ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della
 legge della Provincia Autonoma di Trento  9  dicembre  1978,  n.  56,
 ("Disposizioni  transitorie  in  materia  di protezione della fauna e
 disciplina  della  caccia")  e  2  e  3  della  legge  della  Regione
 Trentino-Alto  Adige  7  settembre  1964,  n.  30,  ("Costituzione  e
 gestione delle riserve di caccia nel territorio regionale"), promossi
 con   n.   8  ordinanze  emesse  l'11  luglio  1983  dal  Pretore  di
 Mezzolombardo, iscritte ai nn. 706, 707, 711, 712, 713,  714,  715  e
 716 del registro ordinanze 1983 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 355 dell'anno 1983 e n. 25 dell'anno 1984;
    Visti  gli atti di costituzione della Provincia Autonoma di Trento
 e della Federazione Italiana della caccia;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto che nel corso di alcuni giudizi di opposizione ex art. 23
 l. 24 novembre 1981, n. 689, il Pretore  di  Mezzolombardo  con  otto
 identiche ordinanze in data 11 luglio 1983 (r.o. 706 - 707, 711 - 716
 del 1983), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale:
      a) degli artt. 1, 2, 3 l. prov. di Trento 9 dicembre 1978, n. 56
 ("Disposizioni transitorie in materia di  protezione  della  fauna  e
 disciplina della caccia"), per contrasto con l'art. 105 dello Statuto
 regionale;
      b)  degli  artt.  2  e 3 l. reg. T.A.A. 30 settembre 1964, n. 30
 ("Costituzione e gestione delle  riserve  di  caccia  nel  territorio
 regionale"),  per  contrasto  con l'art. 18, in relazione all'art. 16
 dello Statuto regionale, nonche' con l'art. 18 Cost. e  4  ed  8  del
 medesimo Statuto;
      che    i    giudizi    a   quibus   hanno   tutti   ad   oggetto
 ordinanze-ingiunzioni adottate dalla Provincia autonoma di Trento  in
 seguito   all'accertamento  dell'infrazione  concernente  l'esercizio
 della  caccia  in  riserva  senza  il  permesso  del  concessionario,
 prevista e punita dall'art. 43 R.D. 5 giugno 1939, n. 1016;
      che con la prima delle questioni sollevate il Pretore remittente
 censura gli artt. 1, 2, 3 della legge prov. di Trento n. 56 del 1978,
 nella parte in cui recepiscono con un rinvio i precetti e le sanzioni
 contenente nel predetto art. 43;
      che,  per  l'ordinanza  di rimessione tale rinvio contrasterebbe
 con l'art. 34 comma terzo della legge quadro sulla caccia n. 968  del
 1977,  che  prevede  la  vigenza  del titolo III del R.D. n. 1016 del
 1939, soltanto fino ad un anno dopo la  sua  entrata  in  vigore  (19
 gennaio  1979), termine entro il quale, peraltro, le regioni dovranno
 emanare le proprie norme in materia (comma primo);
      che  la  questione  non  viene  pero'  sollevata in relazione al
 profilo, ictu oculi  inconsistente,  della  violazione  della  citata
 norma  statale  (art. 24 legge-quadro sulla caccia), nell'ipotesi che
 essa possa costituire un principio dell'ordinamento  giuridico  dello
 Stato  (art.  11 dello Statuto), ma con riferimento, invece, all'art.
 105 dello Statuto regionale il quale testualmente dispone che: "Nelle
 materie  attribuite  alla competenza della Regione o della provincia,
 fino a quando non sia diversamente disposto  con  leggi  regionali  o
 provinciali, si applicano le leggi dello Stato";
      che  il  parametro  invocato,  riferendosi  a  leggi regionali o
 provinciali  che,  secondo  il  giudice  a  quo   dovrebbero   essere
 necessariamente  "organiche", risulterebbe violato dall'emanazione di
 norme che tale natura non hanno, quali quelle impugnate;
      che,   difatti,   le   stesse,  proprio  perche'  formalmente  e
 sostanzialmente inserite in una disciplina a  carattere  transitorio,
 non  sarebbero  organiche  e  non riuscirebbero quindi a mantenere in
 vita il titolo III del R.D. n. 1016 del 1939 (di cui fa parte  l'art.
 43  posto  a  fondamento  dell'illecito  contestato) oltre il termine
 annuale previsto dal citato art. 34 della legge quadro sulla caccia;
      che,  pertanto,  non  potendosi  piu' ritenere vigente l'art. 43
 R.D. n. 1016 del 1939, ne' essendo valido a tal fine, e relativamente
 al  territorio  della Provincia, il richiamo recettizio operato dalle
 norme  impugnate,  ad  avviso  dello   stesso   giudice   remittente,
 l'esercizio   della   caccia   in   riserva  senza  il  permesso  del
 concessionario, non costituirebbe piu' illecito, con  la  conseguenza
 che:  "Sembra  legittimo  sostenere  la  nullita'  della  ingiunzione
 intimata in carenza di precetto sanzionatorio";
    Ritenuto,  inoltre,  che  la  seconda  delle  questioni  sollevate
 attiene agli artt. 2 e 3 della legge regionale T.A.A. n. 30 del 1984,
 che  affidano  la  gestione  delle  riserve  di  caccia "alle sezioni
 provinciali cacciatori di Trento e Bolzano della Federazione Italiana
 della  caccia  a  vantaggio  dei cacciatori iscritti e non iscritti",
 demandando la disciplina della gestione -  fino  alla  emanazione  di
 nuove  norme legislative - a disposizioni regolamentari appositamente
 emanate dalla Giunta Regionale;
      che,   questo  secondo  gruppo  di  norme,  viene  censurato  in
 relazione ai seguenti profili:
        a)  in quanto l'affidamento della gestione, comprendendo anche
 una delega di  funzioni  amministrative  (come  dimostrano  le  norme
 regolamentari al riguardo emanate dalla Giunta Regionale), violerebbe
 il combinato disposto dagli artt. 16 e 18 dello Statuto che escludono
 la  possibilita'  di  delegare  tali  funzioni  a  soggetti giuridici
 diversi dagli enti locali;
        b)  in  quanto  l'esclusivo  affidamento  della gestione delle
 riserve  alla  Federazione  italiana  della  caccia,   ponendosi   in
 contrasto  con  il  criterio  normativo  della  "gestione sociale del
 territorio" previsto dall'art. 15 della legge quadro sulla caccia (n.
 968  del  1977) che costituisce principio generale dell'ordinamento o
 comunque norma fondamentale di riforma economico-sociale,  violerebbe
 i  limiti  imposti alla potesta' legislativa primaria della Provincia
 dagli artt. 4 e  8  dello  Statuto,  nonche'  l'art.  18  Cost.,  che
 garantisce  il  pluralismo delle strutture associative anche in campo
 venatorio;
      che  nei  giudizi  introdotti con le ordinanze nn. 706 e 707 del
 1983, si e' costituita la Provincia autonoma di Trento chiedendo  che
 le  sollevate  questioni  vengano dichiarate inammissibili o comunque
 infondate;
      che   identiche  richieste  sono  state  formulate  anche  dalla
 Federazione Italiana della caccia e dalla sua Sezione Provinciale  di
 Trento, intervenute nei giudizi di merito;
    Considerato che in relazione alla prima delle questioni sollevate,
 l'asserito contrasto con l'art. 105 dello Statuto non appare  neppure
 astrattamente  ipotizzabile,  in  quanto  dal chiaro tenore letterale
 della disposizione si evince che la sua ratio consiste  nell'impedire
 un  vuoto  normativo  nella  materia,  fintantoche'  la  regione o la
 provincia non abbiano al riguardo legiferato;
      che  da  cio'  consegue  che  se, da un lato, potrebbe ritenersi
 illegittima una legge statale che pretenda di disciplinare il settore
 nonostante  che  la  regione  o  la  provincia  abbiano  a  cio' gia'
 provveduto, ovvero una legge provinciale o  regionale  che,  pur  non
 regolando  la  materia,  pretenda di impedire l'applicazione di norme
 statali, dall'altro, non puo' certo esprimersi lo stesso giudizio nei
 confronti  di  disposizioni provinciali, quali quelle impugnate, che,
 nell'ambito  di  una  regolamentazione  transitoria,  si  limitano  a
 ribadire l'applicabilita' delle norme statali;
      che  inoltre, quest'ultime, secondo la stessa prospettazione del
 giudice remittente, in quanto abrogate da successive  leggi  statali,
 non   risulterebbero   piu'  applicabili,  cosi'  restando  privo  di
 efficacia anche il richiamo contenuto nelle disposizioni denunciate;
      che cio' rende evidente l'irrilevanza, ai fini della definizione
 del giudizio a  quo,  della  questione  sollevata,  che  va  pertanto
 dichiarata manifestamente inammissibile, anche in ragione del modo in
 cui si prospetta la violazione del parametro invocato;
      che  ad identiche conclusioni deve pervenirsi anche in relazione
 all'asserita illegittimita' costituzionale degli artt. 2  e  3  della
 legge  regionale  T.A.A.  n.  30  del  1964,  sia  perche'  l'atto di
 rimessione  e'  assolutamente  carente  di  qualsiasi  motivazione  o
 indicazione  circa  la  rilevanza  della  questione,  sia  in  quanto
 quest'ultima, in una fattispecie analoga e limitatamente  al  profilo
 che  lamenta  l'affidamento esclusivo della gestione alla F.I.C., era
 stata gia' ritenuta da questa Corte irrilevante  (sent.  n.  212  del
 1970, punto 2);
      che un ulteriore motivo di inammissibilita' va riscontrato anche
 in relazione al profilo attinente all'asserita  illegittimita'  della
 delega  di  funzioni  amministrative  alla  F.I.C. dal momento che le
 norme impugnate non  prevedono  in  alcun  modo  tale  delega  e  che
 l'attribuzione  di  funzioni amministrative al predetto soggetto, ove
 sussistente,  non  potrebbe   che   discendere   dalle   disposizioni
 regolamentari  che  lo stesso giudice a quo individua ed erroneamente
 ritiene, per  tale  aspetto,  attuative  della  fonte  primaria  (per
 l'inammissibilita'  di  analoga  questione  vedi ordinanza n. 501 del
 1987);
    Visti  gli  artt.  26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953 n.
 87, e n. 9, comma secondo, delle  Norme  integrative  per  i  giudizi
 davanti la Corte costituzionale;