ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2601 del codice
 civile,  promosso  con  ordinanza  emessa  il  7  febbraio  1980  dal
 Tribunale di Milano, iscritta al n. 477 del registro ordinanze 1980 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 256 dell'anno
 1980;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto  che la societa' distributrice di un prodotto che avrebbe
 dovuto favorire le diete dimagranti, ha convenuto in giudizio dinanzi
 al  Tribunale  di  Milano gli autori di alcuni articoli giornalistici
 ritenuti diffamatori, nonche' i responsabili dei relativi  organi  di
 stampa, richiedendo l'inibitoria ed il risarcimento dei danni;
      che nel corso del procedimento ha spiegato intervento volontario
 la libera associazione denominata "Comitato Difesa  Consumatori",  la
 quale  ha richiesto nei confronti della societa' attrice l'inibitoria
 della vendita del prodotto e la pubblicazione della sentenza;
      che  il  Tribunale adito ha sollevato, con ordinanza emessa il 7
 febbraio 1980, questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
 2601  del  codice civile in riferimento all'art. 3 della Costituzione
 nella  parte  in   cui,   consentendo   la   tutela   giurisdizionale
 esclusivamente   avverso   gli   atti   di   concorrenza  sleale  che
 pregiudicano gli interessi di una categoria professionale, esclude la
 legittimazione  ad  agire  di  altre  categorie organizzate, quali ad
 esempio quelle di tutela del consumatore;
      che  e'  intervenuta l'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza
 del Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione
 venga dichiarata non fondata;
    Considerato  che  la norma denunziata si colloca nell'ambito della
 disciplina della concorrenza sleale e pertanto la ratio della  stessa
 va  individuata  nell'esigenza  di  apprestare  una  specifica tutela
 rispetto al compimento degli atti di cui  all'art.  2598  del  codice
 civile;
      che,   in   particolare,   la   giurisprudenza  della  Corte  di
 cassazione, ha affermato il persistente vigore della norma  anche  in
 seguito   al   venir  meno  dell'ordinamento  corporativo,  essendosi
 trasferito dal piano pubblicistico, caratteristico di quel sistema, a
 quello   privatistico   l'interesse   protetto   -  quello  cioe'  di
 associazioni imprenditoriali - all'eliminazione di fattispecie lesive
 della categoria rappresentata;
      che,   conseguentemente,   non  appare  neppur  ipotizzabile  il
 confronto  con   enti   od   associazioni   che   abbiano   finalita'
 istituzionali   diverse   dal   potenziamento  del  commercio  di  un
 determinato prodotto e che fanno quindi valere  interessi  del  tutto
 estranei alla correttezza dei rapporti economici di mercato;
      che  pertanto compete al legislatore e non gia' al giudice delle
 leggi di  apprestare,  per  il  consumatore,  adeguati  strumenti  di
 salvaguardia,  attualmente limitati alla tutela penale (cfr. art. 444
 c.p.), prevedendo e le forme e l'ambito  di  azioni  specifiche,  sul
 modello  di  quelle contemplate dalle legislazioni tedesca e svizzera
 in favore delle associazioni dei consumatori;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9 delle Norme integrative per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
 costituzionale;