ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 1341 e 1342
 del codice civile, promosso con ordinanza emessa  il  9  maggio  1980
 dalla  Corte  d'appello  di  Roma,  iscritta  al  n.  42 del registro
 ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 91 dell'anno 1981;
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  Immobiliare  Famica S.p.A.
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto  che  con  ordinanza  emessa  il  9 maggio 1980, la Corte
 d'appello di Roma ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale degli artt.
 1341 e  1342  del  codice  civile  -  i  quali,  nel  caso  di  testi
 contrattuali  predisposti  da  una  delle  parti  ovvero contenuti in
 moduli o formulari, prevedono l'inefficacia delle clausole vessatorie
 od  eccessivamente  onerose non specificamente approvate per iscritto
 dall'altro contraente - ipotizzandone il contrasto con gli artt. 3  e
 24  della  Costituzione,  ove  "interpretati  nel  senso  della  loro
 inapplicabilita'    ai    contratti    stipulati    dalla    pubblica
 Amministrazione";
     che  dinanzi a questa Corte si e' costituita la parte attrice del
 giudizio a quo ed e' intervenuta, in  rappresentanza  del  Presidente
 del  Consiglio  dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, chiedendo che
 venga dichiarata non fondata la questione;
    Considerato   che,   nell'esegesi   delle   norme   impugnate,  la
 giurisprudenza della Corte regolatrice (superando il proprio iniziale
 contrario indirizzo) si e' da tempo orientata nel ritenerne viceversa
 l'applicabilita' "anche con riguardo  ai  contratti  stipulati  dalla
 P.A.",  in  quanto,  per  principio,  soggetta  alle norme del codice
 civile "quando utilizza gli schemi del diritto  privato  facendo  uso
 della sua capacita' privatistica che ha in comune con qualsiasi altro
 soggetto" (cosi', per tutte, Cass. 1984, n. 4832);
      che,    pertanto,   le   suddette   disposizioni   gia'   vivono
 nell'ordinamento con l'identico contenuto e portata che  si  vorrebbe
 raggiungere   per  via  di  reductio  ad  legitimitatem,  sicche'  la
 questione proposta e' manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9 delle Norme integrative per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
 costituzionale;