ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 6 del d.l. 25
 gennaio 1985, n. 8, ("Ripiano dei disavanzi di amministrazione  delle
 unita'  sanitarie  locali  al  31 dicembre 1983 e norme in materia di
 convenzioni sanitarie"), convertito nella l. 27 marzo 1985,  n.  103,
 promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa il 13 ottobre 1985 dal Pretore di Bari nei
 procedimenti civili riuniti vertenti tra Conte Domenico ed altri e la
 Cassa  Mutua  di Malattia dei dirigenti ENEL ed altri, iscritta al n.
 811 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 10, prima serie speciale dell'anno 1986;
      2)  ordinanza  emessa il 2 dicembre 1985 dal Pretore di Bari nel
 procedimento civile vertente tra Conte  Domenico  e  la  Cassa  Mutua
 S.I.P.,  iscritta  la  n. 64 del registro ordinanze 1986 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale
 dell'anno 1986;
      3)   ordinanza   emessa   il   18  marzo  1986  dal  Pretore  di
 Caltanissetta nei procedimenti civili riuniti vertenti  tra  Muratori
 Giuseppe  ed  altri  e  l'E.N.P.A.S. ed altri, iscritta al n. 542 del
 registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 49, prima serie speciale dell'anno 1986;
      4)  ordinanza  emessa  il  7 aprile 1986 dal Pretore di Roma nel
 procedimento civile vertente tra Ciccarone Pietrangelo e il Ministero
 del  Tesoro,  Ufficio  Liquidazioni,  iscritta al n. 598 del registro
 ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 51, prima serie speciale dell'anno 1986;
      5)  ordinanza  emessa  il  7 aprile 1986 dal Pretore di Roma nel
 procedimento civile vertente tra Di Bello Aldo  e  il  Ministero  del
 Tesoro,  iscritta  al  n. 94 del registro ordinanze 1987 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale
 dell'anno 1987;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 25 novembre 1987 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Il Pretore di Bari - nel corso di alcuni procedimenti civili
 riuniti,  promossi  da  medici  per  ottenere  la  maggiorazione  dei
 compensi  loro  riconosciuti  dagli enti mutualistici - ha sollevato,
 con  ordinanza  13  settembre   1985,   questione   di   legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli artt.  101 e 104 Cost., dell'art.
 6 del D.L. 25 gennaio 1985, n. 8, conv. nella l. 27  marzo  1985,  n.
 103,  a norma del quale "gli articoli 11, primo comma, della legge 29
 giugno 1977, n. 349, e 8, sesto comma,  del  decreto-legge  8  luglio
 1974,  n.  264,  convertito, con modificazioni, nella legge 17 agosto
 1974, n. 386, vanno intesi nel senso che fino a quando siano divenute
 efficaci le nuove tariffe previste dalle convenzioni nazionali uniche
 contemplate nella legge 29 giugno 1977, n. 349, ai medici, farmacisti
 e  appartenenti alle categorie sanitarie ausiliarie convenzionati con
 gli enti mutualistici sono dovuti  corrispettivi  in  misura  pari  a
 quella  risultante  dall'ultima convenzione da ciascun ente stipulata
 con le categorie professionali prima della data di entrata in  vigore
 del  citato  decreto-legge  8  luglio  1974,  n.  264,  da intendersi
 prorogata fino alle sopraindicate convenzioni nazionali uniche, senza
 aumenti  o adeguamenti di alcun genere. Sono comunque irripetibili le
 somme gia' corrisposte sulla base di  diverse  interpretazioni  delle
 disposizioni sopra indicate".
    Nell'ordinanza  di  rimessione  si  premette  che  i  rapporti  di
 collaborazione a carattere continuativo istaurato tra i sanitari e le
 casse   mutue   e/o   enti  di  assistenza  (I.N.A.M.,  I.N.A.D.E.L.,
 E.N.P.A.S., ecc.), che in gran  parte  sono  confluiti  nel  servizio
 Sanitario  Nazionale,  hanno  avuto,  come dato normativo di base, la
 convenzione del 23 giugno 1973,  la  quale  prevedeva  (art.  37)  un
 meccanismo  d'indicizzazione dei compensi spettanti a detti sanitari.
 Successivamente, a seguito dell'emanazione, prima del D.L.  8  giugno
 1974,  n.  264,  conv.  nella  l.  17  agosto  1974, n. 386 (la quale
 all'art. 8 aveva vietato qualsiasi  aumento  delle  tariffe  previste
 dalle  convenzioni  nazionali  stipulate tra la Federazione nazionale
 degli ordini dei medici e gli enti mutualistici,  anche  se  connesso
 alla  indicizzazione  delle  tariffe  medesime)  e poi all'emanazione
 della l. 29 giugno 1977, n.  349,  sorse  un  vasto  contenzioso,  in
 ordine  al diritto dei medici mutualisti di ottenere la rivalutazione
 dei compensi per taluni periodi. A tale contenzioso volle por fine la
 disposizione  impugnata, d'interpretazione autentica della disciplina
 previgente.  Peraltro,  secondo  il  giudice  a  quo,  essa   sarebbe
 costituzionalmente  illegittima,  perche'  in contrasto con gli artt.
 101 e 104  Cost.,  in  quanto  invasiva  del  campo  specifico  delle
 attribuzioni  dell'autorita'  giudiziaria  nell'interpretazione delle
 leggi.
    La  norma  impugnata,  pertanto,  si  porrebbe  in  contrasto  col
 principio affermato dalla Corte costituzionale, secondo il  quale  il
 legislatore   non   potrebbe  sostituirsi  legittimamente  al  potere
 giudiziario, con leggi  d'interpretazione  autentica,  ove  la  legge
 anteriore   non   abbia   dato   luogo   ad   insuperabili  contrasti
 interpretativi in sede giurisprudenziale (sentenza 10 dicembre  1981,
 n. 187).
    Dinanzi  a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei Ministri ed ha  chiesto  che  la  questione  sia  dichiarata  non
 fondata  in  quanto,  innanzitutto,  la  legge interpretativa sarebbe
 stata emanata in aderenza al consolidato  indirizzo  della  Corte  di
 Cassazione,  al  quale  non  si  erano  uniformati  alcuni giudici di
 merito;  in  secondo  luogo  perche'  non  e'  configurabile  un  uso
 illegittimo del potere legislativo attraverso l'invasione della sfera
 di attribuzioni del potere giudiziario con norme interpretative.
    Questione  identica  e'  stata sollevata dal Pretore di Bari anche
 con ordinanza 2 dicembre 1985  ed  anche  nel  relativo  giudizio  e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo che la
 questione sia dichiarata non fondata.
    2.  - Il Pretore di Caltanisetta, con ordinanza emessa il 18 marzo
 1986 - nel corso di alcuni procedimenti civili riuniti,  promossi  da
 medici  per  ottenere la maggiorazione dei compensi loro riconosciuti
 dagli enti mutualistici - ha  sollevato  a  sua  volta  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  in riferimento all'art. 3 Cost., degli
 artt. 11, comma primo, della l. 29 giugno 1977, n.  349  e  8,  comma
 sesto, del d.l. 8 luglio 1974, n. 264, conv. nella l. 17 luglio 1974,
 n. 386, cosi' come interpretati in via autentica dall'art.  6,  prima
 parte,  del d.l. 25 gennaio 1985, n. 8, conv. nella l. 27 marzo 1985,
 n. 103.
    Nell'ordinanza   di   rimessione  si  osserva  che,  secondo  tale
 interpretazione autentica, fino a quando siano divenute  efficaci  le
 nuove tariffe previste dalle convenzioni nazionali uniche contemplate
 nella  legge  29  giugno  1977,  n.  349,  ai  medici,  farmacisti  e
 appartenenti  alle  categorie  sanitarie ausiliarie convenzionati con
 gli enti mutualistici sono  dovuti  solo  i  corrispettivi  stabiliti
 dall'ultima  convenzione  da  ciascun ente stipulata con le categorie
 professionali prima della data di entrata in vigore del decreto-legge
 8 luglio 1974, n. 264, senza aumenti di alcun genere.
    Peraltro,  l'art.  6  del  D.L. n. 8 del 1985 prevede anche che le
 somme gia' corrisposte "sulla base di interpretazioni diverse",  sono
 irripetibili.
    Secondo il giudice a quo tale ultima previsione porrebbe in essere
 un'ingiustificata disparita' di trattamento tra coloro che,  in  sede
 amministrativa   o   giurisdizionale,   siano  riusciti  ad  ottenere
 maggiorazioni non piu' dovute in base  alla  legge  interpretativa  e
 coloro  che, invece, pur avendone fatto richiesta, non siano riusciti
 ad ottenere prima della sua emanazione i maggiori compensi.
    Nel  giudizio  cosi'  promosso  si e' costituito il Presidente del
 Consiglio dei Ministri, ed ha chiesto che la questione sia dichiarata
 non  fondata,  in  quanto  la  prevista  irripetibilita'  delle somme
 percepite prima dell'emanazione del D.L. n. 8 del  1985,  rappresenta
 la    corretta    applicazione    del   principio   generale,   della
 irripetibilita' delle retribuzioni percepite in buona fede.  Inoltre,
 tale  differenziazione  appare  comunque collegata con il decorso del
 tempo che, secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale,
 rappresenta gia' di per se' elemento diversificatore delle situazioni
 regolate.
    Questioni  in  tutto  analoghe alla precedente sono state proposte
 anche con due ordinanze del Pretore di Roma in data 7 aprile 1986.
    In  tali  giudizi  e'  intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, il  quale  ha  chiesto  che  le  censure  siano  dichiarate
 inammissibili, in quanto con esse, nella sostanza, non si contesta la
 norma interpretativa - applicabile nei giudizi a quibus -  bensi'  la
 disposizione  che  sancisce  l'irripetibilita'  delle somme percepite
 prima dell'emanazione  della  legge  interpretativa.  Esse,  inoltre,
 sarebbero  infondate  in quanto, da un lato la norma che statuisce la
 su detta irripetibilita' e' una norma  derogatrice  della  disciplina
 generale e, come tale, inidonea a costituire tertium comparationis ai
 fini del giudizio  di  costituzionalita';  d'altro  lato  tale  norma
 sarebbe  legittima  in  quanto fa applicazione del principio generale
 dell'irripetibilita' delle retribuzioni percepite in buona fede.
                         Considerato in diritto
    3.  -  Puo'  disporsi  la  riunione  dei  giudizi per la manifesta
 identita' del loro oggetto e  per  l'evidente  connessione  dei  loro
 temi.
    Le censure di incostituzionalita' sono rivolte all'art. 6 del d.l.
 25 gennaio 1985, n. 8, convertito nella l. 27 marzo 1985, n. 103, che
 interpreta  autenticamente  gli  artt.  11,  primo comma, della l. 29
 giugno 1977, n. 349, e 8, sesto comma, del d.l. 8 luglio 1974, n. 264
 (convertito  con  modificazioni  nella  l.  17  agosto 1974, n. 386),
 disposizioni  concernenti  il  blocco  delle   tariffe   dei   medici
 convenzionati  con  i  soppressi  enti  mutualistici  in attesa delle
 convenzioni nazionali uniche, contemplate dalla l. n.  349  del  1977
 cit.
    4.  -  Il primo gruppo di censure (ordd. 13 settembre e 2 dicembre
 1985 del Pretore di Bari) investe l'art. 6 della l. n. 103 del  1985,
 assumendo  che  esso  invade  il  "campo specifico delle attribuzioni
 dell'autorita' giudiziaria, sostituendosi alla stessa nel compito  di
 interpretare  le  leggi", in contrasto con gli artt. 101 e 104, primo
 comma, Cost.
    Osserva la Corte che la formulazione della norma, secondo la quale
 i precetti, ai quali fa riferimento l'art. 6 cit., "vanno intesi  nel
 senso....",  ne  svela  l'intento di descrivere il contenuto di essi.
 Tali precetti, mentre avevano ricevuto  una  interpretazione  univoca
 dalla  giurisprudenza della Cassazione, trovavano ancora non concordi
 alcuni giudici di merito.
    E'  agevole  dunque  ricostruire  la  ratio dell'art. 6 cit. nella
 finalita'  di  por   fine   alle   "diverse   interpretazioni   delle
 disposizioni  sopra  indicate",  come  si enuncia espressamente nella
 parte finale della norma.
    5.  -  Le ordinanze descrivono un ampio arco di illegittimita' del
 precetto,  in  quanto  contestano,  nel  suo  complesso,   la   legge
 interpretativa,   configurata   come   sovrapposizione   indebita  ed
 "espressione della tendenza  del  Parlamento  ad  invadere  il  campo
 specifico     delle    attribuzioni    dell'autorita'    giudiziaria,
 sostituendosi ad essa nel compito di interpretare le leggi".
    E' da rilevare che la facolta' del legislatore di porre una "data"
 interpretazione e' espressione indubbia della potesta'  normativa  ad
 esso  spettante  e,  come  tale, sottoposta alle limitazioni previste
 dalla Costituzione; il suo esercizio non puo'  considerarsi,  di  per
 se',   lesivo   della   sfera   riservata   al   potere  giudiziario.
 L'indicazione di un dato significato della norma incide sul precetto,
 alla  struttura  del  quale  concorre  la  legge  interpretativa.  La
 disposizione,  cosi'  definita,  costituisce  la  materia  dell'esame
 devoluto  all'autorita'  giudiziaria (cfr. Corte cost. 2 luglio 1957,
 n. 118) e non e' ipotizzabile una  riserva  dell'interpretazione  del
 giudice   che   possa   precludere   l'autodefinizione   operata  dal
 legislatore.
    L'attribuzione  per  legge di un dato significato ad una norma non
 tocca la potestas judicandi, ma definisce e delimita  la  fattispecie
 normativa  - che e' oggetto di tale potestas - cosi' come risulta dal
 precetto integrato (cfr. Corte cost. 8 marzo 1983, n. 70).
    Non   e'   fondato,   quindi,   il   profilo   della   censura  di
 costituzionalita',   che   deduce   il    contrasto    della    norma
 interpretativa,   posta   dall'art.   6   della   l.   n.   103,  con
 l'interpretazione generalmente data  dai  giudici  di  merito,  anche
 perche',  come  si  e'  rilevato,  erano  gia'  intervenute  ripetute
 pronunce della Corte di Cassazione ed ai principii da questa fissati,
 e  disattesi  da  taluni  giudici  di  merito,  si  era conformato il
 legislatore, ponendo la norma censurata.
    E', quindi, da respingere l'affermata violazione degli artt. 101 e
 104, primo comma,  Cost.,  dedotta  dalle  suindicate  ordinanze  del
 Pretore  di  Bari,  che  coinvolge  la  lesione delle prerogative del
 potere giudiziario.
    6.  -  Ne' hanno, del pari, fondamento le censure mosse all'art. 6
 della l. n. 103 del 1985 cit. dai Pretori di Caltanissetta  (ord.  18
 marzo 1986) e di Roma (ord. 7 aprile 1986).
    Questi  giudici  hanno sospettato di incostituzionalita' la norma,
 con  riferimento  all'art.  3  Cost.,  in  quanto  essa  dispone   la
 irripetibilita'   dei   maggiori   compensi   corrisposti  ai  medici
 mutualisti rispetto a quelli consentiti dall'art. 6 cit.
    Relativamente  alle  ordinanze  del  pretore di Roma, l'Avvocatura
 generale dello Stato ha sollevato eccezione di  inammissibilita',  in
 quanto  la  norma  denunciata  non  sarebbe quella interpretativa, ma
 l'altra che dispone la irripetibilita' dei compensi riscossi.
    Donde  l'irrilevanza  della  questione  di incostituzionalita' nei
 giudizi a quibus.
    L'eccezione  di  inammissibilita'  non  e'  fondata.  Le ordinanze
 tracciano l'evoluzione della  normativa  in  materia  e  toccano  gli
 elementi  della  vicenda  nella loro globalita', anche se in un passo
 della motivazione da'nno  particolare  rilievo  alla  indicata  parte
 finale dell'art. 6, che sancisce l'irripetibilita'.
    Il   dispositivo   delle   ordinanze   propone   la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'intero  art.  6,  con  riferimento
 all'art.  3  Cost.  e l'assunta differenza di trattamento determinata
 dall'irripetibilita'  e'  proprio  in  connessione  con  tale   ampia
 censura.
    7. - Quanto al merito, osserva la Corte che, secondo le ordinanze,
 la violazione dell'art.  3  Cost.  sarebbe  prodotta  dal  meccanismo
 dell'art.  6  l.  n.  103  del  1985,  che  verrebbe a determinare un
 vantaggio   ingiustificato    a    favore    dei    beneficiari    e,
 correlativamente,  un  danno  per  coloro  che,  a  causa di un fatto
 meramente  casuale,   come   quello   della   non   ancora   avvenuta
 corresponsione di detti maggiori compensi (dichiaratamente non dovuti
 in base alla legge interpretativa)  vengono  ad  essere  privati  del
 diritto a tali emolumenti.
    Va  osservato  al  riguardo  che la differenziazione, che cosi' si
 determina,   e'   dovuta   all'applicazione   del   principio   della
 irripetibilita'   delle   somme   percepite   in   buona  fede  dagli
 interessati. Tale principio, ha ricevuto  significativa  applicazione
 della   giurisprudenza   amministrativa   proprio   in   materia   di
 retribuzione.
    La  differenziazione, lamentata nelle presenti vicende, appare poi
 sicuramente connessa al decorso del tempo, nel quale, per  iniziativa
 della  P.A.  o  in  esecuzione  di  pronunce giudiziarie, erano stati
 corrisposti gli emolumenti maggiorati.
    Secondo  la  giurisprudenza  di questa Corte, gli eventi sui quali
 incide il fluire del tempo sono caratterizzati da  peculiarita',  che
 li  diversificano  da  situazioni  analoghe,  oggetto di comparazione
 (cfr. sent. 16 febbraio 1984,  n.  38;  11  dicembre  1985,  n.  322,
 relativa, quest'ultima, alla irrilevanza, come elemento di disparita'
 di trattamento, della "demarcazione temporale" posta da una norma  di
 legge).
    E   occorre   soggiungere   che,  nella  fattispecie,  il  tertium
 comparationis e' costituito dalla norma  speciale,  che  consente  il
 trattamento piu' favorevole, rispetto a quello posto dalla disciplina
 generale dei compensi professionali  in  questione.  E'  insegnamento
 consolidato  di  questa  Corte che la disciplina particolare non puo'
 costituire parametro utile ai fini di stabilire la dedotta disparita'
 di trattamento posta dalla norma di carattere generale (cfr. sent. 10
 marzo 1983, n. 46).
    Non sussiste, dunque, violazione dell'art. 3 Cost.