ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 437, secondo
 comma, primo inciso, cod. proc. civ. e 20, primo comma,  della  legge
 11  agosto  1973 n. 533 (Disciplina delle controversie individuali di
 lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di  assistenza
 obbligatoria),  promosso  con  l'ordinanza  emessa  l'11 gennaio 1980
 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto  dall'E.N.E.L.  contro
 Serretta  Giovanni,  iscritta al n. 285 del registro ordinanze 1980 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 159 dell'anno
 1980;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 14 ottobre 1987 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
                           Ritenuto in fatto
    Una  controversia  individuale  di  lavoro fra Serretta Giovanni e
 l'E.N.E.L., introdotta con citazione notificata il 29 dicembre  1969,
 perveniva  all'udienza  di precisazione delle conclusioni il 1› marzo
 1973 senza che, fino a tale momento,  il  convenuto  avesse  proposto
 l'eccezione   di   prescrizione   dei  crediti  ex  adverso  vantati.
 All'udienza del 31 maggio 1974, fissata per la discussione, la  causa
 veniva  trattenuta  in decisione e, quindi, definita con sentenza del
 28 giugno 1974, avverso la quale l'E.N.E.L. proponeva appello  (nelle
 forme   previste   dal  nuovo  rito  delle  controversie  di  lavoro,
 disciplinato dalla legge 11 agosto 1973, n. 533,  entrata  in  vigore
 nel  frattempo), sollevando, col relativo atto, l'eccezione suddetta.
 L'adita Corte  di  appello  respingeva  il  gravame,  rilevando,  fra
 l'altro, che l'eccezione stessa non poteva essere proposta, stante il
 divieto di jus novorum di cui all'art. 437 cod. proc. civ., nel testo
 novellato  dalla citata legge n. 533 del 1973, applicabile ai giudizi
 pendenti alla data della sua entrata in vigore,  giusto  il  disposto
 dell'art. 20 della legge medesima.
    Nel  susseguente giudizio di cassazione, introdotto dall'E.N.E.L.,
 la Corte, con ordinanza emessa l'11 gennaio  1980,  ha  sollevato  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 437, secondo
 comma, (nuovo testo) cod. proc. civ. e 20, primo comma,  della  legge
 n.  533  del 1973, nella parte in cui, in contrasto con gli artt. 3 e
 24 Cost., non  consentono  la  proposizione  di  nuove  eccezioni  in
 appello, in via transitoria e con riferimento ai casi di procedimenti
 svoltisi in primo grado secondo il rito  previgente  alla  menzionata
 legge  (e,  quindi,  senza  soggezione  al regime delle preclusioni e
 decadenze con questa introdotto) e sottoposti,  poi,  nella  fase  di
 gravame, alla trattazione col nuovo rito.
    Con specifico riguardo alla fattispecie - donde la rilevanza della
 questione -  la  Corte  ha  osservato  che  la  mancata  proposizione
 dell'eccezione  di  prescrizione  in  primo  grado era correlata alla
 facolta' di proporla senza limite  alcuno  (salvo  l'eventuale  onere
 delle  spese)  nel giudizio di appello, sicche' il venir meno di tale
 facolta'  ha  reso  impossibile  l'esercizio  di  una  difesa,  quale
 l'eccezione,  che e' oggetto di uno specifico diritto della parte che
 possa avvalersene, con  conseguente  violazione  dell'art.  24  Cost.
 Inoltre,  la carenza di disposizioni di diritto transitorio dirette a
 porre  rimedio,  in  casi  analoghi  a  quello  in  questione,   alla
 soppressione  della medesima facolta' produce, ad avviso della Corte,
 disparita' di trattamento, in violazione dell'art. 3  Cost.,  fra  le
 posizioni  delle  parti nei giudizi pendenti all'atto dell'entrata in
 vigore della legge n. 533 del 1973, a seconda  che  tali  giudizi  si
 trovassero o meno in fase decisoria.
    Non vi sono state costituzioni ne' interventi.
                         Considerato in diritto
    La  questione, nei termini sopra esposti, e' infondata. Invero, il
 divieto di cui al secondo comma  dell'art.  437  (nuovo  testo)  cod.
 proc. civ. di proporre nuove eccezioni in appello, nelle controversie
 soggette al rito del lavoro, va  necessariamente  coordinato  con  il
 regime  di  preclusioni  e  decadenze  stabilito, nell'ambito di tale
 rito, relativamente al giudizio di primo grado.
    In  buona sostanza, le preclusioni in appello, ripristinate con la
 legge n. 533 del 1973,  hanno  la  loro  coerente  ed  insopprimibile
 ragion  d'essere nella nuova struttura conferita al processo di primo
 grado da tale legge, con l'applicazione dei principi di oralita' e di
 immediatezza:  sarebbe,  pertanto,  contrario al sistema processuale,
 globalmente considerato, imporle  a  quanti  abbiano  partecipato  al
 giudizio  di  primo  grado  secondo  il  rito determinato dalla legge
 previgente.
    In altre parole, l'jus novorum consentito dall'art. 345 cod. proc.
 civ. va considerato, nel caso in cui il procedimento di  primo  grado
 si  sia svolto secondo il vecchio rito, come un effetto gia' prodotto
 dalla sentenza conclusiva di detto procedimento, con  la  conseguenza
 che esso risulta utilizzabile dalle parti nell'udienza di discussione
 fissata davanti al giudice di appello a norma  dell'art.  435,  primo
 comma, cod. proc. civ.
    Alla   stregua   di   siffatta  interpretazione,  deve,  pertanto,
 escludersi che le parti  della  controversia  individuale  di  lavoro
 svoltasi  in primo grado secondo il rito previgente alla legge n. 533
 del  1973  risultino  private  di   quelle   facolta'   che   avevano
 legittimamente  ritenuto  di  non  esercitare  durante detto grado di
 giudizio;  sicche'  ne  consegue  la  non  contrarieta'  delle  norme
 censurate ai ricordati precetti costituzionali;