ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 7
ottobre 1969, n. 742 ("Sospensione dei termini processuali nel
periodo feriale") promosso con ordinanza emessa il 27 marzo 1985
dalla Corte di Cassazione sul ricorso proposto da Zavattero Matilde
contro Comune di Revello iscritta al n. 897 del registro ordinanze
1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17
Prima serie speciale dell'anno 1986;
Udito nella camera di consiglio del 20 maggio 1987 il Giudice
relatore Renato Dell'Andro.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza emessa il 27 marzo 1985 (Reg. Ord. 897/85) la Corte
di Cassazione ha sollevato, in riferimento all'art. 24 Cost.,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 7
ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo
feriale) nella parte in cui non dispone che la sospensione da esso
prevista si applichi anche al termine di cui all'art. 19, comma
primo, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 ed all'art. 14 della legge
28 gennaio 1977, n. 10.
La suprema Corte premette che, nella specie, l'opposizione alla
stima dell'indennita' d'espropriazione era stata dichiarata
inammissibile perche' proposta oltre il termine di trenta giorni di
cui ai detti artt. 19 legge n. 865 del 1971 e 14 legge n. 10 del
1977, termine al quale andava attribuito carattere sostanziale e non
processuale con conseguente inapplicabilita' della sospensione di cui
all'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, che si riferisce
invece ai termini aventi essenzialmente ed esclusivamente natura
processuale.
Senonche', osserva la Corte di Cassazione, tale termine, se ha
senza dubbio natura sostanziale, ha altresi' rilevanza processuale in
quanto entro la sua scadenza deve essere iniziato il procedimento
d'opposizione alla stima. Questa opposizione costituisce l'unico
rimedio del quale l'espropriato puo' avvalersi per conseguire il
giusto indennizzo: e pertanto, quando il termine entro il quale essa
deve essere proposta coincide in tutto o in parte col periodo
feriale, l'espropriato stesso viene a trovarsi pressocche'
nell'impossibilita' pratica di far valere il proprio diritto
giurisdizionalmente, in contrasto col principio di cui all'art. 24
Cost. Del resto, conclude il giudice a quo, con la sentenza n. 40 del
1985 questa Corte ha gia' dichiarato l'illegittimita' dell'art. 1
della medesima legge n. 742 del 1969, nella parte in cui non dispone
che la sospensione da esso prevista si applichi all'analogo termine
di cui all'art. 51, commi primo e secondo, della legge 25 giugno
1965, n. 2339.
L'ordinanza e' stata regolarmente comunicata, notificata e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
Nessuno si e' costituito nel giudizio dinanzi alla Corte ne' e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - L'art. 1 della legge 14 luglio 1965, n. 818 e l'art. 1 della
legge 7 ottobre 1969, n. 742, disponendo la sospensione, in periodo
feriale, dei termini processuali, hanno indotto dottrina e
giurisprudenza a ricercare il criterio della distinzione tra termini
"sostanziali" e "processuali". E poiche', come ribadito anche da
questa Corte (cfr. sent. n. 130 del 1974) il problema interpretativo
in ordine all'inclusione, nell'una o nell'altra categoria, dei
termini di volta in volta emersi nelle concrete vicende processuali
e' di competenza del giudice ordinario, si e' assistito ad una
singolare fioritura di decisioni giurisprudenziali nettamente diverse
e, spesso, contraddittorie. Mentre per i termini processuali in senso
stretto (categoria che viene desunta dall'art. 152 c.p.c.) e cioe'
per i termini che disciplinano gli atti del processo al fine del
regolare e corretto esercizio dell'attivita' giurisdizionale, non si
sono registrate divergenze degne di nota, per un genere "intermedio",
costituito da termini previsti da leggi sostanziali ma aventi anche
"rilevanza processuale" (come s'esprime l'ordinanza di rimessione) o,
comunque, "legati al processo", pur non essendovi "formalmente"
inseriti (come s'esprime l'ordinanza del 10 gennaio 1972 del giudice
conciliatore di La Spezia, che ha dato luogo alla precitata sentenza
di questa Corte n. 130 del 1974) si devono porre in rilievo "opposte"
decisioni giurisprudenziali. La Corte di Cassazione ha, infatti,
negato natura "processuale" ai termini, previsti da leggi
sostanziali, per l'opposizione alla stima in materia d'espropriazione
per pubblica utilita' (ipotesi sulla quale si discute nel giudizio a
quo) per l'azione di disconoscimento di paternita', per l'azione di
rescissione per lesione, per l'impugnazione di delibere condominiali
o di societa', ecc. Talvolta, la stessa Corte di Cassazione ha,
invece, riconosciuto natura "processuale" ai termini per esperire
l'azione giudiziaria in materia elettorale e tributaria. In netto
contrasto con l'orientamento maggioritario della Corte di Cassazione
e' il Consiglio di Stato, per il quale costituiscono "termini
processuali" anche quelli per l'impugnazione dei provvedimenti
amministrativi.
2. - E' necessario premettere alcune osservazioni senza le quali
non si riuscirebbe ad intendere la conclusione della parziale
illegittimita' dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, che
qui ci si accinge ad assumere, in accoglimento della questione
sollevata dal giudice conciliatore di La Spezia, in riferimento
all'art. 24 Cost.
Per vero, l'art. 152 c.p.c. non offre una nozione generale di
"termini processuali", limitandosi a statuire che "I termini per il
compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge". Ma
anche se lo stesso articolo offrisse una nozione di termine
processuale, partire da quella per individuare il criterio di
distinzione tra termini sostanziali e processuali, valida "anche" per
l'interpretazione dell'art. 1 della legge n. 742 del 1969, non sembra
condividibile: a meno che e fino a quando non si dimostri, per altra
via, che "proprio e soltanto" a quel criterio la legge n. 742 del
1969 si e' attenuta. Ogni criterio di distinzione non soltanto non
puo' esser assunto come generale ed assoluto, ma e', per sua natura,
di volta in volta, legato allo scopo ed alla funzione del
"distinguere"; la demarcazione tra "sostanza" (diritto sostanziale) e
"procedura" (diritto processuale) e' una delle linee piu'
storicamente variabili e piu' legate alle necessita' dei rami e dei
singoli settori della ricerca.
Certo, nominalisticamente, accanto ed oltre alle due categorie di
termini "sostanziali" e "processuali", se ne possono individuare
altre (ad esempio "termini sostanziali a rilevanza anche
processuale") come si puo' affermare l'esistenza di termini
processuali "in senso stretto" (formalmente inseriti nel processo e
riferiti ad atti processuali, a giudizio gia' iniziato) e termini
processuali "in senso largo" (comunque processualmente rilevanti).
Anche per gli atti processuali puo' profilarsi (ed e' stata
prospettata) la distinzione tra atti processuali "in senso stretto"
(realizzati nel processo) ed "in senso largo" (compiuti fuori del
processo e tuttavia produttivi di effetti processuali). Ma, ognun
vede la relativita' di tale metodo, finche' non si sia dimostrata la
"non arbitrarieta'" delle note assegnate ai concetti (termine
processuale, atto processuale ecc.): e tale "non arbitrarieta'" e' da
provarsi attraverso il positivo, ben individuato, scopo legislativo e
la funzione che le norme assegnano ai predetti concetti.
3. - L'istituto della sospensione dei termini processuali in
periodo feriale nasce dalla necessita' d'assicurare un periodo di
riposo a favore degli avvocati e procuratori legali. Tale scopo va,
tuttavia, perseguito senza ledere interessi "preminenti", nei limiti,
cioe', della gerarchia dei beni e valori giuridicamente tutelati; per
queste ragioni, come ha sottolineato la sentenza di questa Corte n.
130 del 1974, il legislatore del 1969, come gia' quello del 1965, non
potendo sacrificare allo scopo dell'istituto in discussione "le
situazioni che avrebbero piu' gravemente inciso nella sfera dei
termini di diritto sostanziale, ha circoscritto l'istituto ai soli
termini processuali", oltre a prevedere le "eccezioni" di cui agli
artt. 2 e 3 della legge n. 742 del 1969. L'esigenza di non perseguire
"in modo totalitario e incondizionato" lo scopo di concedere agli
avvocati e procuratori legali (ed anche alle parti) il necessario
riposo feriale ha condotto il legislatore alla "limitazione" qui in
discussione e, cioe', alla previsione della sospensione dei soli
termini processuali. La categoria "termini processuali" e' servita,
pertanto, al legislatore per non arrecare pregiudizi, ingiustificati
ed "ulteriori", rispetto a quelli "indispensabili" per il
raggiungimento del necessario "riposo feriale".
Va a questo punto sottolineato che la situazione di chi deve
ricorrere in periodo feriale ad un legale perche' rediga un atto
processuale (in senso stretto) non e' diversa da quella di chi deve
necessariamente (per non far scadere il termine di cui agli artt. 19
della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e 14 della legge 28 gennaio 1977,
n. 10) ricorrere ad un legale per predisporre l'atto introduttivo del
giudizio di primo grado, che e' certamente un atto processuale. E,
d'altra parte, poiche' l'istituto della sospensione dei termini nel
periodo feriale e' anche correlato al potenziamento del diritto di
azione e di difesa (art. 24 Cost.), limitare arbitrariamente la
sospensione ai soli termini che, ad altri fini, sono qualificati
processuali (termini processuali "in senso stretto", che
presuppongono il giudizio gia' iniziato) ed escludere, per l'ipotesi
che ci occupa, il termine di cui agli artt. 19 della legge 22 ottobre
1971, n. 865 e 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, che e'
certamente non meno importante dei termini processuali "puri" e che
non incide, in modo rilevante, su situazioni "preminenti" rispetto
agli scopi dell'istituto della sospensione feriale dei termini,
equivale a violare l'art. 24 Cost. Ed, in proposito, non possono
distinzioni "formali", costruite per altri fini, superare,
giustificandola, tale violazione.
Si ricordi, poi, che ricorrere, ai fini di predisporre l'atto
introduttivo del giudizio, al difensore tecnico e' obbligatorio: ed
e' quasi superfluo aggiungere che, ammessa, in generale, la
sospensione dei termini in periodo feriale e negata la medesima per
l'opposizione alla stima dell'indennita' di espropriazione per
pubblica utilita', una volta consentite, in generale, agli avvocati e
procuratori le ferie, oltremodo difficile sarebbe, per l'espropriato
(ove, ad esempio, il termine di cui ai precitati articoli 19 della
legge n. 865 del 1971 e 14 della legge n. 10 del 1977 iniziasse o
scadesse in periodo feriale o dannatamente coincidesse interamente
con lo stesso periodo) esercitare il suo diritto di azione con idonea
assistenza tecnica. Non solo sarebbe, in tal caso, violato l'art. 24
Cost. ma, poiche' il diritto d'opposizione alla stima dell'indennita'
non puo' che essere, come di regola, correlato ad un'azione
giudiziaria idonea a garantirlo, rendere impossibile od oltremodo
difficoltoso l'esercizio della stessa azione (attraverso l'esclusione
dalla sospensione feriale del termine in discussione, peraltro breve)
equivale a vanificare anche il diritto all'opposizione.
Ed a questo proposito non va dimenticato che il termine di trenta
giorni, ex art. 19 della legge n. 865 del 1971, inizia a decorrere
dal compimento di atti proprii dell'espropriante; questi, pertanto,
ben potrebbe abilmente far cominciare a decorrere lo stesso termine
dall'inizio del periodo feriale (di quarantacinque giorni) con il
conseguente aggravamento delle difficolta' dell'espropriato di
proporre tempestiva opposizione. Si badi: la sospensione dei termini
processuali in periodo feriale e' gia' ammessa, salve alcune
"eccezioni", in generale, per tutti i processi innanzi alle
magistrature ordinarie ed amministrative. Esaminando l'esclusione
dalla sospensione dei termini (nell'ipotesi d'opposizione alla stima
dell'indennita' d'espropriazione per pubblica utilita') nel quadro
dell'intero sistema positivamente vigente, ci s'accorge che la
predetta esclusione, non incidendo negativamente in situazioni, beni
o valori "preminenti", non rientra nelle "ragioni" per le quali il
legislatore del 1969 ha limitato la sospensione ai soli termini
"processuali", escludendola per i "sostanziali". E se anche i termini
di cui qui si discute siano qualificati "sostanziali" (si
qualifichino "anche" come processuali o meno, non importa) essi non
potrebbero non rientrare nelle "ragioni" per le quali e' stata
istituita la sospensione feriale ex art. 1 della legge n. 742 del
1969 e, pertanto, anche ad essi deve applicarsi lo stesso articolo.
4. - Ed a conferma dell'illegittimita' della disposizione
impugnata, vale anche considerare quest'ultima alla luce dell'intero
sistema dell'istituto dell'espropriazione per pubblica utilita'. Gia'
l'enorme diversita' dei termini accordati alle due parti e', per se',
motivo di grave disparita' di trattamento delle medesime: ma, ove si
ricordi che, nella dialettica delle posizioni giuridiche sostanziali,
l'espropriando ha un unico mezzo di compensazione dell'atto
espropriativo, la determinazione progressiva dell'indennita',
l'ordinamento non puo' che agevolare al massimo, l'effettiva
realizzazione dell'opposizione alla stima; il non estendere la
sospensione feriale del termine (particolarmente breve, concesso
all'espropriato) per proporre l'opposizione in esame, non solo non
agevola ma frappone ulteriori ostacoli alla realizzazione di
un'impugnazione che, se non puo', da sola, sollevare l'espropriando
dalla posizione di disfavore nella quale versa, almeno serve a
ridurre il danno che gli si arreca.
E non si obietti che, alla base dell'azione dell'espropriante, vi
sono interessi generali, pubblici, giacche' cio' costituisce, certo,
il fondamento dell'istituto dell'espropriazione per pubblica utilita'
ma non puo' valere come motivo per ulteriormente aggravare la
condizione dell'espropriato.
A meno che non si sostenga che, essendo il diritto d'azione
possibilita' "astratta" di sollecitare l'esercizio della
giurisdizione, indipendentemente dall'esito della lite, rendere
impossibile od oltremodo difficoltoso l'esercizio di tale diritto
(mediante l'esclusione dalla sospensione feriale del termine per
iniziare l'azione d'opposizione qui in esame) e, conseguentemente,
contribuire ad agevolare la decadenza per inutile decorso del
predetto termine, non intacchi in nulla il diritto d'azione,
estinguendosi con la decadenza il diritto soggettivo e non il diritto
d'azione; ed a meno che non si concluda, cioe', nel senso che
quest'ultimo si puo' sempre esercitare, anche se l'esito della lite,
nella prospettata ipotesi, sara' sfavorevole all'attore. Tale
assunto, tuttavia, non puo', ovviamente, in alcun modo essere
condiviso.
Ed e', infine, quasi superfluo aggiungere che l'estensione della
sospensione feriale al termine per l'opposizione alla stima
dell'indennita', in sede d'espropriazione per pubblica utilita', non
incide negativamente sulla "certezza del diritto": rendere
costituzionalmente legittima una disciplina non solo non puo'
"offendere" la "certezza del diritto" ma equivale a rendere "certa"
ed "effettiva" la Costituzione repubblicana.
5. - Si puo', dunque, anche continuare a sostenere che, non
essendo iniziato un procedimento, il termine di cui agli artt. 19
della legge n. 865 del 1971 e 14 della legge n. 10 del 1977 non e'
processuale "in senso puro" od "in senso stretto" ma nessuno puo'
(dopo aver sottolineato l'affinita' "sostanziale" del predetto
termine con quelli generalmente disposti per le impugnazioni e dopo
aver ribadito l'unita' "sostanziale" dell'intero iter realizzativo
dell'espropriazione per pubblica utilita') disconoscere che violato
sarebbe l'art. 24 Cost. ove non fosse ammessa la sospensione feriale
del termine per l'opposizione alla stima dell'indennita', con
ulteriore, grave pregiudizio per l'espropriando, nei confronti di
chi, invece, di un'impugnazione analoga potrebbe godere per la sola
ragione del riferimento dei termini da rispettare ad un atto
processuale "in senso puro".
6. - Quanto sopra osservato prepara ad intendere appieno
l'importanza e la portata innovativa (peraltro gia' posta in luce dai
commenti della dottrina) della sentenza di questa Corte del 13
febbraio 1985, n. 40. La predetta sentenza, superata la tesi secondo
la quale i termini sono, alternativamente, sostanziali "o"
processuali; non intendendo, peraltro, nominalisticamente introdurre
la sottocategoria "intermedia" dei termini "sostanziali a rilevanza
processuale", riconosce al termine di trenta giorni, di cui all'art.
51 della legge n. 2359 del 1865, natura ad un tempo sostanziale e
processuale. E cosi' motiva: "l'opposizione avanti il giudice
competente e' l'unico rimedio posto a disposizione dell'espropriato
per conseguire il giusto indennizzo, nel quale l'art. 42 Cost.
ravvisa l'indefettibile bilanciamento dell'espropriazione della
proprieta' privata per interesse generale... Si attenterebbe al
diritto di agire in giudizio per la tutela delle proprie pretese con
escludere dall'area di applicazione dell'art. 1 (della legge n. 742
del 1969) l'opposizione dell'espropriato alla stima".
La Corte, per le ragioni espresse in precedenza, non ha che da
ribadire quanto deciso dall'ora riportata sentenza. La stessa Corte
deve, pertanto, dichiarare l'illegittimita' dell'art. 1 della legge
742 del 1969, nella parte in cui non contempla il termine di cui agli
artt. 19, primo comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e 14 della
legge 28 gennaio 1977, n. 10.
La dichiarazione di parziale illegittimita' dell'art. 1 della
legge n. 742 del 1969 e' la sola conclusione da assumere, tenuto
conto del fatto che il giudice a quo (unico competente a risolvere il
problema dell'interpretazione da dare all'articolo ora citato, in
relazione alla specifica ipotesi dell'opposizione alla stima
dell'indennita' d'espropriazione per pubblica utilita') e'
dell'avviso che l'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742,
prevedendo la sospensione feriale dei termini "aventi essenzialmente
ed esclusivamente natura processuale" non sia, interpretativamente,
da ritenere applicabile al termine fissato dall'art. 19, comma primo,
della legge 22 ottobre 1971, n. 865, nel testo sostituito dall'art.
14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 ritenuto di carattere
sostanziale. Il giudice a quo ha, cosi', aderito all'interpretazione
"maggioritaria" della Corte di Cassazione, respingendo
l'interpretazione dell'art. 1 della legge n. 742 del 1969 accolta dal
Consiglio di Stato.
D'altronde la parziale dichiarazione d'illegittimita'
costituzionale dell'articolo da ultimo citato, per non aver fatto
riferimento a fattispecie disciplinate da leggi "successive", e'
l'unica, necessitata soluzione della controversia, tenuto, appunto,
conto del rifiuto, da parte del giudice a quo, dell'interpretazione
estensivo-evolutiva della norma impugnata.