ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 6, ultimo comma, del r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825,  2
 e  27  dell'Accordo interconfederale 23 maggio 1946 (Perequazione del
 trattamento economico dei lavoratori dell'industria  nelle  provincie
 dell'Italia  centro-meridionale),  trasfuso  in  legge  con d.P.R. 28
 luglio 1960, n. 1098 (Norme per la  perequazione  delle  retribuzioni
 dei lavoratori dipendenti dalle imprese in dustriali), ai sensi della
 legge 14 luglio 1959, n. 741 e 2 e 15 della legge 20 maggio 1975,  n.
 164  (Provvedimenti per la garanzia del salario); degli artt. 20 e 22
 della legge 30 aprile  1969,  n.  153  (Revisione  degli  ordinamenti
 pensionistici  e  norme  in  materia  di sicurezza sociale), 23 della
 legge 11 agosto 1972, n. 485, 10 della legge 3 giugno 1975 n.  160  e
 16  della legge 21 dicembre 1978, n. 843 e dell'art. 7, ultimo comma,
 della legge 20 maggio 1975, n. 164, promossi con ordinanze emesse  il
 16  marzo 1981 dal Pretore di Siracusa, il 21 maggio 1982 dal Pretore
 di Torino e il  3  aprile  1985  dal  Pretore  di  Venezia,  iscritte
 rispettivamente  al n. 327 del registro ordinanze 1981, al n. 681 del
 registro ordinanze 1982 e al n. 504 del  registro  ordinanze  1985  e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 269 dell'anno
 1981, n. 67 dell'anno 1983 e n. 293- bis dell'anno 1985;
    Visti  gli  atti di costituzione dell'I.N.P.S. nonche' gli atti di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 14 ottobre 1985 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto  che: A) il Pretore di Siracusa, con ordinanza in data 16
 marzo 1981, ha sollevato la  questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale  del  combinato  disposto degli artt. 6, ultimo comma,
 r.d.l. 13 novembre 1924 n. 1825; 2 e 27 dell'accordo interconfederale
 23  maggio  1946  (per  la perequazione del trattamento economico dei
 lavoratori     dell'industria     nelle     province      dell'Italia
 centro-meridionale),  reso  efficace  erga omnes con d.P.R. 28 luglio
 1960 n. 1098 (ai sensi della legge 14 luglio 1959 n.  741);  2  e  15
 della  legge 20 maggio 1975 n. 164, nella parte in cui, in violazione
 degli artt. 3, 4 e 35 Cost., dispone un trattamento  di  integrazione
 guadagni  diverso  a  seconda  che si tratti di operai o impiegati ed
 impone alle aziende  di  corrispondere  soltanto  agli  impiegati  la
 differenza retributiva fra loro lo stipendio normale e l'integrazione
 salariale; B) il Pretore di Torino, con ordinanza in data  21  maggio
 1982,  ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale degli
 artt. 20 e 22 della legge 30 aprile 1969 n. 153; 23  della  legge  11
 agosto  1972  n.  485; 10 della legge 3 giugno 1975 n. 160 e 16 della
 legge 21 dicembre 1978 n. 843, in quanto tali norme, disciplinando in
 termini  generali  la  materia  del  cumulo  della  pensione  con  la
 retribuzione, non equiparano, in violazione degli artt. 3 e 38 Cost.,
 ai   fini   dell'operativita'  del  divieto  del  cumulo  stesso,  il
 trattamento di integrazione salariale  a  carico  della  C.I.G.  alla
 retribuzione  percepita  in  costanza  di  rapporto  di  lavoro  alle
 dipendenze di terzi; C) il Pretore di Venezia, con ordinanza in  data
 3   aprile   1985,   ha   sollevato   la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, della legge 20 maggio  1975
 n.  164,  nella parte in cui, in violazione degli artt. 3 e 38 Cost.,
 non estende a carico dell'imprenditore l'obbligo di corrispondere  ai
 lavoratori dipendenti, in danno dei quali siasi verificata la perdita
 totale o parziale del diritto all'integrazione salariale,  una  somma
 equivalente all'importo della integrazione stessa, in tutti i casi in
 cui  la  perdita  anzidetta  derivi  dal  mancato  adempimento  delle
 prescrizioni  contenute  nell'art.  5 dalla medesima legge n. 164 del
 1975  (cioe'   dall'inosservanza   dell'obbligatoria   procedura   di
 consultazioni sindacali);
    che   in  tutte  le  tre  ordinanze  e'  completamente  omesso  (o
 inadeguato) l'esame della rilevanza della questione;
    che,  in particolare, l'ordinanza sub A), pur contenendo la (mera)
 affermazione  della  rilevanza  della  questione,  omette   qualsiasi
 motivazione  al  riguardo,  trascurando  di  specificare in qual modo
 l'eventuale  accoglimento  della  questione  stessa,  concernente  il
 diverso trattamento di integrazione salariale di impiegati ed operai,
 possa venire ad incidere sulla normativa - operante,  sul  piano  del
 diritto  privato, in materia di condizioni e limiti dell'obbligazione
 retributiva che grava sul datore di lavoro - in base  alla  quale  il
 lavoratore  ha, nella fattispecie, avanzato le sue pretese economiche
 nei confronti dello stesso datore di lavoro;
    che  anche  nell'ordinanza  sub B) l'apodittica affermazione della
 rilevanza della questione non viene vagliata in relazione all'oggetto
 del giudizio, consistente nella controversia circa la sussistenza dei
 requisiti per la concessione di una pensione  di  invalidita'  e  non
 anche  circa il computo concreto degli emolumenti dovuti in relazione
 a norme disciplinatrici dei limiti di  cumulabilita'  delle  pensioni
 con le retribuzioni;
    che,  infine,  l'ordinanza  sub C) omette qualsiasi motivazione in
 punto  di  rilevanza,  trascurando  l'orientamento  giurisprudenziale
 della  Cassazione,  secondo  il  quale  la sospensione dell'attivita'
 lavorativa disposta dal datore di lavoro ed  il  correlativo  mancato
 pagamento    della   retribuzione,   configurano   una   ipotesi   di
 inadempimento di quest'ultimo, nel caso di mancato accoglimento della
 domanda  di  integrazione  salariale, con conseguente possibilita' di
 condanna del medesimo al pagamento della retribuzione  stessa  ed  al
 risarcimento del danno;
    che,  secondo  il  costante  orientamento espresso da questa Corte
 (ordd. nn.  109/84;  86/83;  79/83;  ecc...),  non  e'  correttamente
 sollevata   (e   va  conseguentemente  dichiarata  inammissibile)  la
 questione  di  legittimita'   costituzionale,   se   l'ordinanza   di
 rimessione omette del tutto di esaminare la rilevanza o ad affermarne
 apoditticamente la sussistenza, senza indicare per quali  ragioni  ed
 in quali termini, in riferimento alla fattispecie, le norme censurate
 debbono trovare applicazione;