiente per la  configurabilita'
 di una controversia da decidere in sede di giudizio costituzionale.
     Peraltro,  il piano regolatore, una volta approvato, ha una propria
 efficacia immediata ed e' autonomamente impugnabile per  vizi  ad  esso
 riferibili,  i  quali  non  possono  piu' essere fatti valere contro lo
 strumento  di  attuazione  (piano   particolareggiato),   soggetto   ad
 impugnazione  soltanto  per  quanto  di  nuovo  e peculiare sia in esso
 contenuto.
     9. - Nel merito, osserva la  Corte  che  la  questione  generale  e
 comune   a  tutti  i  ricorsi  concerne  l'ambito  di  attribuzioni  da
 riconoscere  alle  Regioni  e  alle  Province  autonome  nella  materia
 dell'urbanistica, secondo le previsioni della Costituzione e delle gia'
 citate norme degli statuti speciali.
     Precisamente  si  tratta  di  stabilire,  agli effetti del presente
 giudizio, se il potere appartenente  alle  Regioni  resistenti  e  alla
 Provincia  di Bolzano sia pieno ed esclusivo, onde solo ad esse competa
 di approvare gli strumenti  urbanistici,  quando  questi  ultimi,  come
 nella  fattispecie  in  esame,  non  solo  comprendano  i beni pubblici
 statali (il che e' necessario, dovendo il piano regolatore  comprendere
 l'intero territorio comunale: art. 7 l. 17 agosto 1942 n.  1150, modif.
 dall'art.  1  l.  19  novembre  1968  n.  1187), ma contengano altresi'
 previsioni di destinazioni diverse da quelle attuali, senza  l'adesione
 dello   Stato,   pur   sempre   titolare  della  proprieta'  (pubblica)
 istituzionalmente  preordinata  alla  cura  di  interessi  generali  da
 soddisfare con i beni medesimi.
     La  questione,  cosi'  posta,  va  risolta in senso favorevole allo
 Stato.
     Gia', in linea di principio, questa Corte ha avuto modo di rilevare
 che  le attribuzioni costituzionalmente garantite delle Regioni e delle
 due Province autonome non escludono senz'altro, nelle singole  materie,
 la  consistenza di alcuni poteri statali, con la relativa necessita' di
 coordinamento, quando si tratti della tutela di esigenze che esorbitino
 dall'ambito regionale e non possano quindi non continuare  a  permanere
 nella  sfera dello Stato: le Regioni, invero, com'e' ius receptum, sono
 enti esponenziali di interessi locali e quindi non possono incidere  su
 posizioni giuridiche che fanno capo all'intera collettivita' nazionale.
     In  particolare  poi  la Corte, dopo aver precisato, in armonia con
 l'art. 80 d.P.R. n. 616/1977, che l'urbanistica comprende tutto  quanto
 concerne  l'uso  dell'intero  territorio ai fini della localizzazione e
 tipizzazione degli insediamenti, con le relative infrastrutture  (sent.
 n.    239/1982), ha avvertito che la competenza regionale subisce varie
 restrizioni, tra cui, ad esempio, quelle relative alla  costruzione  di
 opere  pubbliche  di  interesse  nazionale,  sempre  appartenenti  alla
 competenza centrale.
     Analoga restrizione, per l'eadem ratio, non  puo'  non  verificarsi
 per  i  beni pubblici statali (demaniali e patrimoniali indisponibili),
 il cui uso, secondo la loro natura  e  finalita',  attiene  ai  compiti
 dello  Stato  ed  e' inteso alla soddisfazione, con modalita' varie, di
 interessi riferibili a tutta la comunita'  nazionale  (si  puo'  invero
 distinguere,  com'e'  noto,  tra  un  uso  indiretto,  per il demanio e
 patrimonio militare,  le  strade  ferrate,  gli  aeroporti,  e  un  uso
 diretto, per il demanio marittimo, idrico, stradale, ecc.).
     10.  -  Giova  in proposito ricordare come gia' nella vigenza della
 legge 17 agosto 1942 n. 1150, il cui art.  10  attribuiva  agli  organi
 statali  il  potere  (ora  trasferito alle regioni) di approvazione del
 piano regolatore generale, il controllo di conformita' alle  previsioni
 urbanistiche  delle  opere  da  eseguire su terreni demaniali (art. 31,
 modif.  dall'art. 10 l. 6 agosto 1967 n. 765) spettava al Ministero dei
 lavori pubblici d'intesa con le  amministrazioni  interessate:  sistema
 confermato  testualmente  dall'art. 9, ultimo comma, l. 28 gennaio 1977
 n. 10.
     E puo' anche ricordarsi che l'art. 3 l. 24  dicembre  1976  n.  898
 affida,   in   materia   di   servitu'  militari,  ad  atti  bilaterali
 l'armonizzazione  tra  i  piani  territoriali  delle  regioni  o  delle
 Province  autonome  e  le  esigenze dell'Amministrazione centrale della
 difesa.
     Sulla linea di continuita' di dette norme, va  affermato  che  ogni
 qual   volta   concorra  -  come  nella  fattispecie  in  esame  -  una
 molteplicita' di interessi eterogenei, riferibili a soggetti diversi  e
 tutti   di   rilievo   costituzionale,   alla  loro  composizione  deve
 provvedersi  attraverso  l'istituto,  tipico  e  generale  del  diritto
 pubblico, rappresentato dall'intesa.
     In proposito l'affermazione della Provincia di Bolzano, secondo cui
 l'intesa   sarebbe  possibile  soltanto  nel  caso  specifico  previsto
 dall'art. 81, secondo comma, d.P.R.   616/1977, non sembra  alla  Corte
 puntuale.  La  norma  ora citata si riferisce invero ad una fattispecie
 particolare, che non esclude certo l'impiego dell'istituto  (il  quale,
 come  s'e'  detto,  e'  di  portata  generale)  tutte le volte che esso
 costituisce strumento idoneo a realizzare la sua funzione ora detta.
     Tutto cio' conferma la gia' preannunciata conclusione, secondo  cui
 non  spetta  alle  Regioni  ed  alle  Province  autonome  approvare gli
 strumenti urbanistici senza che, nelle parti in cui essi  prevedono  il
 mutamento  di  destinazione  degli  immobili pubblici appartenenti allo
 Stato,  sia  previamente  intervenuta un'intesa con i competenti organi
 centrali.
     In definitiva vanno quindi accolti tutti i ricorsi  che  hanno  per
 oggetto esclusivamente la questione ora esaminata, mentre la Corte deve
 ancora  soffermarsi  brevemente  sulle  impugnazioni con cui sono state
 mosse alcune eccezioni particolari.
     11. - Si tratta anzitutto del ricorso n. 6/1979, relativo al  piano
 urbanistico  del Comune di Campo di Trens, approvato dalla Provincia di
 Bolzano.  Al  riguardo  osserva   la   Corte   che,   in   accoglimento
 dell'eccezione  sollevata dalla resistente, puo' ritenersi - sulla base
 degli atti ed anche in mancanza di specifica contestazione - che non vi
 sia stata lesione della competenza statale poiche' una parte della zona
 in questione (quella sud) appartiene al  patrimonio  disponibile  dello
 Stato,  e  non  e' percio' soggetta ai principi di diritto pubblico ora
 detti, mentre per l'altra parte (quella nord) risulta gia'  intervenuta
 l'intesa tra Stato e Comune.
     Non puo' invece essere accolta l'eccezione della Provincia (ricorso
 n. 3/1981) relativa al Comune di Bressanone in quanto l'immobile di cui
 trattasi,  un  poligono  di tiro, costituisce pertinenza delle opere di
 difesa nazionale e quindi rientra nella previsione dell'art.  822  cod.
 civ.  Peraltro,  se  pure  in ipotesi potesse accettarsi l'affermazione
 della resistente Provincia, il bene rientrerebbe pur sempre -  come  la
 stessa  in  fondo  riconosce  -  nella  categoria dei beni patrimoniali
 indisponibili (ovviamente  un  temporaneo  non  uso  sarebbe  privo  di
 rilevanza,  dato  che  i  beni del patrimonio indisponibile non possono
 essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle
 leggi che li riguardano,  come  espressamente  stabilisce  l'art.  828,
 secondo  comma,  cod.    civ.) e quindi rimarrebbero immutati i termini
 della questione, la quale concerne egualmente i beni demaniali e quelli
 patrimoniali indisponibili.