ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 9 del r.d. 30
 ottobre 1930, n. 1731 ("Norme sulle comunita'  israelitiche  e  sulla
 unione  delle comunita' medesime"), promosso con ordinanza emessa l'8
 febbraio 1980 dalla Corte d'appello di Firenze, iscritta  al  n.  374
 del  registro  ordinanze  1980  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 187 dell'anno 1980;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio  instaurato  ex art. 28 R.D. 19
 novembre 1931, n. 1561, ed avente  ad  oggetto  l'eleggibilita'  alla
 carica  di  consigliere  di  una  Comunita'  israelitica, la Corte di
 appello  di  Firenze,  ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art. 9 R.D. 30 ottobre 1931, n. 1731, sostenendo
 che questa - limitando  l'eleggibilita'  (alla  predetta  carica)  ai
 soggetti  di  eta'  superiore  ai  25  anni, di sesso maschile, ed in
 possesso del diploma di scuola inferiore ovvero di grado rabbinico si
 porrebbe in contrasto l'art. 8, secondo comma, Cost., che sancisce il
 principio della liberta' organizzativa delle chiese diverse da quella
 cattolica;
    Il giudice a quo ritiene inapplicabile alla fattispecie sottoposta
 al suo esame l'art. 3  della  delibera  del  Congresso  straordinario
 delle   Comunita'   israelitiche   italiane,   che   stabilisce   per
 l'eleggibilita' i soli requisiti dell'eta' e della buona condotta, in
 quanto  tale disposizione non potrebbe avere alcun effetto abrogativo
 sulla norma impugnata. Il permanere della vigenza di questa,  secondo
 l'ordinanza  di  rimessione,  contrasta  percio'  con l'art. 8, terzo
 comma Cost., che consente allo Stato di intervenire  con  legge  solo
 per regolare i rapporti con le confessioni religiose, e non anche per
 dettarne la disciplina organizzativa.
    2.  -  E' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo
 che la questione venga dichiarata infondata, sostenendo che la  norma
 costituzionale  attribuisce alle confessioni religiose non cattoliche
 il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti,  ma  non  impone
 alle stesse il dovere di emanare norme autonome di organizzazione. Ne
 conseguirebbe  che  le   eventuali   norme   statali   in   tema   di
 organizzazione   delle  confessioni  religiose,  avrebbero  carattere
 suppletivo, destinate percio' a  divenire  inefficaci  ove  dovessero
 sopravvenire  norme  confessionali  incompatibili  con  esse.  Questo
 carattere escluderebbe percio' il  ravvisato  contrasto  della  norma
 denunciata con l'art. 8 Cost.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Oggetto  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
 sottoposta all'esame della Corte e' l'art. 9 del  r.d.  24  settembre
 1931,  n.  1279, il quale prevede i requisiti per l'eleggibilita' dei
 componenti dei consigli delle Comunita' israelitiche.
    Ad  avviso  del  giudice a quo la norma denunciata e' in contrasto
 con l'art. 8, secondo comma, Cost.,  il  quale  sancisce  il  diritto
 delle  confessioni religiose ad organizzarsi secondo i propri statuti
 in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
    2. - La questione e' fondata.
    Come  e'  stato  rilevato  in dottrina, al riconoscimento da parte
 dell'art. 8, secondo comma, Cost., della capacita' delle  confessioni
 religiose,  diverse  dalla  cattolica,  di dotarsi di propri statuti,
 corrisponde  l'abbandono  da  parte  dello  Stato  della  pretesa  di
 fissarne direttamente per legge i contenuti.
    Con  questa autonomia istituzionale, che esclude ogni possibilita'
 di  ingerenza  dello   Stato   nell'emanazione   delle   disposizioni
 statutarie  delle  confessioni  religiose,  e'  in contrasto la norma
 denunciata.  Questa,  difatti,  con  lo  stabilire  i  requisiti  per
 l'eleggibilita'   alla   carica  di  componente  dei  consigli  delle
 Comunita'  israelitiche  (requisiti  che,  peraltro,  sono   indicati
 attualmente  in  modo  diverso  dall'art.  3 della delibera del 28-29
 aprile 1968 adottata  dal  Congresso  straordinario  delle  Comunita'
 israelitiche  italiane)  condiziona  e limita il diritto riconosciuto
 alle confessioni religiose  dall'art.  8  Cost.  di  darsi  i  propri
 statuti,   purche'   "non  contrastino  con  l'ordinamento  giuridico
 italiano". Questa espressione si puo' intendere riferita difatti solo
 ai  principi  fondamentali  dell'ordinamento  stesso  e  non  anche a
 specifiche limitazioni poste da particolari  disposizioni  normative,
 come  quella  rispetto  alla quale e' stata sollevata la questione in
 esame.
    3.  -  Sostiene  l'Avvocatura  Generale  dello  Stato che la norma
 denunciata avrebbe carattere suppletivo e quindi cederebbe di  fronte
 a  disposizioni  statutarie  che  dovessero disporre in modo diverso,
 onde la questione sarebbe in parte infondata e in parte  irrilevante.
    L'assunto  non  puo' essere condiviso perche' l'art. 9 del R.D. 30
 ottobre 1930, n. 1731, per l'epoca in cui fu emanato, per il contesto
 normativo  nel quale e' collocato e per la sua formulazione testuale,
 ha un chiaro significato cogente,  prevalendo,  ove  non  ne  venisse
 dichiarata   l'incostituzionalita',   sugli   statuti  emanati  dagli
 organismi delle confessioni religiose che risultassero  in  contrasto
 con essa.
    E'  proprio il caso che ha dato luogo al giudizio a quo indicativo
 di questa evenienza, perche', appunto facendo riferimento alla  norma
 censurata  il  Prefetto di Firenze ha dichiarato l'ineleggibilita' di
 alcuni componenti del consiglio di una Comunita' israelitica, il  che
 dimostra come la vigenza della norma sia tuttora limitativa di quella
 potesta'  statutaria   ampiamente   riconosciuta   alle   confessioni
 religiose dall'art. 8, secondo comma, Cost.