ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 52, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 "Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche" in relazione all'art. 18 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.600 "Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi", promossi con le ordinanze emesse il 1 marzo 1984 dalla Commissione tributaria di 2 grado di Pescara nei ricorsi proposti da Danelli Francesco e Danelli Virginia contro l'Ufficio delle Imposte Dirette di Pescara, iscritte ai nn. 987 e 988 del registro ordinanze 1984 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 32 e 25- bis dell'anno 1985; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Francesco Saja. Ritenuto in fatto Nel corso di due procedimenti di appello concernenti la deducibilita' - nella dichiarazione ai fini IRPEF - da parte di soci della s.a.s. "ASTRA di Francesco Danelli e C.", di interessi passivi afferenti beni immobili della societa' non strumentali all'esercizio dell'impresa, la Commissione tributaria di II grado di Pescara sollevava, con due ordinanze di identico contenuto emesse il 1 marzo 1984, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 52, II comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (in relazione anche all'art. 18 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), in riferimento all'art. 3 Cost. Afferma il giudice rimettente che la s.a.s. ASTRA non aveva potuto portare in detrazione gli interessi passivi in sede di compilazione del mod. 750/E perche', quale impresa minore percettrice di soli proventi immobiliari, aveva dovuto necessariamente assumere a tassazione tali redditi in base alle risultanze catastali e non in base al reddito effettivo netto di gestione, e cio' per la stessa struttura del quadro 750/E. Cio' premesso, la normativa censurata determinerebbe, ad avviso del giudice a quo, un diverso trattamento tributario tra percettori dello stesso reddito, in quanto le imprese "maggiori" sarebbero, a differenza delle "minori", abilitate a dedurre dai redditi immobiliari gli interessi passivi, e cio' anche per la diversa struttura del modello 750/A, che esse sono tenute a compilare. Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in entrambi i giudizi, conclude per l'infondatezza della questione, deducendo, in primo luogo, che l'art. 52 censurato e' applicabile sia alle imprese con contabilita' semplificata, sia a quelle soggette alla tenuta della contabilita' ordinaria, e, in secondo luogo, che ai soggetti ammessi a fruire del regime di contabilita' semplificata e' riconosciuta la facolta' di optare per il regime ordinario, restando cosi' effetto di libera scelta di convenienza ogni varieta' di trattamento tributario che ne possa derivare. Considerato in diritto 1. - I giudizi, per l'identita' della questione sollevata, vanno riuniti e decisi congiuntamente. 2. - La norma censurata (art. 52, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, concernente "Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche") dispone che nella determinazione degli utili netti - i quali, ai sensi del primo comma dello stesso art. 52, costituiscono il reddito d'impresa - " non si tiene conto delle perdite relative ai cespiti che fruiscono di esenzione ne' dei proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta ne' dei proventi e dei costi relativi agli immobili indicati dell'art. 21 che non costituiscono beni strumentali per l'esercizio dell'impresa. I redditi di tali immobili concorrono a formare il reddito di impresa nell'ammontare determinato secondo le disposizioni del titolo II". La disposizione violerebbe, ad avviso della Commissione tributaria rimettente, il principio di eguaglianza, in quanto il combinato disposto di essa e dell'art. 18 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (che individua le imprese minori ammesse alla contabilita' semplificata) determinerebbe una disparita' di trattamento tra imprese minori e imprese maggiori, poiche' soltanto queste ultime sarebbero abilitate a computare i redditi immobiliari al netto degli interessi passivi. 3. - La questione non e' fondata. Va innanzitutto rilevato che la norma impugnata, come dedotto anche dall'Avvocatura dello Stato, detta una disciplina comune ad ogni tipo di impresa, nel senso che essa si applica ai redditi d'impresa sia che vengano determinati in base alla contabilita' ordinaria, sia che rientrino nel regime della contabilita' semplificata. Oltre a cio' peraltro, e anche prescindendo dall'ulteriore rilievo che ai sensi del sesto comma dell'art. 18 del d.P.R. n. 600/73 il contribuente ammesso alla contabilita' semplificata ha facolta' di optare per il regime ordinario, assume valore decisivo la considerazione che l'art. 72 del d.P.R. n. 597/73 dispone che nei confronti delle imprese ammesse alla contabilita' semplificata e che non hanno optato per il regime normale il reddito d'impresa e' costituito dalla differenza tra l'ammontare complessivo dei ricavi, delle plusvalenze patrimoniali e delle sopravvenienze attive e l'ammontare complessivo di una serie di costi, tra i quali la norma prevede, al punto 7, gli interessi passivi. Pertanto, la questione sollevata e' infondata, in quanto, ai sensi della normativa vigente, contrariamente all'assunto del giudice a quo, gli interessi passivi sono previsti fra le componenti negative di reddito detraibili per le imprese minori anche se ammesse alla contabilita' semplificata.