ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 586 del codice
 di procedura civile, promosso con ordinanza emessa l'11  luglio  1983
 dal Pretore di Milano, iscritta al n. 987 del registro ordinanze 1983
 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.   95
 dell'anno 1984;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 25 novembre 1987 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto  che  il  Pretore  di  Milano,  con ordinanza emessa l'11
 luglio 1983 (R.O. n. 987 del 1983) ha sollevato, in riferimento  agli
 artt. 2, 3, 41, 42 e 47 della Costituzione, questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 586 del codice di  procedura  civile,  nella
 parte  in  cui  stabilisce  che,  nel  procedimento di espropriazione
 forzata  immobiliare,  il  giudice   dell'esecuzione,   avvenuto   il
 versamento  del  prezzo,  pronunci  decreto  con il quale trasferisce
 all'aggiudicatario  il   bene   espropriato   ingiungendo   all'   ex
 proprietario che abita l'immobile il rilascio immediato dell'immobile
 stesso;
      che  ad  avviso  del  giudice  a quo la disposizione censurata -
 omettendo di prevedere, per il giudice dell'esecuzione, il potere  di
 vagliare    i    contrapposti    interessi    dell'aggiudicatario   e
 dell'occupante espropriato e di fissare, sulla base di  tale  vaglio,
 un   termine   per   l'inizio   dell'esecuzione   -   creerebbe   una
 ingiustificata disparita' di trattamento tra l'espropriato che  abita
 l'immobile,  il  quale resta sottoposto al potere dell'aggiudicatario
 di agire in executivis nel termine di 10  giorni  previsto  dall'art.
 480  del codice di procedura civile, ed il conduttore per il quale la
 legge 27 luglio  1978,  n.  392,  regola  le  modalita'  di  rilascio
 dell'immobile alla scadenza della locazione;
      che  sempre  secondo  il  giudice  rimettente la norma impugnata
 comprometterebbe  la  funzione  sociale  della   proprieta'   sancita
 dall'art.   42   della   Costituzione   e   violerebbe   il   diritto
 all'abitazione tutelato dagli artt. 2 e 47 della Costituzione;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei Ministri,
 rappresentanto  dall'Avvocatura  dello  Stato,   chiedendo   che   la
 questione sia dichiarata infondata;
    Considerato  che le diversita' riscontrabili tra la disciplina del
 rilascio dell'immobile espropriato, dettata dall'art. 586 del  codice
 di  procedura  civile,  e la regolamentazione prevista dalla legge n.
 392 del  1978  per  il  rilascio  degli  immobili  nelle  ipotesi  di
 cessazione  della  locazione  non  contrastano  con  il  principio di
 eguaglianza riflettendo le  oggettive  differenze  esistenti  tra  la
 situazione  del  debitore  espropriato,  che  detiene l'immobile sine
 titulo, e la posizione  del  conduttore  contrassegnata,  anche  alla
 scadenza  del  contratto di locazione, dal riferimento all'originario
 schema contrattuale;
      che  la  tempestiva  acquisizione  del bene espropriato da parte
 dell'aggiudicatario e' diretta ad  assicurare  il  buon  esito  delle
 vendite  effettuate  nell'ambito  delle  procedure espropriative ed a
 soddisfare esigenze di regolare e sollecito  trasferimento  dei  beni
 venduti,  e,  pertanto, essa non si pone in contrasto con la funzione
 sociale della proprieta';
      che  la  Corte  con  la  sentenza  n.  252 del 15 luglio 1983 ha
 escluso che l'abitazione possa essere configurata come indispensabile
 presupposto  dei  diritti  inviolabili  menzionati  nell'art. 2 della
 Costituzione e,  in  particolare,  ha  negato  che  l'art.  47  della
 Costituzione  individui  e  tuteli un diritto all'abitazione distinto
 dal diritto di proprieta' dell'abitazione medesima;
      che   per  le  ragioni  suesposte  la  questione  va  dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9 delle Norme integrative per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
 costituzionale;