ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 423, primo
 comma, del Codice della Navigazione, promosso con ordinanza emessa il
 15  maggio  1986  dalla  Corte di Appello di Catania nel procedimento
 civile vertente tra  S.p.A.  Traghetti  delle  Isole  Eolie  e  Cerra
 Rosario  ed  altro,  iscritta al n. 644 del registro ordinanze 1986 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  54/1›  s.s.
 dell'anno 1986;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  29  settembre  1987 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Udito l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del
 Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un giudizio per il risarcimento dei danni per la
 perdita di un  autocarro  e  delle  merci  da  esso  trasportate,  in
 conseguenza  dell'affondamento  di una nave traghetto in servizio tra
 Milazzo e Lipari, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso contro
 una  sentenza  della  Corte  d'Appello di Messina, che aveva ritenuto
 ammissibile  nella  fattispecie  il  concorso,  tra   responsabilita'
 contrattuale  ed  extracontrattuale  del  vettore.  La  causa  veniva
 rinviata alla Corte d'Appello di  Catania  con  la  enunciazione  del
 principio  secondo  il  quale  "nel  trasporto  marittimo  di cose il
 vettore armatore risponde del fatto dei preposti a  titolo  di  colpa
 contrattuale,  secondo  le  disposizioni  degli  artt. 422 e 423 cod.
 nav...".  Si  escludeva,  dunque,   la   possibilita'   di   concorso
 dell'azione contrattuale con l'azione risarcitoria aquiliana ai sensi
 dell'art. 274, cod. nav. e 2049  cod.  civ..  Tali  norme  non  erano
 ritenute  invocabili dal creditore della prestazione di trasporto, in
 quanto riconosciute operanti solo nei confronti dei terzi estranei  a
 tale rapporto.
    Il  giudice  di  rinvio  rilevava,  poi,  che,  essendo mancata la
 dichiarazione di valore dei beni imbarcati, alla  fattispecie  doveva
 applicarsi  il  principio  fissato nel primo comma dell'art. 423 cod.
 nav., secondo il quale per ogni unita' di carico il risarcimento  non
 puo' essere superiore a lire duecentomila.
    Peraltro, ritenendo che l'anzidetta disposizione contrasti con gli
 artt. 3 e 42  Cost.,  con  ordinanza  15  maggio  1986  ha  sollevato
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 423 cod. nav.,
 nella parte in cui, in mancanza di  dichiarazione  del  valore  della
 merce caricata, prevede la su detta limitazione della responsabilita'
 del vettore.
   Secondo  il  giudice  a quo tale norma violerebbe l'art. 3 Cost. in
 quanto "non tiene  conto  della  diversa  capacita'  di  reddito,  in
 dipendenza della diversita' delle condizioni economiche dei creditori
 della   prestazione   di   trasporto";   cio'   porterebbe   ad   una
 ingiustificata  disparita'  di  trattamento  degli stessi ai fini del
 risarcimento dei danni.  La  norma  violerebbe,  inoltre,  l'art.  42
 Cost.,   stante   la   sostanziale   irrisorieta'  della  misura  del
 risarcimento previsto, rimasta inalterata  dal  1954,  rispetto  alla
 quale  non  sarebbe  congruo  rimedio la possibilita', prevista dallo
 stesso art. 423 cod. nav., di  dichiarare  all'atto  dell'imbarco  il
 valore della merce.
    2.  -  Dinanzi  a  questa  Corte  e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio dei ministri, ed ha chiesto che la questione sia dichiarata
 inammissibile o, comunque, infondata.
    In  riferimento  all'art.  3 Cost., l'inammissibilita' e' connessa
 alla  irrilevanza  della  dedotta  disparita'  di   trattamento   tra
 creditori,  non  considerando  la  norma  le condizioni economiche di
 essi. Comunque, la questione,  secondo  l'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  sarebbe  infondata sotto tutti i profili prospettati, poiche'
 l'art. 423 c.nav. non attua alcuna discriminazione e connette al solo
 comportamento dell'interessato, che abbia scelto di non dichiarare il
 valore delle merci trasportate,  la  limitazione  di  responsabilita'
 prevista.   Pertanto   la   soluzione   normativa,  che  assicura  la
 salvaguardia della pretesa risarcitoria attraverso lo strumento della
 dichiarazione  di  valore, sarebbe idonea a soddisfare le esigenze di
 tutela del danneggiato.
                         Considerato in diritto
    3.  -  Le  questioni di costituzionalita' sollevate dalla Corte di
 appello di Catania si collegano strettamente con il principio fissato
 dalla  Cassazione,  rinviando a quel giudice, che esclude il concorso
 della responsabilita'  contrattuale  del  vettore  marittimo  con  la
 "diversa"  forma di responsabilita' extracontrattuale, ai sensi degli
 artt. 274 c. nav. e 2049
 c. civ.
    Alla  fattispecie  (danni  per  perdita  di  un  autocarro e della
 relativa merce  in  un  trasporto  marittimo  da  Milazzo  a  Lipari,
 effettuato  con  nave  traghetto),  la Cassazione ritenne applicabile
 l'art. 423 c. nav., che limita il risarcimento  dovuto  dal  vettore,
 per  ciascuna unita' di carico, a lire duecentomila (art. 423 c. nav.
 cit., come modificato dall'art. 2 l. 16 aprile 1954, n. 202).
    Nell'attuale testo la norma cosi' dispone: "Il risarcimento dovuto
 dal vettore non puo', per ciascuna unita' di carico, essere superiore
 a  lire  duecentomila  o  alla maggior cifra corrispondente al valore
 dichiarato  dal  caricatore  anteriormente  all'imbarco.  Il   valore
 dichiarato  dal  caricatore anteriormente all'imbarco si presume come
 valore effettivo delle cose trasportate fino a prova contraria; ma il
 vettore,   ove  provi  che  la  dichiarazione  e'  inesatta,  non  e'
 responsabile per la perdita o per le avarie  delle  cose  trasportate
 ovvero per ritardo, a meno che venga provato che l'inesattezza non fu
 scientemente commessa".
    L'ordinanza sospetta di incostituzionalita' tale disciplina, sotto
 diversi profili, in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost. (cfr. n.  7).
    4.  -  Ai fini di precisare la sfera di operativita' dell'art. 423
 c. nav., appare opportuno considerarne la genesi e l'evoluzione.
    La  norma  deriva  dalla  corrispondente disciplina (art. 4) della
 convenzione di Bruxelles 25 agosto 1924. Questa  convenzione  recepi'
 l'ampia  elaborazione  contenuta  nelle c.d. Regole dell'Aja (1921) e
 costitui' il momento attuativo della  tendenza  diretta  a  contenere
 l'introduzione,  nelle polizze di carico, di clausole di esonero o di
 limitazione della "responsabilita'" del vettore.
    La  convenzione,  mentre  stabiliva  la  nullita' di tali clausole
 (art. 3 n. 8), fissava il limite  massimo  del  risarcimento  in  100
 sterline  oro  per  collo  o  unita'  o l'equivalente in altra moneta
 (artt. 4.5, 9, primo comma), alla stregua di una valutazione "usuale"
 delle merci e delle relative perdite e danni.
    Il   caricatore   aveva   titolo   all'integrale  risarcimento  se
 dichiarava anteriormente alla caricazione (e inseriva in polizza)  la
 natura  e  il  valore  delle  merci  (art. 4.5, primo comma, convenz.
 cit.).
    Naturalmente, all'aumento dell'entita' del risarcimento finiva per
 corrispondere un aumento di nolo, in conseguenza anche della maggiore
 incidenza dell'assicurazione nel costo della prestazione del vettore.
    Tale  il  sistema  della convenzione di Bruxelles del 1924, che e'
 alla  base  della  normativa  dell'art.  423  c.  nav.  (cfr.  Relaz.
 ministeriale a questo codice: nn. 252 e 253).
    L'evoluzione  della  disciplina  uniforme  fu contrassegnata dalla
 sostituzione della sterlina oro col franco Poincare' (unita' di conto
 consistente  in 65,5 milligrammi d'oro con 900/1000 di fino) e con la
 fissazione dell'importo massimo del risarcimento in diecimila franchi
 per  collo  o unita' ovvero in trenta franchi per chilogramma di peso
 lordo per le  merci  perdute  o  danneggiate,  applicandosi  l'uno  o
 l'altro limite, se piu' elevato ((Protocollo di Bruxelles 23 febbraio
 1968,
 art.  2  lett.  a))  .  Successivamente  (Protocollo  di Bruxelles 21
 dicembre 1979, entrato in vigore per l'Italia il 22 novembre 1985) al
 franco  Poincare'  furono  sostituiti  come unita' di conto i diritti
 speciali di prelievo, che erano stati gia' introdotti dalle Regole di
 Amburgo del 31 marzo 1978.
    In  base  all'artt.  2.1 e 2 del Protocollo di Bruxelles del 1979,
 infatti,  l'entita'  del  risarcimento  viene  commisurata  a  666,67
 diritti  speciali  di prelievo per "package or unit" ovvero - se piu'
 favorevole - a 2 di tali diritti per chilogramma di peso della  merce
 perita o danneggiata.
    In  ogni  caso  resta  elemento  costante del sistema risarcitorio
 uniforme la facolta' del caricatore di  dichiarare  la  natura  e  il
 valore  delle  merci,  con  i  gia' segnalati riflessi sul limite del
 debito del vettore (cfr. Protocollo di Bruxelles del 1979 cit.,  art.
 2.1, lett. a).
    Queste  modificazioni  della  normativa  uniforme non diminuiscono
 l'attualita'   delle   considerazioni   contenute   nella   relazione
 ministeriale al codice della navigazione.
    Collegando  la  disciplina  posta  dalla  normativa nazionale alle
 origini e alle finalita' di quella  uniforme,  l'anzidetta  relazione
 sintetizza nel modo seguente le linee di funzionamento del sistema di
 limitazione del risarcimento dovuto dal vettore  marittimo  di  cose:
 inammissibilita' di una riduzione del limite; efficacia semplicemente
 presuntiva della dichiarazione di  valore  compiuta  dal  caricatore;
 conseguenza di una dichiarazione scientemente inesatta.
    Si riconnette alle norme relative un benefico risultato "in quanto
 le controversie erano fortissime al riguardo  della  validita'  delle
 clausole   limitative   di   polizza.   La   limitazione   legale   e
 l'orientamento univoco delle  alterazioni  contrattuali  per  i  casi
 considerati normali (e quindi sottoposti in pieno al regime dell'art.
 423) sono destinate ad eliminare radicalmente ogni incertezza". Anche
 per  i  casi  in  cui  fosse  ammessa  la piena derogabilita' di tale
 regime, l'interprete avrebbe agevolmente individuato il  criterio  al
 quale  attenersi  nel  giudicare  la  validita'  delle clausole. Tale
 criterio non poteva essere piu' rigoroso di quello che il legislatore
 aveva  fatto proprio nello statuire una limitazione di pieno diritto;
 e "poiche' questa limitazione prescinde da ogni discriminazione nella
 causa  della  responsabilita',  ne  sarebbero  risultate indipendenti
 anche  le  clausole  limitative  contrattuali,  sempre  che   fossero
 collegate  soltanto ad un equilibrio delle prestazioni, implicito nel
 libero  gioco  della  domanda  e  dell'offerta  del  servizio"  (cfr.
 Relazione ministeriale cit., n. 253).
    5.   -  Il  contenuto  dell'art.  423  c.  nav.  (limitazione  del
 risarcimento dovuto  dal  vettore;  possibilita'  di  deroga  a  tale
 limitazione  attraverso la dichiarazione di valore) trova, dunque, la
 sua ragione sostanziale nell'"equilibrio delle prestazioni, implicito
 nel   libero  gioco  della  domanda  e  dell'offerta  del  servizio".
 L'entita' del risarcimento e' in funzione del  costo  dell'operazione
 di  trasporto:  il  vettore, concoscendo, attraverso la dichiarazione
 del caricatore, l'effettivo valore della merce, e' posto al  corrente
 dell'entita'  della  sua  eventuale  obbligazione risarcitoria e puo'
 percio' adeguare ad essa il nolo. Si' che l'operativita'  del  limite
 e'  in  funzione  di  un  atto  di  autonomia di uno dei soggetti del
 rapporto (caricatore),  libero  di  scegliere  tra  risarcimento  non
 limitato  (con  maggiorazione del nolo) e risarcimento indicato nella
 prima parte del primo comma dell'art. 423 c.  nav.  (con  conseguente
 minor incidenza del corrispettivo).
    L'effetto sostanziale della dichiarazione di valore consiste nella
 determinazione convenzionale dell'ammontare dei danni risarcibili, in
 sostituzione   dell'indennizzo   legale.   La   limitazione  concerne
 l'obbligazione e tocca la sfera risarcitoria  della  responsabilita',
 in  quanto,  per il conseguimento della somma limitata, il patrimonio
 del vettore e' assoggettato nella sua interezza all'azione  esecutiva
 (artt. 2740, 2910 c. civ.).
    6.  -  Si  e'  gia' osservato che la inserzione nell'operazione di
 trasporto  della  dichiarazione  di  valore  si  riflette  sul  costo
 dell'operazione  stessa  e si e' fatto riferimento al ruolo svolto in
 materia dall'assicurazione,  evitando,  peraltro,  di  assimilare  la
 dichiarazione  ad  una  "forma"  o "modalita'" di assicurazione della
 merce, accessoria al contratto di trasporto marittimo.  E',  infatti,
 da  escludere che la dichiarazione ponga in essere automaticamente un
 rapporto assicurativo. Il ricorso a tale  rapporto  non  e'  peraltro
 precluso  a  ciascuna  delle parti e, segnatamente, al caricatore. In
 mancanza, l'uso, che pur si e' fatto, del termine assicurazione  puo'
 valere   soltanto   a   descrivere   la   funzione   economica  della
 dichiarazine, che realizza una maggiore "copertura"  del  caricatore,
 determinando  l'aumento dell'ammontare dei danni risarcibili rispetto
 alla quantificazione legale di essi.
    7.  -  Le  considerazioni fin qui svolte valgono a collocare in un
 quadro  ben  definito  le   censure   di   costituzionalita',   mosse
 dall'ordinanza di rimessione al sistema risarcitorio ex art. 423 cod.
 nav.
    La  mancata  considerazione,  nella  determinazione del limite del
 risarcimento, "della diversa  capacita'  di  reddito,  in  dipendenza
 della  diversita'  delle  condizioni  economiche  dei creditori della
 prestazione di trasporto" non determina  -  al  contrario  di  quanto
 ritiene il giudice a quo - violazione dell'art. 3 Cost.
    Non  si  realizza infatti la supposta ingiustificata disparita' di
 trattamento delle categorie di  caricatori,  poiche'  la  misura  del
 risarcimento,  anche  in mancanza di limite, e' sempre obiettivamente
 determinata e non rileva in alcun modo la  diversita'  di  condizione
 economica   del   caricatore;  essa  e'  estranea  al  meccanismo  di
 formazione del nolo e di determinazione del risarcimento.
    Inoltre,  il  sistema  di risarcimento congegnato dall'art. 423 c.
 nav.,  lascia  larga  operativita'  all'autonomia   dell'utente   con
 riguardo  all'interesse  che  egli  "dichiari"  di  avere  al carico,
 specificandone il valore, anteriormente all'imbarco. E, sotto  questo
 aspetto, mentre risulta irrilevante la "diversa capacita' di reddito,
 in  dipendenza  della  diversita'  delle  condizioni  economiche  dei
 creditori  della  prestazione  di  trasporto"  -  come, al contrario,
 assume il giudice a quo - la norma attribuisce un efficace  strumento
 di   tutela   al   soggetto  del  rapporto  considerato  piu'  debole
 (caricatore).
    Quanto  alla  prospettata  violazione  dell'art.  42  Cost., e' da
 osservare che le garanzie, poste  da  questa  norma  a  tutela  della
 proprieta'  privata,  non  si  estendono alle obbligazioni pecuniarie
 (Corte cost. 28 aprile 1976, n. 99). Tanto meno l'estensione  sarebbe
 giustificabile,  nel  caso  di  obbligazione risarcitoria del vettore
 marittimo, alla  determinazione  della  quale  abbia  contribuito  la
 volonta'  del  creditore  della  prestazione,  con  un  suo  atto  di
 autonomia.
    8.  -  Le  conclusioni  che  gli  elementi  del  presente giudizio
 impongono alla valutazione della  legittimita'  costituzionale  della
 normativa   esaminata,  non  impediscono  alla  Corte  di  richiamare
 l'attenzione del legislatore sul problema  del  limite  da  "imporre"
 all'autonomia  privata  (art. 1322, primo comma, c. civ.), alla quale
 e' rimessa, in sostanza, nella situazione considerata (cfr. nn. 5 7),
 la  determinazione  dell'entita'  del  risarcimento.  La  materia del
 trasporto marittimo coinvolge rilevanti interessi, inerenti a diversi
 settori dell'economia.
    Al  riguardo,  non  puo' sfuggire il rilievo che l'adeguamento del
 debito del vettore aereo di merci - debito per tanti aspetti omogeneo
 a  quello in esame - e' stato oggetto di un'apposita legge (13 maggio
 1983,  n.  213),  che  ha  sancito   il   principio   del   periodico
 aggiornamento  dei  limiti  di  responsabilita'  stabiliti dal codice
 della navigazione in materia aeronautica.
    La  prima applicazione di tale principio e' contenuta nel d.P.R. 7
 marzo 1987, n. 201, successivo alla sentenza 6 maggio 1985, n. 132 di
 questa  Corte,  in  materia  di  limitazione  di  responsabilita' del
 vettore aereo nel trasporto internazionale di persone.
    Il  d.P.R.  n. 201/1987, ora ricordato, ha stabilito, tra l'altro,
 un piu' adeguato ammontare del limite anteriormente fissato dall'art.
 952,  primo  comma,  cod.nav.,  per  il  debito  del  vettore  aereo,
 elevandolo da lire diecimila a lire  trentamila  per  chilogramma  di
 merce  caricata.  La  fattispecie  normativa  aeronautica corrisponde
 integralmente a quella marittima,  in  quanto  prevede  anch'essa  la
 facolta' del caricatore di ovviare all'applicazione del limite legale
 del  debito  del  vettore  con  la  dichiarazione  di  valore,   resa
 anteriormente alla caricazione.
    In  questa  linea  si colloca anche il progetto di legge di delega
 per  il  nuovo  codice  della  navigazione  (1986),  che  fissa  come
 principio   direttivo   quello   dell'"adeguatezza"   del  limite  di
 responsabilita' del  vettore  marittimo,  in  modo  da  garantire  la
 congruita'  del  risarcimento  (cfr. n. 38 dello schema di disegno di
 legge).
    Si   tratta   di   un   complesso   di   elementi,   normativi   e
 giurisprudenziali, concordi nello stabilire l'attualita' della  linea
 evolutiva,  diretta  a  inserire nel nostro ordinamento un automatico
 meccanismo  di   adeguamento,   riferibile   anche   all'obbligazione
 risarcitoria del vettore nel trasporto marittimo di cose.