ha pronunciato la seguente SENTENZA Considerato in diritto 1. - I giudizi promossi dalle ordinanze in epigrafe hanno ad oggetto questioni identiche, analoghe o connesse relative a diversi aspetti della legislazione premiale a favore degli ex-combattenti e assimilati: pertanto possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. 2. - Numerose autorita' remittenti pongono innanzi tutto il quesito se l'art. 30- bis della l. 26 aprile 1983, n. 131 (di conversione, con modificazioni, del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55), sia costituzionalmente illegittimo in riferimento all'art. 81, quarto comma Cost. Tale disposizione - adottata a seguito della dichiarazione di illegittimita' costituzionale parziale dell'art. 6 l. 9 ottobre 1971, n. 824 pronunziata con sent. n. 92 del 1981 - nel dettare, "agli effetti dei pensionamenti" derivati dalla legge n. 336 del 1970, un comma aggiuntivo a tale art. 6, stabilisce che gli enti e le aziende datori di lavoro debbano far fronte agli oneri finanziari relativi ai benefici combattentistici riconosciuti ai propri dipendenti "parzialmente utilizzando o le disponibilita' del proprio bilancio provenienti dai trasferimenti operati a carico del bilancio dello Stato, o quelle affluite in bilancio in relazione alle specifiche attivita' svolte" dagli enti ed aziende medesimi. Come specificato in narrativa, i giudici a quibus lamentano in sostanza che il duplice riferimento ai fondi provenienti dai trasferimenti a carico del bilancio dello Stato e alle risorse derivanti dalle attivita' proprie dei datori di lavoro, sarebbe del tutto indeterminato, generico ed ipotetico, e percio' non idoneo a soddisfare il precetto costituzionale invocato, cosi' come inteso sinora dalla giurisprudenza di questa Corte. Nella medesima censura il Pretore di Firenze (r.o. n.702/1985) coinvolge pure gli artt. 1, 2, 3, primo, secondo e terzo comma l. n. 336 del 1970 e 6 l. n. 824 del 1971, perche' attributivi di benefici che, privi di copertura finanziaria, resterebbero patrimonialmente inoperanti. Alcune autorita' remittenti impugnano poi il medesimo art. 30- bis - a volte congiuntamente con l'art. 6 l. n. 824 del 1971 - anche perche', imponendo oneri finanziari a carico degli enti locali minori e delle loro aziende, senza corrispondente copertura, in materie estranee all'ambito delle loro finalita' istituzionali, lederebbe l'autonomia finanziaria di questi, in contrasto con gli artt. 5, 114, 119, 128 Cost. Il Pretore di Brescia (r.o. n. 706/1985) impugna lo stesso art. 30- bis per violazione dell'art. 136 Cost. perche', contenendo una indicazione fittizia di copertura finanziaria, si limiterebbe, in realta' a reiterare, con diversa formulazione, il disposto originario dell'art. 6 l. n. 824 del 1971 dichiarato costituzionalmente illegittimo. Infine, il Pretore di Pisa, con due successive ordinanze (r.o. n. 891/1985 e r.o. n. 773/1/986) denunzia che il ripetuto art. 30- bis, unitamente all'art. 6 l. n. 824 del 1971, limitando espressamente la disposta copertura finanziaria ai soli oneri sopportati agli effetti dei pensionamenti, lascerebbe prive di copertura le spese sostenute dalle aziende per la corresponsione dei benefici combattentistici in corso di rapporto di lavoro: di qui l'asserita violazione, oltre che dell'art. 81, quarto comma Cost., anche dell'art. 3 Cost. poiche' la normativa impugnata instaurerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento tra i lavoratori dipendenti, impedendo ai beneficiari delle agevolazioni diverse da quelle connesse al pensionamento di acquisire i relativi incrementi economici. 3. - Delle numerose questioni cosi' riassunte, debbono preliminarmente dichiararsi manifestamente inammissibili quelle proposte dal Pretore di Lucca (r.o. n. 781/1985 ed r.o. n. 782/1985), dal Pretore di Ancona (r.o. n. 662/1986), dal Tribunale di Verona (r.o. n. 805/1986) e dal Tribunale di Torino (r.o. n. 289/1987). Le rispettive ordinanze di rimessione infatti non illustrano la fattispecie concreta oggetto dei giudizi ne' contengono alcuna effettiva motivazione della rilevanza: pertanto, per le ragioni ripetutamente evidenziate nella costante giurisprudenza di questa Corte, esse non costituiscono atti idonei ad introdurre il giudizio di legittimita' costituzionale. Inammissibile deve essere dichiarata anche la questione sollevata dal Pretore di Pisa (r.o. n. 773/1986). Il Pretore infatti impugna l'art. 30- bis, da un lato perche' la copertura finanziaria ivi prevista non si estenderebbe ai benefici in corso di rapporto, dall'altro, ma con cio' evidentemente e contraddittoriamente presupponendo tale estensione, perche' non appresterebbe per detti benefici una copertura finanziaria sufficiente: poiche' tale contraddittoria prospettazione della questione impedisce di identificare il thema decidendum sottoposto al giudice della costituzionalita' delle leggi, nonche' di valutare la rilevanza della eccepita illegittimita' costituzionale, la stessa questione, giusta la pregressa giurisprudenza di questa Corte (v. ad es. sentt. nn. 169 del 1982 e 269 del 1984; ord. n. 315 del 1985), deve ritenersi inammissibile. 4. - L'eccezione di irrilevanza, proposta dall'Avvocatura dello Stato con riguardo alla questione sollevata dal Pretore di Pisa (r.o. n. 891/1985) in un giudizio vertente tra l'ACIT e alcuni dipendenti, non puo' essere accolta. Pur non dubitandosi della legittimita' delle norme attributive dei diritti controversi, delle quali il Pretore deve fare applicazione nel giudizio a quo, non puo' negarsi infatti che la copertura finanziaria delle spese indispensabili per realizzare tali diritti costituisca un presupposto necessario delle prime, ne' puo' contestarsi l'incidenza che l'esito del giudizio di costituzionalita' della disposizione impugnata e' suscettibile di esplicare sulla complessiva posizione debitoria della convenuta ACIT in relazione all'eventuale soddisfacimento del credito dedotto in giudizio. 5. - Nel merito, la questione sull'art. 30- bis l. n. 131 del 1983, in riferimento all'art. 81, quarto comma Cost., non e' fondata. L'art. 30- bis infatti, dettando un comma aggiuntivo all'art. 6 l. n. 824 del 1971 ha inteso colmare il vuoto seguito alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale di tale ultima disposizione "nella parte in cui non indica con quali mezzi i Comuni, le Aziende municipalizzate e i relativi Consorzi, faranno fronte agli oneri finanziari posti a loro carico" derivanti dall'applicazione della l. n. 336 del 1970. Dovendo provvedere a dotare delle necessarie risorse finanziarie numerosi enti di diversa natura e assoggettati a differenti regimi di finanziamento, il legislatore ha scelto una formula riassuntiva, necessariamente generica, la quale, per quanto in particolare riguarda gli enti che (soli) sono coinvolti nella presente questione, e cioe' le Aziende di trasporto pubblico locale, e' sufficientemente specificata dai numerosi interventi normativi con i quali e' stato assicurato il loro finanziamento, culminati nella recente l. 6 febbraio 1987, n. 18, di conversione del d.l. n. 833 del 9 dicembre 1986, che ha inteso garantire - in attesa, come si legge nei lavori preparatori, di un definitivo riassetto del settore - la copertura pressoche' integrale dei loro disavanzi di esercizio relativi agli anni dal 1982 al 1986, che non avessero gia' trovato copertura con i contributi previsti con la l. n. 151 del 1981, istitutiva del fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto. E' vero che tali provvedimenti non menzionano puntualmente la quota dei finanziamenti da destinare al pagamento dei benefici combattentistici, ne', del resto, quelle da utilizzare per ogni altro specifico impiego. Cio' pero' e' privo di rilievo ai fini del soddisfacimento del precetto dell'art. 81, quarto comma Cost. in un caso come quello in esame nel quale, con i particolari meccanismi prescelti dal legislatore, nell'uso non irragionevole della sua discrezionalita', si e' inteso garantire agli enti interessati, con l'obbiettivo di conseguire il prescritto pareggio di bilancio, una dotazione globale in relazione alle complessive necessita' debitamente rappresentate dagli enti medesimi, lasciando all'autonomia di scelta e alla responsabilita' di questi di ripartire i fondi in loro possesso tra i diversi impegni di spesa, compresi, dunque, quelli relativi all'attuazione della l. n. 336 del 1970. Segue, da queste considerazioni, l'infondatezza della questione dell'art. 30- bis in relazione all'art. 81, quarto comma Cost., come pure delle questioni che coinvolgono, nella medesima censura, gli artt. 1, 2, 3, primo, secondo e terzo comma l. n. 336 del 1970 e 6 l. n. 824 del 1971. Dalla esclusione dell'asserita violazione della prescrizione costituzionale sull'obbligo della copertura finanziaria, consegue altresi' l'infondatezza delle censure delle norme menzionate in relazione agli artt. 5, 114, 119 e 128 Cost. Egualmente insussistente deve poi ritenersi il prospettato contrasto del detto art. 30- bis, con l'art. 136 Cost., posto che, per le ragioni sopra illustrate, non puo' sostenersi che la norma impugnata riproduca, con una mera variante terminologica, l'art. 6 l. n. 824 del 1971 nella parte dichiarata costituzionalmente illegittima. 6. - Quanto infine alla questione, prospettata, sempre sull'art. 30- bis, dal Pretore di Pisa (r.o. n. 891/1985), e relativa alla mancata ricomprensione, nella copertura, degli oneri per benefici diversi da quelli connessi all'istituto del collocamento a riposo, si puo' osservare che, pur essendo la legge impugnata diretta essenzialmente all'approntamento delle risorse necessarie a far fronte agli impegni di spesa relativi alle agevolazioni collegate a tale istituto - agevolazioni che costituiscono senza dubbio l'aspetto piu' incisivo e qualificante della legislazione premiale (Corte Cost. n.194 del 1976) e intorno alle quali si era creato il contenzioso di gran lunga piu' consistente - tuttavia, a parte la considerazione che il testo del comma da aggiungere all'art. 6 l. n. 824 del 1971 ha una portata generale, comprensiva di tutti gli oneri connessi a qualsiasi beneficio, non c'e' ragione di ritenere che la spesa derivante dai benefici in corso di rapporto, nell'ambito di quella complessiva relativa alla ordinaria gestione del personale, non trovi capienza nel finanziamento globale assicurato, specie con la recente legge n. 18 del 1987, alle aziende pubbliche di trasporto locale. Di conseguenza, anche tale ultima questione deve ritenersi non fondata. 7. - La questione relativa all'art. 6 l. n. 824 del 1981, nel suo testo originario, in riferimento agli artt. 52 e 81, quarto comma Cost., sollevata dal Pretore di Venezia con ordinanza del 18 maggio 1977 (pervenuta a questa Corte il 5 settembre 1984 e recante il numero 1024 r.o. 1984) deve essere dichiarata manifestamente inammissibile perche' nel frattempo la disposizione censurata e' stata ritenuta, nella parte impugnata, costituzionalmente illegittima dalla sentenza n. 92 del 1981. Infine, deve essere disposta la restituzione degli atti al Tribunale di Brescia perche' valuti se le proposte questioni sull'art. 6 l. n. 824 del 1971, cosi' come sopravvissuto alla detta dichiarazione di incostituzionalita' (r.o. n. 774 del 1982 e r.o. n. 761 del 1986) siano tuttora rilevanti nei giudizi a quibus data la sopravvenienza dell'art. 30- bis l. n. 131 del 1983. 8. - Il Pretore di Firenze (r.o. n. 702/1985) e il Tribunale di Torino (r.o. n. 289/1987) impugnano l'art. 30- ter della stessa l. n. 131 del 1983, il primo in relazione agli artt. 3, 38 e 81, quarto comma Cost., il secondo in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 Cost. La questione proposta dal Tribunale di Torino, deve essere dichiarata, per le ragioni sopra enunciate, manifestamente inammissibile (par. 3). Il Pretore di Firenze lamenta che, quanto ai crediti degli enti anticipatori precedenti alla data di entrata in vigore della l. n. 131 del 1983, l'art. 30- ter, disponendo l'estinzione dei relativi giudizi pendenti a tale data tra questi enti e quelli datori di lavoro, non avrebbe un mero valore processuale, ma avrebbe inteso in realta' disporre l'estinzione degli stessi diritti azionati, con la conseguenza che gli istituti erogatori, non avendo piu' titolo a chiedere ai datori di lavoro - neanche, come nel caso di specie, successivamente all'entrata in vigore della nuova legge - il rimborso dei pagamenti gia' effettuati, rimarrebbero onerati in via definitiva di spese per le quali essi erano nel sistema originario della l. n. 824 del 1971 solo anticipatori, con conseguente violazione dei parametri invocati. La questione cosi' sollevata non e' fondata, perche' basata su un erroneo presupposto interpretativo. Infatti la norma impugnata, come ha piu' volte precisato anche la Corte di Cassazione e come, del resto, e' fatto chiaro dal suo inequivoco tenore letterale, ha inteso esclusivamente eliminare - una volta assicurata, con l'art. 30- bis, la necessaria copertura, senza distinzione temporale, di ogni onere connesso alla corresponsione dei benefici - tutto, e solo, il contenzioso ancora pendente tra enti anticipatori ed enti datori di lavoro vertente sui rispettivi obblighi di pagamento e originato dalla prima sospettata e poi da questa Corte accertata mancata indicazione dei finanziamenti. Essa non ha inteso invece incidere sulle situazioni sostanziali, che permangono integre e possono pertanto essere, e in fatto sono state, azionate in qualunque momento successivo all'entrata in vigore della l. n. 131 del 1983. Di qui, l'infondatezza della questione, sotto tutti i profili. 9. - Il secondo ordine di questioni, investe l'art. un. della l. 9 maggio 1984, n.118, la quale, intitolata come legge di interpretazione autentica della l. n. 336 del 1970, dichiara applicabili i benefici combattentistici, con effetto dalla data prevista dalle relative norme istitutive, anche nei confronti dei trattamenti pensionistici a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti. Le autorita' remittenti prospettano il dubbio che tale disposizione sia in contrasto con: a) gli artt. 101, secondo comma e 104, primo comma Cost., sotto il profilo dell'eccesso di potere legislativo, perche', sotto la veste dell'interpretazione autentica, avrebbe in realta' introdotto, con efficacia retroattiva, una norma nuova, contrastante con l'indirizzo giurisprudenziale prevalente e consolidato della Corte di Cassazione. b) l'art. 3 Cost., perche' determinerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento per un verso, tra enti pubblici economici, a seconda che abbiano o meno dipendenti ex combattenti: per altro verso, tra enti pubblici economici e, da un lato, aziende private, non tenute alla corresponsione dei benefici, dall'altro enti della finanza pubblica allargata, i cui costi relativi sarebbero coperti dalle risorse indicate dall'art. 30- bis. c) l'art. 53 Cost., perche' comporterebbe un prelevamento di ricchezza anche con efficacia retroattiva non proporzionato alla capacita' contributiva dei soggetti onerati. d) l'art. 41 Cost., perche', sottoponendo gli enti pubblici economici, a differenza dei concorrenti imprenditori privati, ad un prelievo di ricchezza non proporzionato alla loro capacita' contributiva, ne comprimerebbe illegittimamente la liberta' di iniziativa economica. Le ordinanze che prospettano i dubbi sub b ), c ) e d) impugnano l'art. un. l. n. 118 del 1984 unitamente agli artt. 4 l. n. 336 del 1970 e 6 l. n. 824 del 1971. 10. - E' innanzi tutto da respingere la eccezione di irrilevanza sollevata dalla difesa delle Casse di Risparmio di Volterra e di S. Miniato (r.o. nn. 1265 e 1266/1984) e motivata dalla inapplicabilita' della legge impugnata, pena una inaccettabile duplicazione dei benefici, alle Casse medesime, gia' tenute a corrisponderli nei trattamenti aziendali. A parte infatti la chiara dizione della formula legislativa, che non consente esclusioni di sorta, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro ha ripetutamente affermato che non e' ipotizzabile alcuna ingiusta duplicazione dei benefici nei confronti dei dipendenti delle Casse di Risparmio, essendo, il trattamento previdenziale aziendale, integrativo rispetto a quello dell'assicurazione generale obbligatoria, si' che, concorrendo i due trattamenti, l'intervento del fondo integrativo deve ridursi di tanto di quanto viene ad incrementarsi il trattamento assicurativo dell'assicurazione generale obbligatoria. 11. - Nel merito, nessuna delle questioni puo' ritenersi fondata. Inducono a tale conclusione svariati argomenti tratti sia dalla precedente giurisprudenza costituzionale, sia dalle numerose decisioni con le quali la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha dichiarato manifestamente infondate questioni identiche o analoghe a quelle ora sottoposte a questa Corte. Quanto alla questione illustrata sub a), si puo' osservare che la censura dei giudici a quibus, lamentando il non corretto ricorso, nella specie, allo strumento della interpretazione autentica, in realta' e' volta a contestare il fatto che la legge impugnata abbia disposto retroattivamente. A tale censura si puo' replicare che il legislatore puo' conferire efficacia retroattiva alle sue disposizioni, salvo che non superi i limiti derivanti dal divieto posto dall'art. 25 Cost. per la materia penale o da altri specifici disposti costituzionali, quali, per esempio, quello dell'art. 3 Cost. Di conseguenza, ove, come nel caso presente, tali limiti siano rispettati, "e' indifferente che il legislatore disponga l'operativita' di una legge anche per il passato, anziche' mediante un'apposita norma, mediante un diverso strumento, quale e', come nella specie, l'autodefinizione di interpretazione autentica" (sent. n. 36 del 1985). La legge di interpretazione autentica infatti non si distingue dalla legge innovativa con efficacia retroattiva, essendo anch'essa innovativa (v. sent. n. 118 del 1957) e naturalmente retroattiva, e non interferisce, di per se', con la sfera riservata al potere giudiziario. Ne' puo', nella specie, affermarsi la sussistenza di una interferenza e dunque l'illegittimita' dell'impiego di tale strumento, adducendosi l'inesistenza di un precedente contrasto giurisprudenziale ed, anzi, la presenza di un orientamento omogeneo della Cassazione in senso opposto. Infatti, anche a prescindere dal fatto che tale orientamento non si era pacificamente affermato, ma continuava ad essere disatteso da numerosi giudici di merito, si deve notare, conformemente all'opinione piu' volte espressa dalla stessa Corte di Cassazione e dalla piu' attenta dottrina, che l'esistenza di interpretazioni giudiziali discordanti, costituendo un dato estrinseco alla legge interpretativa e al suo contenuto, non puo' considerarsi un presupposto indispensabile di legittimita' dell'intervento del legislatore che, in base a scelte politico-discrezionali, decida di imporre erga omnes un certo significato normativo di precedenti disposizioni. Il contrasto interpretativo puo' costituire un indice di riconoscimento della legge come interpretativa (cosi' come del resto e' stato utilizzato, unitamente ad altri e piu' consistenti indizi - quali, in particolare, l'obbiettivo contenuto dell'atto normativo - dalla sent. n. 187 del 1981 di questa Corte, relativa peraltro allo specifico regime della legge regionale). 12. - Quanto alle censure relative all'art. 3 Cost., l'evidente disomogeneita' delle situazioni poste a raffronto - non potendo assimilarsi la posizione degli enti pubblici economici con quella degli imprenditori privati (v. sent. 194 del 1976) ne' con quella degli enti della finanza pubblica allargata - impedisce la possibilita' di configurare la violazione del principio costituzionale di eguaglianza, mentre risulta essere una differenza accidentale e di mero fatto, e percio' irrilevante in questa sede, quella tra enti pubblici economici a seconda che abbiano o no alle proprie dipendenze ex-combattenti. Ne', come gia' affermato nelle sentenze 92 e 189 del 1981, puo' questa Corte considerare la situazione specifica di ciascun ente. Per quanto riguarda l'asserita violazione dell'art. 53 Cost., si puo' rilevare che gli argomenti che la sostengono possono essere in gran parte disattesi ricorrendo ai principi gia' affermati nelle richiamate sentenze del 1981, delle quali, peraltro, la n. 189 non puo' dirsi condizionata dalla allora ritenuta esclusione della applicazione dei benefici combattentistici alla pensione dell'assicurazione generale obbligatoria, non essendo dato rinvenire nella sua stringata motivazione alcuna indicazione in tal senso. Ne' consente di giungere a diversa decisione l'argomento centrato sulla consistenza degli effetti retroattivi dell'imposizione dell'onere a carico degli enti interessati in conseguenza della applicazione suddetta. Questa Corte ha infatti gia' ripetutamente negata l'illegittimita' della legge tributaria retroattiva se la capacita' contributiva permanga al momento dell'imposizione del prelievo (v. sentt. nn. 44 del 1966, 75 del 1969, 143 del 1982): nel caso presente non e' stato dedotto ne' dimostrato che sia avvenuto un deterioramento che abbia inciso nella capacita' economica dei soggetti onerati nel periodo intercorrente tra il momento della nascita dell'obbligo di pagamento e quello dell'entrata in vigore della legge impugnata, ne' tale deterioramento, al di fuori di qualsiasi specifica documentazione, puo' presumersi come certamente avvenuto per il solo fatto della estensione temporale di tale periodo. Dall'infondatezza di tali censure consegue, nella specie, anche l'infondatezza della prospettata violazione dell'art. 41 Cost. 13. - Manifestamente infondata e' poi la questione sollevata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (r.o. n. 171/1987), poiche' e' basata sull'erroneo presupposto che l'Automobile Club di Pavia non sia ricompreso tra gli enti della finanza pubblica allargata, cui si riferisce la norma di copertura dell'art. 30- bis sopra esaminata: esso viceversa, risulta incluso in tale categoria dai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 marzo 1979 e 2 luglio 1983. Si deve infine rilevare che i dubbi di legittimita' costituzionale, prospettati nelle memorie difensive del Consorzio di Bonifica "Ufficio dei Fiumi e Fossi" di Pisa (r.o. n. 1265/1984) e delle Casse di Risparmio di Volterra (r.o. n. 1265/1984) e di S. Miniato (r.o. n. 1266/1984), ulteriori e diversi rispetto a quelli sollevati dalle ordinanze di rimessione non possono essere presi in esame, non essendo, com'e' noto, le parti private legittimate a sottoporre direttamente a questa Corte questioni di legittimita' costituzionale.